Mancato deposito della ricevuta di spedizione della raccomandata: inammissibile l'appello

08 Settembre 2016

È escluso che il mancato deposito, nel termine di gg. 30 dalla spedizione a mezzo posta del ricorso in appello, della ricevuta della spedizione per raccomandata, possa essere “sanato ex post” dall'appellante con la tardiva produzione alla udienza di trattazione del documento mancante. Del pari irrilevante deve essere ritenuto, attese le evidenziate ragioni di ordine pubblico, l'eventuale comportamento processuale della controparte che, costituendosi in giudizio senza formulare eccezione, non potrebbe comunque impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con il ricorso inammissibile.
Massima

Il mancato deposito della ricevuta di spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale dell'appello ex artt. 22, co. 1 e 2, e 53, co. 2, D.Lgs. n. 546/1992 ne determina l'inammissibilità. Deve essere, pertanto, escluso che il mancato deposito, nel termine di gg. 30 dalla spedizione a mezzo posta del ricorso in appello, della ricevuta della spedizione per raccomandata, possa essere “sanato ex post” dall'appellante con la tardiva produzione alla udienza di trattazione del documento mancante. Del pari irrilevante deve essere ritenuto – attese le evidenziate ragioni di ordine pubblico – l'eventuale comportamento processuale della controparte che, costituendosi in giudizio senza formulare eccezione, non potrebbe comunque impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con il ricorso inammissibile (come peraltro espressamente disposto dall'art. 22, comma 2 cui rinvia per il grado d'appello il D.Lgs. n. 546/1992, art. 53, comma 2, che prevede la rilevabilità “ex officio” della inammissibilità in ogni stato e grado “anche se la parte resistente si costituisce a norma dell'articolo seguente”)».

Il caso

Con propria sentenza, pronunciata il 18 maggio 2016 e depositata in data 4 luglio 2016, i Giudici di merito messinesi hanno dichiarato l'inammissibilità dell'appello erariale quale conseguenza della mancata allegazione, all'atto della costituzione in giudizio, della ricevuta postale di spedizione del medesimo.

In data 23 marzo 2007, la SERIT SICILIA Spa - Sede di Messina, notificava alla società contribuente cartella di pagamento riferita all'anno d'imposta 2002, portatrice di una pretesa tributaria di complessivi € 335.452,29. La Società proponeva, avverso l'atto di riscossione sopra descritto, tempestivo e rituale ricorso giurisdizionale, eccependone la nullità, sotto diversi profili.

Le due controparti (Agenzia delle Entrate ed Agente della Riscossione), regolarmente evocate in giudizio, si costituivano contestando le doglianze di parte e chiedendo, in coerenza il rigetto del ricorso.

In data 4 febbraio 2008, la CTP di Messina - sez. VII, pronunciava la sentenza n. 57/7/2008, in seguito impugnata in via incidentale, attraverso la quale accoglieva parzialmente il ricorso ritenendolo fondato nella parte «… concernente il difetto di motivazione del recupero del credito d'imposta …. Osserva il Collegio che l'iter procedurale per consentire il diritto di difesa del contribuente prevede la notifica di un avviso di recupero del credito d'imposta e non un'immediata iscrizione a ruolo, inaudita altera parte. D'altra parte sul punto, l'Ufficio non ha contraddetto validamente su quanto eccepito da parte ricorrente. Debbono pertanto essere annullate le iscrizioni a ruolo per l'ammontare complessivo di € 231.432,62…». (Sentenza di primo grado)

In data 14 aprile 2009, veniva notificato presso il domicilio eletto dalla società, per il primo grado di giudizio, l'atto di appello proposto dalla Agenzia delle Entrate contro la sentenza sopra citata; atto che il contribuente provvedeva, a sua volta, ad appellare in via incidentale.

Con memoria del 19 aprile 2016, la Società appellata, pregiudizialmente in rito, chiedeva all'On.le Collegio d'appello adito di voler, previamente ad ogni statuizione sul merito del rapporto controverso, verificare che l'appellante avesse provveduto al deposito in atti della ricevuta postale di spedizione dell'appello entro il termine di trenta giorni previsto dal combinato disposto degli artt. 22 e 53 - D.Lgs. n. 546/1992.

Ed in mancanza, chiedeva al Giudice di provvedere a dichiarare, anche con decreto, da pronunciarsi inaudita altera parte, l'inammissibilità dell'impugnazione avversaria ed il conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Faceva osservare, infatti, il contribuente appellato, come il combinato disposto degli artt. 53, co. 2 e 22, co. 1 - D.Lgs. n. 546/1992, stabilisca che l'appellante debba depositare “a pena di inammissibilità”, presso la segreteria della commissione tributaria adita, entro trenta giorni dalla proposizione dell'appello, “copia del ricorso … spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale”, non trascurando che il combinato disposto degli artt. 53, co. 2 e dell'art. 22, co. 2 - Decreto sul processo tributario, stabilisce che detta inammissibilità vada rilevata “anche se la parte resistente si costituisce”.

Le questioni

Secondo un ormai consolidato orientamento della Cassazione, il mancato deposito, entro i termini indicati, della ricevuta postale di spedizione, preclude al giudice la possibilità di operare il controllo preliminare, ex art. 27 - D.Lgs. n. 546/1992, di ammissibilità dell'appello, impedendogli di verificare la tempestività dell'impugnazione rispetto alla data di deposito della sentenza, nonché la tempestività della costituzione in giudizio rispetto alla data di spedizione dell'appello alla controparte (Cass. civ., 11 settembre 2013, n. 20787. Ex plurimis Cass. civ., 11 settembre 2013 n. 20787; 31 marzo 2011 n. 7373; n. 24182/2006; e da ultimo Cass. civ., 15 settembre 2015, n. 18121).

Principio condiviso dalle Corti di merito, che non hanno mancato di precisare: «L'appello è inammissibile per omesso deposito, nel termine di legge, della ricevuta di spedizione, eseguita per posta raccomandata. L'art. 22 del D.Lgs. n. 546/1992, per il ricorso di primo grado e l'art. 53, comma 2, per il giudizio di appello, richiedono, ai fini della rituale costituzione in giudizio del ricorrente o dell'appellante, il deposito, nel termine di trenta giorni dalla spedizione, non solo di copia del ricorso spedito per posta, ma anche della ricevuta di spedizione dell'atto per raccomandata a mezzo del servizio postale. La mancata allegazione di detta ricevuta è sanzionata al pari dell'omesso deposito della copia del ricorso con l'inammissibilità dell'impugnazione, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo e non sanabile neppure per effetto della costituzione del resistente, essendo la decorrenza del termine di trenta giorni, per la costituzione in giudizio del ricorrente, normativamente ancorata alla spedizione da parte del mittente, e non alla ricezione del ricorso da parte del resistente. D'altronde, la gravità della sanzione dell'inammissibilità, comminata in caso di omesso deposito della ricevuta della spedizione della raccomandata postale nel termine previsto, si giustifica in quanto l'atto di appello (in copia od in originale), in assenza della ricevuta della spedizione per raccomandata, non risponde allo schema legale previsto ed è altresì inidoneo al raggiungimento del suo scopo, ossia:

a) la tempestiva costituzione in giudizio dell'appellante;

b) l'impedimento del passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

Deve, infine, essere escluso che il mancato deposito, nel termine di trenta giorni dalla spedizione a mezzo posta del ricorso in appello, della ricevuta della spedizione per raccomandata, possa essere sanato ex post dall'appellante con la tardiva produzione all'udienza di trattazione del documento mancante; e del pari irrilevante dev'essere ritenuto attese le ragioni di ordine pubblico insite nella norma violata e stante il chiaro disposto dell'art. 22, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992 l'eventuale comportamento processuale della controparte che, costituendosi in giudizio senza formulare eccezione, non potrebbe comunque impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con il ricorso inammissibile». (Cass. civ., sez. trib., 11 settembre 2013, n. 20787; 31 marzo 2011 n. 7373; 13 novembre 2006 n. 24182. CTR Calabria, 7 maggio 2015, n. 683 – Idem CTR Sicilia – sez. staccata di Catania, 12 maggio 2015, n. 1959).

Dunque, la causa di inammissibilità in parola, secondo gli Ecc.mi Giudici, sussisterebbe in re ipsa, a nulla rilevando la mancata eccezione dell'appellato, né il comportamento processuale di quest'ultimo, né un eventuale deposito in atti operato ex post.

La soluzione giuridica

I giudici del gravame messinesi, nella sentenza in commento, attraverso un condivisibile percorso logico-giuridico ed una puntuale attività esegetica degli artt. 22, comma 1 e 53, comma 2 – D. Lgs. n. 546/1992, non hanno mancato di precisare che il combinato disposto delle norme or ora richiamate, stabilisce che l'appellante deve, “a pena d'inammissibilità”, depositare nella segreteria della commissione tributaria adita, entro il termine di trenta giorni dalla proposizione del ricorso, «copia del ricorso … spedito per posta, con fotocopia della ricevuta della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale», e che detta inammissibilità va rilevata anche se la parte resistente si costituisce …”. Il deposito presso la segreteria del Giudice tributario adito, non solo della copia del ricorso in primo grado o in appello ma anche della fotocopia della ricevuta attestante la data della spedizione per raccomandata dell'atto introduttivo o di impugnazione, assolve alla duplice funzione di consentire la verifica:

a) della osservanza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso introduttivo (del giudizio di primo grado) D.Lgs. n. 546/1992, ex art. 21, impeditivo dell'eventuale consolidamento del rapporto tributario come definito dal provvedimento della Amministrazione finanziaria opposto, ovvero del termine di decadenza dalla impugnazione, previsto ai sensi del D.Lgs. n. 546/1992, artt. 51 e 62 (con riferimento al giudizio di secondo grado e di legittimità), e dunque la verifica della idoneità del ricorso in appello (od in cassazione) ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata;

b) della tempestiva costituzione in giudizio del ricorrente/impugnante, in quanto, con specifico riguardo ai gradi di merito, la decorrenza del termine di trenta giorni, per la costituzione in giudizio del ricorrente, è normativamente ancorata alla “spedizione”, e non alla ricezione del ricorso da parte del resistente. Il che si evince dal fatto che il D.Lgs. n. 546/1992, art. 22, comma 1, prevede modalità di deposito che presuppongono solo la spedizione del ricorso, e non la sua ricezione, sottraendo, in tal modo, detto adempimento alla regola di cui al medesimo D.Lgs. n. 546/1992, art. 16, comma 5 a tenore del quale i termini che hanno inizio dalla notificazione o comunicazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto (cfr. Cass. civ., nn. 20262/2004; 14246/2007; 7373/2011; 8664/2011).

Entrambe le predette verifiche – in quanto attinenti alla osservanza di norme di ordine pubblico processuale – debbono essere compiute “ex officio” dal Giudice e sono sottratte al potere dispositivo delle parti, rispondendo a preminenti esigenze di natura pubblica afferenti al controllo della regolarità dello svolgimento del processo e conseguendo, in caso di esito negativo dell'accertamento officioso, la pronuncia di inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio, quale constatazione da parte del Giudice della esistenza di condizioni ostative all'accesso della domanda all'esame del merito e quindi impeditive dello sviluppo del giudizio verso il suo naturale esito che è volto a formare la “regula juris” del caso concreto e quindi una decisione sul diritto controverso. Deve essere escluso che il mancato deposito, nel termine di gg. 30 dalla spedizione a mezzo posta del ricorso in appello, della ricevuta della spedizione per raccomandata, possa essere “sanato ex post” dall'appellante con la – tardiva – produzione alla udienza di trattazione del documento mancante, e del pari irrilevante deve essere ritenuto – attese le evidenziate ragioni di ordine pubblico – l'eventuale comportamento processuale della controparte che, costituendosi in giudizio senza formulare eccezione, non potrebbe comunque impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con il ricorso inammissibile (come peraltro espressamente disposto dall'art. 22, comma 2 cui rinvia per il grado d'appello il D.Lgs. n. 546/1992, art. 53, comma 2, che prevede la rilevabilità “ex officio” della inammissibilità in ogni stato e grado “anche se la parte resistente si costituisce a norma dell'articolo seguente”)».

I precedenti giurisprudenziali dei giudici di vertice

Appare chiaro che, alla luce della giurisprudenza che il Consesso Giudicante messinese ha inteso porre a corroboramento della tesi argomentativa della decisa controversia, meglio sopra generalizzata ed alla quale si fa rimando, il pronunciamento non poteva che essere quello anzi detto.

Inoltre, i massimi giudici hanno posto in evidenza e sotto altro profilo, la diversa funzione e gli effetti della ricevuta postale di spedizione, rispetto alla ricevuta di ricezione dell'atto processuale, nei termini che seguono: «… la verifica della tempestività del ricorso e l'accertamento della corretta instaurazione del contraddittorio, operano su piani diversi e non interferenti che giustificano il diverso trattamento riservato all'omesso deposito della rispettiva prova documentale al momento della costituzione in giudizio, in quanto:

  1. in seguito alle pronunce del Giudice delle Leggi che hanno ripetutamente affermato il principio – rispettoso delle diverse esigenze di difesa delle parti processuali – secondo cui il momento in cui la notifica deve considerarsi perfezionata per il notificante (quindi in funzione della verifica della osservanza di termini perentori o di decadenza) deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario (cfr. Corte Cost., nn. 477/2002; 28/2004). Infatti, la spedizione in plico in raccomandata è comprovata dalla apposita ricevuta rilasciata dall'Ufficio postale al momento della ricezione dell'atto per l'inoltro al destinatario, mentre il documento probatorio della effettiva ricezione dell'atto da parte del destinatario (relata di notifica; avviso di ricevimento) perviene al notificante solo in tempo successivo ed in seguito all'espletamento di attività che esulano dalla sua sfera di controllo;
  2. la prova della effettiva ricezione dell'atto notificato al destinatario, diversamente da quella attinente la tempestiva proposizione dell'atto introduttivo, non è vincolata alla produzione dell'indicato documento, ma in quanto avente ad oggetto il fatto-conoscenza del contenuto dell'atto notificato (invito a comparire alla udienza per contraddire alla domanda), bene può essere desunta implicitamente dalla condotta concludente dello stesso destinatario (che si è costituito in giudizio spiegando le proprie difese), con la conseguenza che non vi è ragione, in questo caso, di anticipare una verifica di ammissibilità (relativa alla corretta instaurazione del contraddittorio) che potrebbe risultare superata nel caso in cui, pur non essendo stata fornita prova documentale del perfezionamento della notifica, il destinatario si costituisca senza formulare eccezioni alla udienza di trattazione la quale viene in tal modo a costituire il momento rilevante in cui il Giudice è chiamato a tale verifica. Risponde pertanto a criteri di ragionevolezza, il trattamento differenziato riservato – anche nel processo tributario – all'omesso deposito in segreteria del ricorso in appello e della ricevuta della spedizione in raccomandata (inammissibilità della impugnazione), ed all'omesso deposito nel termine previsto per la costituzione dell'appellante della cartolina AR, consentendo alla parte appellante di produrre – fino alla udienza di verifica della rituale costituzione del contraddittorio – la prova documentale della eseguita notifica, non essendo assimilabili le due ipotesi in relazione alla diversa funzione cui sono preordinate le rispettive produzioni documentali, in quanto la parte appellata, costituendosi in giudizio, pone in essere una condotta idonea a costituire il rapporto processuale, ma non anche ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata». (Cass. civ., 11 settembre 2013, n. 20787).

Osservazioni

Orbene, in ragione di tutto quanto fin qui argomentato, e della giurisprudenza di ogni ordine e grado richiamata, non resta che auspicarsi l'attenzione degli operatori del diritto tributario contenzioso - Giudici tributari, Enti impositori e della riscossione, difensori tributari - sulla quaestio, al fine di poter, nel rispetto delle parti e delle regole del giuoco, applicare i precetti dei Giudici di legittimità.

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