Delega alla sottoscrizione: se contestata, deve essere prodotta in giudizio per il vaglio
24 Febbraio 2017
Massima
L'avviso di accertamento deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, cioè, da un funzionario di terza area, di cui non è richiesta la qualifica di dirigente; ove, peraltro, il contribuente contesti, anche genericamente, la legittimazione del funzionario che ha sottoscritto l'avviso di accertamento, l'Amministrazione finanziaria, in ragione dell'immediato e del facile accesso ai propri dati, ha l'onere di dimostrare il possesso dei requisiti soggettivi, nonché l'esistenza della delega. Il caso
L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di R.I., avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, con la quale – in controversia concernente l'impugnazione di un avviso di accertamento, per IRPEF, IRAP, addizionali, relative all'anno d'imposta 2007 – è stata parzialmente riformata la decisione di primo grado di parziale accoglimento del ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d'appello, accogliendo il gravame del contribuente e respingendo quello dell'Agenzia delle Entrate, hanno dichiarato nullo l'atto impositivo, perché recante la firma di impiegato della carriera direttiva e non del Direttore dell'Agenzia delle Entrate, Capo dell'Ufficio, non avendo l'Agenzia delle Entrate dimostrato l'esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell'Ufficio. La questione
La questione concerne la legittimità dell'accertamento sottoscritto da soggetto delegato, nel caso in cui l'Agenzia delle Entrate non dimostri l'esistenza della delega. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte ha richiamato la precedente giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, ove il contribuente contesti, anche genericamente, la legittimazione del funzionario che ha sottoscritto l'avviso di accertamento, l'Amministrazione finanziaria, in ragione dell'immediato e facile accesso ai propri dati, ha l'onere di dimostrare il possesso dei requisiti soggettivi, nonché l'esistenza della delega.
Si tratta di un principio in punto di onere della prova che non è di portata generale. Infatti, in diversi contesti fiscali – quali, ad esempio, la cartella esattoriale (Cass. civ., sez. trib., 27 luglio 2012, n. 13461), il diniego di condono (Cass. civ., sez. VI-T, 6 luglio 2012, n. 11458), l'avviso di mora (Cass. civ., sez. trib., 23 febbraio 2010, n. 4283), l'attribuzione di rendita (Cass. civ., sez. trib., 7 aprile 2006, n. 8248) e, in mancanza di una sanzione espressa, opera la presunzione generale di riferibilità dell'atto all'organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato; mentre, per i tributi locali, è stata ritenuta valida anche la mera firma stampata, ex L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 87 (Cass. civ., sez. VI-1, 7 giugno 2012, n. 9627).
La Corte di Cassazione, quindi, con la sentenza in commento ha ribadito la necessità di una delega che autorizzi il funzionario alla sottoscrizione dell'avviso di accertamento, in ottemperanza a quanto stabilito dall'art. 42 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Dalle affermazioni della Suprema Corte, poi, è legittimo immaginare che tale delega debba essere rilasciata in forma scritta, così da consentire l'ingresso della stessa nel processo tributario.
Ciò che la Corte, però, non ha ancora chiarito né nei precedenti arresti, né nella sentenza in commento, è quali debbano essere i connotati della delega in esame. Invero, al di là della forma scritta, che appare necessaria sia in considerazione della funzione stessa e della natura della delega, sia in considerazione della sua prova in giudizio, la Corte finora si è limitata ad affermare che la stessa può essere oggetto di verifica in sede giudiziale. Per poter compiutamente rispondere a questa domanda occorre, dunque, chiedersi che tipo di delega sia quella prevista dall'art. 42 del d.P.R. n. 600/1973.
La delegazione amministrativa è stata definita come «l'atto con il quale un'autorità amministrativa, quando la legge le attribuisca espressamente il potere, sostituisce a sé un'altra autorità amministrativa nell'esercizio di funzioni appartenenti alla propria competenza» (G. Colzi, Delegazione amministrativa, in Noviss. dig. it., vol. V, Torino, 1960). All'interno di questa figura è possibile individuare la delega interna, vale a dire quel tipo di delega che può essere trasmessa dal titolare dell'organo amministrativo, dotato di rappresentanza esterna dell'ente, ai componenti del suo ufficio, privi di una competenza ad adottare atti a rilevanza esterna. Proprio con riferimento a quest'ultima ipotesi, infatti, nasce il problema della c.d. «delega di firma».
Secondo la dottrina con tale espressione si intende quel fenomeno della prassi amministrativa per cui gli atti a rilevanza esterna di un determinato organo sono firmati da persona diversa dal titolare dell'organo; per espressa delega di questi, ma senza che il provvedimento perda l'intestazione degli atti firmati dal titolare (così S. Grassi, Delega di firma: appunti per una rassegna, in Foro amm., 1973). In sede di inquadramento dogmatico è controverso stabilire se la delega di firma implichi necessariamente una delega di funzioni, oppure se si tratti di una mera delegazione di un compito materiale, o ancora di una sostituzione. Attorno a questo problema in dottrina sono sorte diverse posizioni. Per alcuni, infatti, non è possibile immaginare una delega di firma che esuli dalla figura della delega di funzioni.
Secondo questa impostazione dottrinale, l'apposizione della firma indica sempre una attestazione di volontà; pertanto, chi sottoscrive l'atto è anche colui che ne approva il testo e manifesta la volontà che è contenuta all'interno dell'atto stesso (Aru, Il problema della firma, in Sc. Tecn. P.A., 1962). Secondo altra corrente di pensiero, l'apposizione della firma non testimonierebbe l'esercizio di una volontà, ma più semplicemente l'esecuzione di una mera attività materiale: il delegato assumerebbe così la funzione di un semplice coadiutore, che svolgerebbe un'attività che il delegante è impossibilitato a compiere per le più disparate ragioni (F. Franchini, In tema di delega di firma, in Foro amm., 1956, I, 1).
Secondo un'altra impostazione, la delega di firma, invece, sarebbe un problema da risolvere caso per caso, verificando analiticamente se, nella singola fattispecie, al sottoscrittore sia stata delegata la sola attività materiale di sottoscrizione oppure anche l'esercizio di attribuzioni proprie del delegante (Fazio, La delega amministrativa e i rapporti di delegazione, Milano, 1964, 210 e ss.). Altri Autori ricostruiscono l'istituto della delega di firma attraverso la figura della rappresentanza: il delegato alla sottoscrizione avrebbe, infatti, ricevuto il potere di sottoscrivere atti che avrebbero le stesse conseguenze giuridiche dell'atto posto in essere dal delegante – rappresentato (Miele, Delega (diritto amministrativo), in Enc. dir., vol. XI, Milano, 1962).
Di diverso avviso, ancora, la dottrina secondo cui la delega alla sottoscrizione realizzerebbe una mera sostituzione tra il delegato ed il delegante, entrambi facenti parte del medesimo organo. Ciò non determinerebbe alcuno spostamento di competenza, diversamente da quanto accade nel caso di una delegazione in senso proprio (Virga, Il provvedimento amministrativo, Milano, 1968).
Alla luce delle teorie esaminate sembra di poter confermare che la delega di firma sia comunque riconducibile alla c.d. delega «interna», ossia la delega la cui efficacia è limitata al rapporto tra delegante e delegato, entrambi facenti parte del medesimo organo. Nei confronti dei terzi, infatti, l'atto risulta comunque emanato dall'organo delegante. In caso di invalidità della delega, o di travalicamento dei suoi limiti, quindi, non si porrà un problema di competenza, ma un più generico problema di illegittimità, presumibilmente sotto forma di eccesso di potere (Pastorino, La sottoscrizione dell'avviso di accertamento, in Dir. e Prat. Trib., 2013). Venendo, ora, ad applicare al diritto tributario i principi appena chiariti, la norma di cui all'art. 42 del d.P.R. n. 600/1973, al primo comma, prevede espressamente la possibilità, per il capo dell'Ufficio di delegare la sottoscrizione degli avvisi di accertamento (“Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”).
La stessa norma, però, al terzo comma prevede che l'avviso sottoscritto in violazione di quanto previsto al primo comma sia punito con la nullità dell'avviso di accertamento stesso (“L'accertamento e' nullo se l'avviso non reca la sottoscrizione”). La gravità della conseguenza prevista dal legislatore in caso di violazione delle regole in tema di sottoscrizione e di delega alla stessa costituisce un importante indizio che milita a favore della tesi della delega alla sottoscrizione quale delega di funzioni (Pastorino, op. cit.). Infatti, ove la delega alla sottoscrizione integrasse una mera ipotesi di collaborazione nello svolgimento di una mansione materiale, la stessa assenza di sottoscrizione potrebbe essere sanata dalla presunzione di riferibilità all'organo amministrativo emanante, così come l'attuale giurisprudenza della Corte di Cassazione sembra consolidata nell'affermare in riferimento agli atti della riscossione (Cass. civ., sez. trib., 27 luglio 2012, n. 13641). Se si ritiene di condividere l'impostazione secondo cui la delega di firma non può non coinvolgere anche una delega di attribuzioni, allora il conferimento di delega alla sottoscrizione da parte del Direttore dovrebbe anche conformarsi ai requisiti di cui all'art. 17, comma 1-bis del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Buscema, L'avviso di accertamento privo di delega alla sottoscrizione: un caso di nullità "occultata, Milano, 2015).
In particolare dalla lettura della disposizione emerge che devono sussistere: a) le specifiche e comprovate ragioni di servizio; b) un periodo di tempo determinato; c) l'atto scritto e motivato.
Vi sono ulteriori requisiti, oltre a quelli sopra esposti, che devono essere verificati dal contribuente destinatario dell'avviso di accertamento. Può, infatti, accadere che un avviso di accertamento, avente ad oggetto il recupero di una certa somma sia stato sottoscritto da un altro funzionario munito anch'egli di delega ma per una fascia di importi superiori o inferiori rispetto a quelli effettivamente accertati; oppure, che la delega sia rilasciata ad un soggetto che non riveste la qualifica di impiegato alla carriera direttiva. Tutti gli elencati vizi comportano la nullità dell'avviso di accertamento, per violazione dell'art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600/1973 e dimostrano la necessità di visionare la delega contestualmente al ricevimento dell'avviso di accertamento, per poter sollevare le contestazioni innanzi al giudice tributario. Osservazioni
Con la sentenza in rassegna, la Corte di Cassazione ha, dunque, ribadito il proprio orientamento, ormai consolidato, secondo cui la delega alla sottoscrizione, ove contestata, deve essere prodotta in giudizio al fine di consentire un vaglio giudiziale sulla stessa. L'onere della produzione grava ovviamente sull'Ufficio, al quale spetta dimostrare se effettivamente vi sia stato il legittimo esercizio di una delega preventivamente concessa. Si tratta di un principio di grande rilevanza dal punto di vista pratico, perché numerose sono le controversie tributarie che attengono alla legittimità della sottoscrizione dell'avviso di accertamento. |