La sospensione cautelare della sentenza di legittimità che decide nel merito

Luca Nisco
10 Novembre 2015

E' ammissibile la sospensione cautelare dell'esecuzione della sentenza di legittimità con cui è stato accolto il ricorso e decisa la causa nel merito ex art. 384, comma 2, ultima parte, c.p.c., non ricadendo tale ipotesi nell'ambito applicativo dell'art. 391 bis, ultimo comma, c.p.c., a mente del quale in caso di impugnazione per revocazione della sentenza della Corte di Cassazione non è ammessa la sospensione dell'esecuzione della sentenza passata in giudicato.
Massima

Alla luce degli artt. 3 e 24 Cost., è ammissibile la sospensione cautelare dell'esecuzione della sentenza di legittimità con cui è stato accolto il ricorso e decisa la causa nel merito ex art. 384, comma 2, ultima parte, c.p.c., non ricadendo tale ipotesi nell'ambito applicativo dell'art. 391-bis, ultimo comma, c.p.c., a mente del quale in caso di impugnazione per revocazione della sentenza della Corte di Cassazione non è ammessa la sospensione dell'esecuzione della sentenza passata in giudicato.

Da una lettura sistematica dei commi 5 e 6 dell'art. 391-bis c.p.c. non emerge alcuna specifica regola che disciplini, con riferimento all'impugnazione per revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c., la possibilità di sospendere l'esecuzione delle stesse sentenze della Corte di Cassazione astrattamente suscettibili di esecuzione e, pertanto, non vi è ragione di non dare applicazione al disposto dell'art. 401 c.p.c., che attribuisce al giudice della revocazione - e quindi anche alla Corte di Cassazione investita di un ricorso per revocazione avverso una propria sentenza - il potere di sospendere l'esecuzione di tale sentenza con l'ordinanza di cui all'art. 373 c.p.c.

Il caso

Una società proponeva ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione per la revocazione di una sentenza della stessa Corte con la quale, in accoglimento di un ricorso dell'Agenzia delle Entrate, era stata cassata una sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio e, con decisione nel merito, confermata una ripresa fiscale per IRPEG, IRAP ed IVA. Con separata istanza, notificata alla controparte e depositata in cancelleria, la società ricorrente chiedeva la sospensione ex art. 401 c.p.c. dell'esecuzione della sentenza impugnata per revocazione, lamentando l'irreparabilità del danno derivante dalla messa in esecuzione della cartella di pagamento di quasi 8 milioni di Euro, emessa a seguito di detta sentenza.

Il Presidente del Collegio, con decreto inaudita altera parte ex artt. 401 e 373 c.p.c., disponeva la provvisoria esecuzione della sentenza impugnata per revocazione, limitatamente all'importo di 4 milioni di Euro, fissando la comparizione delle parti in camera di consiglio. In sede di discussione, la controricorrente Agenzia delle Entrate eccepiva l'inammissibilità della procedura di sospensiva ex art. 401 c.p.c., in relazione alle sentenze della Corte di Cassazione, argomentando sulla base del disposto di cui all'art. 391-bis, ultimo comma, c.p.c..

Le questioni

Le questioni oggetto di decisione sono due, con la risoluzione della prima che si pone quale necessaria premessa logico-giuridica per la risoluzione della seconda:

a) l'art. 391-bis c.p.c., a mente del quale in caso di impugnazione per revocazione della sentenza della Corte di Cassazione non è ammessa la sospensione dell'esecuzione della sentenza passata in giudicato, è applicabile anche alla stessa sentenza della Corte di Cassazione che decide nel merito, oggetto di giudizio di revocazione?

b) è ammissibile l'istanza di sospensiva ex art. 401 c.p.c. nei procedimenti di revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c., avverso sentenze della Corte di Cassazione?

Le soluzioni giuridiche

Nell'ordinanza in commento la Suprema Corte, operata una preliminare ricognizione del concetto di passaggio in giudicato della sentenza (art. 324 c.p.c.) ed osservato come le sentenze della Corte di Cassazione non siano suscettibili di passare in giudicato, poiché già formalmente emesse come passate in giudicato – ragione per la quale i mezzi di impugnazione proponibili, ivi inclusa la revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c., sono sempre da qualificarsi come straordinari - individua un vuoto di tutela, potenzialmente contrastante con gli artt. 3 e 24 Cost. laddove non adeguatamente colmato, nel non ammettere la sospensiva ex art. 401 c.p.c. nei procedimenti di revocazione avverso sentenze della Corte di Cassazione che abbiano deciso nel merito il giudizio. Per questa ragione, l'ordinanza conferma la sospensione già provvisoriamente concessa con decreto interinale da parte del Presidente.

Nell'effettuare tale valutazione, la Corte di Cassazione pone un importante tassello in un dibattito che, specie in ambito dottrinale, non constando precedenti giurisprudenziali, era decisamente orientato per la soluzione opposta. Ed infatti, la dottrina pressoché unanime, partendo dall'assunto per cui il ricorso per revocazione introduce un giudizio che non si pone in rapporto pregiudiziale rispetto all'esecuzione della sentenza di merito resa dalla stessa Corte, ritiene che, nell'ipotesi di accoglimento del ricorso per cassazione senza rinvio, con decisione nel merito suscettibile di esecuzione, trova comunque applicazione l'ultimo comma dell'art. 391-bis c.p.c. (il quale esclude che la proposizione della revocazione possa determinare la sospensione dell'esecuzione della sentenza passata in giudicato), trattandosi, per l'appunto, di sentenza passata in giudicato

L'ordinanza in commento depone, invece, per la soluzione positiva, alla luce di due ordini di ragioni:

  • da un punto di vista letterale, il “passaggio in giudicato”, di cui all'art. 324 c.p.c., implica una modifica della situazione giuridica di una sentenza, legata al decorso del tempo e consistente nel passaggio dalla situazione di sentenza soggetta ai mezzi ordinari di impugnazione alla situazione di sentenza non più soggetta ai mezzi ordinari di impugnazione. Ma nel caso delle sentenze della Corte di Cassazione tale modifica non può verificarsi, giacché esse non sono soggette ai mezzi ordinari di impugnazione, tanto che (come già affermato da Cass. civ., sez. I, 22 agosto 2006, n. 18234, in Giust. civ., 2007, I, 119) la revocazione per errore di fatto, di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c., perde, nei confronti delle sentenze della Corte di Cassazione, la natura di mezzo di impugnazione ordinario che ha nei confronti delle sentenze di merito e assume la natura di mezzo di impugnazione straordinario. Mutuando una felice espressione dottrinale, può affermarsi che la sentenza della Corte di Cassazione non passa in giudicato ma nasce già formalmente come passata in giudicato. E' questo un primo argomento a favore dell'impossibilità di riferire alle sentenze della Corte di Cassazione – comprese quelle che pronunciano sul merito, ai sensi dell'art. 384, comma 2, ultima parte, c.p.c. – l'espressione “sentenza passata in giudicato”, contenuta nell'ultimo comma dell'art. 391-bis c.p.c.;
  • da un punto di vista sistematico, l'ultimo comma dell'art. 391-bis cit. deve essere letto unitariamente al precedente comma del medesimo articolo, ai fini dell'enucleazione della disciplina del rapporto tra le vicende del giudizio di merito e l'impugnazione per revocazione ex art. 395, n. 4, delle sentenze della Corte di Cassazione che non abbiano deciso il merito.

Volendo schematizzare l'esito di tale lettura unitaria, è possibile affermare che:

In caso di sentenza di rigetto ... In caso di sentenza di accoglimento con rinvio
... la sentenza di merito passa in giudicato anche se contro la decisione della Corte di Cassazione possa ancora essere proposta revocazione. In caso di effettiva proposizione della revocazione, l'esecuzione della sentenza passata in giudicato non può essere sospesa. ... l'impugnazione per revocazione della sentenza della Corte di Cassazione non sospende il giudizio di rinvio, né il termine per riassumere il giudizio avanti al giudice del rinvio.

Dalla schematizzazione che precede esula l'ipotesi della cassazione senza rinvio, con la quale viene resa una decisione nel merito, con la conseguenza che non vi è ragione per non dare applicazione al disposto dell'art. 401 c.p.c., che attribuisce al giudice della revocazione, ivi inclusa la Corte di Cassazione, il potere di sospendere l'esecuzione di tale sentenza con ordinanza emanata ai sensi dell'art. 373 c.p.c..

A parere della Suprema Corte, peraltro, una conclusione difforme (esclusione del rimedio cautelare della sospensiva ex art. 401 c.p.c.) potrebbe prestarsi ad un dubbio di contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., giacché determinerebbe un obiettivo vuoto di tutela nonché un'ingiustificata disparità di trattamento tra la tutela cautelare concessa nei confronti di sentenze impugnate per revocazione – tutte parimenti esecutive – a seconda che esse provengano dal giudice di merito o dalla Corte di Cassazione.

Da ultimo, in ottica squisitamente procedurale, l'ordinanza in commento precisa che l'istanza di sospensiva deve intendersi quale ammissibile anche laddove la stessa non sia stata presentata nel ricorso introduttivo del giudizio di revocazione, bensì con atto separato, giacché l'esigenza di tutela del contraddittorio a cui è preordinata la previsione dell'art. 401 c.p.c., che dispone che l'istanza deve essere “inserita nell'atto di citazione”, appare ugualmente soddisfatta quando, come accaduto nel caso di specie, l'istanza separatamente proposta venga notificata alla controparte, già destinataria della notifica del ricorso per revocazione, prima di essere depositata presso la cancelleria della Corte.

Osservazioni

L'ordinanza in commento è certamente da accogliere con favore, in quanto, in specie nell'ambito del giudizio tributario, appare volta a tutelare la parte fisiologicamente più debole, rappresentata dal contribuente.

Ed infatti, se si guarda alla ratio della disposizione recata dall'art. 391-bis, ultimo comma, c.p.c., essa risiede nell'esigenza di evitare abusi dilatori del rimedio della revocazione, delimitando i rapporti tra la proposizione della revocazione per cassazione ed il regime della sentenza di merito impugnata, se il ricorso per cassazione è stato respinto, ovvero il giudizio di rinvio, se il ricorso per cassazione è stato accolto. La risultante di tale esigenza è la reciproca indipendenza del procedimento di revocazione, da un lato, e della sentenza di merito ovvero del giudizio di rinvio, dall'altro, con il differimento al momento della conclusione del procedimento di revocazione del coordinamento dei risultati conseguiti in tali diverse fasi processuali.

Orbene, in ambito tributario, tale differimento, stanti le norme che regolano il procedimento di c.d. riscossione frazionata in pendenza di giudizio e la assai penetrante disciplina speciale a disposizione dell'Amministrazione finanziaria ai fini dell'esecuzione forzata, ben può cagionare effetti potenzialmente dirompenti sulla situazione patrimoniale e finanziaria del contribuente, in specie a fronte di pretese di particolare rilevanza in relazione alla posizione di quest'ultimo. E' questa la ragione per cui, oltre a rappresentare una pronuncia certamente condivisibile in diritto, l'ordinanza de qua appare anche oltremodo utile ad evitare in chiave cautelare i sempre pericolosi disallineamenti tra i giudizi ancora pendenti e le correlate procedure di riscossione.

Del resto, è proprio in tale ottica che, in tempi assai recenti, dapprima con rilevanti interventi giurisprudenziali e da ultimo con il D.Lgs. n. 156/2015, dinanzi a tali rischi di differimento e disallineamento il processo tributario è stato dotato di strumenti correttivi, a tutela della parte più esposta, ossia il contribuente, quali la proponibilità di istanze di sospensione in gradi di giudizio successivi al primo (già ammessa da Cass. civ., sez. trib., 24 febbraio 2012, n. 2845, e da Corte cost. 26 aprile 2012, n. 109), nonché la possibilità di conciliare la lite anche dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale, giudice di appello, possibilità oggi non più limitata al solo giudizio dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale.

La pronuncia in commento, probabilmente anche alla luce della delicatezza dell'attuale quadro economico e sociale, pare andare nella medesima direzione, evitando che recuperi a tassazione da considerare ancora sub iudice possano comportare immediate intimazioni di pagamento, premessa per azioni esecutive particolarmente aggressive, limitatamente alle ipotesi in cui sia riscontrabile la sussistenza di un effettivo periculum in mora.

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