Criterio base per la liquidazione del danno non patrimoniale: le tabelle milanesi

Diego Munafò
10 Giugno 2014

Nella liquidazione del danno biologico, l'adozione del criterio equitativo di cui all'art. 1226 c.c. deve garantire l'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto ed uniformità di giudizio, essendo intollerabile che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché esaminati da differenti Uffici giudiziari. A tal fine, le tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano garantiscono uniformità di trattamento ed equità sostanziale, poiché largamente utilizzate sul territorio nazionale ed inclusive di ampi margini per la personalizzazione, che consentono di adeguare il risarcimento al pregiudizio concretamente subito dal danneggiato.
Massima

App. Roma, sez. III, 25 marzo 2014, n. 36

Nella liquidazione del danno biologico, l'adozione del criterio equitativo di cui all'art. 1226 c.c. deve garantire l'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto ed uniformità di giudizio, essendo intollerabile che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché esaminati da differenti Uffici giudiziari. A tal fine, le tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano garantiscono uniformità di trattamento ed equità sostanziale, poiché largamente utilizzate sul territorio nazionale ed inclusive di ampi margini per la personalizzazione, che consentono di adeguare il risarcimento al pregiudizio concretamente subito dal danneggiato.

Sintesi del fatto

Tizio, investito da un'autovettura mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali, chiedeva il risarcimento dei danni subiti al proprietario ed al conducente del mezzo, nonché alla compagnia assicuratrice del veicolo, che gli aveva già corrisposto, ante causam, la somma di € 85.000. Il Tribunale di Roma, in assenza di contestazioni circa la dinamica del sinistro e stanti gli esiti della CTU, applicando le tabelle in uso presso il locale Foro e ritenuto esaustivo l'importo già ricevuto dall'attore, rigettava la sua domanda. La sentenza veniva impugnata da Tizio che lamentava la mancata liquidazione del danno secondo le tabelle in uso presso il Tribunale di Milano.

La Corte d'Appello di Roma accoglieva l'appello proposto da Tizio.

In motivazione

«Ritiene questa Corte di dover dare applicazione al principio espresso dalla Suprema Corte di Cassazione secondo cui “Nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziari. Garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso ampiamente diffuso sul territorio nazionale e al quale la S.C. in applicazione dell'art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c.”››.

Nella fattispecie, pertanto, la Corte d'Appello ha riformato la sentenza del Tribunale di Roma ritenendo di doversi adeguare a quanto statuito della Suprema Corte con la pronuncia n. 12408 del 2011 (Cass. civ., n. 12408/2011) secondo cui le tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano per la liquidazione del danno non patrimoniale sono quelle più adeguate a garantire uniformità di trattamento ed equità sostanziale.

La questione

In assenza di criteri stabiliti ex lege, la liquidazione del danno non patrimoniale secondo equità, così come previsto dall'art. 1226 c.c., comporta una totale discrezionalità del Giudice, o deve - comunque - rispondere ad esigenze di uniformità pecuniaria di base?

Le soluzioni giuridiche

A differenza di quanto previsto per le ipotesi di lesioni lievi conseguenti alla circolazione dei veicoli e natanti comprese tra l'1% ed il 9%, per cui l'art. 139 del d.lgs. n. 209/2005 indica precisi criteri liquidativi, l'art. 138, che prevedeva l'emanazione di una tabella unica nazionale per le invalidità superiori al 9%, non ha trovato attuazione, così che il loro risarcimento è soggetto a valutazione equitativa.

Rispetto a questo tipo di danni, tuttavia, il concetto di equità è stato spesso confuso con quello di arbitrarietà, e si è fatto ricorso ai più diversi criteri che hanno portato a liquidazioni tutt'altro che eque ed uniformi, a discapito di quell'intima coerenza dell'ordinamento giuridico che proprio l'art. 1226 c.c. è volto a garantire. I criteri adottati andavano da quello equitativo puro, con liquidazione rimessa alla piena discrezionalità del Giudice, purché fosse illustrato il processo logico seguito (v. Cass. civ. sez. III, 28 novembre 1996, n. 10606), a quello del sistema a punto, ricavato dalla media aritmetica delle precedenti decisioni (il c.d. P.U.N., punto unico nazionale), ma il metodo più adottato nei singoli Fori è stato il ricorso alle tabelle elaborate dal rispettivo Tribunale di riferimento (Milano, Roma, Firenze, Venezia, Reggio Calabria, Bologna, Genova, Napoli …).

Il ricorso ai predetti criteri, tuttavia, ha dato origine a gravi disparità su base territoriale, che secondo la Corte di Cassazione (v. Cass. civ., sez. III, 07 giugno 2011 n. 12408) violano i più elementari principi di eguaglianza, minano la fiducia dei cittadini nella giustizia, ostacolano le composizioni stragiudiziali delle liti, alimentano il contenzioso, affidano al caso l'entità dei risarcimenti ed incentivano il forum shopping, inducendo i danneggiati a promuovere le cause presso i Fori che utilizzano i criteri più vantaggiosi.

Ciò posto, la Suprema Corte, rilevando che equità non vuol dire arbitrio e che sua funzione è quella di garantire l'intima coerenza dell'ordinamento, assicurando che casi uguali non siano trattati in modo diseguale, ha individuato nelle tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano lo strumento più adeguato ad evitare il protrarsi delle prefate disparità territoriali, evidenziando come le stesse assicurino, sia una congrua uniformità pecuniaria di base, che la giusta flessibilità, per adeguare le liquidazioni al caso concreto.

Non solo, la Corte di Cassazione ha voluto sottolineare la “cogenza” di tale indicazione, precisando che la stessa veniva formulata nell'ambito del suo potere di stabilire quali siano i criteri generali cui i giudici di merito devono attenersi nel loro delicato ufficio e facendo (non a caso) riferimento all'art. 65 dell'Ordinamento giudiziario, approvato con R.D. 30 gennaio 1941 n. 12, secondo cui è compito della Corte di cassazione assicurare l'esatta osservanza, “l'uniforme interpretazione della legge” e “l'unità del diritto oggettivo nazionale”.

Proprio in base a tali indicazioni e sulla scorta della valutazione circa la congruità ed adeguatezza delle tabelle milanesi i Giudici del gravame, con la sentenza in commento, hanno quindi ritenuto di dover dare applicazione al principio espresso dalla Suprema Corte, a fini di equità.

Non solo, la pronuncia di primo grado è stata riformata anche nella parte in cui il Tribunale aveva concesso all'attore, quale danno morale, una somma pari ad ½ di quanto liquidatagli in relazione all'invalidità permanente, mentre i Giudici dell'appello hanno sottolineato che le tabelle di Milano sono già comprensive di ogni pregiudizio non patrimoniale, conformemente a quanto statuito dalle Cass. civ., S.U., n. 26972/2008.

Posto quanto precede, non può che accogliersi con estremo favore la sentenza della Corte d'appello di Roma, il cui contenuto recepisce le indicazioni della Corte di Cassazione e va nella direzione di quell'uniformità nazionale, che rappresenta il primo ed imprescindibile presupposto per il perseguimento dell'equità di cui all'art. 1226 c.c.

Osservazioni e suggerimenti pratici

Per la corretta formulazione della richiesta risarcitoria in relazione ad invalidità tra l'1% ed il 9% conseguenti alla circolazione dei veicoli, il procuratore del danneggiato dovrà fare riferimento alla tabella di cui all'art. 139 del d.lgs. n. 209/2005, mentre per i danni che abbiano altra causa è utile ricorrere alle tabelle di Milano (che indicano importi maggiori), lasciando che sia il Giudice a decidere se dover utilizzare, in via analogica, quella prevista dal codice delle assicurazioni, come dovrà invece chiedere il legale del danneggiante. Sul punto, invero, gli orientamenti sono contrastanti, laddove la Suprema Corte, proprio con la sentenza n. 12408 del 2011 (Cass. civ., n. 12408/2011), ha escluso l'applicabilità in via analogica della tabella di cui all'art. 139 Cod. Ass., ma il suo utilizzo per le lesioni conseguenti a colpa medica, introdotto dall'art. 3, comma 3, d.l. n. 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi) e la più recente giurisprudenza sembrano orientare in senso contrario (v. Trib. Rovereto, 29 dicembre 2013, n. 25; Trib. Milano, sez. X, 10 marzo 2013, n. 3727).

Per la formulazione della richiesta risarcitoria in relazione ad invalidità superiori al 9%, invece, indipendentemente dal Foro ove la causa venga proposta, si dovrà far riferimento alle tabelle di Milano ed ove il Giudice dovesse utilizzare un diverso criterio di liquidazione sarà necessario dolersene specificamente in appello, sotto il profilo della violazione di legge; non solo, come precisato dalla Suprema Corte, nelle cause svoltesi in luoghi diversi da quelli nei quali le tabelle milanesi sono comunemente adottate, le stesse dovranno anche essere versate in atti, pena l'inammissibilità dell'eventuale ricorso per cassazione, promosso sul punto.

Conclusioni

È necessario che le tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano, così come i criteri indicati per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, trovino unanime applicazione su tutto il territorio nazionale, e ciò non solo a fini di equità sostanziale, ma anche di certezza del diritto e deflazione del contenzioso; la sentenza in commento - proveniente da un Foro piuttosto restio all'abbandono delle proprie tabelle - rappresenta, senza alcun dubbio, un passo importante in questa direzione.

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