Cessione di terreno edificabile da parte dell'imprenditore agricolo: IVA o imposta di registro?

Stefano Pasetto
06 Settembre 2016

Con l'ordinanza n. 11600/2016, oggetto di breve commento nel presente contributo, la Suprema Corte di Cassazione richiama l'attenzione sulla problematica (quanto mai attuale) dell'imposizione indiretta cui deve soggiacere un'operazione di cessione di un terreno edificabile sito in Italia da parte di un imprenditore agricolo. In questo senso, grazie all'ordinanza in parola è possibile ripercorrere le principali motivazioni che spingono l'orientamento prevalente della Suprema Corte di Cassazione a ritenere siffatta operazione non assoggettabile al regime dell'Imposta sul valore aggiunto (IVA), bensì all'Imposta di registro in misura proporzionale.
Massima

Per la Suprema Corte di Cassazione la cessione di un terreno edificabile sito in Italia da parte di un imprenditore agricolo deve considerarsi fuori dal campo di applicazione dell'Imposta sul valore aggiunto (di seguito, “IVA”), in quanto, nel momento in cui il terreno assume il carattere di suolo destinato all'edificazione, lo stesso perde di per sé la qualità di bene strumentale dell'impresa agricola e, quindi, la sua cessione diviene estranea alla tipologia di atti che sono da assoggettare a IVA, ai sensi e per gli effetti del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito, “d.P.R. n. 633/1972”), con la conseguenza che la medesima sarà soggetta a tassazione mediante applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale, anziché in misura fissa.

Il caso

Con l'ordinanza dell'11 maggio 2016, depositata con il n. 11600 il successivo 6 giugno 2016, la Sottosezione Tributaria della Sesta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione disquisisce se la cessione di un terreno edificabile sito nel territorio nazionale da parte di un imprenditore agricolo debba essere soggetta all'applicazione dell'IVA, ovvero dell'Imposta di registro in misura proporzionale. Segnatamente, il caso esaminato dalla Suprema Corte di Cassazione ha per oggetto il ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza del 29 settembre 2014, n. 94/2/2014, con la quale la Commissione Tributaria di II Grado di Bolzano, confermando la decisione assunta dai giudici di prime cure, sottolineava come la cessione da parte di un imprenditore agricolo di un terreno divenuto edificabile:

  • ossia – prendendo a riferimento la definizione legislativa valida, tra l'altro, ai fini dell'IVA e dell'Imposta di registro – di un terreno “utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo” (art. 36, co. 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223) (per un maggior approfondimento in merito alla suddetta definizione e alle possibili problematiche a esse connesse, ci si permette di rinviare, tra i tanti, allo studio del Consiglio Nazionale del Notariato elaborato da M. P. Nastri, Questioni aperte in tema di qualificazione di terreni, Studio n. 24-2012/T, in www.notariato.it);
  • non rientra tra le operazioni imponibili IVA, proprio in quanto il terreno (nel “divenire” edificabile) perderebbe la qualità di bene strumentale dell'impresa agricola e ciò anche a prescindere “dalla [stessa] considerazione degli elementi di prova addotti dal contribuente a riprova della non strumentalità dei detti terreni all'attività agricola”, con la conseguenza finale che, ai fini dell'imposizione indiretta, siffatta operazione deve essere assoggettata a Imposta di registro in misura proporzionale.

In definitiva – per quanto desumibile dall'ordinanza della Suprema Corte di Cassazione – per la Commissione Tributaria di II Grado di Bolzano l'attribuzione dell'edificabilità al terreno sarebbe di per sé sufficiente a porre quest'ultimo bene (e, quindi, anche la sua cessione) “fuori” dall'attività d'impresa, escludendolo pertanto dalla disciplina IVA; un effetto, quest'ultimo, che, si segnala per completezza, aveva altresì condotto la Commissione Tributaria di II Grado di Bolzano a ritenere che l'operazione di vendita del terreno edificabile da parte di un imprenditore agricolo non potesse essere oggetto di tassazione a livello d'IRAP, rigettando quindi le pretese avanzate in merito dall'Agenzia delle Entrate.

La questione

L'imposizione indiretta cui deve essere sottoposta un'operazione di cessione di terreno edificabile sito in Italia da parte di un imprenditore agricolo – oltre a costituire il fulcro dell'ordinanza oggetto del breve commento – rappresenta un tema da molto tempo discusso e sul quale, a oggi, non vi è una visione unitaria. Del resto, i dubbi sono alimentati dal fatto che la stessa disciplina tributaria italiana, nell'ambito delle imposte indirette, vede l'esistenza di una sorta di principio di alternatività di applicazione tra IVA e Imposta di registro, posto che in base all'art. 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito, “d.P.R. n. 131/1986”):

  • laddove un'operazione sia sottoposta a IVA, non vi è tassazione a livello di Imposta di registro se non in misura fissa; così come
  • nel momento in cui una data operazione non sia imponibile IVA, la stessa soggiace all'Imposta di registro, anziché in misura fissa, in misura proporzionale secondo le aliquote riportate nell'apposita tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986.

In questo senso, occorre quindi chiedersi quali siano in generale le operazioni soggette a IVA e, in proposito, una risposta la si può rinvenire nell'art. 1 del d.P.R. n. 633/1972, laddove prevede che la disciplina IVA debba essere applicata, ai fini che qui rilevano, alle “cessioni di beni … effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese”, intendendo per:

  • cessione di beni”, anche la cessione di terreni edificabili, in quanto l'art. 2, comma 3, lettera c), del d.P.R. n. 633/1972, esclude da questo ambito solamente “le cessioni che hanno per oggetto terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria a norma delle vigenti disposizioni”;
  • esercizio di imprese”, a mente dell'art. 4 del d.P.R. n. 633/1972, “l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli art. 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l'esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 del codice civile”;
  • effettuate nel territorio dello Stato”, in base all'art. 7-bis del d.P.R. n. 633/1972, le cessioni che hanno per oggetto beni immobili ivi esistenti.

Pertanto, affinché un'operazione rientri nell'ambito dell'IVA nazionale, occorre che – oltre a essere effettuata nel territorio dello Stato italiano (come nel caso della cessione di un terreno edificabile sito in Italia) – vi sia il rispetto simultaneo di due requisiti:

  1. uno di tipo oggettivo: si deve avere una cessione di beni rientranti tra quelli previsti dal d.P.R. n. 633/1972 (ed è questo il caso, in quanto trattasi di terreno edificabile); e
  2. uno di tipo soggettivo: l'operazione deve quindi avvenire nell'esercizio di un'attività imprenditoriale (ivi compresa quella agricola).

La mancanza di uno (o entrambi) di questi requisiti comporta l'esclusione dall'imposizione IVA e la conseguente applicazione dell'Imposta di registro in misura proporzionale. Come osservato in dottrina, la questione potrebbe essere ricondotta al fatto che “la vendita di un terreno edificabile effettuata [in generale] da un imprenditore è [da considerarsi] soggetta ad IVA, a meno che il cedente operi in qualità di privato [e quindi verosimilmente anche qualora l'oggetto dell'attività posta in essere dallo stesso sia estranea a quella imprenditoriale], nel qual caso è dovuta l'imposta proporzionale di registro” (F. Castelli, La cessione di aree edificabili tra IVA ed imposta di registro, in Corriere Tributario, Milano, 2002). In questo ambito, il panorama si divide tra:

  • coloro che (v. nel caso in esame l'Agenzia delle Entrate) ritengono che la vendita di un terreno edificabile da parte di un imprenditore agricolo rientri all'interno della sua attività imprenditoriale e, quindi, soggiaccia alla disciplina IVA, salvo che l'imprenditore non dimostri che il bene fosse all'origine estraneo all'attività d'impresa; e
  • coloro che (v. nel caso in esame la Commissione Tributaria di II Grado di Bolzano), attraverso il confronto tra le caratteristiche del bene (l'edificabilità) e l'attività imprenditoriale svolta (impresa agricola), verificano l'inerenza e di lì l'assoggettamento o meno alla disciplina IVA.

Due diversi orientamenti, questi, nei fatti sinteticamente ricordati dalla Suprema Corte di Cassazione all'inizio della propria ordinanza, laddove, nel descrivere le doglianze dell'Agenzia dell'Entrate, osserva che, per l'Amministrazione finanziaria, la decisione dei giudici di seconde cure sarebbe contra legemavendo la C.T.R. dato rilievo, al fine di escludere la natura strumentale all'attività agricola dei terreni oggetto di compravendita, a documentazione irrilevante ovvero alla circostanza della loro sopravvenuta edificabilità, del pari ininfluente, con conseguente inidoneità della prova offerta al riguardo dal contribuente e debenza dell'IVA sulla cessione”.

La soluzione giuridica

Per dirimere la questione portata alla loro attenzione, la Suprema Corte di Cassazione si richiama al (consolidato) solco delineato dagli stessi giudici ermellini in precedenti pronunce. In particolare, il riferimento “principe” nell'ordinanza è alla sentenza della Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione del 2 giugno 1999, n. 5366, nella quale quest'ultima:

  • dopo aver premesso che, come del resto esposto nel precedente paragrafo (v. supra), indubbiamente deve essere “escluso che l'esercizio di attività agricola costituisca un limite all'applicazione del regime IVA alle operazioni imponibili – essendo l'impresa agricola espressamente considerata [dal d.P.R. n. 633/1972]”;
  • sottolinea che la cessione di un terreno edificabile da parte di un imprenditore agricolo non rientra nell'ambito di applicazione della disciplina IVA, in quanto “una volta che il terreno [assume] il carattere di suolo destinato alla edificazione [perde] … la [sua] qualità di bene strumentale, cioè di bene relativo all'impresa [così come definito nel Testo Unico delle imposte sui redditi (di seguito, il “TUIR”), posto che] … deve … escludersi che nella nozione dei “beni relativi all'impresa” (art. 54 TUIR) possano ricomprendersi tutti i beni di essa, dal momento che tale nozione implica la combinazione di elementi oggettivi e soggettivi, corrispondendo i primi a quei beni esclusivamente idonei a essere mezzo per l'esercizio della specifica impresa, gli altri alla volontà dell'imprenditore di inserirli stabilmente nella sua organizzazione produttiva, con l'effetto che l'aggregazione strumentale stabilita all'interno dell'azienda, supponendo il concorso di entrambi, cessa nel momento in cui viene meno uno di essi”.

Da queste considerazioni l'ordinanza oggetto del presente commento trae le proprie conclusioni, ponendo in evidenza come:

  • a prescindere da tutto (e quindi anche alle conclamate difficoltà – evidenziate nella sentenza del 1999 e di cui l'ordinanza non fa cenno – circa la configurabilità del “nesso economico del terreno con l'esercizio dell'impresa agricola … a seguito della trasformazione dell'immobile in area destinata alla edificazione”);
  • la determinazione dell'imprenditore di escludere il bene (trasformatosi, per effetto di modifica del piano regolatore, in area destinata all'edificazione) dalla sua organizzazione, in linea con la sua mutata valenza economica, [abbia] … tolto “in via definitiva” ad esso “il carattere originario di bene strumentale” [ha fatto venire meno l'elemento soggettivo], con conseguente assoggettamento del relativo atto di cessione all'imposta di registro”.

In altri termini, come indicato nella sentenza del 1999, “l'atto compiuto è di mero consumo di un bene di un patrimonio aziendale, non inerente all'attività professionalmente esercitata ai sensi degli artt. 2135 e 2195 c.c. e pertanto non soggetto al regime IVA, bensì all'imposta di registro”.

Osservazioni

L'ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, pur citando gli estremi anche di altre sentenze dei giudici ermellini, non ritiene utile soffermarsi su specifici aspetti trattati nelle stesse e che, a parere di chi scrive, devono essere presi a riferimento per comprendere appieno le ragioni che conducono a ritenere non applicabile la disciplina IVA alle cessioni di terreni edificabili da parte di imprenditori agricoli.

In particolare, un importante aspetto non approfondito nell'ordinanza in commento riguarda le difficoltà a configurare un nesso economico tra “terreno edificabile” ed “esercizio dell'impresa agricola”.

Sul punto, occorre evidenziare come, successivamente alla sentenza del 1999, la Suprema Corte di Cassazione si sia nel tempo più volte espressa, sottolineando come l'impresa agricola sia definita dall'art. 2135 c.c., il quale, come noto, al 1° comma stabilisce che è “imprenditore agricolo” colui che “esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse [non mancando poi di specificare:

  • al 2° comma che:

    ]

    per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si
    [devono intendere] le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine; nonché
  • al 3° comma che:

    ]

    si
    [devono] comunque [intendere] connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

Orbene, da quanto riportato emerge chiaramente come a nessuna delle attività indicate nell'art. 2135 c.c. possa essere ricondotta la cessione di un terreno edificabile, con l'effetto finale che il suddetto atto deve essere ritenuto del tutto “estraneo all'impresa agricola [e per ciò] dunque non soggetto ad IVA e passibile invece [di] imposta di registro [in misura proporzionale]” (sentenza della Quinta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione del 20 novembre 2008, n. 27576; concorde in tal senso anche la successiva sentenza, sempre della Quinta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, del 9 aprile 2014, n. 8327).

Peraltro, le considerazioni ora esposte prescindono da quale sia la concreta utilizzazione (prima della cessione) del terreno edificabile da parte dell'imprenditore agricolo. Invero, il fatto che il terreno divenuto edificabile continui o meno a essere coltivato dall'imprenditore agricolo prima della sua cessione a terzi nulla toglie al fatto che l'atto di cessione è di per sé elemento estraneo all'attività agricola e, pertanto, non è assoggettabile a IVA, ma imposta di registro in misura proporzionale.

In definitiva, deve ritenersi preclusa la “strada” (peraltro, sostenuta da A. Borgoglio, Non si applica l'IVA alle cessioni da parte dell'imprenditore agricolo di terreni divenuti edificabili, in Il fisco, Roma, 2014 e M. Peirolo, Esclusa da IVA la cessione del terreno edificabile da parte dell'imprenditore agricolo, in Azienda & Fisco, Milano, 2014) in generale seguita dall'Agenzia delle Entrate (oltre che nel caso oggetto dell'ordinanza commentata, anche nella Circolare della medesima del 29 maggio 2013, n. 18/E, nonché nelle Risoluzioni della stessa del 7 maggio 2002, n. 137/E, del 16 marzo 2007, n. 54/E e del 20 marzo 2008, n. 106/E) sulla scorta di due datate sentenze della Suprema Corte di Cassazione (v. quelle della Prima Sezione Civile del 2 ottobre 1999, n. 10943 e della Quinta Sezione Civile del 3 aprile 2000, n. 3987), che vorrebbe l'assoggettamento a IVA della cessione del terreno edificabile da parte di un imprenditore agricolo, qualora il suddetto terreno fosse precedentemente alla vendita impiegato nell'attività agricola.

D'altra parte, tale preclusione – come evidenziato da più recenti sentenze in materia dei giudici ermellini – trova proprio ulteriore supporto nell'orientamento nel frattempo assunto dalla “Corte di Giustizia [dell'Unione Europea che], con la sentenza del 15 settembre 2011, [nella] causa C-181/10 [riunita con la causa C-180/10], ha precisato che la cessione ad opera di un imprenditore agricolo di un fondo rustico riconvertito – per ragioni a lui non riconducibili – in terreno edificatorio non va assoggettata ad IVA, dovendo ricondursi nell'ambito della gestione del patrimonio privato, salvo che [,ma ciò, a parere di chi scrive, non può che essere di per sé estraneo all'attività imprenditoriale agricola come sopra individuata dall'art. 2135 c.c.] la cessione stessa non si iscriva in un'attività di commercializzazione fondiaria, che, per la mobilitazione dei mezzi dispiegati, possa qualificarsi come nuova attività economica, ai sensi dell'art. 9, comma 1, n. 2 della Direttiva n. 2006/112, come modificata dalla Direttiva 2006/138” (sentenza della Quinta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione del 23 aprile 2014, n. 9148, confermata dalla successiva sentenza, sempre della Quinta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, del 20 febbraio 2015, n. 3436, dove peraltro si specifica – e alla luce di quanto illustrato non potrebbe essere diversamente – come l'inapplicabilità del regime IVA si abbia anche nelle “ipotesi di cessione tra imprenditori”).

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