Art. 38 disp. att. c.c.: chi è compente ad assumere i provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale?

16 Aprile 2015

Il Tribunale per i minorenni è funzionalmente competente a decidere sulla domanda di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale proposta prima dell'entrata in vigore della L. n. 219/2012 e dell'instaurazione del giudizio di divorzio da parte dei genitori, in applicazione del principio generale della perpetuatio jurisdictionis di cui all'art. 5 c.p.c..
Massima

Il Tribunale per i minorenni è funzionalmente competente a decidere sulla domanda di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale proposta prima dell'entrata in vigore della L. n. 219/2012 e dell'instaurazione del giudizio di divorzio da parte dei genitori, in applicazione del principio generale della perpetuatio jurisdictionis di cui all'art. 5 c.p.c.. Ragioni di economia processuale e di tutela dell'interesse superiore del minore impediscono un'interpretazione dell'art. 38 disp. att. c.c. che vanifichi il percorso processuale svolto, a seguito di una domanda ex art. 333 c.c., dinanzi al Tribunale per i minorenni prima della proposizione del giudizio di separazione o divorzio da parte dei genitori, anche al fine di non rendere possibile l'uso strumentale del processo per spostare la competenza.

Il caso

Il Tribunale per i Minorenni di Campobasso ritiene la propria competenza a giudicare sulla decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale in un giudizio introdotto con ricorso 16 febbraio 2011 e quindi prima dell'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 38 disp att. c.c. e prima della proposizione del ricorso per divorzio da parte di uno dei due genitori interessati.

La madre propone regolamento di competenza affermando che il Tribunale per i Minorenni perde la competenza sui procedimenti de postestate se è pendente davanti al Tribunale Ordinario giudizio per separazione, divorzio o ai sensi dell'art. 316 c.c. (vis actractiva).

Si costituisce in giudizio il padre il quale assume che, in applicazione del principio della perpetuatio iurisdictionis, la competenza del Tribunale per i Minorenni resta radicata se il giudizio è stato iniziato prima dell'entrata in vigore della L. n. 219/2012.

La Corte di Cassazione con la pronunzia in esame rigetta il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale per i Minorenni di Campobasso.

In motivazione

«In primo luogo va valutata l'operatività del principio generale della perpetuatio jurisdictionis di cui all'art. 5 c.p.c., che il legislatore del 2012 (L. n. 219/2012, art. 4) ha tenuto almeno in parte in considerazione affermando che le disposizioni di cui alla L. n. 219/2012, citato art. 3, si applicano soltanto nei giudizi iniziati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge. Nella specie l'entrata in vigore della L. n. 219/2012 è successiva alla proposizione delle domande al Tribunale per i minorenni.

(…) Risponde a una interpretazione logica, oltre che diretta a salvaguardare la coerenza testuale della norma, ritenere, che l'effetto attrattivo previsto dall'art. 38, si riferisce alla ipotesi della proposizione di un ricorso ex art. 333 c.c. e ai casi in cui l'esame di tale ricorso renda necessaria la pronuncia dei citati provvedimenti e specificamente della decadenza dalla responsabilità genitoriale.

(…) il requisito della identità delle parti, richiesto dalla L. n. 219/2012, art. 3, come presupposto per l'attrazione della competenza da parte del giudice ordinario, requisito che non ricorre nella specie in relazione alla proposizione da parte del P.M. di ricorso autonomo nei confronti di Z.A..

Infine ragioni di economia processuale e di tutela dell'interesse superiore del minore che trovano riscontro nelle disposizioni costituzionali (art. 111 Cost.) e sopranazionali (art. 8 CEDU e art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea) impediscono una interpretazione della disposizione dell'art. 38, che vanifichi il percorso processuale svolto, a seguito di una domanda ex art. 333 c.c., davanti al Tribunale per i minorenni anteriormente alla proposizione del giudizio di separazione o divorzio da parte dei genitori…»

La questione

La questione in esame è la seguente: opera la vis attrattiva prevista dal novellato art. 38 disp. att c.c. nel caso di istaurazione di un giudizio per la decadenza e/o la limitazione di responsabilità genitoriale istaurato prima dell'entrata in vigore della L. n. 219/2012 – ossia prima del 1° gennaio 2013 - e prima della proposizione del giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio?

Le soluzioni giuridiche

La pronunzia in esame affronta il problema del riparto di competenza tra Tribunale per i Minorenni e Tribunale Ordinario avuto riguardo all'assunzione dei provvedimenti decadenziali e/o limitativi della responsabilità genitoriale attraverso l'applicazione dei principi insiti nell'ordinamento nazionale e sovranazionale.

In particolare fatto salvo dalla L. n. 219/2012 il principio della perpetuatio iurisdictionis di cui all'art. 5 c.p.c. il nuovo regime dettato dal novellato art. 38 disp. att.c.c. troverà applicazione solo per i giudizi istaurati successivamente all'entrata in vigore della legge (e quindi dopo il 1° gennaio 2013): nel caso di esame il giudizio avanti al Tribunale per i Minorenni era stato istaurato prima dell'entrata in vigore della legge.

L'espressione “in tale ipotesi” di cui al richiamato art. 38 non è univoca nel limitare la vis attrattiva del Tribunale Ordinario alla sola ipotesi dei provvedimenti ex art. 333 c.c.. Peraltro un'interpretazione diretta a salvaguardare la coerenza testuale della norma impone di ritenere che l'effetto attrattivo si riferisca alla sola ipotesi di cui all'art. 333 c.c.. permanendo quindi la competenza del TM per la statuizioni ex art. 330 c.c..

Nel caso in disamina il giudizio pendente avanti al Tribunale per i Minorenni era stato istaurato su ricorso proposto in via autonoma dal PM minorile: di conseguenza, non poteva ritenersi verificato l'ulteriore requisito, richiesto dal novellato art. 38 disp. att. c.c., della “identità delle parti” ( tra le stesse parti) con conseguente esclusione della competenza per attrazione da parte del Tribunale Ordinario.

Conclude la Corte affermando che ragioni di economia processuale e di tutela del superiore interesse del minore impediscono una interpretazione dell'art. 38 che vanifichi il percorso processuale svolto avanti al Tribunale per i Minorenni prima dell'istaurazione del giudizio di separazione o divorzio dei genitori attraverso una strumentale utilizzazione del processo al solo fine di spostarne la competenza.

Osservazioni

La pronuncia in esame affronta la questione posta dal non chiaro dettato letterale dell'art. 38 disp. att.c.c. come novellato a seguito dell'entrata in vigore della L. n. 219/2012. La Suprema Corte chiarisce che il Tribunale per i Minorenni rimane funzionalmente competente a giudicare sulle domande de potestate nelle due seguenti ipotesi:

  1. quando la domanda di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale sia stata proposta dinanzi al Giudice minorile prima dell'entrata in vigore della L. n. 219/2012, in applicazione del principio generale della perpetuatio jurisdictionis anche al fine di non vanificare, per ragioni di economia processuale e di tutela dell'interesse superiore del minore, il percorso processuale svolto, a seguito di una domanda ex art. 333 c.c., dinanzi al Tribunale per i Minorenni;
  2. quando la domanda di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale sia stata proposta dinanzi al Giudice minorile su ricorso del Pubblico Ministero Minorile, anche successivamente all'entrata in vigore della L. n. 219/2012, non sussistendo, in questo caso, il requisito della «identità delle parti», richiesto dalla citata normativa quale presupposto per l'attrazione della competenza da parte del Tribunale Ordinario nel successivo giudizio di separazione o divorzio instaurato dai genitori.

La pronuncia, peraltro, non affronta - se non incidentalmente - la problematica relativa all'estensione dell'effetto attrattivo della competenza al Tribunale Ordinario avuto riguardo all'assunzione dei provvedimenti di decadenza della responsabilità genitoriale e parrebbe escluderla in nome della affermata necessità di garantire una interpretazione della norma che «salvaguardi la coerenza testuale della stessa». Si tratta di una soluzione non del tutto convincente a fronte di una disposizione normativa certamente di significato non univoco e di non facile interpretazione ermeneutica tale da far dubitare della possibilità di attribuire alla disposizione conforme al testo letterale.

Come rilevato dalla stessa Corte di Cassazione (Cass. civ. n. 1349/2015) l'oggettiva difficoltà ermeneutica della disposizione ha portato alla creazione di due orientamenti sostanzialmente contrapposti: il primo fondato sulla peculiarità dell'azione di decadenza e sugli specifici poteri del PM minorile; l'altro ritiene invece superabile la non coincidenza delle parti del giudizio ex art. 330 c.c. e di quello relativo al conflitto genitoriale focalizzando l'attenzione dell'espressione «in tale ipotesi» con specifico riferimento alla interpretazione testuale.

Non resta che chiedersi se, in concreto, la soluzione interpretativa vada effettivamente ricercata nell'ermeneutica (che porta certamente a risultati non univocamente convincenti) ovvero se la norma non debba essere letta in chiave differente – come proposto dalla Suprema Corte con ordinanza n. 1349/2015 - privilegiando il significato complessivo della disposizione senza procedere ad una lettura atomistica di ciascuna parte o locuzione della stessa.