Indicazione costi Black List incompleta: violazione meramente formale

08 Marzo 2017

L'incompleta separata indicazione in UNICO dei costi Black List costituisce, a certe condizioni, una violazione meramente formale. Questo quanto si evince dall'analisi effettuata dalla Commissione provinciale di Rimini.
Massima

Quando è provata o non contestata la deducibilità di costi derivanti da rapporti commerciali con imprese operanti in paesi blacklisted, la loro incompleta separata indicazione in UNICO costituisce una violazione meramente formale, soggetta a sanzione in misura fissa ex art. 8 comma 1 D.Lgs. n. 471/1997. Tale violazione non produce infatti alcun danno per l'Erario, né limita l'attività di controllo dell'Ufficio in quanto tali costi sono a conoscenza del medesimo poiché già indicati nelle comunicazioni periodiche mensili eseguite in corso d'anno.

Il caso

L'Agenzia delle Entrate avviava un accesso mirato nei confronti di una Società al fine di controllare il corretto adempimento della normativa fiscale per l'esercizio 2012.

Tra le contestazioni, l'Ufficio rilevava l'incompleta separata indicazione nella dichiarazione UNICO 2013 delle spese e degli altri componenti negativi per operazioni con soggetti residenti in stati o territori a fiscalità privilegiata (c.d. paesi Black List).

Prima della consegna del PVC, la Società, avuta evidenza dell'errore involontario a causa del quale indicava nel mod. UNICO 2013 un importo di costi “black list” inferiore rispetto alle dichiarazioni mensili per euro 401.371,31, provvedeva ad inoltrare all'Agenzia la dichiarazione integrativa per i righi RF30 e RF52, versando la somma di euro 43,00 (ossia un sesto della sanzione in misura fissa di euro 258,00), avvalendosi dell'istituto del ravvedimento operoso di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997.

Nonostante questo, in forza dell'allora vigente art. 110, comma 11, TUIR, il quale prescriveva che tali costi dovessero essere “separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi”, l'Agenzia delle Entrate procedeva alla notifica dell'atto di contestazione avente ad oggetto le sanzioni per violazione inerente ai costi black list in UNICO 2013, comminando la sanzione prevista dall'art. 8 comma 3-bis D.Lgs. n. 471/1997, pari al 10% dei costi erroneamente non riportati (euro 41.371,31).

Avverso tale atto la Società proponeva ricorso, sostenendo:

  • che la propria posizione era stata regolarizzata mediante il ravvedimento operoso, strumento ora non più precluso dall'avvio di accessi e ispezioni;
  • che, trattandosi di un errore meramente formale, non produttivo di danno per l'Erario, né ostativo per l'attività di controllo dell'Ufficio (in quanto detti costi erano comunque stati comunicati con le dichiarazioni mensili), la sanzione applicabile, sulla quale applicare i benefici del ravvedimento, era quella prevista in misura fissa dall'art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997.

Altresì la Società, con successive memorie illustrative, rilevava la modifica del quadro normativo di riferimento per effetto della Legge di Stabilità 2016 (L. n. 208/2015), abrogante i commi dal 10 al 12-bis dell'art. 110 TUIR, con cancellazione l'obbligo di indicare i costi black list in maniera separata nella dichiarazione dei redditi e conseguente venir meno del richiamo normativo alla sanzione applicata dall'Ufficio (art. 8 comma 3-bis D.Lgs. n. 471/1997).

L'Agenzia si costituiva in giudizio e, mentre da un lato ammetteva l'ammissibilità del ravvedimento operoso, dall'altro contestava la sanzione sulla quale questo doveva essere calcolato. Secondo l'Ufficio, infatti, la sanzione applicabile non era quella di cui all'art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997, bensì quella di cui al comma 3-bis dello stesso articolo.

La questione

La questione principale sottoposta al vaglio della CTP di Rimini verteva sull'identificazione della sanzione da applicare per la mancata indicazione separata in UNICO 2013 dei costi black list.

In merito, l'art. 110, comma, 11 TUIR, nella formulazione vigente al momento dell'accertamento, prevedeva che “le spese e gli altri componenti negativi deducibili ai sensi del primo periodo del presente comma e ai sensi del comma 10 sono separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi”.

La violazione di detta norma veniva punita con l'applicazione dell'art. 8 comma 3-bis D.Lgs. n. 471/1997, il quale tutt'ora dispone che “Quando l'omissione o incompletezza riguarda l'indicazione delle spese e degli altri componenti negativi di cui all'articolo 110, comma 11 […] si applica una sanzione amministrativa pari al 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, […]”.

Tuttavia la CTP di Rimini, accogliendo la tesi della ricorrente, ha ritenuto che tale sanzione sia applicabile solamente quando la mancata separata indicazione in UNICO riguardi costi altresì viziati da indeducibilità, configurando dunque una violazione sostanziale della normativa tributaria.

I Commissari riminesi hanno inoltre ritenuto che quando la mancata o incompleta indicazione riguardi costi pienamente deducibili, non verificandosi alcun danno per l'Erario, né alcuna preclusione all'attività di controllo dell'Ufficio, la violazione sia da considerarsi meramente formale, con conseguente applicazione della sanzione in misura fissa prevista dall'art. 8, comma 1, D.Lgs. 471/1997.

Le soluzioni giuridiche

Il fulcro della controversia ha riguardato l'individuazione della norma sanzionatoria sulla quale doveva essere effettuato il ravvedimento operoso.

Da un lato l'Ufficio insisteva per l'applicazione della sanzione proporzionale (10% sull'importo non indicato) prevista dall'art. 8 comma 3-bis del D.Lgs. n. 471/1997; mentre dall'altro lato la Società riteneva che, in mancanza di danno per l'Erario, nonché in assenza di qualsivoglia pregiudizio per l'attività di controllo dell'Agenzia, l'unica sanzione applicabile fosse quella in misura fissa (258 euro), prevista dall'art. 8 comma 1 D.Lgs. 471/1997.

La Società ha argomentato la propria tesi sostenendo che, alla luce delle diverse riforme succedutesi in materia, il legislatore avesse inteso configurare due tipologie di violazioni – una sostanziale ed una formale – con differenti regimi sanzionatori.

L'evoluzione normativa evidenzia infatti la degradazione delle violazioni previste dall'art. 110 TUIR da sostanziali a meramente formali.

Per i costi black list sostenuti sino al periodo d'imposta in essere al 31 dicembre 2006, l'art. 110, comma 10, TUIR, pro tempore vigente (già art. 76 TUIR), contemplava una presunzione relativa di indeducibilità, superabile solo con la prova, da parte del contribuente, dell'effettività dell'attività svolta dalle imprese estere o comunque della veridicità delle operazioni poste in essere.

Il maggior rigore della normativa emergeva poi dal fatto che, anche nel caso in cui tali costi fossero dimostrati come effettivi, questi sarebbero stati comunque indeducibili ove non riportati separatamente in dichiarazione (art. 110 comma 11 TUIR).

La disciplina muta con la Finanziaria 2007 (art. 1, comma 301, Legge n. 296/2006), grazie alla quale il suddetto adempimento perde la connotazione di conditio sine qua non per la deducibilità dei costi, in favore di un più naturale inquadramento come obbligo formale, sanzionato soltanto amministrativamente laddove non rispettato.

Quanto al profilo sanzionatorio, sino al 31 dicembre 2006 la mancata separata indicazione in dichiarazione dei redditi dei costi black list veniva sanzionata come “dichiarazione infedele”, ex art. 1 comma 2 D.Lgs. n. 471/1997.

L'art. 1, comma 302, Legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007) ha introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2007, l'art. 8, comma 3-bis, D.Lgs. n. 471/1997, il quale si sostituisce alla violazione di dichiarazione infedele se riferita al soppresso obbligo di separata indicazione, affiancandosi quindi alla infedele dichiarazione solo quando non siano provate le esimenti ai fini della deducibilità.

Tuttavia, il comma 303 dell'art. 1, Legge n. 269/2006, dispone testualmente che se il contribuente fornisce la prova di cui all'art. 110, comma 11, primo periodo, TUIRresta ferma in tal caso l'applicazione della sanzione di cui all'art. 8, comma 1, del Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”.

Pertanto, dal dettato normativo pare emergere la volontà del legislatore di tracciare due fattispecie distinte:

  1. mancata separata indicazione dei costi black list e mancata dimostrazione da parte del contribuente delle esimenti, ex art. 110, comma 11, T.U.I.R.;
  2. mancata separata indicazione dei costi black list, ma dimostrazione da parte del contribuente delle esimenti, ex art. 110, comma 11, T.U.I.R. (oppure non contestazione di indeducibilità).

Le due ipotesi hanno pesi diversi:

  1. nel primo caso, oltre ad una violazione formale, si assiste ad una violazione sostanziale comportante un danno per l'Erario (deduzione di costi indeducibili). Pertanto, tale fattispecie andrà punita sia con la sanzione indiretta della indeducibilità dei costi, sia con la sanzione amministrativa più gravosa prevista dall'art. 8 comma 3-bis del D.Lgs. 471/1997;
  2. nel secondo caso non si ha invece alcun danno Erariale (i costi sono stati legittimamente dedotti), mentre il contribuente è incorso in un mero errore formale che merita la sola sanzione in misura fissa prevista dall'art. 8 comma 1 del D.Lgs. 471/97.

Stante l'innegabile differenza di gravità delle due ipotesi, l'assoggettamento al medesimo trattamento sanzionatorio sarebbe connotato da profili di iniquità, tant'è che la stessa Cassazione ha avallato tale lettura con la sentenza n. 26298/2010, stabilendo che “la sanzione per l'inosservanza delle disposizioni [i.e. separata indicazione dei costi, N.d.R.] contenute nell'art. 110, comma 11, TUIR è ora comminata dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 8, comma 3-bis (comma inserito dalla Legge n. 296/2006, art. 1, comma 302, cit.), ed è stabilita in misura pari al 10% dell'importo complessivo non indicato separatamente, con un minimo di euro 500 ed un massimo di euro 50.000 (...) Si deve aggiungere che, a mente dello stesso comma 303 cit. [i.e. art. 1, comma 303, Legge n. 296/2006, N.d.R.], se il contribuente fornisce prova delle circostanze che gli danno diritto alla deroga, contemplate dall'art. 110, comma 11, TUIR, l'unica sanzione applicabile per la violazione di carattere meramente formale (mancata indicazione separata) rimane quella da euro 258 a euro 2.065, prevista dal D.Lgs. n. 471/1997, art. 8, comma 1”.

I giudici di legittimità hanno quindi riconosciuto alla sanzione di cui all'art. 8 comma 3-bis D.Lgs. n. 471/1997 natura “sostanziale”: sicché, laddove la parte non indichi separatamente in dichiarazione i costi assolti in Paesi a fiscalità privilegiata e non riesca a fornire la prova della loro deducibilità, sconterà sia la non deducibilità di detti costi (con riferimento all'art. 110 del TUIR), sia la sanzione di cui al citato comma 3-bis, pari al 10% dell'importo complessivo dei costi non indicati.

Di converso, laddove invece la parte non indichi separatamente i costi sostenuti in Paesi black list in dichiarazione, ma riesca, tuttavia, a fornire prova della loro deducibilità (oppure questa non sia mai stata contestata), la violazione assume rilevanza meramente formale, in quanto la deducibilità di detti costi esclude - automaticamente - l'applicabilità della sanzione di cui al citato comma 3-bis, risultando quindi applicabile soltanto la sanzione di cui all'art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997 (da euro 258 a euro 2.065).

Ad ulteriore conferma delle argomentazioni riportate si segnala la sentenza della CTP di Milano, 21 giugno 2016, n. 5472, la quale, in un caso analogo a quello trattato, ha stabilito che “la dichiarazione integrativa corregge la mancata indicazione di detti e costi e prova la buona fede della contribuente”, annullando in toto l'avviso di accertamento e senza nemmeno applicare la sanzione in misura fissa prevista dall'art. 8 comma 1 D.Lgs. 471/1997.

Da ultimo è il caso di rimarcare che in corso di causa è intervenuta la Legge di Stabilità 2016, andando a modificare radicalmente l'art. 110 del TUIR, abrogandone i commi dal 10 al 12-bis nell'ottica di semplificare ulteriormente le gravose e ridondanti attività richieste al contribuente e confermandone l'inutilità per l'attività di controllo della Agenzia.

La modifica di maggior rilevanza è stata la totale abrogazione del comma 11 dell'art. 110 del TUIR il quale prevedeva che l'originario obbligo di indicazione separata dei costi black list nella dichiarazione dei redditi.

La violazione di detta norma era punita con l'applicazione dell'art. 8 comma 3-bis, il quale dispone che “Quando l'omissione o incompletezza riguarda l'indicazione delle spese e degli altri componenti negativi di cui all'articolo 110, comma 11 […] si applica una sanzione amministrativa pari al 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi […]”.

Benché l'art. 1, comma 144, della L. n. 208/2015 preveda che la novella normativa produca i suoi effetti “dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015”, pare maggiormente coerente con il principio del favor rei ritenere che la soppressione del comma 11 dell'art. 110 TUIR renda implicitamente abrogata, o comunque non più applicabile per mancanza del necessario richiamo normativo, la sanzione di cui all'art. 8 comma 3-bis del D.Lgs. n. 471/1997, sebbene, formalmente, la L. n. 208/2015 non abbia soppresso tale articolo.

Conclusione che poggia su una duplice circostanza: la prima è data dall'art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997, il quale stabilisce che l'abolizione della condotta censurabile comporta anche l'estinzione della sanzione con essa connessa; la seconda è rappresentata dalla Circolare n. 4/E/2016 (richiamante la Circolare ministeriale n. 180/1998), con la quale l'Agenzia stabilisce che l'applicabilità del favor rei “riguarda tanto le ipotesi in cui la legge sopravvenuta si limiti ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l'obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile, quanto quelle in cui venga eliminato un obbligo strumentale e quindi, solo indirettamente, la previsione sanzionatoria”.

Osservazioni

Alla luce di quanto osservato è ragionevole ritenere che un costo black list non correttamente indicato nella dichiarazione dei redditi sia sanabilemediante il ricorso al ravvedimento operoso calcolato sulla base della sanzione in misura fissa prevista dall'art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997, a condizione che:

  1. il ravvedimento avvenga prima della notifica dell'atto impositivo;
  2. i costi non indicati siano comunque “genuini” e sia quindi possibile dimostrare la sussistenza di almeno una delle esimenti previste dall'art. 110 comma 11 del TUIR (vd. supra Cass. civ., n. 26298/2010).

Oltretutto, a seguito della riforma, cade la presunzione di non deducibilità, con spostamento in capo all'Ufficio dell'onere di dimostrare l'indeducibilità di tali costi.

Infine si consideri che, in forza del principio del favor rei, l'eliminazione dell'obbligo di indicazione separata in dichiarazione avvenuta con la Legge di Stabilità 2016 dovrebbe consentire di ritenere implicitamente abrogata, o comunque non applicabile per mancanza del richiamo normativo, la sanzione di cui all'art. 8 comma 3-bis D.Lgs. n. 471/1997.

Tali argomentazioni sono state integralmente accolte dalla CTP di Rimini, la quale ha annullato integralmente l'atto impositivo impugnato.

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