Come si liquida il danno biologico nell'ipotesi di morte, per altra causa, della vittima nelle more del processo (danno intermittente)?

Filippo Rosada
05 Dicembre 2016

Nel caso in cui il soggetto che ha subito un danno biologico in occasione di un incidente stradale deceda per altra causa, deve essergli riconosciuto l'integrale risarcimento del danno non patrimoniale, con una decurtazione di natura equitativa che tenga conto del tempo trascorso tra il sinistro e la morte.
Massima

Nel caso in cui il soggetto che ha subito un danno biologico in occasione di un incidente stradale deceda per altra causa, deve essergli riconosciuto l'integrale risarcimento del danno non patrimoniale, con una decurtazione di natura equitativa che tenga conto del tempo trascorso tra il sinistro e la morte; tale riduzione deve essere tanto meno incisiva quanto più, trascorrendo il tempo dalla data del sinistro, appare ragionevole ipotizzare “la definitività della posta risarcitoria”.

Il caso

Un motociclista si procura delle lesioni personali in seguito ad uno scontro frontale con un autoveicolo che aveva invaso l'opposta corsia di marcia.

Radicato il giudizio civile per ottenere il risarcimento dei danni tutti, successivamente alla disposta CTU medico-legale il motociclista muore per una ragione non collegata all'incidente stradale oggetto del contenzioso.

I convenuti chiedono che il risarcimento del danno biologico sia limitato al periodo di sopravvivenza del motociclista, ma il Tribunale riconosce quasi l'integrale risarcimento del danno.

La questione

La questione è la seguente: con quali criteri si deve liquidare il risarcimento del danno biologico del soggetto che decede prima o nel corso del giudizio per una causa esterna dalla lesione subita?

Le soluzioni giuridiche

L'estensore della sentenza esordisce dando atto dell'orientamento dominante della Cassazione (da ultimo Cass. civ., sent. n. 679/2016), richiamando il contenuto di una sentenza dei supremi giudici del 1995 (Cass. civ., sez. III, 2 marzo 1995 n. 2450), nella cui motivazione si affermava che la morte della persona, sopravvenuta prima della liquidazione del risarcimento, rende misurabile e rapportabile alla durata della vita successiva alla menomazione l'incidenza negativa da questa arrecata alla esplicazione della sua personalità.

Il Tribunale sottolinea, quindi il disposto dell'art. 1221 c.c. dal quale si evince come nella responsabilità civile sia l'id quod interest ad avere importanza e non l'aestimatio rei; di conseguenza, se il bene danneggiato perisce per cause indipendenti dal motivo per il quale si è danneggiato, con ogni evidenza non vi può essere margine per un risarcimento.

Ciò precisato, si evidenzia come il concetto dell'id quod interest sia legato a quello di “patrimonio” inteso come complesso di beni dotati di un valore di mercato e giuridicamente alienabili, caratteristiche, queste, non utilizzabili in riferimento al bene salute.

Il Tribunale, pertanto, mette in guardia dall'utilizzo semplicistico - in tema di danno biologico – degli effetti del tempo nel periodo successivo all'evento dannoso, osservando come il criterio impiegato per definire il quantum del risarcimento ... non può giungere a snaturare del tutto il relativo danno.

Si specifica, inoltre, che la stessa “natura pratica” oltre che “meramente risarcitoria” della responsabilità civile impone che il quantum risarcitorio sia determinabile a priori con una ragionevole certezza e ciò in quanto ad essere garantito non deve essere solo il danneggiante, ma anche il danneggiato.

L'estensore ritiene che sia necessaria una diversa lettura dell'indirizzo prevalente in Cassazione, tenendo in conto che il vero problema appare essere dato a questo punto dal tempo trascorso tra il momento dell'evento dannoso e quello del decesso del danneggiato.

Infine, viene indicato il criterio per addivenire ad una corretta quantificazione del danno: liquidazione come da tabelle milanesi, per poi procedere con una riduzione in via equitativa, che deve essere tanto meno incisiva quanto più, trascorrendo il tempo dalla data del sinistro, appare ragionevole ipotizzare la definitività della posta risarcitoria.

L'estensore, quindi, tenuto conto che l'incidente si è verificato nel 2007; che la morte è avvenuta nel 2013; che è ingiustificabile, anche ai sensi dell'art. 1175 c.c., che a distanza di sei anni il de cuius non avesse ancora ricevuto il giusto risarcimento del danno, ha ritenuto che la sola riduzione plausibile debba essere contenuta nel 10% dell'importo risarcitorio.

Terminata l'illustrazione del contenuto del provvedimento oggetto della presente trattazione, si ritiene utile rammentare gli attuali differenti metodi applicati dalla giurisprudenza per calcolare il danno in questa particolare fattispecie:

1) metodo romano: secondo il Tribunale di Roma, il danno da risarcire è rappresentato dalla sommatoria della percentuale di risarcimento del danno acquisita immediatamente per effetto della lesione con l'importo ottenuto sulla base della sopravvivenza concreta rispetto a quella statistica, stimata sulla base del rapporto tra vita media e vita concreta dopo la lesione, salva la possibilità di interventi di personalizzazione;

2) equità pura: si tiene conto del massimo previsto dalla tabella che rappresenta il risarcimento calcolato per un soggetto che convive con la menomazione per tutta la vita, ma poi il giudice, compiendo una valutazione caso per caso, opera delle decurtazioni ritenute congrue;

3) metodo matematico: poiché le tabelle milanesi calcolano il quantum risarcitorio presupponendo che il danneggiato viva per tutti gli anni previsti dalle statistiche sanitarie – circa 80 anni per gli uomini e 85 per le donne – con una semplice equazione il giudice potrà calcolare a quanto corrisponde l'importo risarcitorio per gli effettivi anni di vita vissuta.

Osservazioni

La soluzione adottata dal giudice milanese, pur essendo condivisibile nei presupposti logici, non appare convincente nell'effettiva applicazione degli stessi.

Il Tribunale, infatti, più che tenere in conto i riflessi sul danno biologico di una vita interrotta anticipatamente, sembra punire la condotta del debitore che a distanza di sei anni dall'evento non aveva ancora risarcito il danno al soggetto poi deceduto e, per detta ragione, ritiene equo decurtare solamente il 10% dell'importo risarcitorio integrale, che sarebbe stato liquidato con la tabella milanese.

Abbiamo visto nel paragrafo che precede, come sia dibattuta l'incidenza del sopraggiungere della morte, per causa diversa da quella che ha cagionato il fatto illecito, nella liquidazione del risarcimento del danno non patrimoniale.

Anche l'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano ha ritenuto di organizzare un “gruppo di lavoro” che affrontasse la problematica (per approfondimenti vedi Gruppo 2: Il danno biologico interminttente, in RiDaRe).

Il gruppo, composto da magistrati e avvocati, tenuto conto dell'ormai costante indirizzo giurisprudenziale della Cassazione (si veda, da ultimo, la citata Cass. civ., sent. n. 679/2016) che identifica il danno alla salute quale danno futuro collegato all'effettiva convivenza del soggetto leso con la menomazione subita, ha ritenuto di elaborare una tabella che non tenesse in conto – salvo ai fini della personalizzazione - la mera età del danneggiato, in quanto parametro idoneo a calcolare il risarcimento in funzione dell'aspettativa di vita.

È stato, quindi, proposto un criterio liquidativo che utilizzi, quale criterio di misura, il risarcimento annuo mediamente corrisposto ad ogni percentuale invalidante secondo i valori monetari individuati dalle Tabelle di Milano.

L'Osservatorio, inoltre, dopo aver considerato che il pregiudizio sofferto è maggiore nei primi due anni dall'evento che ha causato la menomazione dell'integrità psicofisica, ha ritenuto di valorizzare questa circostanza incrementando il risarcimento medio annuo nella misura del 100% per il primo anno e del 50% per il secondo, con possibilità di eseguire una personalizzazione che tenga anche in conto, come sopra accennato, il fattore anagrafico della vittima.

Il criterio individuato dall'Osservatorio milanese appare indubbiamente corretto, in quanto consente di addivenire ad un integrale risarcimento del danno, contemperando una duplice esigenza: non ridurre il quantum al valore di una mera inabilità temporanea; non omologare, nella liquidazione del danno non patrimoniale, la lesione biologica vissuta per un breve periodo a quella subita per tutto l'arco della vita media.

Interessante sarà verificare nei prossimi mesi se gli altri uffici giudiziari italiani condivideranno o meno i predetti innovativi criteri orientativi proposti dall'Osservatorio milanese sulla giustizia civile.

Guida all'approfondimento

G. BUFFONE, Gruppo Due: il danno biologico intermittente in RiDaRe;

OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA CIVILE DI MILANO, Gruppo Due: Criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale intermittente,in Risarcimento del danno non patrimoniale alla persona, Report gruppi danno Milano.

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