Una sentenza "a sorpresa" per le plusvalenze da costituzione del diritto di superficie

Domenico Montemurno
03 Novembre 2015

Con riferimento ai redditi derivanti dal corrispettivo degli atti di costituzione del diritto di superficie non risultano ragioni ostative all'applicazione dell'art. 67 del D.P.R. 917/1986.
Massima

Con riferimento ai redditi derivanti dal corrispettivo degli atti di costituzione del diritto di superficie non risultano ragioni ostative all'applicazione dell'art. 67, comma 1, lett. e) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che contempla la categoria dei redditi diversi rappresentati da quelli fondiari non determinabili catastalmente (cioè derivanti dai suoli quali quelli in questione), comprendendo i redditi derivanti dall'affitto, senza, tuttavia, escludere quelli derivanti da costituzione del diritto di superficie.

Deve darsi però atto della circostanza che tale interpretazione risulta disciplinare un'ipotesi per la quale gli stessi Uffici hanno riscontrato notevoli difficoltà interpretative, per cui va esclusa l'applicazione delle sanzioni irrogate.

Il caso

A seguito della stipula di diversi atti di costituzione del diritto di superficie su fondi rustici da parte di una contribuente nei confronti di alcune società esercenti l'attività di produzione e commercializzazione di energia con impianti fotovoltaici, la Direzione Provinciale di Bari notificava avviso di accertamento per omessa indicazione nella dichiarazione Modello UNICO, dei proventi riscossi, all'interno dei redditi diversi previsti dall'art. 67 comma 1 lettera l) del T.U.I.R. derivanti dall'assunzione di obblighi di fare, non fare, permettere.

L'accertamento veniva emesso in adesione alla Circolare dell'Agenzia delle Entrate, 13 dicembre 2013, n. 36, che aveva affrontato i risvolti fiscali relativi agli impianti fotovoltaici.

In sede di ricorso la contribuente contestava l'accertamento ritenendo non applicabile tale disposizione, considerato che, riferendosi ad obbligazioni di natura personale, non poteva essere utilizzata per la tassazione di redditi derivanti da costituzione di diritti reali, atteso che l'art. 9, c. 5, T.U.I.R. equipara la disciplina fiscale relativa alle cessioni a titolo oneroso della piena proprietà degli immobili agli atti che realizzano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento.

La questione

La questione trae origine dall'ampia diffusione, occorsa negli ultimi anni, dell'installazione di impianti destinati alla produzione di energia alternativa utilizzando il fotovoltaico o l'eolico, anche a seguito di specifici provvedimenti nazionali e regionali che ne hanno incentivato il ricorso, quali il D.M. 19 febbraio 2007 del Ministero dello Sviluppo Economico denominato “Conto Energia”.

In particolare, per i cosiddetti “impianti a terra” per la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, vi è stata la necessità, da parte delle aziende del settore, di avere la disponibilità di vaste aree di terreni anche agricoli, utili per l'installazione dei suddetti impianti.

Non avendo le stesse imprese alcuna convenienza all'acquisto dei terreni né trovando, spesso, la disponibilità alla cessione da parte dei proprietari, si è fatto sovente ricorso alla stipula di contratti di concessione del diritto di superficie da parte del proprietario del terreno nei confronti dell'azienda installatrice, di durata pluriennale e dietro pagamento di un corrispettivo specifico, spesso dilazionato in più annualità.

Su tali pratiche si è incentrata l'attenzione dell'Agenzia delle Entrate, che con la citata circolare n. 36/2013 ha trattato in maniera organica gli aspetti fiscali della questione, pervenendo, tuttavia, a conclusioni censurabili circa la tassazione dei redditi derivanti dai suddetti atti.

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza in commento la CTP di Bari, premettendo che la questione “presenta elementi di rilevante novità, difettando, sul punto, un consolidato orientamento giurisprudenziale ed interpretativo degli Uffici impositori”, e pur non condividendo la motivazione riportata dall'Agenzia delle Entrate circa l'applicabilità della lettera l) del primo comma dell'art. 67 del T.U.I.R., ritiene che non sia neanche applicabile la lettera b) dello stesso articolo ossia la tassazione di plusvalenze realizzate a seguito di cessione o costituzione del diritto reale entro cinque anni dall'acquisto. Tale considerazione deriva dall'argomentazione, riportata dalla citata Circolare n. 36/2013 e condivisa dall'Ufficio, secondo la quale, per potersi applicare tale lettera b), sarebbe necessaria l'omogeneità dei termini ovvero la costituzione del diritto di superficie avrebbe dovuto avere, quale titolo di provenienza, un'analoga costituzione di diritto di superficie.

Fatte queste precisazioni, la Commissione perviene alla conclusione che l'unica norma applicabile in via analogica, sarebbe quella, prevista dalla lettera e) del medesimo art. 67, “che contempla la categoria dei redditi diversi rappresentati da quelli fondiari non determinabili catastalmente (cioè derivanti dai suoli quali quelli in questione), comprendendo i redditi derivanti dall'affitto, senza, tuttavia, escludere quelli derivanti da costituzione del diritto di superficie”.

La giurisprudenza della Cassazione

L'inapplicabilità della lettera l) del primo comma del citato art. 67 del T.U.I.R. riconosciuta dalla Commissione Tributaria ed in contrasto con la motivazione dell'accertamento oggetto di impugnazione, deriva dalla condivisione della sentenza della Corte di Cassazione, sez. trib. 4 luglio 2014, n. 15333 che, affrontando un analogo caso di tassazione dei redditi percepiti a seguito di atto di costituzione di diritto di superficie per l'installazione di impianto fotovoltaico, ha precisato che “essendo il diritto di superficie un diritto reale, è pienamente applicabile l'art. 9 comma 5 del T.U.I.R., implicante l'equiparazione della disciplina fiscale relativa alle cessioni a titolo oneroso della piena proprietà degli immobili agli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento. Per la persona fisica, il corrispettivo derivante dalla cessione del diritto di superficie costituisce dunque reddito diverso ex art. 81, comma 1, lett. b), vecchia numerazione, oggi art. 67, del T.U.I.R., qualora si tratti di area fabbricabile (sarà tassata la differenza tra il costo, rivalutato e maggiorato delle spese, ed il prezzo di vendita).

In caso di terreno agricolo, invece, nessuna tassazione, salvo che non siano trascorsi almeno cinque anni dall'acquisto.

Infatti, il reddito afferente tale corrispettivo non può essere inquadrato tra i redditi diversi ed in particolare tra quelli derivanti dall'assunzione di obblighi di permettere di cui all'art. 81, lett. l), (ora art. 67) del T.U.I.R, in quanto, da un lato, la generale equiparazione del trasferimento di un diritto reale di godimento al trasferimento del diritto di proprietà, correlata all'art. 9, co. 5 del T.U.I.R., non consente, neanche, l'applicazione dell'art. 67, lett. l), del T.U.I.R., in relazione all'obbligo di permettere (concedere a terzi l'utilizzo del terreno), e, dall'altro lato, i redditi determinati dall'assunzione di obblighi, cui fa riferimento tale ultima disposizione, vanno ricollegati specificatamente a diritti personali, piuttosto che a diritti reali.

E, nel caso di diritto di superficie, si è indiscutibilmente in presenza di diritti reali.”.

Osservazioni

Pur condividendo le argomentazioni della Cassazione, la CTP di Bari sottoscrive anche quelle dell'Agenzia delle Entrate circa la non applicabilità, nel caso di specie, della lettera b), rilevando la non omogeneità dei termini tra acquisto del diritto della piena proprietà e concessione del diritto di superficie.

In realtà tale requisito non è affatto previsto dall'art. 9 co. 5 del T.U.I.R., ai fini dell'equiparazione tra atti di trasferimento a titolo oneroso ed atti di costituzione del diritto di superficie. Infatti, considerato che l'art. 952 c.c. prevede che “il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà”, è evidente che non possa costituirsi un diritto di superficie su un terreno se non si è proprietari dello stesso, ragion per cui tale eccezione non può essere preclusiva all'applicazione della lettera b), come correttamente ha inteso la Suprema Corte, tassando come plusvalenza solo i redditi conseguiti, per i terreni agricoli, a seguito di concessione del diritto di superficie su terreni acquistati nel quinquennio precedente.

Ulteriori dubbi sorgono con riguardo alla soluzione individuata ovvero l'applicazione della lettera e) e ciò per due ordini di motivi:

a) il riferimento ai suoli di cui alla sentenza è fuorviante, in quanto gli immobili oggetto della concessione hanno natura di terreni agricoli e non già di suoli edificatori;

b) i redditi “derivanti dall'affitto” non possono essere assimilati a quelli connessi alla costituzione del diritto di superficie, in quanto i titoli costitutivi sono differenti: il primo regolato dall'art. 1571 c.c. (sulle locazioni in generale) e dall'art. 1615 c.c. ( sugli affitti), il secondo dall'art. 952 c.c.

È quindi evidente che, il contratto di affitto di fondo rustico, rientrando nella categoria delle obbligazioni, assume i caratteri di un diritto personale e solo in questa ottica può trovare giustificazione la modalità di tassazione del reddito che ne deriva.

Diversamente, la costituzione del diritto di superficie, avendo natura di diritto reale di godimento, non può essere trattata, ai fini della tassazione del reddito che ne deriva con una modalità diversa rispetto a quanto previsto per le cessioni a titolo oneroso della proprietà in virtù dell'esplicito rinvio fatto dal citato art. 9 co. 5 del T.U.I.R.

Inapplicabilità dell'analogia

Né può essere invocata un'interpretazione analogica, stante la riserva di legge contenuta nell'art. 23 Cost.: “ Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Anche la Suprema Corte (sentenza 21 ottobre 2004, n. 20584) ha affermato che “Poiché nessun principio dell'ordinamento né alcuna specifica disposizione di legge prescrivono l'applicazione estensiva di disposizioni e criteri dettati nella disciplina di un determinato rapporto a fattispecie diverse, le norme di natura tributaria, che costituiscono un sistema di diritto speciale, non sono suscettibili di applicazione analogica”.

Non può, inoltre, non considerarsi che anche l'imposizione indiretta degli atti costitutivi di diritti di superficie prevede un trattamento più oneroso e diverso rispetto ai contratti di affitto di fondi rustici. Infatti, mentre per i primi, come negli atti in esame, l'imposta di registro è applicata nella stessa misura prevista per gli atti di trasferimento a titolo oneroso, pari, attualmente, al 12%, per i terreni agricoli, sull'intero corrispettivo, nei contratti di affitto di fondi rustici si applica l'aliquota dello 0,50% sul medesimo corrispettivo.

Sentenza “ a sorpresa”

La sentenza in esame si presta a censura anche per aver violato il disposto di cui dell'art. 101 co. 3, c.p.c., in quanto, ponendo a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio (l'applicazione della lettera e) del citato art. 67, non ha assegnato alle parti il termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione, per consentire al contribuente di esporre le sue ragioni a difesa e le sue osservazioni in proposto.

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