Nella gestione del sinistro le spese legali della fase stragiudiziale costituiscono danno consequenziale ex art. 1223 cc e vanno riconosciute
14 Novembre 2016
Massima
In tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, l'art. 9, comma 2, del d.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, emanato in attuazione dell'art. 150, comma 1, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, il quale, per l'ipotesi di accettazione della somma offerta dall'impresa di assicurazione, esclude che siano dovuti al danneggiato i compensi di assistenza professionale diversi da quelli medico-legali per i danni alla persona, va interpretato nel senso che sono, comunque, dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima nel caso in cui non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore. Diversamente la disposizione deve ritenersi nulla per contrasto con l'art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, se volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell'erogazione di spese legali effettivamente necessarie. Il caso
Il danneggiato da un sinistro stradale ha agito innanzi al Giudice di Pace nei confronti di un'impresa assicuratrice che aveva negato il rimborso dei compensi professionali da lui sostenuti per remunerare un legale. Costui aveva infatti espletato in favore dell'attore una prestazione professionale per la definizione di una richiesta di risarcimento diretto, poi definita con accettazione della somma offerta dall'assicurazione. Quest'ultima negava, però, il diritto del danneggiato alla ripetizione dei detti esborsi, eccependo che la procedura si era conclusa solo in via stragiudiziale. Il danneggiato ha azionato, pertanto, la domanda di rimborso, ma il primo Giudice ha rigettato la domanda interpretandola come azione di regresso ex art. 68 legge professionale ed, inoltre, rilevando che alcuna transazione si era conclusa tra le parti. Impugnata la decisione davanti al Tribunale, il giudice d'appello, pur ritenendo erronea l'interpretazione del primo giudice, ha considerato, invece, la richiesta come valutabile sotto il profilo del risarcimento del danno per poi rigettarla, a mente dell'art. 149 d.lgs. n. 209/2005. Come noto, la disposizione citata disciplina la procedura di risarcimento diretto e, in base all'art. 9 del regolamento emanato con D.P.R. n. 254/2006, esclude la ripetizione di quanto pagato dal danneggiato a titolo diverso dalle spese sostenute per le perizie relative a danni alla persona nella fase stragiudiziale, allorché sia stata accettata l'offerta dell'assicuratore. La questione
Ed allora la questione da risolvere è la seguente: spetta il rimborso del compenso professionale pagato al legale anche quando la controversia si è conclusa positivamente in via stragiudiziale? Le soluzioni giuridiche
Non sembra possa discutersi sul diritto del danneggiato- nella cornice dell'art. 24 della Costituzione - di esercitare anche nella fase extragiudiziale, il suo diritto di difesa giovandosi di un' assistenza tecnica adeguata, in vista di una definizione stragiudiziale della controversia risarcitoria. Stando così le cose, se davvero l'obiettivo di una rapida definizione della controversia costituisce interesse degno di tutela, diviene davvero difficile ammettere la ripetibilità delle spese difensive come voce pura di danno solo allorché, non accettata la proposta risarcitoria, il danneggiato abbia intrapreso la strada del contenzioso innanzi al Giudice vedendo accolte le sue ragioni (Cass. civ., 2 febbraio 2006 n. 2275; Cass. civ., 31 maggio 2005 n. 11606). In questo senso la non ripetibilità delle spese legali può costituire un serio ostacolo alla deflazione del contenzioso ordinario. A tale proposito l'ipotetica diversificazione tra “danni principali” e "danni accessori" rischia di divenire labile, se non irragionevole, rafforzando quella stessa ambiguità che la decisione ha inteso contrastare laddove, irragionevolmente, ove il danneggiato accetti l'offerta, non gli è dovuto alcun risarcimento per il danno eventualmente consistito nelle spese legali, così escludendo, per esempio, il compenso dovuto ad un commercialista per una perizia di stima del danno patrimoniale conseguente alla lamentata perdita della capacità di guadagno del danneggiato o di un esperto per la valutazione dei danni al veicolo assicurato. Osservazioni
Si trattava di riconoscere la ripetibilità delle spese di assistenza legale in fase pre-contenziosa attribuendo ad esse la dignità ex artt. 1223 e 2056 c.c. di esiti consequenziali da danno emergente rispetto al sinistro. La decisione supera la stretta apparente creata dall'art. 9, comma 2, d.P.R. n. 254/2006 che, in linea di principio, non esclude la ripetizione di questi esborsi, ma riservandoli alla fase contenziosa giacché ne prevede la ripetibilità -nel solo caso di mancata accettazione dell'offerta-. In effetti, testualmente si prevede sotto la rubrica - Assistenza tecnica e informativa ai danneggiati – che: «Nel caso in cui la somma offerta dall'impresa di assicurazione sia accettata dal danneggiato, sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella medico-legale per i danni alla persona». La norma in questione trae la sua legittimazione dall'art. 150, comma 1, lett. d), codice assicurazioni, che rinviava al detto regolamento per fissare «..i limiti e le condizioni di risarcibilità dei danni accessori», come già evidenziato da una precedente decisione (Cass. civ., 29 maggio 2015 n. 11154). In questo senso occorreva comporre l'evidente antinomia fra il citato art. 9 d.P.R. n. 254/2006 e gli artt. 148 e 122 del d.lgs. n. 209/2005, considerato che è proprio l'art. 148 a consentire il recupero delle spese legali in virtù dell'estensione di cui all'art. 122 d.lgs. citato di ogni tipo di danno derivante dalla circolazione dei veicoli in funzione dell'obbligo assicurativo, laddove il citato art. 9 verrebbe a deprivare il risarcimento della sua onnicomprensività escludendo il credito accessorio delle spese legali, ancorché la disciplina primaria non preveda la detta esclusione. Emerge, inoltre, un contrasto rispetto alla natura regolamentare della disposizione di cui al citato art. 9 che, quale norma di rango subordinato alla fonte sovraordinata primaria, non consente la composizione dell'antinomia attraverso il giudizio di costituzionalità, così vulnerando il diritto di difesa, salvo il potere del giudice di disapplicare il regolamento quale atto amministrativo generale. |