Le responsabilità dei soci per i debiti tributari della s.a.s. estinta

Fabio Gallio
09 Giugno 2016

In caso di estinzione di una società di persone, le obbligazioni che restano in capo alla società, successivamente alla cancellazione dal Registro delle Imprese, si trasferiscono ai soci che ne rispondono nei limiti di quanto riscosso durante la liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili dei debiti sociali.
Massima

Ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2495 c.c. (norma riferita espressamente alle società di capitali ma ritenuta applicabile anche a quelle di persone - cfr. Cass. SS.UU. n. 4060/2010; conf. n. 6070/2013), la cancellazione di una società dal registro delle imprese ne determina l'estinzione; ma è anche vero che dei debiti originariamente facenti capo alla stessa e non estinti con la liquidazione devono rispondere i soci, sia pure nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, "pendente societate", fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali.

Premessa

Con la sentenza n. 40/2016 del 12 gennaio 2016, la CTR Lombardia, si è occupata delle responsabilità tributaria dei soci di una Società in Accomandita Semplice (di seguito anche SAS).

In particolare, i giudici lombardi hanno accolto l'appello dell'Agenzia delle Entrate, presentato a seguito di una sentenza della CTP Pavia, la quale aveva dichiarato nullo un avviso di liquidazione, emesso per contestare delle violazioni commesse da un SAS, ma notificato al socio accomandatario ed a quello accomandante. La motivazione dei giudici di primo grado si era basata sul fatto che, con la cancellazione dal Registro delle Imprese, la società si era estinta e, quindi, le sue obbligazioni tributarie erano venute meno.

La CTR della Lombardia, invece, ha ritenuto non condivisibile tale tesi, in quanto è bene vero che, ai sensi e per effetto dell'art. 2495 del codice civile, la cancellazione dal Registro delle Imprese di una società, anche di persone, ne comporta l'estinzione; ma è anche vero che dei debiti originariamente facenti capo alla stessa, e non estinti con la liquidazione, devono rispondere i soci, sia pure nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali.

Il principio sancito dalla sentenza della CTR in commento sembra essere corretto per quanto riguarda la posizione del socio accomanatario, considerato che lo stesso risponde illimitatamente dei debiti della società. Infatti, con l'espressione socio accomandatario si indica il socio di una società in accomandita semplice o per azioni che risponde solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali, perché si occupa della gestione amministrativa della società.

Relativamente, invece, alla posizione del socio accomandante, dalla lettura della sentenza non si capisce se tale soggetto avesse ricevuto dei beni o denari a seguito della liquidazione, ovvero avesse perso la propria responsabilità limitata, in quanto aveva partecipato all'amministrazione della società.

Infatti, va ricordato che è socio accomandante colui che, in SAS o in una società in accomandita per azioni (SAPA), ha una responsabilità limitata alla quota conferita per le obbligazioni sociali. Tale categoria di soci non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura per singoli affari. Contravvenendo a tale divieto possono essere esclusi dalla società e assumono la responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali (c.d. divieto di immistione).

Prima di esporre alcune considerazioni in merito alla sentenza in commento, si ritiene opportuno esaminare la disciplina civilistica e fiscale prevista in caso di estinzione di una società, sia essa di persone che di capitali.

La disciplina civilistica della cancellazione delle società

Dal punto di vista civilistico, gli effetti della cancellazione di una società di capitali dal Registro delle Imprese sono disciplinati dall'art. 2495, comma 2, del c.c.

Tale norma stabilisce che, “ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione”.

Da quanto emerge chiaramente da tale disposizione, i soci rispondono dei debiti della società, inclusi quelli di natura fiscale, nei limiti di quanto riscosso sulla base del bilancio finale di liquidazione.

Nella società di persone, vale, invece, la responsabilità illimitata del socio, ex art. 2312 del c.c., salvo che per il socio accomandante, ex art. 2324 del c.c.. In particolare, i soci di SNC e gli accomandatari nelle SAS rispondono, ex art. 2312, comma 2, e ex art. 2324 del codice civile, in nome della responsabilità solidale ed illimitata che li lega alla società stessa, riservandosi (ex art. 2324 c.c.) al limite della quota di liquidazione o delle somme riscosse la posizione dei soci accomandanti.

Per quanto riguarda la posizione della società di persone, secondo la prevalente giurisprudenza (Cass. civ., 2 aprile 2015, n. 6743, e del 12 marzo 2013, n. 6070), per effetto della riforma societaria di cui al D.Lgs. n. 6/2003, la cancellazione dal Registro delle Imprese ne comporta (con efficacia dichiarativa e facoltà della prova contraria consistente nella dimostrazione della prosecuzione dell'attività sociale: così anche Tribunale di Napoli con decreto del 22 settembre 2015) l'estinzione, con il conseguente venir meno della relativa capacità e soggettività.

Conseguentemente, secondo tale indirizzo giurisprudenziale, alla cancellazione della società seguirebbe un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale:

a) l'obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali;

b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo.

La disciplina fiscale

Dal punto di vista tributario, oltre alla norma del Codice civile, è necessario fare riferimento anche all'art. 36 del d.P.R. n. 602/1973, che si occupa della riscossione dei tributi a seguito delle operazioni di liquidazione. In particolare, il comma 3 stabilisce che la responsabilità dei soci è limitata a quanto hanno ricevuto in danaro o sotto forma di altri beni sociali, nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione, o nel periodo di liquidazione.

Le pretese dell'Ufficio nei confronti dei soci devono essere comunque eccepite con un avviso di accertamento, che deve accertare le relative responsabilità, come richiesto dal penultimo comma dello stesso art. 36.

Al contrario, nelle società di persone, il socio risponde sempre dei debiti tributari della società, non solo per la suddetta predetta responsabilità illimitata derivante dalle norme citate del codice civile, ma anche a causa delle implicazioni derivanti dal “principio di trasparenza” di cui al d.P.R. n. 917/1986, art. 5, in forza del quale il reddito di partecipazione agli utili del socio di società di persone costituisce comunque, ai fini Irpef, reddito proprio del contribuente, al quale è imputato sulla base di una presunzione di effettiva percezione.

Per tali motivi, per le obbligazioni sociali discendenti da fatti anteriori alla cancellazione, è consentito all'ente impositore di azionare la responsabilità del partecipante e quindi di provvedere alla notificazione, al domicilio fiscale di ogni partecipante alla compagine sociale di un atto di accertamento che, oltre ad essere comprensivo di tutte le obbligazioni sociali imputabili al soggetto estinto, sia corredato dal richiamo alle suindicate norme civilistiche in tema (appunto) di responsabilità illimitata e solidale del socio.

Questo, però, non dovrebbe valere per i soci accomandanti che, invece, rispondono nei limiti del valore della quota di liquidazione.

È necessario, a questo punto, ricordare che l'art. 36 in commento è stato modificato dall'art. 28, commi 4 e 5, del Decreto “Semplificazioni fiscali”, D.Lgs. n. 175/2014, il quale ha previsto anche che: “ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni ed interessi, l'estinzione della società di cui all'art. 2495 del c.c. ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta della cancellazione dal Registro imprese”.

Tale modifica normativa stabilisce che l'effetto estintivo della società, qualora derivi da una cancellazione dal Registro delle Imprese disposta su richiesta, sia differito per cinque anni, con differimento limitato al settore tributario e contributivo (“ai soli fini”), nel senso che l'estinzione intervenuta durante tale periodo non fa venir meno la “validità” e l'“efficacia” sia degli atti di liquidazione, di accertamento, di riscossione relativi a tributi e contributi, sanzioni e interessi, sia degli atti processuali afferenti a giudizi concernenti detti tributi e contributi, sanzioni e interessi.

Con riguardo all'ambito temporale di efficacia della norma, giova osservare che questa intende limitare (per il periodo da essa previsto) gli effetti dell'estinzione societaria previsti dal Codice civile, mantenendo parzialmente per la società una capacità e soggettività (anche processuali) altrimenti inesistenti, al “solo” fine di garantire (per il medesimo periodo) l'efficacia dell'attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiedere tributi o contributi, con sanzioni ed interessi. Nella relazione illustrativa al D.Lgs. si afferma che l'obiettivo della norma è quello di “evitare che le azioni di recupero poste in essere dagli enti creditori possano essere vanificate”. Il legislatore, in altri termini, ha voluto disciplinare l'imputazione alla società di rapporti e situazioni nella sfera di relazioni con i suddetti “enti creditori” durante il periodo quinquennale successivo alla richiesta di cancellazione della società dal Registro delle Imprese, stabilendo nei confronti (solo) di tali enti e per i suddetti rapporti la temporanea inefficacia dell'estinzione della società eventualmente verificatasi in quel periodo (Così la sentenza Cass. civ., 2 aprile 2015, n. 6743).

Si deve fare notare che, al contrario di quanto sostenuto dalla Suprema Corte con la citata sentenza 6743/2015, la quale ritiene applicabile la nuova normativa anche alle società di persone, il dettato fa esplicito riferimento a “l'estinzione della società di cui all'art. 2495 del c.c.”. Ciò potrebbe indurre a ritenere che la stessa torni applicabile esclusivamente alle società di capitali, cui in effetti è riferito il citato articolo, e non pure a quelle di persone: e questo malgrado la prevalente giurisprudenza, come sopra esaminato, riconosce l'effetto estintivo della cancellazione anche per tale tipologia societaria. Ciò sarebbe evidente che, nel caso di soggetti, i cui soci hanno una responsabilità illimitata, è meno importante mantenere in vita dal punto di vista fiscale il relativo assetto societario.

Conclusioni

La sentenza della CTR della Lombardia si allinea a quanto sostenuto dalla prevalente giurisprudenza (ordinanza della Cass. civ. 9 ottobre 2015, n. 20358), ovvero che la cancellazione dal Registro delle Imprese non fa venir meno ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, ma si determinerebbe un fenomeno di tipo successorio in capo ai soci.

Nel caso delle società di persone, i soci rispondono dei debiti della società nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per le stesse passività.

Pertanto, nel caso di soggetti illimitatamente responsabili, la responsabilità dovrebbe essere automatica, considerato che essa è sancita dalle norme civilistiche e fiscali, come sopra riportato.

Al contrario, qualora il socio sia responsabile nel limite della quota percepita in fase di liquidazione, è necessario che venga accertata tale responsabilità, in quanto, la distribuzione dell'attivo e la riscossione delle relative somme costituiscono, non solo il limite della sua responsabilità, ma anche una condizione di legittimazione passiva o il presupposto per ravvisare l'interesse del creditore a convenire che lo stesso socio sia subentrato nella posizione debitoria della società.

Ne discende che l'Agenzia delle Entrate, per potere chiamare in causa i soci limitatamente responsabili, dovrebbe accertarsi che gli stessi abbiano riscosso delle somme dalla società; solo in questo caso gli stessi diventerebbero responsabili.

Infatti, tale qualifica non la acquisiscono i soci in quanto tali, ma questi lo diventano solo nelle specifiche ipotesi disciplinate dalla legge.

Al contrario, qualora venga accertato che i soci non hanno ricevuto nulla dalla società nel lasso temporale previsto dalla normativa, si verifica la loro mancanza di responsabilità e di legittimazione passiva.

Del resto, se in capo ai soci non venisse contestato di essere diventati successori universali della società, un loro coinvolgimento nel procedimento giudiziale potrebbe comportare una palese violazione del loro diritto di difesa, sancito dall'art. 24 della Costituzione.

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