La mancata iscrizione nel VIES non pregiudica la non imponibilità dell'operazione intracomunitaria

Fabrizio Papotti
10 Maggio 2017

Le Autorità fiscali dello Stato membro del cedente non possono disconoscere il regime di non imponibilità previsto per le cessioni intracomunitarie solo perché il cessionario non è iscritto nell'archivio VIES (VAT Information Exchange System), se sono soddisfatte le condizioni sostanziali tassativamente elencate nell'art. 138, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE e se non si ravvisano seri indizi che lascino supporre una frode.
Massima

Le Autorità fiscali dello Stato membro del cedente non possono disconoscere il regime di non imponibilità previsto per le cessioni intracomunitarie solo perché il cessionario non è iscritto nell'archivio VIES (VAT Information Exchange System), se sono soddisfatte le condizioni sostanziali tassativamente elencate nell'art. 138, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE e se non si ravvisano seri indizi che lascino supporre una frode.

Il principio, espresso dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza resa il 9 febbraio 2017 nella causa C-21/16, si pone sul solco delle pronunce giurisprudenziali che riconoscono la prevalenza della sostanza sulla forma.

Il caso

La società Euro Tyre BV – Sucursal em Portugal (di seguito “Euro Tyre”), succursale portoghese di una società olandese, svolge attività di importazione, esportazione e commercio di pneumatici nei confronti di rivenditori portoghesi e spagnoli. Nel mercato spagnolo si avvale di un distributore (la società Euro Tyre Distributiòn de Neumàtivs SL) al quale ha ceduto beni negli anni compresi tra il 2010 ed il 2012. In tale periodo, tuttavia, il distributore spagnolo, pur essendo registrato ai fini IVA in Spagna, non era sottoposto al regime di tassazione degli acquisti intracomunitari, né era iscritto al VIES.

Nonostante ciò, la Euro Tyre ha trattato come cessioni intracomunitarie le vendite al distributore spagnolo, applicando, di conseguenza, il regime IVA di non imponibilità.

Le Autorità fiscali portoghesi hanno contestato la correttezza del comportamento, asserendo che le condizioni per la non imponibilità non erano soddisfatte poiché mancava l'iscrizione nel VIES dell'acquirente spagnolo.

La Euro Tyre ha resistito asserendo che tale condizione, richiesta dalla normativa interna portoghese, deriva da una non corretta trasposizione della disciplina IVA comunitaria, concernente le operazioni intracomunitarie, e che, comunque, ha natura di requisito formale.

La questione

La questione verte sull'interpretazione degli artt. 131 e 138, paragrafo 1, della Direttiva IVA 2006/112/CE.

In particolare, la Corte è stata chiamata a verificare se la non imponibilità, prevista per le cessioni intracomunitarie dall'art. 138 della Direttiva IVA, possa essere subordinata, dallo Stato membro del cedente, alla condizione che l'acquirente, avente sede in uno Stato membro diverso da quello di provenienza dei beni, sia registrato ai fini delle operazioni intracomunitarie e risulti inserito nell'archivio VIES.

La questione ha riguardato, inoltre, la natura, sostanziale o formale, dell'iscrizione nel VIES. Tale obbligo è stato introdotto dagli Stati membri nei propri ordinamenti IVA, in attuazione all'art. 17 del Regolamento 904/2010/CE, per rispondere all'esigenza di disporre di una banca dati elettronica, contenente l'elenco degli operatori con numero di partita IVA, indispensabile agli operatori per le proprie finalità commerciali ed alle Autorità fiscali per le proprie finalità di controllo.

Le soluzioni giuridiche

L'analisi della Corte prende le mosse dalle nozioni di soggetto passivo ai fini IVA e di esercizio di attività economica. Tali nozioni sono collegate allo svolgimento, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, di un'attività economica e non richiedono né il possesso di un numero di identificazione IVA, eventualmente specifico per la realizzazione di operazioni intracomunitarie, né l'iscrizione nel sistema VIES.

Per quanto riguarda le cessioni intracomunitarie, la non imponibilità è accordata al ricorrere di condizioni indicate nella Direttiva IVA, secondo un'elencazione che è considerata tassativa dalla stessa Corte (sentenza 9 ottobre 2014, causa C-492/13, Traum, punto 46).

La non imponibilità delle operazioni intracomunitarie riposa, infatti, su quattro presupposti, codificati nell'art. 138, par. 1 della direttiva 2006/112/CE:

  • soggettività passiva del venditore e dell'acquirente;
  • trasferimento della proprietà dei beni;
  • onerosità dell'operazione;
  • trasporto fisico dei beni da un paese comunitario ad un altro.

Come insegna giurisprudenza costante della Corte (sent. 6 settembre 2012, causa C-273/11, Mecsek-Gabona, punto 31; Corte sent. 16 dicembre 2010, C-430/09, Euro Tyre Holding, punto 29; Corte sent. 7 dicembre 2010, causa C-285/09, R., punto 41; Corte sent. 27 settembre 2007, causa C-409/04, Teleos e a., punto 42; Corte sent. 27 settembre 2007, causa C-184/05, Twoh International, punto 23) “l'esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all'acquirente e quando il venditore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione”.

Tanto premesso, l'analisi dell'art. 138 porta la Corte a concludere che l'iscrizione nel VIES non compare tra i requisiti essenziali ed indispensabili (e, quindi, sostanziali) previsti dalla norma ai fini della non imponibilità IVA della cessione intracomunitaria.

La Corte ricorda, poi, che il sistema VIES, previsto dall'art. 17 del Reg. UE n. 904/2010, risponde all'importante esigenza di dotare gli Stati membri di una banca dati elettronica contenente l'elenco dei soggetti ai quali è stato attribuito il numero di identificazione IVA.

In tal modo, l'iscrizione nel sistema VIES dei soggetti passivi che realizzano operazioni intracomunitarie consente al cedente di ottenere la conferma del numero di identificazione IVA del cessionario. Allo stesso tempo, risponde alla necessità delle Autorità fiscali nazionali di monitorare le operazioni intracomunitarie e di rilevare eventuali irregolarità.

Vero è che l'art. 131 della Direttiva IVA prevede che “Le esenzioni [da intendersi come “non imponibilità”, n.d.r.] previste ai capi da 2 a 9 si applicano, salvo le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso”.

Tuttavia, gli Stati, nell'esercizio dei loro poteri, devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell'ordinamento giuridico della UE. Secondo giurisprudenza costante, infatti, una misura che subordina il diritto alla non imponibilità di un'operazione ad un requisito formale, ancorché siano rispettati i requisiti sostanziali, eccede quanto necessario per assicurare l'esatta riscossione dell'imposta (Corte sent. 20 ottobre 2016, causa C-24/15, Plöckl, punto 37; Corte sent. 27 settembre 2007, Causa C-146/05, Collée, punto 29).

Da ciò deriva che l'iscrizione nel VIES non ha la medesima natura “costitutiva” dei requisiti elencati nell'art. 138 e che, laddove, un Paese membro la imponga, tale obbligo ha natura formale. Con la conseguenza che, se disattesa, l'iscrizione nel VIES non può avere l'effetto di privare l'operazione del regime IVA suo proprio.

Sono solo due i casi in cui l'esenzione può essere legittimamente disconosciuta dalle Autorità fiscali dei Paesi membri. Si tratta delle ipotesi della partecipazione intenzionale dell'operatore ad una frode e dell'idoneità della violazione ad impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (Corte causa C-24/15, Plöckl, punti 43, 44, 46).

Si tratta evidentemente di situazioni patologiche che devono essere censurate perché rischiano di mettere a repentaglio il funzionamento stesso del sistema comune dell'IVA.

Osservazioni

Si assiste, con la sentenza in commento, ad un'altra importante tappa dell'affermazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma. Sotto questo profilo, il pensiero va alla sentenza Ecotrade (CorteSent. dell'8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e C-96/07) che, sebbene pronunciata in tema di detrazione IVA, ha due punti in comune con la sentenza in commento.

Da una parte, quando gli Stati membri si avvalgono le disposizioni della Direttiva che consentono di adottare talune misure necessarie affinché i soggetti passivi assolvano gli obblighi di dichiarazione e di pagamento o stabiliscono altri obblighi che essi ritengano necessari, non devono, tuttavia, eccedere quanto è necessario per conseguire l'obiettivo di assicurare l'esatta riscossione dell'imposta e ad evitare le frodi.

Dall'altra, il diritto alla detrazione (nel caso Ecotrade) o il diritto di applicare il regime di non imponibilità (nel caso della sentenza in commento) devono essere accordati se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi dai soggetti passivi.

L'esigenza che ha motivato la creazione dell'archivio VIES, pur ritenuta importante dai giudici, deve cedere il passo al principio di certezza del diritto, che si manifesta nel tassativo elenco contenuto nell'art. 138, ed alla necessità che la potestà degli Stati non violi i principi generali del sistema IVA europeo.

Ma la sentenza in commento si pone in linea di continuità anche con la precedente pronuncia Mecsek-Gabona (Corte Causa C-273/11), emessa in data 6 settembre 2012. In tale occasione, il giudice comunitario, esprimendosi in merito ad una cessione intracomunitaria, ha avuto occasione di affermare (ancorché con riferimento alla cancellazione piuttosto che all'iscrizione al VIES) che “L'esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell'articolo 138, paragrafo 1, della Direttiva 2006/112, come modificata dalla Direttiva 2010/88, non può essere negata al venditore per la sola ragione che l'amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d'identificazione IVA dell'acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest'ultima”.

È di tutta evidenza che l'arresto giurisprudenziale in commento mette in dubbio la posizione dell'Agenzia delle Entrate italiana, che nega la possibilità di effettuare operazioni intracomunitarie in mancanza della preventiva iscrizione al VIES, da parte del soggetto passivo IVA, in particolare come emerge dalla Risoluzione 27 aprile 2012, n. 42/E.

È auspicabile che alla luce di tale intervento, l'Amministrazione finanziaria italiana sia incoraggiata a ripensare la propria posizione e a mitigare, se non abbandonare del tutto, la prassi fino ad oggi adottata.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.