Alla Corte Ue la parola sulla sospensione dell'atto doganale emesso in assenza di contraddittorio
11 Luglio 2016
Massima - rinvio pregiudiziale
La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria del 6 maggio 2016, n. 9278, ha chiesto alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (d'ora innanzi, TFUE), al fine di chiarire se contrasta con il principio generale del contraddittorio procedimentale di matrice comunitaria la normativa italiana in tema di impugnazione in via amministrativa dell'atto doganale di cui agli artt. 66 e seguenti del Testo Unico delle Leggi Doganali (d'ora innanzi, TULD), laddove non prevede, in favore del contribuente che non sia stato ascoltato prima dell'adozione dell'atto impositivo da parte dell'Amministrazione doganale, la sospensione dell'atto come conseguenza diretta della proposizione dell'impugnazione. Il caso
Una srl impugnava dieci avvisi di rettifica emessi dalla Dogana di Livorno per la ripresa a tassazione dell'IVA che la società non aveva versato, omettendo di introdurre merci importate nel deposito IVA di altra società, operante nel settore del trasporto internazionale, come invece dichiarato.
In ciascuno degli avvisi si chiariva che il contribuente poteva esperire, ex art. 11, comma 7, del D.Lgs. n. 374/1990, il ricorso doganale di cui agli artt. 66 e seguenti del TULD e, in presenza delle condizioni previste dall'art. 244 del Regolamento CE 12 ottobre 1992, n. 2913 (d'ora in poi, Codice Doganale Comunitario), sarebbe stato possibile ottenere la sospensione dell'esecutività dell'atto doganale presentando istanza al Direttore regionale dell'Agenzia delle Dogane, corredata da idonea garanzia in funzione dei maggiori diritti doganali accertati.
La Commissione Tributaria Provinciale di Livorno respingeva il ricorso, così come la Commissione Tributaria Regionale della Toscana l'appello. Pertanto, la società contribuente proponeva ricorso per cassazione, lamentando, tra gli altri motivi, la violazione del diritto al contraddittorio procedimentale in ambito doganale. L'Agenzia delle Dogane resisteva con controricorso. La questione
La Commissione Tributaria Regionale della Toscana rigettava l'appello proposto dalla società contribuente, poiché riteneva infondata la questione relativa alla partecipazione del contribuente al procedimento amministrativo, sulla base della considerazione per la quale l'art. 13 della Legge n. 241/1990 non è applicabile ai procedimenti tributari.
Pertanto, la società contribuente proponeva ricorso per cassazione, lamentando, tra gli altri motivi, ai fini che qui rilevano per il rinvio pregiudiziale promosso dalla Suprema Corte, principalmente due questioni:
L'Agenzia delle Dogane resisteva con controricorso, deducendo la totale infondatezza delle censure proposte dalla società contribuente e, per quanto concerne la violazione del diritto al contraddittorio in ambito doganale, l'inapplicabilità dell'art. 12 della Legge n. 212/2000 ai procedimenti in ambito doganale, essendo la disciplina di cui all'art. 11, comma 7, D.Lgs. n. 374/1990 idonea a salvaguardare il diritto al contraddittorio.
Orbene, la Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria del 6 maggio 2016, n. 9278, dopo aver pregevolmente illustrato la normativa nazionale e comunitaria in tema di contraddittorio procedimentale, nonché lo stato della giurisprudenza di matrice interna ed euro-unitaria, è giunta alla conclusione che è necessario verificare, in via pregiudiziale, la compatibilità del sistema di protezione interno del diritto al contraddittorio in materia doganale con la disciplina comunitaria.
Ciò, sulla base della considerazione per la quale la normativa italiana in tema di impugnazione in via amministrativa dell'atto doganale non prevede, in favore del contribuente che non sia stato ascoltato prima dell'adozione dell'atto impositivo da parte dell'Amministrazione doganale, la sospensione dell'atto come conseguenza diretta della proposizione dell'impugnazione.
Di qui, dunque, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, affinché chiarisca se quanto appena evidenziato contrasta con il principio generale del contraddittorio procedimentale di matrice comunitaria. Con particolare riferimento al caso di specie sopra rappresentato, le disposizioni di diritto interno rilevanti in ambito doganale sono le seguenti: art. 11 del D.Lgs. n. 374/1990, artt. 66 e 68 del d.P.R. n. 43/1993, art. 22 del D.Lgs. n. 546/1992 e art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000.
In particolare, l'art. 11 del D.Lgs. n. 374 del 1990, ai fini che qui rilevano, dispone testualmente che "1. L'ufficio doganale può procedere alla revisione dell'accertamento divenuto definitivo, ancorché le merci che ne hanno formato l'oggetto siano state lasciate alla libera disponibilità dell'operatore o siano già uscite dal territorio doganale. La revisione è eseguita d'ufficio, ovvero quando l'operatore interessato ne abbia fatta richiesta con istanza presentata, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data in cui l'accertamento è divenuto definitivo. 2. L'ufficio doganale, ai fini della revisione dell'accertamento, può invitare gli operatori, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, indicandone il motivo e fissando un termine non inferiore a quindici giorni, a comparire di persona o a mezzo di rappresentante, ovvero a fornire, entro lo stesso termine, notizie e documenti, anche in copia fotostatica, inerenti le merci che hanno formato oggetto di operazioni doganali. Le notizie ed i documenti possono essere richiesti anche ad altri soggetti pubblici o privati che risultano essere comunque intervenuti nell'operazione commerciale. [...] 7. La rettifica può essere contestata dall'operatore entro trenta giorni dalla data di notifica dell'avviso. Al momento della contestazione è redatto il relativo verbale, ai fini della eventuale instaurazione dei procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie previsti dagli artt. 66 e seguenti del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43".
L'art. 66 del d.P.R. n. 43 del 1973 prevede che "Entro trenta giorni dalla sottoscrizione del verbale di cui al precedente articolo, a pena di decadenza, l'operatore può chiedere al capo del compartimento doganale di provvedere alla risoluzione della controversia. A tal fine deve presentare apposita istanza alla competente dogana, producendo i documenti ed indicando i mezzi di prova ritenuti utili. L'istanza, unitamente al verbale, alle eventuali relazioni dei periti di cui al primo comma del precedente articolo ed alle proprie controdeduzioni, è trasmessa dalla dogana entro i successivi dieci giorni al capo del compartimento doganale, che decide sulla controversia con provvedimento motivato dopo aver sentito il collegio consultivo compartimentale dei periti doganali, costituito in ciascun compartimento doganale a norma dell'art. 67. Copia delle controdeduzioni della dogana deve essere fatta pervenire all'operatore interessato. Decorso inutilmente il termine indicato nel primo comma, si intende accettata la pretesa della dogana, la quale procede ai sensi dell'articolo 61, ultimo comma".
Il successivo art. 68 del d.P.R. n. 43 del 1993 dispone che "... La decisione del capo del compartimento doganale deve essere emessa nel termine di quattro mesi dalla data di presentazione della formale istanza di cui all'art. 66 e deve essere subito notificata all'interessato dalla competente dogana. Avverso la decisione del capo del compartimento doganale è ammesso ricorso al Ministro per le finanze: il ricorso deve essere presentato alla dogana competente, a pena di decadenza, entro quaranta giorni dalla notifica della decisione medesima. Il ricorso di cui al secondo comma, unitamente a tutti gli atti della controversia, è dalla dogana trasmesso al Ministero delle finanze. Il Ministro decide con provvedimento motivato dopo aver sentito il collegio consultivo centrale dei perito doganali, costituito a norma del successivo articolo. Decorso inutilmente il termine indicato nel secondo comma, si intende accettata la decisione di prima istanza. In tal caso la dogana procede ai sensi dell'art. 61, ultimo comma.".
Gli artt. 22 del D.Lgs. n. 394 del 1990 e art. 47 del D.Lgs. n. 546/1992 disciplinano le ipotesi di sospensione dell'esecuzione di un atto di accertamento fiscale innanzi al giudice tributario.
Infine, l'art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 dispone espressamente che "Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. ...".
In ambito comunitario, rilevano unicamente le disposizioni normative recate dagli artt. 243 e 244 del Codice Doganale Comunitario vigente ratione temporis.
In particolare, l'art. 243 citato dispone testualmente che "1. Chiunque ha il diritto di proporre ricorso contro le decisioni prese dall'autorità doganale, concernenti l'applicazione della normativa doganale, quando esse lo riguardino direttamente e individualmente. È parimenti legittimata a proporre ricorso, quando sia decorso inutilmente il termine di cui all'articolo 6, paragrafo 2, la persona che ha chiesto all'autorità doganale una decisione sull'applicazione della normativa doganale. Il ricorso è introdotto nello Stato membro in cui la decisione è stata presa o sollecitata. 2. Il ricorso può essere esperito: a) in una prima fase, dinanzi all'autorità doganale designata a tale scopo dagli Stati membri; b) in una seconda fase, dinanzi ad un'istanza indipendente, che può essere un'autorità giudiziaria o un organo specializzato equivalente, in conformità delle disposizioni vigenti negli Stati membri".
L'art. 244 aggiunge che "La presentazione di un ricorso non sospende l'esecuzione della decisione contestata. Tuttavia, l'autorità doganale può sospendere, in tutto o in parte, l'esecuzione della decisione quando abbia fondati motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l'interessato. Quando la decisione impugnata abbia per effetto l'applicazione di dazi all'importazione o di dazi all'esportazione,la sospensione dell'esecuzione è subordinata all'esistenza o alla costituzione di una garanzia. Tuttavia si può non esigere detta garanzia qualora, a motivo della situazione del debitore,ciò possa provocare gravi difficoltà di carattere economico o sociale".
Sulla base delle norme sopra illustrate, appare evidente come il Legislatore abbia assicurato al contribuente una particolare forma di contraddittorio, da applicarsi alla procedura di revisione dell'accertamento doganale, che gli consente di esperire un preliminare mezzo di difesa stragiudiziale mediante l'instaurazione della controversia doganale, in attuazione del diritto di ricorso in sede amministrativa previsto dall'art. 243 del Codice Doganale Comunitario. Tuttavia, la presentazione del ricorso in parola non impedisce che l'atto doganale sia portato ad esecuzione dall'Amministrazione, ancorché quest'ultima possa comunque sospendere lo stesso in via amministrativa, su istanza del contribuente, in presenza delle condizioni di cui all'art. 244 del Codice Doganale Comunitario, ovvero quando vi siano fondati motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale o si debba temere un danno irreparabile per l'interessato. In tema di contraddittorio procedimentale in ambito tributario, si rileva nella giurisprudenza di legittimità una progressiva enfatizzazione di tale principio: dapprima, in tema di studi di settore (cfr., SS.UU., sentenza 18 dicembre 2009, n. 26635); poi, in tema di atto emesso ante tempus (cfr., SS.UU., sentenza 29 luglio 2013, n. 18184); più di recente, in materia di iscrizione ipotecaria (cfr., SS.UU., sentenza 18 settembre 2014, nn. 19667 e 19668).
In particolare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza del 29 luglio 2013, n. 18184, hanno sancito tout court la nullità dell'atto impositivo emesso prima della scadenza del termine dilatorio di 60 giorni dalla verifica previsto dall'art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000, evocando l'esistenza di un principio generale di contraddittorio procedimentale.
Ciò, sulla base della considerazione per la quale "l'art. 12, comma 7, della Legge 27 luglio 2000, n. 212, deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell'atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva".
Ciò posto, con particolare riferimento alla tematica del contraddittorio procedimentale in ambito doganale, si segnala la sentenza 15 marzo 2013, n. 6621, con cui la Corte di Cassazione ha affermato che il rispetto di tale principio anche nella fase amministrativa, pur non essendo esplicitamente richiamato dal previgente Codice Doganale Comunitario, può essere desunto dalle previsioni di cui all'art. 11 del D.Lgs. n. 374/1990. Inoltre, ha proseguito la Corte, esso costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogni qualvolta l'Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, con la conseguenza che "la denuncia di vizi di attività dell'Amministrazione capaci di inficiare il procedimento è destinata ad acquisire rilevanza soltanto se, ed in quanto, l'inosservanza delle regole abbia, anzitutto, determinato un concreto pregiudizio del diritto di difesa della parte, direttamente dipendente dalla violazione e, poi, si sia riverberata su vizi del provvedimento finale".
Peraltro, la Suprema Corte, con sentenza del 5 aprile 2013, n. 8399, ha chiarito che, in tema di avvisi di rettifica in materia doganale, è inapplicabile l'art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000, operando in tale ambito lo jus speciale di cui all'art. 11 del D.Lgs. n. 374/1990, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all'impugnazione in giudizio del suddetto avviso. L'inapplicabilità alla materia doganale della norma citata è stata poi ribadita anche in altre pronunce della Suprema Corte (cfr., ex multis, Cass. civ., 9 maggio 2014, n. 10070; Cass. civ., 2 luglio 2014, n. 15033; Cass. civ., 10 dicembre 2014, n. 25975), la quale ha affermato che "i procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie previsti dagli artt. 66 e seguenti del TULD, ai quali rinvia l'art. 11 del D.Lgs. n. 374/1990, consentono la instaurazione, in via preventiva, del pieno contraddittorio con il contribuente, atteso che: a) l'art. 66 TU n. 43/1973 prevede che l'operatore presenti ricorso gerarchico avverso l'avviso di rettifica 'producendo i documenti ed indicando i mezzi di prova ritenuti utili'; b) dal combinato disposto degli art. 70 u.c. e 76, co. 1, del TU n. 43/1973 emerge che solo all'esito dell'indicato procedimento amministrativo contenzioso - nel caso di decisione parzialmente o totalmente sfavorevole al ricorrente gerarchico - si determina la 'definitività' dell'avviso di accertamento in rettifica ed il contribuente è legittimato ad esperire il ricorso giurisdizionale ex art. 21 D.Lgs n. 546/1992 avverso l'atto impositivo.
Il procedimento amministrativo in questione, pertanto, era preordinato a garantire un contraddittorio pieno, in un momento anticipato rispetto alla impugnazione in sede giurisdizionale dell'atto, nel corso del quale il contribuente era posto in grado di esporre tutte le ragioni difensive ed allegare nuovi fatti, deducendo le prove opportune, al fine di sollecitare l'attivazione dei poteri di autotutela della Amministrazione doganale e quindi l'annullamento o la revoca dell'avviso di rettifica". A ciò si aggiunga che le Sezioni Unite, con sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823, hanno chiarito che "Differentemente dal diritto dell'Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'Amministrazione finanziaria che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto. Ne consegue che, in tema di tributi "non armonizzati", l'obbligo dell'Amministrazione finanziaria di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito. In tema di tributi "armonizzati", invece, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione Europea, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l'opposizione di dette ragioni si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto".
Sul fronte della prassi, giova invece ricordare la Circolare n. 41/D/2002, con cui l'Agenzia delle Dogane, affrontando la questione relativa agli avvisi di rettifica dell'accertamento di cui all'art. 11 citato, ha precisato che “detti atti impositivi … sono immediatamente esecutivi nei confronti del contribuente e, come tali, autonomamente impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie, nel termine decadenziale sopra citato. … La contestazione della rettifica dell'accertamento, mediante instaurazione della controversia doganale ovvero proposizione del ricorso alla competente CTP, non ne sospende l'esecuzione (cfr. art. 244 CDC). Resta salva, tuttavia, la facoltà degli Uffici di concedere - a seguito di apposita istanza dell'operatore interessato - la sospensione cautelare in via amministrativa, al ricorrere delle condizioni previste dalla citata norma comunitaria". Occorre sottolineare che, in ambito comunitario, anche la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, sulla scia della celeberrima sentenza 18 dicembre 2008, Sopropé, C-349/07, ha riconosciuto al diritto di essere ascoltati il valore di principio fondamentale dell'Unione europea "in qualsiasi procedimento", in quanto radicato nelle "tradizioni costituzionali degli Stati membri", anche in assenza di norme specifiche.
La Corte europea individua il fondamento di tale principio non solo negli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che garantiscono il rispetto dei diritti di difesa, nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, ma anche nell'articolo 41 di quest'ultima, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione.
Come precisato dalla stessa Corte europea, il diritto ad una buona amministrazione comporta "il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo, il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale, nonché l'obbligo per l'amministrazione di motivare le proprie decisioni" (cfr., CGUE, sentenza 22 novembre 2012, M.M., C-277/11), con la conseguenza, quindi, che il contraddittorio si configura quale corollario necessario del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione.
Appare dunque evidente come la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ritenga che il diritto al contraddittorio si applichi a qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo e garantisca a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il suo punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell'adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi (cfr., CGUE, sentenza 9 giugno 2005, Spagna, C-287/02; CGUE, sentenza 18 dicembre 2008, Sopropé, C-349/07; CGUE, sentenza 1° ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware, C-141/08; CGUE, sentenza 21 dicembre 2011, Francia, C-27/09).
A tale diritto corrisponde il dovere per l'Amministrazione competente di prestare tutta l'attenzione necessaria alle osservazioni della persona coinvolta, esaminando, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando sufficientemente la sua decisione (cfr., CGUE, 21 novembre 1991, Technische Universität München, C-269/90; CGUE, sentenza 18 dicembre 2008, Sopropé, C-349/07).
I principi sopra ricordati hanno poi trovato specifica applicazione in materia doganale nella recente sentenza 3 luglio 2014, Kamino International Logistics, C-129/13.
Con tale pronuncia, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, esaminando una fattispecie riguardante alcune intimazioni di pagamento in materia doganale, notificate dal Fisco olandese in assenza di un preliminare confronto con i destinatari degli atti impositivi, ha ricordato che il rispetto dei diritti di difesa si applica quando l'Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, affinché lo stesso sia messo in condizione di manifestare utilmente il proprio punto di vista in merito agli elementi sui quali l'Amministrazione intende fondare la sua decisione.
Conseguentemente, l'adozione di un atto doganale in assenza di contraddittorio preventivo comporta una limitazione al diritto di essere sentiti dei destinatari dell'atto. Tuttavia, come precisa la Corte europea, tale diritto fondamentale non costituisce una prerogativa assoluta, potendo essere sottoposto a restrizioni a condizione che queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile.
In altri termini, la Corte di Giustizia ha ritenuto che, nell'ipotesi in cui l'interessato possa esprimere le proprie difese in sede di reclamo, pur non avendo potuto esercitare tale diritto prima dell'adozione dell'atto amministrativo, l'adozione di quest'ultimo in assenza di contraddittorio preventivo, reso sulla base della normativa nazionale e degli articoli 220 e 221 del Codice Doganale, comporti una limitazione del diritto di essere sentiti ed eventuali simili restrizioni sono tollerabili solo se strumentali al soddisfacimento di obiettivi di interesse generale. Dunque, il diritto al contraddittorio procedimentale deve essere interpretato nel senso che, quando il destinatario di un'intimazione di pagamento adottata a titolo di un procedimento di recupero a posteriori di dazi doganali all'importazione, in applicazione del Codice Doganale Comunitario, non è stato sentito dall'Amministrazione prima dell'adozione di tale decisione, "i suoi diritti della difesa sono violati quand'anche abbia la possibilità di far valere la sua posizione nel corso di una fase di reclamo amministrativo ulteriore, se la normativa nazionale non consente ai destinatari di siffatte intimazioni, in mancanza di una previa audizione, di ottenere la sospensione della loro esecuzione fino alla loro eventuale riforma. È quanto avviene, in ogni caso, se la procedura amministrativa nazionale che attua l'art. 244, secondo comma, del Regolamento CE n. 2913/92, limita la concessione di siffatta sospensione allorché vi sono motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa doganale, o si debba temere un danno irreparabile per l'interessato".
Tuttavia, – precisa la Corte – la violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa comporta l'annullamento della decisione di cui trattasi soltanto quando, senza tale violazione, il procedimento avrebbe potuto condurre ad un risultato differente. In difetto di ciò, deve quindi escludersi qualunque automatismo idoneo a condurre all'annullamento dell'atto per violazione del contraddittorio. La soluzione giuridica
La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria del 6 maggio 2016, n. 9278, ha affermato che, alla luce dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella celebre sentenza 3 luglio 2014, Kamino International Logistics, C-129/13, l'illegittimità del provvedimento in materia doganale reso in assenza di preventivo contraddittorio è esclusa qualora venga comunque garantita al contribuente:
Al contrario, la normativa italiana, con riferimento alla sospensione dell'atto adottato inaudita altera parte, rinvia unicamente – ha osservato la Corte – alla disciplina contenuta nell'art. 244 del Codice Doganale Comunitario senza introdurre alcuna specifica regolamentazione nell'art. 66 TULD: infatti, nel sistema interno, la sospensione dell'atto doganale adottato in assenza di previa audizione del contribuente non è conseguenza automatica della proposizione del ricorso in via amministrativa, ma costituisce solo un'evenienza che l'Amministrazione può disporre nella ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 244 citato.
Pertanto, si pone il problema di verificare se la disciplina doganale che consente al contribuente, in caso di assenza di preventivo contraddittorio, di ottenere la sospensione dell'esecutività dell'atto al momento della proposizione del ricorso, rinviando alle condizioni di cui all'art. 244 del Codice Doganale Comunitario (vigente ratione temporis), sia o meno in contrasto con i principi espressi nella sentenza 3 luglio 2014, Kamino International Logistics, C-129/13.
Ciò, in quanto la disciplina in tema di contraddittorio procedimentale in ambito doganale è stata individuata come "speciale" rispetto a quella di ogni altro procedimento tributario interno, proprio perché regolata in maniera analitica attraverso meccanismi di partecipazione che consentivano comunque al contribuente di formulare le proprie difese in epoca anteriore al ricorso in sede giudiziaria, anche se successivamente all'emissione dell'atto di revisione, con conseguente ritenuta irrilevanza della garanzia apprestata dall'art. 12, comma 7, Legge n. 212/2000.
Osservazioni
Il principio del contraddittorio procedimentale assume notevole rilevanza nel panorama giuridico dei rapporti tra il Fisco ed il contribuente, in considerazione del fatto che esso risponde ad un preciso interesse non solo di quest'ultimo, ma anche della stessa Amministrazione finanziaria, che vanta un concreto interesse al ripristino della legalità in attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. Infatti, il contraddittorio assolve ad una triplice funzione di:
Ciò posto, occorre tuttavia rilevare che tale principio generale, finalizzato a garantire l'esecuzione di un indispensabile "meccanismo partecipativo", potrebbe non sempre trovare compiuta realizzazione in una materia altamente specialistica quale quella doganale, in ragione del fatto che, allo stato attuale della normativa interna e comunitaria, nonché della giurisprudenza di matrice nazionale ed euro-unitaria, si pone un problema di compatibilità del sistema di protezione interno del diritto al contraddittorio procedimentale in materia doganale con la disciplina comunitaria.
Infatti, la Suprema Corte, nella ordinanza in rassegna, ha più volte rilevato come:
Per tale ragione, la Suprema Corte, al fine di decidere la fattispecie per cui è causa, ha correttamente ritenuto pregiudiziale che la Corte di Giustizia dell'Unione Europea chiarisse se contrasta con il principio generale del contraddittorio procedimentale di matrice comunitaria la normativa italiana in tema di impugnazione in via amministrativa dell'atto doganale di cui agli artt. 66 e seguenti del TULD, laddove non prevede, in favore del contribuente che non sia stato ascoltato prima dell'adozione dell'atto impositivo da parte dell'Amministrazione doganale, la sospensione dell'atto come conseguenza diretta della proposizione dell'impugnazione. |