Lesioni (colpose e dolose)

08 Luglio 2016

La fattispecie del delitto di lesioni personali, è descritta nell'art. 582 c.p., che si trova collocato nel Libro II, Titolo XII Dei delitti contro la persona, ed è normativamente descritta come chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Come si può subito notare è reato a condotta libera, che reca in se la descrizione di un evento naturalistico, identificabile nelle lesioni personali da cui deriva una malattia. Tale fattispecie, non trova nella sua rubrica, a differenza del delitto di Lesioni personali colpose, la specificazione dell'elemento soggettivo richiesto per la sua perfezione. La mancata specificazione dell'elemento soggettivo, è giustificata dalla previsione dell'art. 42, comma 2, c.p., in cui il Legislatore stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto stabilito dalla legge come delitto se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.
Inquadramento

La fattispecie del delitto di lesioni personali, è descritta nell'art. 582 c.p., che si trova collocato nel Libro II, Titolo XII Dei delitti contro la persona, ed è normativamente descritta come chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.

Come si può subito notare è reato a condotta libera, che reca in se la descrizione di un evento naturalistico, identificabile nelle lesioni personali da cui deriva una malattia.

Tale fattispecie, non trova nella sua rubrica, a differenza del delitto di Lesioni personali colpose, la specificazione dell'elemento soggettivo richiesto per la sua perfezione.

La mancata specificazione dell'elemento soggettivo, è giustificata dalla previsione dell'art. 42, comma 2, c.p., in cui il Legislatore stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto stabilito dalla legge come delitto se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.

La sopra riportata definizione, consente di evidenziare come la forma principale di imputazione soggettiva con riferimento ai delitti sia il dolo; proprio per tale motivo nella norma descrittiva di fattispecie non è necessaria la specificazione dell'elemento soggettivo se doloso, invece necessaria nel caso in cui l'accollo di una determinata condotta debba avvenire a titolo di colpa o preterintenzione, che anche se non esplicitato direttamente, si possa ricavare dalla formulazione della norma.

Ai fini dell'applicazione della norma, nel concetto di lesioni personali rientrano solo quelle provocate ad altri soggetti, essendo escluse quelle autoprovocate, condotta questa oggetto di previsione della norma di cui all'art. 642, comma 2, c.p., nella quale il soggetto attivo, agisce al fine di conseguire per se o per altri, l'indennizzo di un assicurazione o un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione.

Per quanto riguarda la competenza a giudicare del delitto di cui all'art. 582 c.p. è competente il giudice di pace ai sensi dell'art. 4 lett. a) d.lgs. 274/2000, limitatamente ai fatti perseguibili a querela di parte, qualora la malattia abbia una durata inferiore ai 20 giorni e non concorra al fatto alcuna delle circostanze previste dagli artt. 583 e 585 c.p., ad eccezione di quelle indicate nel n. 1 e nell'ultima parte dell'art. 577 c.p., casi nei quali è competente a giudicare il tribunale in composizione monocratica.

Elemento soggettivo

Il delitto di cui all'art. 582 c.p. come sopra accennato è punito a titolo di dolo.

Il dolo è la forma generale ed originaria di imputazione dei delitti, essendo il dolo l'elemento soggettivo di imputazione di più antica acquisizione.

La scienza penalistica moderna, ha evidenziato in forma maggiormente articolata quali sono gli elementi oggetto dello studio del dolo.

Lo schema classico di studio del dolo è riferito a oggetto, struttura ed accertamento, come suggerito dalla scienza penalistica moderna.

La definizione del dolo è contenuta nell'art. 43, comma 2, alinea 1 del codice penale dove si definisce è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione o dell'omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza dell'azione od omissione.

Tale definizione fa si che ci si ponga degli interrogativi in ordine all'esatto significato delle sue locuzioni.

Dalla lettura della definizione del dolo, si può infatti evincere che oggetto dell'intenzione ovvero della volizione del soggetto attivo del delitto è l'evento, identificabile nelle lesioni personali da cui derivi una malattia, ovvero quello di recare un danno all'integrità fisica altrui, bene oggetto di tutela costituzionale (art. 32 Cost.).

L'intenzione di cagionare un danno è quindi il presupposto soggettivo su cui si basa l'imputazione del fatto di lesioni personali volontarie, che confina con la colpa nelle ipotesi in cui non vi sia l'intenzione di ledere, circostanza questa che va valutata in concreto in relazione al contesto in cui si svolge l'azione.

Casistica

A scopo esemplificativo, in tema di lesioni personali cagionate durante una competizione sportiva che implichi l'uso della forza fisica e il contrasto anche duro tra avversari, l'area del rischio consentito è delimitata dal rispetto delle regole tecniche del gioco, la violazione delle quali, peraltro, va valutata in concreto, con riferimento all'elemento psicologico dell'agente il cui comportamento può essere – pur nel travalicamento di quelle regole – la colposa, involontaria evoluzione dell'azione fisica legittimamente esplicata o, al contrario, la consapevole e dolosa intenzione di ledere l'avversario approfittando della circostanza del gioco (Cass. pen., Sez. IV, 26 novembre 2015, n. 9559, v. nota di MARRA, La scriminante tacita dell'esercizio dell'attività sportiva ed i suoi limiti applicativi )

Elemento oggettivo

I momenti dell'elemento oggettivo nel reato di lesioni personali, sono identificabili nella condotta, nell'evento e nel nesso di causalità.

Le lesioni personali, come osservato, sono reato in cui è presente un evento naturalistico, sussistendo comunque, come in tutte le fattispecie incriminatrici, un evento in senso giuridico, ravvisabile nella lesione o nella messa in pericolo dell'interesse giuridicamente protetto dalla norma incriminatrice, da identificarsi nell'integrità fisica o psichica del soggetto.

L'evento inteso in senso giuridico, coincide infatti con la lesione dell'interesse giuridicamente protetto dalla norma incriminatrice, mentre l'evento in senso naturalistico è identificabile nel mutamento della realtà, apprezzabile dal terzo osservatore della condotta.

La descrizione della fattispecie potrebbe indurre l'interprete a considerare il delitto di lesioni personali come integrabile attraverso la perfezione di due eventi, consistenti rispettivamente nelle lesioni e nella malattia.

In realtà, l'evento perfezionativo del reato è uno solo, e consiste nelle lesioni da cui deriva una malattia nel corpo o nella mente, potendosi da questo evincere come il concetto di lesioni personali introdotto dalla fattispecie non è soggettivizzabile ma è strettamente connesso all'evento malattia che dalle lesioni deriva.

Questa considerazione permette di distinguere, in applicazione del principio di stretta legalità della fattispecie penale, il reato in oggetto da quello delle percosse, descritto nell'art. 581 c.p., per la cui perfezione non è richiesto che dal fatto derivi una malattia.

Per quanto riguarda il concetto di malattia, ne è difficile una definizione giuridica unitaria.

Orientamenti a confronto

Perché si integri la fattispecie, è necessario che le lesioni personali abbiano come conseguenza, una malattia nel corpo o nella mente, dovendosi intendere per malattia qualunque alterazione anatomica dell'organismo ancorché localizzata di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, onde lo stato di malattia perdura fino a quando sia in atto il suddetto processo di alterazione (Cass. pen., Sez. V, 29 settembre 2010, n. 43763; Cass. pen., Sez. V, 26 aprile 2010, n. 22781; Cass. pen., Sez. V, 22 ottobre 2014, n. 44026)

Secondo altra giurisprudenza, il concetto clinico di malattia, sotteso alla nozione di “lesione”, richiede il concorso del requisito essenziale di una riduzione apprezzabile di funzionalità alla quale può anche non corrispondere una lesione anatomica, e di quello di un fatto morboso in evoluzione, a breve o lunga scadenza, verso un esito che potrà essere la guarigione perfetta, l'adattamento alle nuove condizioni di vita oppure la morte. Ne deriva che non costituiscono “malattia” e, quindi, non possono integrare il reato di lesioni personali, le alterazioni anatomiche alle quali non si accompagni una riduzione apprezzabile della funzionalità (Corte di appello di Lecce, Sez. distaccata di Taranto, 6 marzo 2014, n. 313).

La condotta e il nesso causale

La condotta del reato, secondo la definizione generale dell'art. 43 c.p., può essere sia attiva che omissiva.

Il reato di lesioni personali è reato in cui la condotta è a forma libera, o causalmente orientata, ovvero orientata verso un fine, che è quello di provocare lesioni personali al soggetto passivo del reato.

Questo significa che le lesioni da cui derivi una malattia, possono essere cagionate con qualunque tipo di condotta, anche in forma omissiva, per esempio omettendo intenzionalmente di somministrare un farmaco quando questa mancanza cagioni poi uno stato patologico rilevante ai fini della integrazione del concetto di malattia, ovvero anche in modo privo di violenza magari mediante l'emanazione nell'aria di sostanze nocive, o mediante lo spruzzo di sostanze spray nocive, in cui vi è l'intenzione di lesionare il soggetto passivo, ponendo in essere una condotta priva di connotazione violenta.

Ai fini dell'accollo del fatto di reato, l'evento deve essere conseguenza della condotta.

Nel nostro ordinamento il rapporto di causalità è regolato dall'art. 40, comma 1, c.p., nel quale si dispone che Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione, prevedendo poi il 2 comma della disposizione in questione, un equiparazione della condotta omissiva con quella attiva, ogni qual volta sussista in capo al soggetto attivo del reato, un obbligo giuridico di impedire l'evento.

Con riferimento al delitto di lesioni, l'evento consiste nella causazione di una malattia, che deve essere oggetto di volizione e rappresentazione, dovendosi il soggetto rappresentare che dalla sua condotta deriveranno al soggetto passivo del reato, lesioni personali come conseguenza della sua azione.

La lettura della norma potrebbe suggerire l'esistenza di due eventi, identificabili il primo nella lesione personale, ed il secondo nella malattia nel corpo o nella mente, dovendosi però ritenere che si tratti di un solo evento identificabile nella malattia, in quanto la norma parla di lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente.

Soggetto passivo del reato è la persona fisica, essendo controverso che possa rientrare nell'oggetto della tutela penale della norma anche il feto, in quanto non ancora persona fisica vivente.

Aspetti medico legali

Il concetto di malattia nel corpo o nella mente, che è contenuto nell'art. 582 c.p., costituisce l'evento naturalistico del reato, identificabile secondo i parametri della scienza medica, come processo patologico evolutivo necessariamente accompagnato da una più o meno rilevante compromissione dell'assetto funzionale dell'organismo.

La malattia, ai fini dell'applicazione della norma, non è quindi ogni mutamento dello stato fisico del soggetto percepito dallo stesso come tale ma è intesa come ogni stato patologico ingenerato da fattori esterni, quale per esempio l'azione del soggetto attivo, idonei a cagionare un mutamento funzionale dell'organismo che secondo la scienza medica possa rientrare nel concetto di malattia.

Tale impostazione è funzionale a rendere l'applicazione della norma più conferente a quelli che sono gli intenti del Legislatore e, soprattutto, a non soggettivizzarne la sua applicazione; ciò a salvaguardia del principio di tipicità, impedendo in tal modo che rientrino nel concetto di malattia, anche stati patologici che non costituiscono vere alterazioni dello stato fisico, o che costituiscono semplici percezioni dello stato fisico operate direttamente dal soggetto offeso dal reato, ove la sua valutazione divergesse da quella clinica.

L'impostazione sopra riportata permette di escludere dall'applicazione della norma tutte quelle condotte rientranti in figure di reato diverse, quale per esempio quella del delitto di cui all'art. 581 c.p., avente ad oggetto il fatto delle percosse da cui non deriva una malattia, evitando che vi possa essere una indebita dilatazione, in violazione del principio di tipicità delle fattispecie penali, dell'ambito di applicazione della norma di cui all'art. 582 c.p.

Circostanze aggravanti e perseguibilità

Al delitto di cui all'art. 582 c.p. possono essere accollati alcuni eventi aggravatori del fatto, che si possono concretare sia in relazione alla durata della malattia che ne deriva, sia in relazione all'uso di armi o di sostanze corrosive, alla commissione del fatto da parte persona travisata o da più persone riunite, ovvero in relazione alle ipotesi descritte negli art. 576 e 577 c.p.

Nel caso la malattia derivante dalle lesioni personali abbia una durata non superiore ai 20 giorni, e non concorrano nel fatto le circostanze aggravanti di cui agli artt. 583 e 585 c.p., il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Le circostanze aggravanti previste dalla norma di cui all'art. 583 c.p. sono sostanzialmente divise in due gruppi, che si distinguono in gravi e gravissime.

Il disposto dell'art. 583 nn. 1 e 2 c.p., stabilisce che le lesioni personali sono gravi, e si applica la pena della reclusione da tre a sette anni, se dal fatto derivi una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero l'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni, ovvero se derivi l'indebolimento permanente di un senso o di un organo.

La lesione personale è gravissima ai sensi dell'art. 583, comma 2, nn. 1,2,3,4 c.p., e si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto derivi una malattia certamente o probabilmente insanabile, la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, lo sfregio permanente del viso, ovvero una grave difficoltà della favella.

Altra circostanza aggravante applicabile all'ipotesi delle lesioni personali di cui all'art. 582 c.p., è quella di cui all'art. 585 c.p., che fa rinvio, ai fini della sua applicazione, alla sussistenza delle ipotesi descritte nelle norme di cui all'art. 576 o 577 c.p., ovvero ai fatti commessi con armi o con sostanze corrosive, o da persona travisata, o da più persone riunite, prevedendo un aumento di pena da un terzo alla metà nel caso sussista una delle ipotesi di cui all'art. 576 c.p., e fino a un terzo nel caso di sussistenza delle ipotesi aggravanti dell'art. 577 c.p.

Queste ultime due norme prevedono una serie di eventi aggravatori del fatto di cui all'art. 575 c.p., che per il rinvio operato dall'art. 585 c.p. sono applicabili anche al delitto di cui all'art. 582 c.p.; sono quindi classificabili come circostanze aggravanti speciali perché applicabili solo ai delitti specificati e ad effetto speciale per quanto riguarda le ipotesi elencate negli artt. 583 e 576c.p., in quanto la loro sussistenza, comporta un aumento della pena superiore ad un terzo.

Gli elementi sopra descritti, sono classificabili come elementi circostanziali aggravanti speciali del reato di cui all'art. 582 c.p. e come tali sono soggetti alle regole che riguardano l'applicazione delle circostanze del reato, di cui agli artt. 59 e seguenti del c.p.

Vi è poi la fattispecie di cui all'art. 583-quater c.p., peraltro di controversa qualificazione giuridica con riferimento alla sua natura, se circostanziale o di fattispecie autonoma di reato, che è stata introdotta dalla legge 4 aprile 2007 n.41; tale norma è applicabile solo ai casi di lesioni personali cagionate a pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, e stabilisce per le lesioni personali gravi la pena è della reclusione da 4 a 10 anni, mentre per le lesioni personali gravissime la pena da otto a sedici anni.

Come si può già evincere dal testo della norma, questa fattispecie è applicabile alle sole ipotesi di lesioni gravi o gravissime, dovendosi quindi continuare ad applicare per i fatti descritti in essa, da cui derivino di lesioni personali lievi o lievissime la fattispecie di cui all'art. 582 c.p.

A tal proposito, è doveroso segnalare all'attenzione del lettore la fattispecie di cui all'art. 6-quinquies, l. 13 dicembre 1989, n.401, che estende l'applicazione dell'art. 583-quater c.p., ai soggetti indicati nell' art. 2-ter del d.l. 8 febbraio 2007 n.8, convertito con modificazioni nella legge 4 aprile 2007 n.41, rendendo la norma di cui all'art. 583-quater c.p., applicabile agli stewart, nell'espletamento delle mansioni svolte in occasione di manifestazioni sportive.

Lesioni personali colpose

La fattispecie delle lesioni personali di cui all'art. 590 c.p., sanziona Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a 3 mesi o con la multa fino a euro 309.

La differenza di questa fattispecie con quella di cui all'art. 582 c.p. risiede unicamente nella forma dell'elemento soggettivo richiesto della colpa, ai fini della sua integrazione.

A differenza del dolo, la colpa non costituisce il criterio normale di imputazione del reato, in quanto deve essere espressamente prevista dalla fattispecie la punibilità a titolo di colpa, secondo quanto previsto dall'art. 42, comma 2, c.p.

Le lesioni personali colpose, si distinguono in quelle di cui al primo comma, ovvero lievi, da quelle gravi o gravissime, che hanno natura di circostanza aggravante, e sono previste al 2 comma della disposizione in questione, per le quali è stabilita la pena per le lesioni gravi della reclusione da uno a sei mesi e della multa da euro 123 a 619 euro, mentre per le lesioni personali gravissime la pena della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a 1239.

Il 3 comma della fattispecie in questione prevede il fatto delle lesioni personali colpose, quando commesso in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, distinguendo in quest'ambito applicativo, le lesioni personali gravi da quelle gravissime, e prevedendo rispettivamente la pena per le lesioni personali gravi della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da 500 a 2000 euro, mentre per le lesioni personali gravissime la pena della reclusione da uno a tre anni.

In evidenza

Va precisato che l'art. 1, comma 2, l. 23 marzo 2016, n. 41, a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, comma 8, della medesima legge 41/2016. ha scorporato dall'art. 590 c.p., recante disciplina del delitto di lesioni personali colpose, il riferimento ai fatti commessi con violazione della disciplina della circolazione stradale già contenuto nel primo periodo del comma 3 del previgente art. 590 c.p., ed abroga la circostanza ad effetto speciale consistente nella commissione del fatto da parte di soggetto in stato di ebbrezza alcoolica ovvero in stato di alterazione psico-fisica conseguente all'uso di sostanze stupefacenti, già contenuta nel secondo periodo del citato comma 3. Un primo effetto della nuova normativa è quello che i fatti di lesioni personali colpose commessi con violazione della disciplina della circolazione stradale saranno puniti con le pene previste dall'art. 590-bis c.p., solo nelle ipotesi di lesioni gravi o gravissime, descritte nell'art. 583 c.p., mentre se si tratta di lesioni non ricadenti nelle previsioni del citato art. 583 c.p., quindi di lesioni che non hanno comportato un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a 40 giorni, continuerà a trovare applicazione l'art. 590, comma 1, c.p.

Le fattispecie previste dai commi 2 e 3 hanno natura circostanziale, per cui possono essere soggette al giudizio di bilanciamento delle circostanze.

Il 4 comma, prevede il caso in cui derivino lesioni a più persone, stabilendo che la pena applicabile sia quella riferibile al fatto più grave aumentata fino al triplo, con il limite della reclusione non superiore a 5 anni; la disposizione in questione, come si può notare, introduce per il reato colposo un criterio di determinazione della pena diverso dal cumulo materiale, analogo a quello previsto per il caso di reato continuato o concorso formale previsto dall'art. 81 c.p., essendo il reato di omicidio colposo plurimo non configurabile come reato unico ma come concorso formale di più reati, unificati soltanto quoad poenam (Cass. pen., Sez. IV, 3 giugno 2015, n. 36024).

Il regime di perseguibilità del fatto è la querela, secondo quanto stabilisce il comma 5 della disposizione in questione, ad eccezione dei casi di infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale, per cui è prevista la perseguibilità di ufficio.

In evidenza

La Corte costituzionale si è pronunciata con l'ordinanza n. 191 del 1993, nel giudizio di legittimità costituzionale sollevato dal Pretore di Bergamo, Sezione distaccata di Clusone, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 582, comma 2, del codice penale, in quanto, prevedendo la perseguibilità a querela per un delitto commesso con dolo, irragionevolmente stabilisce una disciplina diversa rispetto a quella dettata dall'art. 590, comma 5, dello stesso codice che, riferendosi ad un delitto colposo e per il quale la colpa resta integrata dalla violazione di norme che configurano una situazione di pericolo e non necessariamente di danno, prevede invece la relativa procedibilità d'ufficio, dichiarando la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 582, comma 2, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Casistica

Il diritto di proporre querela non può essere esercitato decorsi 3 mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato, cosi come stabilisce l'art. 124, comma 1, c.p., termine che inizia a decorrere nei casi in cui si verta nell'ipotesi della colpa medica, non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l'hanno curata (Cass. pen., Sez. IV, 21 gennaio 2015, n. 21527)

Per quanto riguarda la competenza a giudicare il delitto di cui all'art. 590 c.p. è competente il giudice di pace ai sensi dell'art. 4 lett. a) d.lgs. 274/2000, limitatamente ai casi perseguibili a querela di parte, ad eccezione delle ipotesi connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale, quando nei casi anzidetti sia derivata una malattia di durata superiore ai 20 giorni, per le quali è competente a giudicare il tribunale in composizione monocratica.

(Segue). Elemento soggettivo ed oggettivo

La definizione normativa della colpa, è contenuta nell'art. 43, comma 2, c.p. alinea 3, dove si definisce il delitto colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

Nel delitto di lesioni personali colpose, l'evento naturalistico costitutivo del reato, è identificabile nelle lesioni personali dalle quali derivi una malattia nel corpo o nella mente.

Nella colpa il soggetto non vuole l'evento, che si produce contro la sua volontà, anche nelle ipotesi della colpa con previsione dell'evento ovvero quando l'evento è stato oggetto di sola rappresentazione.

La definizione normativa della colpa, richiede qualche riflessione volta a chiarire quali degli elementi oggettivi del reato possano essere oggetto di previsione, quali di volizione e invece quali siano quelli per cui è sufficiente la sola rappresentazione.

La condotta, che può essere sia attiva che omissiva, deve essere oggetto di volizione da parte del soggetto attivo.

Il criterio distintivo tra il dolo e la colpa è infatti identificabile nella volizione dell'evento; nel delitto colposo il soggetto non vuole l'evento, mentre nel dolo vi è sempre la volizione dell'evento, anche nelle ipotesi del dolo eventuale nella forma del dolo alternativo.

Occorre però specificare come la dottrina abbia evidenziato, che nella colpa con previsione dell'evento, il soggetto al momento in cui pone in essere la condotta, si rappresenta l'evento ma attraverso un processo mentale di controrappresentazione, ne esclude la possibile verificazione come conseguenza della condotta che sta ponendo in essere, per esempio confidando nelle sue capacità, evento che invece poi si verifica ugualmente, nonostante la sua mancata volizione, ed è accollato al soggetto a titolo di colpa, quando ne sussistono i requisiti normativi richiesti, consistenti nella negligenza imprudenza od imperizia, ovvero violazione di leggi regolamenti ordini o discipline.

La definizione normativa della colpa accennata, consente di evidenziare due tipi di colpa, quella generica e quella specifica, la prima consistendo nella negligenza imprudenza od imperizia, la seconda nella violazione di leggi regolamenti ordini o discipline.

L'evento oggetto del reato di cui all'art. 590 c.p., è quello delle lesioni personali, ovvero il cagionare una malattia nel corpo o nella mente del soggetto offeso dal reato, dovendosi considerare malattia ogni mutamento dell'assetto fisico o mentale che sia valutata come tale secondo la scienza medica.

L'evento integrativo del reato nel delitto colposo è conseguenza dell'azione o omissione, ma si verifica contro la volontà del soggetto attivo.

Nella colpa generica, si verifica a causa di negligenza, imprudenza od imperizia, dovendosi ritenere negligente il comportamento del soggetto quando posto in essere in violazione delle regole sociali, le quali indicano il comportamento di un soggetto attendo ed oculato nel raggiungimento di un determinato fine, mentre invece la condotta è imprudente quando posta in essere in violazione di regole sociali le quali indicano certe azioni con certe modalità, ovvero imperita qualora vi sia violazione di regole tecniche, dettami della scienza ed esperienza generalmente seguiti in un settore specifico di attività.

Nel caso di colpa specifica, l'evento integrativo delle lesioni personali, deve verificarsi per violazione di leggi regolamenti ordini o discipline,

Lesioni personali stradali. Art. 590-bis c.p.

L'art. 1, comma 2, l. 23 marzo 2016, n. 41, a decorrere dal 25 marzo 2016, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, comma 8, della medesima legge 41/2016, ha modificato il previgente art. 590-bis c.p., che ora reca la rubrica Lesioni personali stradali.

La formulazione della fattispecie, unitamente al fatto che ora è inserita in una norma autonoma, fa si che sorgano subito dubbi in ordine alla natura di tale fattispecie, ovvero se si debba considerare tale disposto normativo come circostanza aggravante del delitto di cui all'art.590 c.p., oppure se ci si trovi in presenza di un ipotesi autonoma di reato, con tutto il corollario di effetti applicativi che ne deriverebbero.

A seguito dell'introduzione della norma in disamina, le lesioni personali, gravi e gravissime, derivanti da violazione delle norme sulla circolazione stradale sono state scorporate dal testo dell'art. 590 c.p., cosi come anche i casi in cui tali fattispecie siano state poste in essere da soggetto in stato di ebbrezza alcoolica ai sensi dell'art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada o da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, che costituivano le previsioni del previgente art. 590, comma 3, c.p.

Come è agevole osservare, l'elemento soggettivo della nuova fattispecie è la colpa specifica, trattandosi di fatti posti in essere con violazione del d.lgs. 285/1992.

Preso atto di tale modifica legislativa, riportandosi all'analisi della norma, uno dei problemi applicativi di maggior rilievo, è identificabile nella determinazione dell'esatta natura della norma; determinare cioè se si sia in presenza di una circostanza aggravante del reato di cui all'art. 590 c.p., ovvero se si tratti di una ipotesi autonoma di reato, derivando da tale classificazione il regime della sua procedibilità, oltreché l'applicazione ad essa delle regole proprie delle circostanze del reato di cui agli artt. 59 e ss. c.p.

Infatti, se si considerano i disposti di cui all'art. 590-bis c.p. come circostanze aggravanti speciali del reato di cui all'art. 590 c.p., il regime della procedibilità sarebbe quello determinato dall'ultimo comma dell'art. 590 c.p., ovvero la querela di parte, questione che comporterebbe oltre che un dibattito a livello dottrinario e giurisprudenziale, anche un effetto di grosso impatto sul lavoro delle varie procure della Repubblica, volto a verificare o meno l'effettiva sussistenza di un atto di querela ai fini della procedibilità.

Tale innovazione induce l'interprete a dovere fare una serie di considerazioni a riguardo; le modifiche normative introdotte, potrebbero portare a considerare la nuova fattispecie come reato autonomo, rilevato che il Legislatore ha riscritto la nuova norma trasfondendone il suo contenuto in una fattispecie autonoma, mentre prima, il 3 comma dell'art. 590 c.p., era formulato per relationem ovvero facendo rinvio per la descrizione, ai fatti di cui al secondo comma, a differenza dell'art. 590-bis, comma 1, c.p., che descrive in maniera autonoma la condotta del reato, senza far riferimento ad altra fattispecie incriminatrice.

Dal fatto di considerare tale norma come reato autonomo, discendono una serie di effetti di fondamentale importanza nell'applicazione pratica; in primo luogo come già accennato, se si considera reato autonomo la norma in questione, rilevato che nella sua formulazione non si richiede la querela come condizione di procedibilità, è da ritenere che il fatto sia perseguibile di ufficio, non potendo inoltre essere oggetto del giudizio di bilanciamento delle circostanze ai sensi dell'art. 69 c.p., così non essendo “vanificabile”, almeno in punto di trattamento sanzionatorio, la gravità dei fatti descritti, il che farebbe propendere per la considerazione della norma come ipotesi autonoma di reato, in quanto se la ratio della modifica legislativa è stata quella di “inasprire” le pene nei casi di lesioni gravi e gravissime derivanti dall'inosservanza del d.lgs. 285/1992 e succ. mod., non avrebbe poi senso rendere tali fatti “bilanciabili” quod pena, magari con le circostanze attenuanti generiche.

L'analisi della nuova fattispecie, peraltro piuttosto articolata, permette la schematizzazione sotto riportata, che pone in relazione i fatti di reato con le pene previste.

Lesioni personali gravi

Pena da 6 mesi a 1 anno di reclusione

Lesioni personali gravissime

Pena da 1 a 3 anni di reclusione

Lesioni personali gravi cagionate da soggetto in stato di ebbrezza alcoolica ai sensi dell'art. 186, comma 2, lett. c) e 187 d.lgs. 285/1992

Pena da 3 a 5 anni di reclusione

Lesioni personali gravissime cagionate da soggetto in stato di ebbrezza alcoolica ai sensi dell'art. 186, comma 2, lett. c) e 187 d.lgs. 285/1992

Pena da 4 a 7 anni di reclusione

Lesioni personali gravi cagionate da conducente di cui all'art. 186-bis, lett. a), b), c), d), che guida in stato di ebbrezza alcoolica ai sensi dell'art. 186, comma 2, lett b) Pena da 3 a 5 anni di reclusione
Lesioni personali gravissime cagionate da conducente di cui all'art. 186-bis, lett. a), b), c), d), che guida in stato di ebbrezza alcoolica ai sensi dell'art. 186, comma 2, lett b) Pena da 4 a 7 anni di reclusione
Lesioni personali gravi cagionate da conducente che guida in stato di ebbrezza alcoolica ai sensi dell'art. 186, comma 2, lett. b) Pena da anni 1 mesi 6 a 3 anni di reclusione
Lesioni personali gravissime cagionate da conducente che guida in stato di ebbrezza alcoolica ai sensi dell'art. 186, comma 2, lett. b) Pena da 2 a 4 anni di reclusione
Lesioni personali gravi cagionate dal conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita Pena da anni 1 mesi 6 a 3 anni di reclusione
Lesioni personali gravissime cagionate dal conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita Pena da 2 a 4 anni di reclusione
Lesioni personali gravi cagionate dal conducente di un veicolo a motore che, attraversando un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano Pena da anni 1 mesi 6 a 3 anni di reclusione
Lesioni personali gravissime cagionate dal conducente di un veicolo a motore che, attraversando un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano Pena da 2 a 4 anni di reclusione
Lesioni personali gravi cagionate dal conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua Pena da anni 1 mesi 6 a 3 anni di reclusione
Lesioni personali gravissime cagionate dal conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua Pena da 2 a 4 anni di reclusione

Anche se il nuovo assetto normativo da un lato potrebbe far propendere per la classificazione come reato autonomo dell'art. 590-bis c.p., dubbi in proposito potrebbero sorgere dalla lettura dell'art.189, comma 8, d.lgs 285/1992, dove si prevede la non sottoponibilità all'arresto, per il conducente che si fermi e all'occorrenza presti assistenza a coloro che hanno subito danni alla persona, mettendosi immediatamente a disposizione degli agenti di polizia giudiziaria, in caso di incidente da cui sia derivato il delitto di omicidio colposo (art. 589), o di lesioni personali colpose (art. 590).

Il dato letterale prevede l'arresto per i soli delitti di cui all'art. 589 e 590 c.p., rendendolo applicabile nel caso delle lesioni solo a quelle previste dall'art. 590 c.p.

Se si vuole evitare l'incongruenza di rendere non applicabile tale disposto alle ipotesi di cui all'art. 590-bis c.p., bisognerebbe considerare tale norma come circostanza aggravante del delitto di cui all'art. 590-bis c.p., a meno che il legislatore non provveda alla modificazione del art. 189, comma 8, d.lgs 285/1992, estendendone l'applicazione anche all'ipotesi di cui all'art. 590-bis c.p.

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