Responsabilità medica da omessa somministrazione di eparina: il trattamento preventivo può diventare una regola di precauzione

31 Agosto 2015

L'omesso trattamento preventivo a base di eparina, sebbene non previsto da alcun protocollo, ma solo raccomandato nella letteratura scientifica perché in astratto idoneo a prevenire le possibili complicanze attesa l'oggettiva gravità del rischio, non esclude la responsabilità del medico sul piano causale. La valutazione in ordine alle particolari condizioni personali del paziente può richiedere un comportamento virtuoso di carattere principalmente precauzionale anche in presenza di evidenze scientifiche.
Massima

L'omesso trattamento preventivo a base di eparina, sebbene non previsto da alcun protocollo, ma solo raccomandato nella letteratura scientifica perché in astratto idoneo a prevenire le possibili complicanze attesa l'oggettiva gravità del rischio, non esclude la responsabilità del medico sul piano causale. La valutazione in ordine alle particolari condizioni personali del paziente può richiedere un comportamento virtuoso di carattere principalmente precauzionale anche in presenza di evidenze scientifiche.

Il caso

Protagonista della vicenda una paziente che aveva subito gravi conseguenze a seguito dell'intervento per l'insorgenza di complicanze trombosiche a carico dell'arteria femorale sinistra. Un secondo intervento a breve distanza non aveva potuto evitare la paralisi agli arti inferiori. Di qui prendeva corpo l'azione civile con cui la paziente lamentava sia di non essere stata correttamente informata sul rischio del manifestarsi della complicanza della paraplegia post intervento operatorio sia l'omessa somministrazione di farmaci eparinosimili idonei a ridurre l'incidenza di fenomeni trombotici.

Rigettata in primo grado la domanda attrice, la Corte territoriale ribaltava il verdetto, accertando un nesso di causa tra l'omessa somministrazione della terapia preventiva e l'infausto evento manifestatosi sulla paziente. La questione approda dinanzi ai giudici di legittimità. A fondamento del ricorso depositato dalla struttura sanitaria da un lato la corretta esecuzione dell'intervento chirurgico emersa nei giudizi di merito e per altro verso la non corretta valutazione della condotta medica esigibile poiché, a fronte della regola di prevenzione, la somministrazione del farmaco in questione risulterebbe priva di un corrispettivo scientifico assodato. Sicchè, avendo «i consulenti escluso che la somministrazione anzidetta rientri in un protocollo condiviso e affermato che nulla impone una uniformazione univoca della condotta sanitaria ad un trattamento non supportato da un corrispettivo scientifico assoluto, mancando ogni garanzia di una esclusione o di una scientificamente comprovata riduzione del rischio della complicanza, la Corte territoriale, invece avrebbe contraddittoriamente ritenuto che il trattamento con eparina era una raccomandazione».

La questione

La questione in esame è la seguente: Nel caso in cui lo stato dell'arte medica esprima una raccomandazione generalizzata e costante, di significativa valenza a favore di un dato trattamento, la valutazione in ordine alle particolari condizioni personali del paziente può mutare la condotta esigibile dal medico in un comportamento di carattere precauzionale?

Le soluzioni giuridiche

Il medico è sempre tenuto a somministrare verso il paziente la terapia che a prescindere dai protocolli sia idoneo ad evitare il danno. Nel caso in cui vi sia una raccomandazione quale regola di prevenzione generale con riferimento ad uno specifico trattamento è sempre possibile un mutamento della condotta esigibile nei confronti del medico idonea ad evitare anche quei rischi non assodati del tutto dalla comunità scientifica. La regola precauzionale entra in gioco nel momento in cui le condizioni concrete del paziente devono portare sul piano pratico a considerare tutti i fattori di rischio possibili, non potendosi, in considerazione del quadro clinico specifico, rimanere ancorati alla regola generale ed astratta dei protocolli.

L'effetto espansivo di tale regola di condotta potenzialmente esigibile trova ovviamente un varco preesistente nell'ambito della causalità civile governata dalla regola più mite del «più probabile che non» (Cass., S.U., 11 gennaio 2008, n. 576). Pertanto, i giudici di legittimità ritengono immune da vizi logici la decisione con cui la Corte di merito ha accertato la responsabilità della struttura sanitaria, in relazione alla paralisi degli arti inferiori subita da un paziente sottoposto ad intervento di trombectomia, per essere stato omesso un trattamento preventivo a base di eparina, nonostante lo stesso non fosse previsto da alcun protocollo, ma solo raccomandato in via precauzionale nella letteratura scientifica.

Osservazioni

Il tema della responsabilità medica è stato per anni terreno di discussioni sulla natura della responsabilità, nonché sulle regole di accertamento del nesso causale e i profili risarcitori.

Il dibattito suscitato dalla materia non è del tutto sopito anche dopo il recente intervento normativo attuato dal legislatore (D.l., 13 settembre 2012, n. 158 (c.d. « ;decreto Balduzzi ;»), conv. in L. n. 189/2012).

La sentenza in esame sembra voler introdurre nell'area della responsabilità da malpractice medica il principio di precauzione già sviluppato in atri ambiti (a titolo esemplificativo si pensi all'illecito ambientale). La condotta omissiva in linea con i protocolli, ma inosservante di alcune cautele poste a fondamento della letteratura scientifica, è risultata fatale nella vicenda in esame. Tale approdo interpretativo della suprema Corte deve coordinarsi con l'art. 3, comma 1 L. n. 189/2012 il quale stabilisce: «l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve».

La stessa giurisprudenza ha ribadito come le «linee guida non possono fornire indicazioni di valore assoluto ai fini dell'apprezzamento dell'eventuale responsabilità» (Cass. n. 16237/2013).

Il tentativo di raccordo tra regole di prevenzione e precauzione presenta non pochi elementi di criticità.

Un sistema, quello della responsabilità civile del medico, che delinea un percorso in salita per il professionista mantiene il suo equilibrio proprio nel ricorso al principio di prevenzione.

Il principio di Ippocrate «primum non nocere» deve applicarsi a quei pericoli già identificati dalla comunità scientifica. Richiedere al medico l'adozione di misure di cautela anche laddove sussistono incertezze scientifiche sui rischi per la salute del paziente potrebbe incrementare comportamenti di medicina difensiva. Sul piano strettamente giuridico, il rischio maggiore è quello di annullare il contenuto della regola probatoria di accertamento del nesso causale in ambito civile determinando l'oggettivazione della responsabilità del medico.

Tale rischio, anni addietro, era stato già paventato nelle fattispecie di nascita indesiderata allorquando il dibattito prendeva corpo sull'esistenza di un diritto a non nascere se non sano e sulla conseguente responsabilità del medico ecografista.

Proprio in tale contesto l'improbabile collegamento causale tra la condotta omissiva del medico e la malformazione determinata dalla natura crudele aveva animato il dibattito (A. M. Princigalli, Nascere infermo o non nascere: quale tutela per il nuovo nato?, in Riv. crit. dir. priv., 2001, II, 678) e continua ad animarlo in seno alla Cassazione, vista la rimessione alle sezioni unite con ordinanza interlocutoria del 2015 (Cass., ord., 23 febbraio 2015, n. 3569).

Occorrerà attendere i prossimi pronunciati delle Corti per comprendere gli sviluppi in materia.

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