Cessione di terreno edificabile da parte dell'imprenditore agricolo: IVA o imposta di registro?
06 Settembre 2016
Massima
Per la Suprema Corte di Cassazione la cessione di un terreno edificabile sito in Italia da parte di un imprenditore agricolo deve considerarsi fuori dal campo di applicazione dell'Imposta sul valore aggiunto (di seguito, “IVA”), in quanto, nel momento in cui il terreno assume il carattere di suolo destinato all'edificazione, lo stesso perde di per sé la qualità di bene strumentale dell'impresa agricola e, quindi, la sua cessione diviene estranea alla tipologia di atti che sono da assoggettare a IVA, ai sensi e per gli effetti del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito, “d.P.R. n. 633/1972”), con la conseguenza che la medesima sarà soggetta a tassazione mediante applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale, anziché in misura fissa. Il caso
Con l'ordinanza dell'11 maggio 2016, depositata con il n. 11600 il successivo 6 giugno 2016, la Sottosezione Tributaria della Sesta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione disquisisce se la cessione di un terreno edificabile sito nel territorio nazionale da parte di un imprenditore agricolo debba essere soggetta all'applicazione dell'IVA, ovvero dell'Imposta di registro in misura proporzionale. Segnatamente, il caso esaminato dalla Suprema Corte di Cassazione ha per oggetto il ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza del 29 settembre 2014, n. 94/2/2014, con la quale la Commissione Tributaria di II Grado di Bolzano, confermando la decisione assunta dai giudici di prime cure, sottolineava come la cessione da parte di un imprenditore agricolo di un terreno divenuto edificabile:
In definitiva – per quanto desumibile dall'ordinanza della Suprema Corte di Cassazione – per la Commissione Tributaria di II Grado di Bolzano l'attribuzione dell'edificabilità al terreno sarebbe di per sé sufficiente a porre quest'ultimo bene (e, quindi, anche la sua cessione) “fuori” dall'attività d'impresa, escludendolo pertanto dalla disciplina IVA; un effetto, quest'ultimo, che, si segnala per completezza, aveva altresì condotto la Commissione Tributaria di II Grado di Bolzano a ritenere che l'operazione di vendita del terreno edificabile da parte di un imprenditore agricolo non potesse essere oggetto di tassazione a livello d'IRAP, rigettando quindi le pretese avanzate in merito dall'Agenzia delle Entrate. La questione
L'imposizione indiretta cui deve essere sottoposta un'operazione di cessione di terreno edificabile sito in Italia da parte di un imprenditore agricolo – oltre a costituire il fulcro dell'ordinanza oggetto del breve commento – rappresenta un tema da molto tempo discusso e sul quale, a oggi, non vi è una visione unitaria. Del resto, i dubbi sono alimentati dal fatto che la stessa disciplina tributaria italiana, nell'ambito delle imposte indirette, vede l'esistenza di una sorta di principio di alternatività di applicazione tra IVA e Imposta di registro, posto che in base all'art. 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito, “d.P.R. n. 131/1986”):
In questo senso, occorre quindi chiedersi quali siano in generale le operazioni soggette a IVA e, in proposito, una risposta la si può rinvenire nell'art. 1 del d.P.R. n. 633/1972, laddove prevede che la disciplina IVA debba essere applicata, ai fini che qui rilevano, alle “cessioni di beni … effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese”, intendendo per:
Pertanto, affinché un'operazione rientri nell'ambito dell'IVA nazionale, occorre che – oltre a essere effettuata nel territorio dello Stato italiano (come nel caso della cessione di un terreno edificabile sito in Italia) – vi sia il rispetto simultaneo di due requisiti:
La mancanza di uno (o entrambi) di questi requisiti comporta l'esclusione dall'imposizione IVA e la conseguente applicazione dell'Imposta di registro in misura proporzionale. Come osservato in dottrina, la questione potrebbe essere ricondotta al fatto che “la vendita di un terreno edificabile effettuata [in generale] da un imprenditore è [da considerarsi] soggetta ad IVA, a meno che il cedente operi in qualità di privato [e quindi verosimilmente anche qualora l'oggetto dell'attività posta in essere dallo stesso sia estranea a quella imprenditoriale], nel qual caso è dovuta l'imposta proporzionale di registro” (F. Castelli, La cessione di aree edificabili tra IVA ed imposta di registro, in Corriere Tributario, Milano, 2002). In questo ambito, il panorama si divide tra:
Due diversi orientamenti, questi, nei fatti sinteticamente ricordati dalla Suprema Corte di Cassazione all'inizio della propria ordinanza, laddove, nel descrivere le doglianze dell'Agenzia dell'Entrate, osserva che, per l'Amministrazione finanziaria, la decisione dei giudici di seconde cure sarebbe contra legem “avendo la C.T.R. dato rilievo, al fine di escludere la natura strumentale all'attività agricola dei terreni oggetto di compravendita, a documentazione irrilevante ovvero alla circostanza della loro sopravvenuta edificabilità, del pari ininfluente, con conseguente inidoneità della prova offerta al riguardo dal contribuente e debenza dell'IVA sulla cessione”. La soluzione giuridica
Per dirimere la questione portata alla loro attenzione, la Suprema Corte di Cassazione si richiama al (consolidato) solco delineato dagli stessi giudici ermellini in precedenti pronunce. In particolare, il riferimento “principe” nell'ordinanza è alla sentenza della Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione del 2 giugno 1999, n. 5366, nella quale quest'ultima:
Da queste considerazioni l'ordinanza oggetto del presente commento trae le proprie conclusioni, ponendo in evidenza come:
In altri termini, come indicato nella sentenza del 1999, “l'atto compiuto è di mero consumo di un bene di un patrimonio aziendale, non inerente all'attività professionalmente esercitata ai sensi degli artt. 2135 e 2195 c.c. e pertanto non soggetto al regime IVA, bensì all'imposta di registro”. Osservazioni
L'ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, pur citando gli estremi anche di altre sentenze dei giudici ermellini, non ritiene utile soffermarsi su specifici aspetti trattati nelle stesse e che, a parere di chi scrive, devono essere presi a riferimento per comprendere appieno le ragioni che conducono a ritenere non applicabile la disciplina IVA alle cessioni di terreni edificabili da parte di imprenditori agricoli. In particolare, un importante aspetto non approfondito nell'ordinanza in commento riguarda le difficoltà a configurare un nesso economico tra “terreno edificabile” ed “esercizio dell'impresa agricola”.
Sul punto, occorre evidenziare come, successivamente alla sentenza del 1999, la Suprema Corte di Cassazione si sia nel tempo più volte espressa, sottolineando come l'impresa agricola sia definita dall'art. 2135 c.c., il quale, come noto, al 1° comma stabilisce che è “imprenditore agricolo” colui che “esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse [non mancando poi di specificare:
Orbene, da quanto riportato emerge chiaramente come a nessuna delle attività indicate nell'art. 2135 c.c. possa essere ricondotta la cessione di un terreno edificabile, con l'effetto finale che il suddetto atto deve essere ritenuto del tutto “estraneo all'impresa agricola [e per ciò] dunque non soggetto ad IVA e passibile invece [di] imposta di registro [in misura proporzionale]” (sentenza della Quinta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione del 20 novembre 2008, n. 27576; concorde in tal senso anche la successiva sentenza, sempre della Quinta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, del 9 aprile 2014, n. 8327).
Peraltro, le considerazioni ora esposte prescindono da quale sia la concreta utilizzazione (prima della cessione) del terreno edificabile da parte dell'imprenditore agricolo. Invero, il fatto che il terreno divenuto edificabile continui o meno a essere coltivato dall'imprenditore agricolo prima della sua cessione a terzi nulla toglie al fatto che l'atto di cessione è di per sé elemento estraneo all'attività agricola e, pertanto, non è assoggettabile a IVA, ma imposta di registro in misura proporzionale. In definitiva, deve ritenersi preclusa la “strada” (peraltro, sostenuta da A. Borgoglio, Non si applica l'IVA alle cessioni da parte dell'imprenditore agricolo di terreni divenuti edificabili, in Il fisco, Roma, 2014 e M. Peirolo, Esclusa da IVA la cessione del terreno edificabile da parte dell'imprenditore agricolo, in Azienda & Fisco, Milano, 2014) in generale seguita dall'Agenzia delle Entrate (oltre che nel caso oggetto dell'ordinanza commentata, anche nella Circolare della medesima del 29 maggio 2013, n. 18/E, nonché nelle Risoluzioni della stessa del 7 maggio 2002, n. 137/E, del 16 marzo 2007, n. 54/E e del 20 marzo 2008, n. 106/E) sulla scorta di due datate sentenze della Suprema Corte di Cassazione (v. quelle della Prima Sezione Civile del 2 ottobre 1999, n. 10943 e della Quinta Sezione Civile del 3 aprile 2000, n. 3987), che vorrebbe l'assoggettamento a IVA della cessione del terreno edificabile da parte di un imprenditore agricolo, qualora il suddetto terreno fosse precedentemente alla vendita impiegato nell'attività agricola.
D'altra parte, tale preclusione – come evidenziato da più recenti sentenze in materia dei giudici ermellini – trova proprio ulteriore supporto nell'orientamento nel frattempo assunto dalla “Corte di Giustizia [dell'Unione Europea che], con la sentenza del 15 settembre 2011, [nella] causa C-181/10 [riunita con la causa C-180/10], ha precisato che la cessione ad opera di un imprenditore agricolo di un fondo rustico riconvertito – per ragioni a lui non riconducibili – in terreno edificatorio non va assoggettata ad IVA, dovendo ricondursi nell'ambito della gestione del patrimonio privato, salvo che [,ma ciò, a parere di chi scrive, non può che essere di per sé estraneo all'attività imprenditoriale agricola come sopra individuata dall'art. 2135 c.c.] la cessione stessa non si iscriva in un'attività di commercializzazione fondiaria, che, per la mobilitazione dei mezzi dispiegati, possa qualificarsi come nuova attività economica, ai sensi dell'art. 9, comma 1, n. 2 della Direttiva n. 2006/112, come modificata dalla Direttiva 2006/138” (sentenza della Quinta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione del 23 aprile 2014, n. 9148, confermata dalla successiva sentenza, sempre della Quinta Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, del 20 febbraio 2015, n. 3436, dove peraltro si specifica – e alla luce di quanto illustrato non potrebbe essere diversamente – come l'inapplicabilità del regime IVA si abbia anche nelle “ipotesi di cessione tra imprenditori”). |