Onere della prova sul danno da diminuzione della capacità lavorativa specifica

19 Giugno 2014

In tema di risarcimento del danno da invalidità personale, l'accertamento di postumi, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta automaticamente l'obbligo del danneggiante di risarcire il pregiudizio patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità di guadagno derivante dalla diminuzione della predetta capacità e, quindi, di produzione di reddito, occorrendo, invece, ai fini della risarcibilità di un siffatto danno patrimoniale, la concreta dimostrazione che la riduzione della capacità lavorativa si sia tradotta in un effettivo pregiudizio economico.
Massima

Cass. civ., Sez. III, sent., 12 febbraio 2013 n. 3290

In tema di risarcimento del danno da invalidità personale, l'accertamento di postumi, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta automaticamente l'obbligo del danneggiante di risarcire il pregiudizio patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità di guadagno derivante dalla diminuzione della predetta capacità e, quindi, di produzione di reddito, occorrendo, invece, ai fini della risarcibilità di un siffatto danno patrimoniale, la concreta dimostrazione che la riduzione della capacità lavorativa si sia tradotta in un effettivo pregiudizio economico.

Sintesi del fatto

Tizio, terzo trasportato in un'auto che rimaneva coinvolta in un incidente con altro autoveicolo, chiedeva il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito a tutti i soggetti responsabili ed alle loro compagnie assicuratrici. Il Tribunale riconosceva il concorso di responsabilità dei conducenti dei due veicoli e li condannava, in solido, con i responsabili civili, al risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti da Tizio. La sentenza veniva appellata anche da Tizio.

La Corte d'Appello (tra l'altro) rigettava la domanda di Tizio avente ad oggetto il risarcimento del danno patrimoniale da incapacità lavorativa specifica, nonostante l'incidenza della stessa nella misura del 25 per cento, tenuto conto della circostanza che Tizio svolgeva l'attività di impiegato di banca e non risultava provata un'effettiva diminuzione del suo reddito in conseguenza del sinistro.

Avverso questa sentenza proponeva ricorso principale Tizio.

In motivazione

«Costituisce affermazione costante nella giurisprudenza di questa Corte quella per cui l'accertamento di postumi, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta l'automatico obbligo del danneggiante di risarcire il pregiudizio patrimoniale, conseguenza della riduzione della capacità di guadagno derivante dalla ridotta capacità lavorativa specifica e, quindi, di produzione di reddito. Detto danno patrimoniale sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica e deve, perciò, essere accertato in concreto; a tal fine, il danneggiato è tenuto a dimostrare, anche tramite presunzioni, di svolgere un'attività produttiva di reddito e di non aver mantenuto, dopo l'infortunio, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali (…). Occorre, in altre parole, la dimostrazione che la riduzione della capacità lavorativa si sia tradotta in un effettivo pregiudizio patrimoniale.

Nella specie, al contrario, la Corte d'appello (….) ha preso in esame l'intera vicenda relativa al danno subito dal Tizio, pervenendo alla conclusione secondo cui l'accertata diminuzione della capacità Lavorativa del ricorrente non si è tradotta in alcuna perdita di reddito.

La sentenza impugnata ha rilevato, tra l'altro, che “il Tizio svolge la professione (tradizionalmente considerata come tranquilla, sicura e sedentaria) di impiegato di banca, in qualità di lavoratore dipendente, retribuito anche in caso di assenze per malattia dal servizio”, e che “non si è registrato un danno da lucro cessante per la mancata percezione di redditi connessi alla menomazione fisica da cui l'attore è risultato affetto”. Il Tizio (…) “è in grado di svolgere e svolge la sua professione (...) e palesa solamente stanchezze e malattie che si traducono in assenze dal servizio maggiori rispetto a quelle dei suoi colleghi”. Quanto, poi, ad un presunto danno da pregiudizio alla carriera in conseguenza dei postumi dell'incidente, la Corte d'appello ha dato atto che esso è rimasto del tutto sfornito di prova».

La questione

La questione in esame è la seguente: accertato un danno biologico temporaneo e/o (più frequentemente) permanente (soprattutto nelle ipotesi di menomazioni dell'integrità psico-fisica dal 10% al 100%), laddove il C.T.U. abbia accertato una diminuzione della capacità lavorativa specifica deve essere sempre riconosciuto altresì il danno patrimoniale consequenziale?

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza è stata sempre attenta nel collocare il danno da incapacità lavorativa specifica fuori dall'ambito del danno non patrimoniale (ex art. 2059 c.c.) e cioè nel (diverso) territorio risarcitorio del danno patrimoniale (ex art. 2043 c.c.)

Tuttavia, nel passato, la giurisprudenza (soprattutto di merito) riconosceva frequentemente tale danno patrimoniale, in via presuntiva (ex artt. 2727 e ss. c.c.) e pressoché automaticamente, in presenza di un elevato grado di invalidità permanente.

Ma l'accertamento dell'incapacità lavorativa è diventato via via più rigoroso negli ultimi anni.

Il CTU medico legale è chiamato ad uno specifico accertamento dell'incapacità lavorativa, che non è necessariamente consequenziale al grado di danno biologico accertato e non dà sempre luogo ad un risarcimento.

La sentenza in commento, infatti, attribuisce al danno da incapacità lavorativa specifica in esame lo stesso regime probatorio di tutti gli altri danni patrimoniali. La parte, ex artt. 2697 e 1223 c.c., deve provare i fatti costitutivi (anche) di questa voce di danno patrimoniale. Non ricorrono mai automatismi: neppure in presenza di una rilevante percentuale di danno biologico può ritenersi provata l'incapacità lavorativa specifica e anche quando quest'ultima sia stata provata, non può automaticamente ritenersi altresì provato «il pregiudizio patrimoniale, conseguenza della riduzione della capacità di guadagno derivante dalla ridotta capacità lavorativa specifica e, quindi, di produzione di reddito».

Incombe pertanto sul difensore della vittima l'onere rigoroso di provare, anche mediante presunzioni, che dall'accertata incapacità lavorativa sia, in concreto, derivata un'effettiva diminuzione della capacità di produzione del reddito ovvero di «non aver mantenuto, dopo l'infortunio, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali».

Osservazioni e suggerimenti pratici

Per una corretto accertamento del danno patrimoniale in esame, occorre in primo luogo che, nel giudizio, sia accertata l'attività lavorativa svolta dalla vittima dell'illecito, evitando la distorta prassi che la stessa sia per la prima volta acclarata nel processo solo durante la visita medico legale. Occorre poi che il CTU abbia specifiche conoscenze delle effettive mansioni correlate a detta attività lavorativa, evitando di considerare il CTU medico legale come onnisciente; potrebbe essere talora opportuno l'ausilio di un esperto nel settore lavorativo specifico.

Ed allora incombe sull'avvocato l'onere di tempestivamente allegare, documentare e (in presenza di contestazioni) provare l'attività e le mansioni lavorative svolte dalla vittima; incombe sull'avvocato di controparte l'onere di tempestivamente contestare tali allegazioni.

Il giudice, se necessario, deve espletare una previa istruttoria sulle circostanze di fatto e poi dare al CTU il quesito al fine di accertare anche l'incapacità lavorativa della vittima (v. quesito medico legale approvato nel marzo 2013 dall'Osservatorio di Milano.

La liquidazione definitiva spetta comunque solo al giudice, il quale terrà anche conto dei redditi effettivamente percepiti dalla vittima (anche) in epoca successiva all'infortunio (e che pertanto devono essere prodotti dall'avvocato, se comprovano la sua tesi difensiva).

Si segnala, infine, l'avvertenza di non fare confusione con quanto disposto dall'art. 137 Codice delle Assicurazioni private. Quella norma non individua un criterio di accertamento del danno, ma solo un criterio legale di quantificazione dello stesso e, quindi, solo dopo che il giudice ne abbia riconosciuto la sussistenza.

Spesso la parte non riesce a provare il danno patrimoniale da incapacità lavorativa, ma può darsi che l'accertata invalidità, senza impedire in tutto o in parte l'attività lavorativa della vittima, renda tuttavia quest'ultima più gravosa, sia in termini di esecuzione, che di sofferenza soggettiva. In tal caso il giudice non liquiderà alcunché a titolo di danno patrimoniale, ma dovrà procedere ad idonea personalizzazione del danno non patrimoniale (come in parte verificatosi nella sentenza in commento). Qualora l'avvocato abbia allegato anche questo (affatto diverso) tipo di danno, è buona prassi per il giudice farne uno specifico quesito al C.T.U. (v. quesito medico legale approvato nel marzo 2013 dall'Osservatorio di Milano).

Conclusioni

È possibile ipotizzare che, in futuro, sarà sempre più rigoroso l'onere della prova del danno patrimoniale da incapacità lavorativa specifica e si restringerà ancora di più anche l'ambito di prova per presunzioni. La sentenza (soprattutto in grado di appello ed in Cassazione) giunge molti anni dopo l'infortunio ed è quindi possibile verificare, in concreto, i pregiudizi patrimoniali effettivamente subiti dalla vittima.

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