Rimessione in termini: no alla sospensione del processo in caso di decesso dell'avvocato difensore

Matteo Pillon Storti
03 Maggio 2017

L'istituto della rimessione in termini previsto dall'art. 184-bis c.p.c. non può essere applicato nel caso in cui il processo sia ormai definito con sentenza irretrattabile. In particolare, il processo può essere riassunto nel termine di un anno.
Massima

L'istituto della rimessione in termini previsto dall'art. 184-bis c.p.c. (ora abrogato e divenuto art. 153 c.p.c.) non può essere applicato nel caso in cui il processo sia ormai definito con sentenza irretrattabile.

In particolare, il processo può essere riassunto nel termine di un anno e, dato che l'ampiezza del termine suddetto garantisce il diritto di difesa, l'eventuale decesso del difensore avvenuto dopo la pubblicazione della sentenza che ha cassato con rinvio la decisione impugnata e durante la pendenza del termine per impugnare non è idoneo a interrompere il processo suddetto, né ad incidere sull'osservanza del termine perentorio per la riassunzione.

Il caso

Il caso verte su un avviso di rettifica emesso dall'allora Direzione generale delle tasse ed imposte sugli affari del Ministero delle Finanze con il quale veniva rettificata in aumento la dichiarazione presentata per l'anno 1988. In particolare, l'ufficio tributario contestava al contribuente l'indebita detrazione IVA in relazione all'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. A fronte di tale contestazione, il contribuente impugnava l'avviso di rettifica presso la commissione tributaria provinciale competente e ne otteneva l'annullamento. L'ufficio fiscale proponeva appello alla commissione tributaria regionale, la quale però non accoglieva le doglianze dell'ufficio, confermando quanto stabilito dal giudice di primo grado.

La Corte di Cassazione, invece, sollecitata dall'ufficio fiscale ne accoglieva il ricorso, cassava la sentenza e rinviava la questione ad altra sezione della commissione tributaria regionale. Il tema del contendere, oggetto della sentenza n. 4242/2017, nasce proprio in questo momento. Dal rinvio della Cassazione, infatti, le parti avevano un anno di tempo per riassumere il processo nei termini di legge. Ciononostante, in questo arco temporale, non fu presentata la riassunzione e, quindi, il processo fu dichiarato estinto con la sentenza della CTR n. 246/10/09, depositata il 31 dicembre 2009. La società contribuente, tuttavia, presentava istanza di riassunzione in data 23 settembre 2010, deducendo di essere venuta a conoscenza dell'esito del giudizio in Cassazione solamente il 16 luglio 2010, data in cui, cioè, aveva appreso che il suo difensore era deceduto nel periodo in cui ancora pendeva il termine annuale di riassunzione. A seguito di tale istanza di riassunzione “tardiva” la commissione tributaria regionale riteneva che l'inosservanza del termine per la riassunzione fosse dovuta a causa non imputabile alla parte e, decidendo nel merito, accoglieva di fatto la tesi del contribuente. L'Agenzia delle Entrate, di fronte a tale decisione, proponeva nuovamente ricorso alla suprema corte per ottenere la cassazione della sentenza della CTR, sollevando 7 motivi. A tale ricorso la società contribuente reagiva con controricorso.

La Suprema Corte – con la sentenza in commento – ha accolto i primi quattro motivi del ricorso, assorbito i restanti e cassato la sentenza impugnata ex art. 382 c.p.c., in quanto il giudizio non poteva essere proseguito.

In particolare la Cassazione rileva come con i primi quattro motivi (di rilevanza assorbente rispetto ai restanti) l'Agenzia delle Entrate lamenti il fatto che il giudice d'appello non abbia dichiarato inammissibile la riassunzione, nonostante la sentenza fosse ormai definitiva e il giudizio fosse stato dichiarato estinto per mancata riassunzione nei termini di legge. L'Agenzia delle Entrate evidenzia infatti come il termine annuale per la riassunzione non sia suscettibile di interruzione oltre al fatto che il decesso del difensore non è idoneo ad incidere sull'osservanza del termine perentorio annuale di riassunzione. La censura così formulata ed evidenziata dall'Agenzia delle Entrate è considerata fondata dalla suprema corte, perciò meritevole di accoglimento. Secondo i giudici di legittimità, infatti, la morte del difensore non determina l'interruzione del processo, neppure se il decesso è avvenuto dopo la pubblicazione della sentenza che ha cassato con rinvio la decisione impugnata. Il termine per la riassunzione resta, anche in questo caso, fissato ad un anno. L'ampiezza di tale termine garantisce il diritto di difesa e il principio di ragionevole durata del processo.

Il giudicato, quindi, nel caso in oggetto, si è indubitabilmente formato, essendo assodato che la sentenza 246/10/09 della commissione tributaria regionale non è stata impugnata.

La questione

Con la sentenza in esame i giudici di legittimità si sono occupati dall'istituto della rimessione in termini previsto dall'art. 184-bis c.p.c. (applicabile ratione temporis alla fattispecie de quo, ma il cui testo è rimasto pressoché uguale anche nella formulazione attualmente vigente dell'art. 153 c.p.c.) il quale dispone(va) che:

“La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice istruttore di essere rimessa in termini.”

La suprema corte, accogliendo il ricorso dell'Agenzia delle Entrate e annullando la sentenza della CTR, ha sancito che l'istituto della rimessioni in termini è valido e sicuramente applicabile anche alle controversie di natura fiscale. Tale istituto, tuttavia, non può essere applicabile nel caso in cui il processo sia ormai definito con sentenza irretrattabile.

In particolare la Cassazione ricorda che il decesso del difensore durante la pendenza del termine per impugnare non è d'ostacolo alla pronuncia della sentenza che dichiari l'estinzione per inosservanza del termine di riassunzione e, per conseguenza, alla formazione del giudicato per mancata impugnazione. Giudicato, che nel caso in esame si è indubitabilmente formato, essendo pacifico tra le parti che la sentenza n. 246/10/2009 della Commissione tributaria regionale non è stata impugnata. Del tutto incoerente è per conseguenza la statuizione della sentenza impugnata che ha giustificato l'inosservanza del termine per la riassunzione in ragione di una pretesa causa non imputabile alla parte. L'istituto della rimessione in termini in tal modo evocato, previsto dall'art. 184-bis c.p.c., applicabile all'epoca dei fatti, è senz'altro applicabile al rito tributario, purché, però, il processo non sia ormai definito con sentenza irretrattabile”.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, con la sentenza oggetto del presente commento, interviene su di un tema ampiamente dibattuto in giurisprudenza, ossia l'efficacia dell'istituto della rimessione in termini di cui all'art. 153, comma 2, c.p.c. presentato successivamente allo spirare del temine utile per impugnare la sentenza.

Con la sentenza n. 4242/2017, i giudici di legittimità hanno deciso coerentemente con quanto la stessa corte aveva sancito in sentenze precedenti e sufficientemente recenti.

In particolare è stata confermata la tesi secondo la quale l'istituto della rimessione in termini può essere applicato solo nel caso in cui il giudicato non sia formato in maniera definitiva.

In secondo luogo, il processo non deve considerarsi interrotto a seguito del decesso del difensore.

Su questi temi, la sentenza in commento concorda con altre sentenza della medesima corte, fra le quali la sentenza Cass. civ., 3 febbraio 2014 n. 2329 e la sentenza Cass. civ., 17 giugno 2015 n. 12544.

La prima sentenza richiamata si era soffermata sulla possibilità di interruzione del processo a seguito del decesso dell'avvocato difensore. La Cassazione, in quella sede, aveva ricordato che è responsabilità delle parti attivarsi in tempo utile entro l'anno previsto dalla legge ed escludendo che tale termine sia in qualche modo una violazione del diritto di difesa, costituzionalmente garantito. Inoltre, la morte del difensore non comporta l'interruzione del processo e, così facendo, si garantisce un altro interesse egualmente meritevole di tutela, ossia quello di ragionevole durata del processo previsto dall'art. 111 Cost.

La seconda sentenza richiamata, invece, conferma il fatto che l'istituto della rimessione in termini, previsto dall'art. 184-bis c.p.c., è senz'altro applicabile anche al rito tributario, alla luce dei principi costituzionali che vi presiedono, non meno di quanto attengano al rito civile, nell'ottica della tutela delle garanzie difensive e dell'attuazione del giusto processo, operando sia con riferimento alle decadenze relative ai poteri processuali interni al giudizio, sia a quelle correlate alle facoltà esterne e strumentali al processo, quali l'impugnazione dei provvedimenti sostanziali che sono oggetto delle tutele processuali concesse.

Osservazioni

La sentenza Cass. civ., 17 febbraio 2017 n. 4242 affronta in particolare due aspetti:

  • il primo aspetto valuta se il decesso del difensore della parte sia idoneo ad interrompere il processo;
  • il secondo aspetto, invece, si sofferma sul fatto se l'istituto della rimessione in termini sia efficace anche nel caso in cui il processo sia validamente definito.

Relativamente a primo aspetto, come evidenziato anche dalla sentenza Cass. civ., 3 febbraio 2014 n. 2329 - confermato dalla sentenza in commento - la morte dell'avvocato difensore durante la pendenza del termine per impugnare, non è sufficiente per ostacolare la pronuncia della sentenza che dichiari l'estinzione per inosservanza del termine di riassunzione e, quindi, ad impedire la formazione del giudicato per mancata impugnazione.

Riguardo la seconda questione, invece, la sentenza Cass. civ., 17 febbraio 2017 n. 4242 ricorda come l'istituto della rimessione in termini – ai sensi dell'art. 184-bis c.p.c (ora modificato e riscritto nell'art. 153 c.p.c.) – è senza alcun dubbio applicabile anche nel processo tributario, però non può essere invocato – né nel processo tributario né in quello civile – nel caso in cui il processo sia ormai definitivo.

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