Richiesta di esenzione Imu: il diniego del Comune al beneficio fiscale deve essere sempre motivato
19 Febbraio 2025
Massima In presenza di una richiesta espressa di esenzione IMU da parte del contribuente fondata sull'indicazione specifica dei requisiti necessari per l'ottenimento della stessa e formalizzata mediante l'utilizzo di apposita dichiarazione redatta secondo il modello ministeriale predisposto con il D.M.26 giugno 2024, implica per l'ente impositore, l'obbligo di indicare le ragioni specifiche che legittimano, nella casistica in esame, l'esclusione del beneficio fiscale richiesto formalmente dal contribuente. Tutto questo, in osservanza dei principi di collaborazione e buona fede che improntano i rapporti con il contribuente, nonché, in virtù del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione. Il caso La questione posta al vaglio dei giudici di legittimità è riconducibile nel caso di specie alla impugnazione di un avviso di accertamento IMU riferito al periodo d'imposta 2012. Le ragioni del ricorrente erano riconducibili alla mancata applicazione dell'imposta per un immobile destinato ad attività didattica e, pertanto, non commerciale quindi meritevole di esenzione dal pagamento del tributo. Le ragioni del contribuente venivano accolte dal giudice tributario di prime cure, ritenendo, il collegio tributario adito, solo simbolica la retta percepita per l'attività didattica a cui l'immobile era destinato, non ravvisando nel caso di specie alcuna modalità commerciale nell'espletamento della ridetta attività. Si costituiva in sede di gravame il Comune impositore, ribadendo ai giudici di seconde cure, la configurabilità di una soggettività passiva IMU, trattandosi, nel caso di specie, di attività commerciale che non va pertanto esente dal pagamento dell'imposta. Si costituiva nel giudizio di appello il contribuente il quale con atto di controdeduzioni ribadiva le proprie ragioni in ordine alla mancata applicazione dell'imposta, non essendo svolta nell'immobile in oggetto alcuna attività commerciale. Le ragioni del Comune appellante venivano rigettate anche in sede di gravame. Per cui, nei termini di legge l'ente locale adiva i giudici di legittimità sollevando quattro motivi di doglianza ex art.360 c.p.c. Le questioni La pronuncia in questione richiama i principi generali che regolano l'obbligo della motivazione riconducibile all'avviso di accertamento creando un parallelo tra la vecchia normativa ICI disciplinata dal previgente D.lgs.n°504/1992 istitutivo della vecchia imposta e l'attuale IMU disciplinata dalla l. n. 147/2013 e successive modificazioni. In particolare nella pronuncia in commento la Suprema Corte ha precisato che, sebbene la controversia posta al vaglio dei giudici di legittimità riguarda espressamente l'IMU, occorre tuttavia ricordare l'orientamento in tema di motivazione dell'avviso di accertamento avente ad oggetto l'ICI disciplinata dal previgente d.lgs. n. 504/1992 istitutivo della vecchia imposta comunale. A riguardo, gli Ermellini hanno precisato che la necessità che gli avvisi di liquidazione e accertamento siano motivati in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che li hanno determinati, non comporta l'obbligo di indicare anche l'esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge in quanto è onere del contribuente dedurre e provare l'eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell'imposta (Cass., Sez. 5, 24 gennaio 2018, n. 1694; v. anche Cass., Sez. 5, 11 giugno 2010, n. 14094, secondo cui, in tema di ICI., l'art. 11, comma 2-bis, del d.lgs. n. 504/1992). In altre parole, spetta unicamente al contribuente istante provare la configurabilità delle condizioni di esenzione previste espressamente dalla normativa senza alcun obbligo a carico dell'ente locale in caso di diniego della richiesta di esenzione dal pagamento dell'imposta. Osservazioni Diversamente, ha precisato la Suprema Corte, tale orientamento non può, tuttavia, operare automaticamente ed integralmente anche con riferimento all'IMU, posto che, mentre, in tema di ICI non è previsto alcun obbligo dichiarativo finalizzato al conseguimento dell'esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504/1992, al contrario per l'IMU, la previsione normativa di cui all'art. 2, comma 5-bis, del d.lL. n. 102/2013, dispone espressamente che: “ai fini dell'applicazione dei benefici di cui al presente articolo, il soggetto passivo presenta, a pena di decadenza entro il termine ordinario per la presentazione delle dichiarazioni di variazione relative all'imposta municipale propria, apposita dichiarazione, utilizzando il modello ministeriale predisposto per la presentazione delle suddette dichiarazioni, con la quale attesta il possesso dei requisiti e indica gli identificativi catastali degli immobili ai quali il beneficio si applica”. Facendo un parallelo immediato tra la normativa previgente riferita all'ICI sopra richiamata e quella attualmente vigente relativa all'IMU è di tutta evidenza la differenza nel “modus operandi” richiesto al contribuente che vuole beneficiare di una possibile esenzione dal pagamento del tributo IMU; vale a dire, la necessità per il contribuente di presentare un'apposita dichiarazione utilizzando un apposito modello ministeriale sul quale dovrà indicare le circostanze specifiche che nel suo caso legittimano la mancata applicazione del tributo. Ne deriva che, in presenza di una richiesta che la normativa di riferimento vuole sia formalizzata e ben articolata dal contribuente – istante e finalizzata all'ottenimento della esenzione IMU legittimata dall'indicazione specifica dei requisiti necessari per la sua fruizione, sorge inevitabilmente l'obbligo dell'ente impositore di motivare necessariamente le ragioni che hanno legittimato l'esclusione del beneficio fiscale invocato dal contribuente. Tale obbligo posto a carico dell'ente impositore trova la sua ratio in osservanza dei principi di collaborazione e buona fede che improntano i rapporti con il contribuente, nonché, in virtù del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione che impone a quest'ultima, di esaminare e decidere con imprescindibile annessa motivazione le istanze avanzate dal privato coinvolto nel procedimento tributario, anche al fine di prevenire eventuali impugnazioni. La necessità che il Comune indichi espressamente le ragioni del diniego dell'esenzione invocata sorge, però, come evidenziato,solo in presenza di una richiesta dettagliata e specifica, che dovrà essere necessariamente formalizzata attraverso la presentazione di un' apposita dichiarazione redatta secondo il modello ministeriale predisposto con il D.M. 26 giugno 2014, che ha espressamente previsto che la dichiarazione relativa agli anni 2012 e 2013 dovesse essere presentata entro il 30 settembre 2014 (termine, poi, differito al 30 novembre 2014 dal D.M. 23 settembre 2014). Del resto, con riferimento al caso di specie posto al vaglio degli Ermellini, tale richiesta, completa delle necessarie informazioni, è altresì altrettanto indispensabile visto che la natura non commerciale dell'attività a cui l'immobile è destinato, non può essere desunta in via esclusiva in base a documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l'immobile è destinato, potendo, in linea di principio, tutte le attività essere svolte con metodi commerciali o non commerciali; sicché, occorre porre in condizioni il Comune impositore di svolgere una verifica effettiva e dettagliata sulla esistenza della conditio che potrebbe legittimare l'esenzione IMU. Conclusioni Nel caso in esame, la richiesta del beneficio fiscale formalizzata dal contribuente non ha trovato accoglimento da parte del Comune impositore in quanto il ricorrente nulla ha allegato sul punto decisivo, ossia, sulla natura “non commerciale” dell'attività a cui l'immobile era destinato, essendosi solo limitato a sostenere una indiscriminata estensione dell'onere motivazionale dell'atto impositivo alle ragioni di esclusione dell'esenzione IMU invocata. In concomitanza, i giudici di Palazzaccio nell'Ordinanza in commento hanno ribadito l'orientamento secondo cui, le Delibere comunali relative all'applicazione del tributo e alla determinazione delle relative tariffe, non rientrano tra i documenti che devono essere allegati agli avvisi di accertamento ai sensi dell'art. 7 comma 1 della L. n. 212/2000, poiché, trattasi di un obbligo di allegazione che riguarda unicamente gli atti richiamati nella motivazione che non siano conosciuti o comunque conoscibili dal contribuente. Non è il caso degli atti deliberativi comunali essendo questi ultimi soggetti alla pubblicità legale pertanto vige sugli stessi una presunzione di conoscibilità che gli esclude dall'obbligo di allegazione di cui al richiamato art. 7 comma 1 della l. n. 212/2000. |