Sono revocabili i pagamenti per forniture se eseguiti in attuazione di un piano di rientro
31 Marzo 2025
La Corte di cassazione ha recentemente enunciato un importante principio di diritto in tema di esenzione da revocatoria dei pagamenti eseguiti nell'esercizio dell'attività d'impresa “nei termini d'uso”, esenzione come noto prevista dalla Legge fallimentare all'art. 67, comma 3, lett. a), l. fall. [e oggi dal Codice della crisi all'art. 166, comma 3, lett. a), c.c.i.i.] che così recita: «(Non sono soggetti all'azione revocatoria) a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso (…)». La questione è stata portata all'attenzione della S.C. mediante ricorso – proposto dalla creditrice di una società in amministrazione straordinaria – avverso una pronuncia della Corte d'appello di Milano che aveva confermato, con rigetto del gravame, la decisione resa in primo grado dal Tribunale. Il Giudice del primo grado aveva revocato ex art. 49 d.lgs. n. 270/1999 due pagamenti effettuati a favore della ricorrente in quanto eseguiti nei sei mesi precedenti il deposito della domanda di ammissione al concordato preventivo (aperto e successivamente revocato). Tanto il Tribunale quanto la Corte d'appello avevano ritenuto di non poter fare applicazione dell'esimente prevista dall'art. 67, comma 3, lett. a), l. fall. nel caso di specie, in quanto i pagamenti erano stati eseguiti dalla debitrice in esecuzione di un “piano di rientro” stipulato a seguito del mancato adempimento dell'obbligazione originaria entro i termini originariamente pattuiti. Rileva sul punto la ricorrente in cassazione, con il secondo motivo, che i pagamenti erano sì stati eseguiti «entro termini di adempimento diversi e successivi rispetto a quelli “d'uso” fino ad allora osservati», e che tuttavia «i termini in uso tra le parti erano già stati pattuiti in 120 giorni, ossia nei medesimi termini di pagamento riproposti nel piano di rientro». La Corte di cassazione ha ritenuto tale motivo infondato e, valorizzando la finalità “conservativa” (cioè di conservazione dell'impresa, nell'ottica dell'uscita dalla crisi) dell'esenzione in discorso, ha affermato il seguente principio di diritto: «I pagamenti eseguiti entro termini di adempimento differenti rispetto a quelli originariamente pattuiti perché volti, rispetto all'obbligo inadempiuto di pagare il prezzo delle forniture già ricevute, a dare esecuzione ad un piano di rientro successivamente concordato tra le parti e all'interno dell'unico contesto commerciale così residuato tra le stesse, non sono riconducibili all'esimente prevista dall'art. 67, comma 3, lett. a), l. fall.» Proprio in virtù della suddetta finalità, infatti, l'esenzione trova esclusiva applicazione per i pagamenti aventi ad oggetto il prezzo delle “forniture”, e cioè i contratti che sono «immediatamente espressivi dell'esercizio dell'attività d'impresa o comunque riferibili all'oggetto tipico dell'attività dell'imprenditore, con esclusione delle operazioni che con quell'attività non abbiano un nesso (cfr. Cass. n. 8900 del 2024, in motiv.)». L'esenzione non può, dunque, secondo la Corte, operare per i pagamenti eseguiti, dopo l'inadempimento del debitore poi fallito dell'obbligo di pagare nei termini d'uso, per dare esecuzione al piano di rientro successivamente concordato. Sull'argomento si veda Dimundo, L'esenzione da revocatoria dei pagamenti nei termini d'uso, Giuffrè Francis Lefebvre, 2025 |