La capacità lavorativa generica dello studente vittima del sinistro va ricondotta al danno patrimoniale

Donatella Salari
01 Luglio 2016

Il pregiudizio subito da un minore, che al momento del sinistro era studente di ragioneria, ed abbia riportato un'invalidità permanente rilevante (30%), va valutato come danno patrimoniale.
Massima

Il pregiudizio subito da un minore, che al momento del sinistro era studente di ragioneria, ed abbia riportato un'invalidità permanente rilevante (30%), va valutato come danno patrimoniale ossia come proiezione futura della sua capacità reddituale intesa come capacità lavorativa generica, la quale deve essere quantificata secondo una corretta sussunzione della fattispecie negli artt. 2056, comma 1, e 1223 c.c. e che non può essere esclusa per il solo fatto che il danneggiato non abbia dimostrato che, terminati gli studi, avrebbe intrapreso la professione di ragioniere.

Il caso

Uno studente di ragioneria ancora minorenne subisce, in esito ad incidente stradale, un danno da invalidità permanente valutato nella misura del 30%.

Il giudice del merito riconduce - in difetto di idonei elementi probatori - la perdita della capacità lavorativa generica alla categoria del danno biologico, considerando il danno come perdita generale di capacità di resistenza al lavoro.

La conclusione non è condivisa dalla Suprema Corte, secondo la quale la circostanza che il danneggiato non lavorasse al momento del sinistro non rappresentava che uno degli elementi da considerare nella valutazione dell'effettiva perdita della capacità lavorativa generica che, erroneamente, è stata esclusa dal giudice di merito, per il solo fatto della mancata dimostrazione del rapporto d'inferenza causale tra sinistro e l'abbandono dello studio, come se dovesse essere valutata solo la capacità lavorativa specifica. Il Giudice di legittimità ha, pertanto, cassato la decisione di merito.

La questione

La Corte interviene sullo spartiacque rappresentato da due diverse ipotesi di invalidità rispetto alla capacità lavorativa che risulti vulnerata dagli effetti del sinistro a seconda del grado d'invalidità. Nel caso di specie il giudice del merito aveva ritenuto d'inquadrare il pregiudizio lamentato nell'ambito di quello non patrimoniale orientandosi verso la personalizzazione offerta da questa categoria di danno – avendo riscontrando un deficit probatorio su altre specifiche attività relazionali (sport, svago ecc..) ma sviluppando l'onnicomprensività della lesione da ristorare attraverso il parametro della menomazione complessiva dell'integrità psico-fisica rispetto al danno in questione; il giudice del merito ha quindi valutato la propensione del danneggiato alla carriera militare, considerata la dichiarata inidoneità di costui ad intraprendere un simile percorso per essere stato dichiarato inidoneo a ragione dell'invalidità riscontrata, ovvero rispetto alla professione di geometra, essendo il danneggiato iscritto al detto corso al momento del sinistro, concludendo che, comunque, non era stata data la prova che l'abbandono degli studi da parte del minore fosse dipeso dal sinistro.

Le soluzioni giuridiche

Secondo la Corte il pregiudizio patrimoniale va valutato come proiezione futura della capacità reddituale del soggetto rispetto alla situazione presente di capacità lavorativa generica e solo questo danno deve essere valutato dal giudice del merito in conseguenza della rilevante invalidità permanente accertata e, comunque, quantificato secondo una corretta sussunzione della fattispecie negli artt. 2056 comma primo e 1223 c.c..

In sostanza, non sembra che si possa escludere il pregiudizio sulla capacità reddituale generica per il solo fatto che il danneggiato non aveva dimostrato che, terminati gli studi, avrebbe intrapreso la professione di ragioniere.

Per tali ragioni la Suprema Corte esclude che il pregiudizio sulla capacità lavorativa generica possa rapportarsi alla categoria del danno non patrimoniale quanto meno in rapporto ad invalidità rilevanti che il Giudice può apprezzare in proiezione della future capacità reddituali in via presuntiva, ossia come perdita di chance già presenti nel patrimonio del soggetto al verificarsi dell'illecito, ossia commisurate non alla mera perdita del risultato stesso ma al venir meno della possibilità di conseguire un risultato positivo (Cass. n.4400/ 2004).

La decisione non appare in contraddizione con quell'orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 17514/2011; Cass., n. 4493/2011) secondo il quale va esclusa l'automaticità della liquidazione del danno patrimoniale nel caso di riduzione della capacità reddituale - salva la prova per presunzioni – quando si tratti di lesioni lievi in rapporto alla capacità lavorativa specifica, oppure rispetto a Cass.n. 3290/2013 che, nel caso di postumi permanenti, esige una concreta dimostrazione della riduzione della capacità di guadagno quando ci si riferisca alla capacità lavorativa specifica e non generica.

Del resto, la giurisprudenza successiva (Cass., n. 908/2013) aveva affermato che nel caso di danno da lesione della capacità lavorativa generica – intesa come idoneità a svolgere un lavoro anche diverso dal proprio, ma corrispondente alle inclinazioni individuali - la stessa va valutata come danno patrimoniale e non integra un'ipotesi di danno biologico, sia pure onnicomprensivo. Ne deriva che la sussistenza di detto deficit reddituale e potenziale dev'essere accertata caso per caso dal giudice di merito, il quale non può escluderlo per il solo fatto che le lesioni patite dalla vittima non abbiano inciso sulla sua capacità lavorativa specifica.

L'orientamento può dirsi, perciò, stabilizzato ed esteso alla invalidità lavorativa generica nel caso di invalidità consistente allorché essa precluda, a motivo della sua gravità (25%), l'impossibilità per il danneggiato di disimpegnare lavori anche diversi da quello prestato al momento del sinistro (Cass., n.12211/2015).

Tale circostanza appare valutabile come danno inteso in termini di perdita di chance perché incide sulla capacita lavorativa generica e come tale va considerato dal giudice di merito in via equitativa e non attiene ad un modo di essere del soggetto, ma costituisce danno patrimoniale.

Per quanto, invece, riguarda la capacità lavorativa specifica che, secondo la sentenza in commento, risulta erroneamente richiamata dalla sentenza cassata la S.C. già con la decisione n. 2758/2015 ha affermato che in caso di illecito lesivo dell'integrità psico-fisica della persona, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante non può farsi discendere in modo automatico dall'accertamento dell'invalidità permanente, poiché esso sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica.

A tal fine, il danneggiato è tenuto a dimostrare, anche tramite presunzioni, non solo di svolgere, al momento dell'infortunio, un'attività produttiva di reddito, ma anche di non aver mantenuto, dopo di esso, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali. In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha perciò cassato la sentenza di merito che, pur avendo acclarato che la danneggiata, a seguito dell'infortunio, non potesse più svolgere le mansioni di agente di pubblica sicurezza stradale, aveva disatteso la domanda risarcitoria da invalidità specifica, valutando la sua attitudine al disimpegno di attività e mansioni diverse rispetto a quelle precedenti, senza tuttavia dare rilievo alla circostanza che la ricorrente aveva inutilmente richiesto di essere adibita ad un lavoro alternativo e, di poi, licenziata per inidoneità alle funzioni pregresse.

La questione risulta essere stata affrontata anche da Cass. n. 12211/2015 in un'ipotesi nella quale l'invalidità presenti profili di gravità tale da non consentire al danneggiato la possibilità di disimpegnare alcun lavoro sia pure diverso da quello che già lo impegnava prima dell'evento dannoso. Nel caso esaminato il Giudice di legittimità, con riferimento ad una invalidità accertata nella misura del 25%, ha pertanto escluso che il deficit sopravvenuto di riduzione della capacità lavorativa integrasse un danno non patrimoniale sub specie di danno biologico, ma ha ritenuto che il danno fosse di tipo reddituale perché incidente su di un modo di essere del soggetto, apprezzabile ex art. 1226 c.c. In linea con la decisione appena citata appare anche Cass., n. 14645/2015, la quale ha ribadito che la liquidazione del danno da perdita della capacità lavorativa specifica deve essere apprezzata come danno patrimoniale futuro da valutare in via equitativa ed integralmente stante la sua dimensione economica.

Allo stesso modo va liquidato il danno da incidente stradale occorso al militare nel periodo di ferma volontaria prolungata, non solo rispetto alla proiezione sulla futura carriera militare, ma in previsione della possibilità di svolgere, in alternativa, la professione di geometra secondo il suo titolo di studio. In casi del genere la prova del pregiudizio (Cass., n. 14517/2015), grava sul danneggiato perché l'invalidità permanente scaturente dal pregiudizio dell'integrità psico-fisica subita non rileva in via automatica, ma va supportato da elementi probatori idonei alla prova di una qualifica professionale non ancora esercitata. In casi del genere il Giudice potrà avvalersi di criteri presuntivi (Cass., n. 2758/2015).

Va inoltre considerato (Cass.,n. 7193/2015,) che laddove venga avanzata domanda di risarcimento conseguente ad un pregiudizio di tipo aquiliano di tutti i danni, patrimoniali e non, essa si proietta anche sul versante del lucro cessante inteso come deficit di chance lavorativa, escludendo che tale voce di danno possa interpretarsi come oggetto di una domanda nuova.

In sostanza, dunque, mentre le lesioni di lieve entità della capacità lavorativa sembrano meglio attagliarsi al danno biologico in difetto di sicuri elementi valutativi del deficit di produzione del reddito, nel caso di invalidità permanente di un certo rilievo il danno economico – reddituale che si determina in esito alla diminuita capacita lavorativa generica in un caso di soggetto privo di reddito va valutata in termini patrimoniali pur non avendo dimostrato costui la perdita di chance lavorativa specifica futura. Ne deriva che ove il danno sia apprezzabile in termini di importanza percentuale non può essere tenuta in non cale la vulnerata attitudine generica del danneggiato a produrre reddito rispetto a quella specifica professione cui gli studi ai quali la vittima attendeva al momento del sinistro erano destinati.

Pertanto, nel caso del minore studente di ragioneria che sia rimasto vittima di un sinistro riportando una invalidità permanente del 30% ossia, non di lieve entità il pregiudizio non va liquidato nell'ambito del danno non patrimoniale perché, in tal caso, il pregiudizio in questione è di tipo patrimoniale e come tale va liquidato.

Osservazioni

Nel caso scrutinato la Corte ha affermato che il giudice del merito, avendo dato atto che il danneggiato non aveva dato prova della perdita di chance rispetto alla sua capacita lavorativa specifica, aveva liquidato il danno come danno biologico nonostante la gravita delle lesioni avesse determinato un invalidità permanente capace d'incidere sulla capacità lavorativa generica.

Si tratta di un importante punto d'arrivo sul complesso tema della “capacità lavorativa generica” inteso come categoria di danno patrimoniale rapportato alla astratta capacità di produzione del reddito non più apparentato al danno alla salute e quindi come autonoma voce di danno al di fuori di una sua derivazione da illecito-reato,

In questo senso l'elaborazione giurisprudenziale riguardante il danno biologico inteso come forma pretoria di riequilibrio delle voci risarcitorie, indipendentemente dalla qualità reddituale del danno, segna un ulteriore passo in avanti come già prefigurato dalla giurisprudenza (Cass., n. 908/2013) laddove si afferma che nel caso di lesione della capacità lavorativa generica – intesa come idoneità a svolgere un lavoro anche diverso dal proprio, ma confacente alle proprie attitudini - ci si trova al cospetto del danno patrimoniale, che non è affatto necessariamente ricompreso nel danno biologico, e la cui sussistenza dev'essere accertata caso per caso dal giudice di merito, il quale non può escluderlo per il solo fatto che le lesioni patite dalla vittima non abbiano inciso sulla sua capacità lavorativa specifica.

In tale veste la lesione subita va ad identificarsi con quell'aspetto del danno da lucro cessante meglio noto come perdita di chance, da intendersi come pregiudizio certo ed attuale seppur in proiezione futura da stimarsi con valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c..