Società in house: rimessa alla CGUE la verifica di attività prevalente
19 Novembre 2015
Con ordinanza n. 4793 del 20 ottobre scorso, il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia la disamina di questioni pregiudiziali in materia di società in house per la verifica del requisito di attività prevalente. Il Collegio rileva che gli argomenti sollevati dall'appellante (in ordine al requisito della prevalente attività) riguardano questioni relative all'interpretazione dei trattati, nello specifico: a) «se, nel computare l'attività prevalente svolta dall'ente controllato, debba farsi anche riferimento all'attività imposta da un'amministrazione pubblica non socia a favore di enti pubblici non soci».
Il caso. La società ricorrente proponeva ricorso con il fine di ottenere l'annullamento della delibera con il quale il Comune ha ritenuto sussistenti i presupposti per l'affidamento in house a una società partecipata del servizio diretto (ovvero senza gara) di gestione del ciclo integrato di rifiuti urbani. L'appellante nello specifico lamentava il difetto della sussistenza dei requisiti della relazione in house tra la società affidataria (partecipata dal Comune) e l'ente localeanche sotto il profilo del requisito della “attività prevalente”, ovvero che il relativo volume di fatturato non potrebbe essere considerato ai fini dell'integrazione del suddetto requisito.
Società in house. Non contenendo il diritto nazionale una norma ad hoc che indichi gli elementi costitutivi di un ente in house e disciplini i requisiti del relativo rapporto, si fa esplicito riferimento al diritto europeo, secondo il quale l'istituto è di origine giurisprudenziale ed ha lo scopo di verificare quando vada necessariamente indetta una gara. L'ambito di applicazione degli appalti e concessioni viene dunque circoscritto grazie all'intervento di direttive (cfr. art. 17 n. 2014/23/UE, art. 12 n. 2014/24/UE, art. 28 n. 2014/25/UE), che però nel caso in esame non possono essere applicate ratione temporis, in quanto non può essere valutato il carattere self-executing poiché non ancora scaduto il termine per il loro recepimento. Il requisito dell'attività prevalente è stato già oggetto di diverse pronunce della Corte di Giustizia (vedi sentenza 18 novembre 1999, in C-107/98, 11 maggio 2006, in C-340/04), dove è stato in primis sancito che l'elemento necessario per la sussistenza della relazione in house è che l'ente controllato «realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che la controllano». Per poi meglio chiarire, in una seconda analisi, che gli affidamenti da considerare per raggiungere la soglia della prevalenza dell'attività sono dunque quelli disposti direttamente dall'ente controllante. Ulteriore aspetto che delimita la condizione dell'attività prevalente concerne gli affidamenti che possono essere computati nel caso in cui il requisito del controllo analogo sopravvenga rispetto all'affidamento già concesso. Ad ogni modo, i Consiglieri hanno ritenuto opportuno rimandare la questione alla Corte di Giustizia proprio in relazione al fatto che la disciplina comunitaria sul rinvio pregiudiziale è contenuta nell'art. 267 T.F.U.E. secondo il quale «la Corte di Giustizia dell'Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull'interpretazione dei trattati; b) sulla validità e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione». |