Grava sul contribuente la prova dell'inerenza e della congruità dei costi

02 Agosto 2017

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'onere della prova dei presupposti di deducibilità dei costi ed oneri concorrenti alla determinazione del reddito d'impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro congruità, incombe al contribuente.
Massima

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'onere della prova dei presupposti di deducibilità dei costi ed oneri concorrenti alla determinazione del reddito d'impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro congruità, incombe al contribuente.

Il caso

Pronunciando in controversia relativa all'impugnazione proposta dalla società S. S.r.l. e dal suo socio unico F.B. avverso avvisi di accertamento emessi per il recupero, a fini IRPEG, IRPEF, IRAP e IVA per l'anno d'imposta 2001, di ricavi non dichiarati dalla società (riferibili a un contratto di sublocazione di immobile intercorrente tra la predetta società e la consorella S. 2 S.r.l.) e del maggior reddito di capitale conseguentemente presunto in capo al socio, la CTR del Molise accoglieva l'appello proposto dall'Ufficio, confermando gli accertamenti impugnati; respingeva, per contro, in mancanza di prova da parte della contribuente, la tesi difensiva secondo cui la sublocataria non aveva versato i canoni dovuti per l'anno in questione e disconosceva altresì la sussistenza di costi detraibili relativi ai canoni di locazione che a sua volta la contribuente, per la medesima unità immobiliare, era tenuta a corrispondere alla proprietaria, risultando dagli atti che in realtà tali canoni non erano mai stati versati.

Avverso tale sentenza F.B., in proprio e quale ex socio della S. S.r.l. (nelle more cancellata dal Registro delle Imprese), propone ricorso per cassazione, con due mezzi, cui resiste l'Agenzia delle Entrate con controricorso.

La questione

La questione posta con il primo motivo di ricorso principale è se, a fronte dei maggiori ricavi accertati rispetto a quelli risultanti dalla dichiarazione, l'Ufficio avrebbe dovuto tener conto anche dei maggiori costi e oneri di competenza e, segnatamente, nella specie, di quelli rappresentati dal canone di locazione annuo dovuto alla proprietaria dell'immobile, indipendentemente dalla loro omessa contabilizzazione.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nel dare risposta negativa al quesito, ha richiamato l'orientamento giurisprudenziale per cui, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'onere della prova dei presupposti di deducibilità dei costi ed oneri concorrenti alla determinazione del reddito d'impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, incombe al contribuente. Inoltre, poiché nei poteri dell'amministrazione finanziaria in sede di accertamento rientra la valutazione della congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, con negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato ai ricavi o all'oggetto dell'impresa, l'onere della prova dell'inerenza dei costi, gravante sul contribuente, ha ad oggetto anche la congruità dei medesimi.

Nel caso di specie la CTR si è pienamente conformata a tale principio.

Le censure svolte dal ricorrente sembrano, invece, postulare, senza alcun fondamento, l'esistenza di una regola contraria che imponga di presumere sempre e comunque l'esistenza di costi correlati ai maggiori ricavi accertati.

Il percorso motivazionale della sentenza in rassegna può essere così sintetizzato:

(i) l'onere della prova degli oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d'impresa, ivi compresa la loro inerenza all'attività svolta, grava sul contribuente;

(ii) rientra nei poteri dell'Amministrazione finanziaria in sede di accertamento la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi contabilizzati; per dedurre da tali premesse che

(iii) l'onere della prova dell'inerenza dei costi, gravante sul contribuente, ha ad oggetto anche la congruità dei medesimi.

Si tratta di un iter logico-giuridico conforme alla regola generale posta dall'art. 2697 e comunemente ritenuta operante tanto dalla dottrina quanto dalla giurisprudenza anche nel processo tributario.

In base a tale regola è onere dell'Amministrazione finanziaria provare i fatti costitutivi posti a fondamento della pretesa avanzata con l'atto impositivo.

A tale conclusione era giunta la migliore dottrina (E. ALLORIO, Diritto processuale tributario, Torino, 1962, IV ed.) che, già più di cinquant'anni or sono, ricollegava l'incombenza probatoria in capo al fisco all'esistenza di numerose presunzioni legali a favore di quest'ultimo volte ad alleggerire un onere probatorio che evidentemente in via ordinaria già gravava, secondo l'intendimento legislativo, sulla parte pubblica.

È di converso pacifico in giurisprudenza come gravi sul contribuente la prova di tutti quei fatti (sostenimento dei costi nell'esercizio di un'attività di impresa o sostenimento delle spese che danno diritto a detrazioni ovvero a oneri deducibili) che comportino una riduzione del carico fiscale (cfr., tra le altre, Cass. civ., 7 settembre 2001, n. 11514; Cass. civ., 8 ottobre 2001, n. 12330).

Ed invero, per giustificare l'incombenza sul contribuente dell'onere della prova, la giurisprudenza, assume che il sostenimento del costo è fatto costitutivo del diritto alla sua deduzione ovvero un fatto impeditivo dell'obbligazione tributaria, talché dovrebbe essere il contribuente a darne la prova in giudizio.

Tuttavia, se è vero che il contribuente è tenuto a provare l'effettivo sostenimento degli stessi, è altrettanto vero che l'Amministrazione finanziaria non può ritenersi dispensata dall'obbligo di motivare il recupero ad imposizione degli stessi, indicando le ragioni e gli elementi di fattuali che l'hanno indotta a contestare l'inesistenza del costo.

E così, l'Ufficio dovrà dare conto, nella parte motiva degli elementi di conoscenza e di giustificazione della pretesa, sulle quali la rettifica si fonda, che saranno poi successivamente "prodotti" nella eventuale successiva fase contenziosa per formare oggetto di valutazione da parte del giudice.

Invero, la questione del rapporto tra prova della pretesa e motivazione dell'avviso di accertamento, ossia se le prove rientrino tra gli elementi essenziali della pretesa e se, di conseguenza, per assolvere l'obbligo motivazionale, gli Uffici debbano pure indicare nell'accertamento gli elementi che dimostrino la sua fondatezza è da tempo risolta dalla dottrina maggioritaria (cfr. F. BATISTONI FERRARA, Appunti sul processo tributario, Padova, 1995; G. M. CIPOLLA, La prova tra procedimento e processo tributario, loc. cit., 300 e ID., Prova (diritto tributario), in Digesto delle discipline privatistiche- Sez. commerciale, Aggiornamento vol. IV, Torino, 2008; F. GALLO, Motivazione e prova nell'accertamento tributario, cit., 2001; S. MULEO, Contributo allo studio del sistema probatorio nel procedimento di accertamento, Torino, 2000; P. RUSSO, Problemi della prova nel processo tributario, in "Rass. Trib." n. 2/2000, 375; L. SALVINI, La partecipazione del privato all'accertamento (nelle imposte sui redditi e nell'IVA), Padova, 1990; G. VANZ, Osservazioni critiche sull'orientamento della Cassazione in tema di motivazione e prova dell'accertamento tributario, in "Giurisprudenza delle imposte", 2000) nel senso di richiedere all'Amministrazione finanziaria di dare specifica evidenziazione nell'avviso di accertamento emanato della prova degli elementi posti a fondamento della pretesa acquisita nel corso dell'istruttoria primaria, non essendo per contro sufficiente la mera esposizione nella motivazione dei presupposti e delle ragioni giuridiche su cui si basa l'accertamento.

Valorizzando proprio le norme che prevedono l'obbligo, per determinate categorie di contribuenti, di tenuta delle scritture contabili e di registrazione nelle stesse degli oneri sostenuti, si è individuato in questi ultimi i soggetti per primi chiamati a dimostrare documentalmente il sostenimento del costo. Tale incombenza si rinviene anzitutto nell'art. 61, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973 - che, come noto, preclude ai contribuenti di provare, con riguardo alle imposte dirette, le circostanze omesse nelle scritture contabili o in contrasto con le loro risultanze -, in uno con l'art. 22 del medesimo decreto che pone a carico degli stessi soggetti nei cui confronti si applica la da ultimo menzionata preclusione probatoria, l'obbligo di tenuta e conservazione delle scritture.

Con particolare riguardo ai costi sostenuti nell'esercizio dell'attività d'impresa l'impostazione prospettata trova conferma anche nella disposizione di cui all'art. 109, comma 4, primo periodo TUIR che subordina la deduzione del costo ad una condizione ben nota, quale appunto quella della previa imputazione dello stesso al conto economico relativo all'esercizio di competenza; costituendo, quindi, l'iscrizione a conto economico un enunciato fattuale riferibile al contribuente, di tale enunciato quest'ultimo è tenuto a dare la prova in sede procedimentale.

Inoltre, l'imputazione dell'incombenza della prova documentale sul contribuente appare vieppiù conseguenza della sopra richiamata regola generale di ripartizione degli oneri probatori quale è quella della disponibilità della prova o vicinanza alla stessa (cfr. Cass. civ., SS.UU., 30 ottobre 2001, n. 13533, per il cui commento si rinvia a G. VILLA, Onere della prova, inadempimento e criteri di razionalità economica, in "Riv. dir. civ.", 2002, 5; Cass. civ., SS.UU., 11 gennaio 2008, n. 582; Cass. civ., SS.UU., 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. civ., 23 marzo 2012, n. 4721; in materia di lavoro, Cass. civ,., SS.UU., 10 gennaio 2006, n. 141 e Cass. civ., 5 marzo 2012, n. 3415).

Osservazioni

La sentenza in rassegna si colloca, dunque, nel solco già tracciato da un consolidato orientamento che ha preso le mosse da quella giurisprudenza sviluppatasi con riferimento alla deducibilità dei compensi agli amministratori, giurisprudenza secondo la quale il requisito della congruità doveva considerarsi come un profilo del principio di inerenza (cfr., per tutti, Cass. civ., 27 settembre 2000, n. 12813 in "Dir .Prat. Trib.", 2001, II, con nota di F. MENTI, Il compenso agli amministratori sproporzionato e la deducibilità dal reddito d'impresa).

È convincente, perché in linea con i principi in tema di riparto dell'onere della prova, la tesi che individua nel contribuente il soggetto per primo chiamato a dimostrare documentalmente in sede procedimentale i costi: secondo tale impostazione, l'Amministrazione finanziaria non deve ammettere in deduzione i componenti negativi di reddito di cui il contribuente non abbia offerto la prova documentale nel procedimento. In particolare in base all'obbligo di conservazione delle scritture contabili, si può affermare che, oltre a dover annotare correttamente il costo in contabilità, quest'ultimo dovrà essere in grado, a posteriori, di dimostrarne l'effettivo sostenimento e l'ammontare registrato.

In conclusione, se il costo è registrato e risulta provato documentalmente, l'Ufficio è chiamato a motivare e provare il disconoscimento dello stesso, mentre nessuna prova è tenuto a fornire quest'ultimo quando riprende a tassazione un costo non documentato.

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