Danni da cose in custodia di proprietà comune e responsabilità solidale dei singoli condomini
27 Febbraio 2025
Massima Il risarcimento dei danni da cosa in custodia di proprietà condominiale soggiace alla regola della responsabilità solidale ex art. 2055, comma 1, c.c., norma che opera un rafforzamento del credito, evitando al creditore di dover agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota, anche quando il danneggiato sia un condomino, equiparato a tali effetti ad un terzo, sicché devono individuarsi nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili, poiché la custodia, presupposta dalla struttura della responsabilità per danni prevista dall'art. 2051 c.c., non può essere imputata né al condominio, quale ente di sola gestione di beni comuni, né al suo amministratore, quale mandatario dei condomini. Il caso Il giudizio - concluso con l'ordinanza in commento - originava da una domanda, proposta da alcuni condomini, volta ad accertare la responsabilità di un altro condomino ex art. 2051 c.c. - ed in via concorrente o alternativa ex art. 2043 c.c. - perché ritenuto causazione del danno (patrimoniale e non) patito a seguito delle consistenti infiltrazioni di acqua nell'immobile di loro proprietà, adibito da oltre settant'anni allo svolgimento di attività commerciale nel settore dell'abbigliamento, infiltrazioni culminate nel crollo delle travi del tetto posto sull'intradosso della proprietà del suddetto convenuto. Gli attori assumevano, infatti, che il fenomeno infiltrativo traesse origine delle condizioni di fatiscenza dell'immobile soprastante e, comunque, dalle parti dell'edificio nella materiale ed esclusiva disponibilità del convenuto; quest'ultimo, proprietario esclusivo del sottotetto, aveva il possesso esclusivo della porzione dello stesso sovrastante gli immobili degli attori, nella quale porzione era unicamente sorvegliabile lo stato delle travi ivi ubicate. Costituitosi in giudizio, il convenuto, oltre a resistere all'avversaria domanda, eccepiva, preliminarmente, che legittimato passivo sarebbe stato, invece, “l'ente condominio”. Istruita la causa con l'assunzione di prova testimoniale e lo svolgimento di consulenza tecnica d'ufficio, il Tribunale accoglieva la domanda risarcitoria, liquidando l'importo complessivo di € 25.357,07, per le spese sostenute in relazione agli interventi di bonifica, per danni alle merci e per lucro cessante, in ragione della chiusura dei locali. Sul gravame del convenuto soccombente, la Corte d'Appello riformava, però, la sentenza di condanna, dichiarando il difetto di legittimazione passiva del condomino convenuto, legittimazione sussistente - a suo dire - in capo all'intero condominio. Avverso la sentenza del giudice distrettuale, gli originari attori proponevano, quindi, ricorso per cassazione. La questione Si trattava di verificare se fosse corretta la decisione della Corte territoriale, la quale aveva ritenuto, in via assorbente, la carenza di legittimazione passiva del convenuto nei confronti della pretesa risarcitoria avanzata dagli attori; peraltro, secondo i ricorrenti, tale legittimazione passiva sarebbe emersa anche dai documenti prodotti, dai quali risultava per tabulas la preordinata e colposa inerzia del controricorrente, consistita nel voler procrastinare le opere volte ad assicurare e tutelare la pubblica incolumità e sicurezza; la suddetta Corte avrebbe errato, altresì, nel richiamare, a sostegno di tale declaratoria in rito la tesi del “'principio della necessaria convocazione dell'assemblea per le decisioni comuni” ex art. 1105 c.c., così avendo inteso porre quale condizione per l'azione preordinata al risarcimento da fatto illecito ex artt. 2043/2051 c.c. - quale era l'iniziativa dei ricorrenti - la previa convocazione dell'assemblea, quantunque il danno si fosse già verificato. In via subordinata e di mero corollario, si rilevava che la stessa Corte territoriale, comunque, non avrebbe dovuto pronunciare la carenza di legittimazione passiva del convenuto, ma semmai emettere sentenza ex art. 354 c.p.c., ordinando l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 102 c.p.c. nei confronti degli altri comproprietari delle unità immobiliari componenti lo stabile in cui è avvenuto il crollo. Le soluzioni giuridiche I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondate le doglianze dei ricorrenti, tuttavia, in relazione ad esse, gli stessi giudici hanno fatto una precisazione preliminare. Si chiarisce che l'espressione “legittimazione passiva”, pur adoperata dalla Corte territoriale, era impropria, atteso che ciò che essa aveva (erroneamente) escluso era, in realtà, la “titolarità passiva” del rapporto controverso. Infatti, la legittimazione ad causam dal lato passivo (o legittimazione a contraddire) “costituisce un presupposto processuale, cioè una condizione affinché il processo possa giungere ad una decisione di merito, e consiste nella correlazione tra colui nei cui confronti è chiesta la tutela e l'affermata titolarità, in capo a costui, del dovere (asseritamente violato), in relazione al diritto per cui si agisce, onde il controllo del giudice al riguardo si risolve nell'accertare se, secondo la prospettazione del rapporto controverso data dall'attore, il convenuto assuma la veste di soggetto tenuto a subire la pronuncia giurisdizionale” (v., ex multis, nitidamente, Cass. civ., sez. I, 6 aprile 2006, n. 8040). Nella specie, il giudice di appello, lungi da riscontrare questo difetto di corrispondenza - in cui si sostanziava il difetto di legittimazione passiva - tra il soggetto nei cui confronti era stata proposta la domanda e quello che, nella domanda stessa, era indicato come responsabile del danno, aveva escluso che la concreta titolarità del rapporto in giudizio facesse capo, appunto, al convenuto, pervenendo, però, ad una conclusione erronea. Invero, con riferimento all'azione risarcitoria per danni da cosa in custodia di proprietà condominiale, si è ritenuta applicabile la regola della responsabilità solidale ex art. 2055, comma 1, c.c., individuando nei singoli condomini, e non nel condominio, i soggetti solidalmente responsabili (v., per tutte, Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2015, n. 1674) e, quindi, titolari dal lato passivo del rapporto fatto valere in giudizio dal danneggiato. In particolare, nel caso oggetto dell'arresto appena menzionato, è stata ritenuta erronea l'affermazione del giudice di merito, il quale aveva escluso la solidarietà sul rilievo che, nella disciplina positiva del condominio, vi sarebbe sempre “un collegamento immediato tra le obbligazioni e le quote che esprimono la proprietà” (qualunque sia il titolo dell'obbligazione), per cui, “secondo il combinato disposto degli artt. 1118 e 1123 c.c., i diritti e le obbligazioni dei condomini sono proporzionati al valore del bene in proprietà solitaria, sicché all'adempimento delle obbligazioni i condomini sono tenuti sempre in proporzione alle rispettive quote”. Osservazioni A ben vedere, gli ermellini erano giunti all'opposta conclusione, senza smentire il principio generale - da essi stessi precedentemente enunciato, nella più autorevole composizione (Cass. civ., sez. II, 8 aprile 2008, n. 9148 - secondo cui, in difetto di un'espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la responsabilità dei condomini nel caso di obbligazioni pecuniarie è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. Nondimeno, nel caso dei danni che originino da parti condominiali, tale espressa previsione normativa - hanno precisato i magistrati del Palazzaccio - si identifica nell'art. 2055 c.c., sussistendo tre elementi idonei a confortare la tesi dell'applicabilità del principio di solidarietà anche in ambito condominiale (v., soprattutto, Cass. n. 1674/2015, cit.). Tali elementi sono stati individuati nelle premesse storiche, nelle ragioni sistematiche e nelle considerazioni particolari alla fattispecie della responsabilità per danni derivanti da cose in custodia. Nello specifico, sul piano storico, si è rilevato che, già nel codice civile 1865 - che pure, come tutti i codici liberali dell'800, richiedeva una specifica fonte convenzionale o legale della solidarietà, essendo ispirato al favor debitoris; v. art. 1188), la previsione della solidarietà passiva nelle ipotesi di delitto o quasi-delitto (art. 1156) impediva che l'opposto principio della parziarietà dell'obbligazione, concepito come una sorta di beneficio, potesse operare anche a vantaggio di chi, essendo autore di un illecito aquiliano, non ne era ritenuto degno. A maggior ragione, dunque, nel codice civile del 1942, la regola dell'attuazione solidale dell'obbligazione risarcitoria da fatto illecito - sancita dall'art. 2055 c.c. - è destinata a ricevere applicazione generalizzata, giacché essa è “mera norma di rimando” all'art. 1294 c.c. A quello storico, la magistratura di vertice ha fatto seguire, poi, un argomento di natura sistematica, sottolineando che l'applicabilità dell'art. 2055 c.c. realizza, anche in questo caso, la sua funzione tipica, quella di operare “un rafforzamento del credito evitando al creditore di dover agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota”, coerente con il fatto che il condomino danneggiato si pone “quale terzo rispetto allo stesso condominio cui è ascrivibile il danno stesso” (con conseguente inapplicabilità dell'art. 1227, comma 1, c.c.), non potendo ritenersi soggetto che abbia “concorso a cagionare il danno”. Infine, il terzo argomento fa leva sulle caratteristiche intrinseche della responsabilità per danni prevista dall'art. 2051 c.c., giacché essa presuppone l'individuazione di uno o più soggetti cui sia imputabile la custodia, tale soggetto non potendo “essere identificato né nel condominio, interfaccia idoneo a rendere il danneggiato terzo rispetto agli altri condomini, ma pur sempre ente di sola gestione di beni comuni, né nel suo amministratore, essendo questi un mandatario dei condomini”. Solo questi ultimi, invece, possono considerarsi investiti del governo della cosa, in base ad una disponibilità di fatto e ad un potere di diritto che deriva loro dalla proprietà piena sui beni comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c. Da ricordare, per completezza, che, riguardo alla particolare ipotesi del lastrico solare, il supremo organo di nomofilachia, ha statuito che, qualora l'uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini ma ad uso esclusivo del proprietario dell'ultimo piano, dei danni che derivino da infiltrazioni nell'appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o l'usuario esclusivo del suddetto lastrico solare, in quanto custode del bene ai sensi dell'art. 2051 c.c., sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell'intero edificio, o di una parte di esso, propria del lastrico, ancorché di proprietà esclusiva o in uso esclusivo, impone all'amministratore del condominio l'adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130, comma 1, n. 4 c.c.) e all'assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135, comma 1, n. 4 c.c.), puntualizzando che il concorso di tali responsabilità, salva la rigorosa prova contraria, della riferibilità del danno all'uno o all'altro, va stabilito, di regola, secondo il criterio di imputazione previsto dall'art. 1126 c.c., il quale pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o usuario esclusivo del lastrico e per i restanti due terzi a carico del condominio. Riferimenti Sini, La responsabilità del condominio per danni derivanti da cose in custodia e l'esimente della condotta colpevole del danneggiato, in Riv. giur. sarda, 2018, I, 76; Ribaldone, Responsabilità del condominio per danni da cose in custodia, in Immob. & proprietà, 2016, 161; Cusmai, E' responsabile il condominio dei danni cagionati da cose in custodia, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 3, 20; Coscetti, La responsabilità per i danni da cose in custodia e l'applicabilità dell'art. 2051 c.c. al condominio: profili generali e casistica giurisprudenziale, con particolare riferimento all'eventuale concorso di colpa del danneggiato, in Riv. giur. edil., 2010, I, 346; Zanetti, La responsabilità del condominio per i danni derivanti da cose in custodia, in Resp. civ. e prev., 2009, 2553; Bordolli, Infortunio del terzo in condominio e responsabilità per danni da custodia, in Immob. & diritto, 2009, fasc. 5, 24; Tomba, Furto in appartamento agevolato da impalcature: responsabilità per i danni, in Ventiquattrore avvocato, 2009, fasc. 2, 40; Venchiarutti, Condomino cade in una buca durante lavori di manutenzione dell'immobile: dei danni risponde l'amministratore, in Resp. civ. e prev., 2009, 2313. |