'Cost Plus' vs caratteristiche dei beni e mercato geografico
11 Ottobre 2016
Massima
Il presupposto per la valida applicazione del metodo del costo maggiorato per determinare il valore normale è che vi siano operazioni ‘similari' sulle quali basare le comparazioni (prodotti similari e stesso mercato). Occorre che vi siano similarità del prodotto preso in esame e medesimo mercato geografico. Il caso
Una società proponeva appello contro la sentenza della CTP di Milano con cui si confermava una ripresa a tassazione ai fini IRES a seguito di una verifica in materia transfer pricing. L'appellante contestava che l'Amministrazione finanziaria avesse impiegato il metodo del "costo maggiorato" (c.d. “Cost Plus”, basato sul costo di produzione aumentato di un margine lordo) in assenza dei rispettivi presupposti applicativi – dalla stessa identificati nella similarità tra i beni prodotti dalle società controllata e confrontate, nonché tra le aree geografiche in cui le stesse operavano – escludendo i metodi scelti dal contribuente, quali il “CUP” (che compara i prezzi applicati a transazioni simili) ed il “Resale Minus” (che opera una comparazione tra i margini di rivendita).
La posizione del contribuente è stata condivisa dalla CTR che ne ha accolto l'appello. La questione
Il caso in oggetto pone due questioni. Anzitutto occorre verificare se i requisiti della “similarità dei beni e del mercato geografico”, che secondo quanto sostenuto dal contribuente e confermato dalla CTR dovrebbero caratterizzare le transazioni oggetto di confronto, possano costituire secondo le Linee Guida OCSE sul transfer pricing (nel seguito anche “Linee Guida”) presupposto applicativo indefettibile del Cost Plus.
In secondo luogo, ove si ammettesse il ricorso al Cost Plus anche nell'ipotesi di beni “non similari” e mercato geografico diversi, si renderebbe necessario stabilire se, ed in quale misura, tale diversità possano incidere in una corretta analisi di transfer pricing. Le soluzioni giuridiche
Secondo quanto previsto dalle Linee Guida, il metodo del Cost Plus è determinato partendo dal costo di produzione del bene (o servizio) oggetto della transazione controllata. A tale costo viene poi aggiunto un apposito mark-up che rappresenta la percentuale di ricarico applicata dal fornitore, così che dalla transazione derivi per lo stesso un utile adeguato alle funzioni svolte secondo le condizioni di mercato, ossia at arm's length. Applicando il Cost Plus, transazioni concluse tra parti correlate e non correlate sono “comparabili” se: (a) tra queste non vi sia alcuna differenza che influenzi il mark-up delle transazioni concluse a condizioni di mercato o alternativamente (b) gli effetti delle differenze esistenti possano essere eliminati apportando correzioni ragionevolmente adeguate (Linee Guida, punti 2.39-2.41).
In questo senso, il ricorso al metodo del Cost Plus è possibile anche quando l'impresa controllata e le società confrontate producano beni diversi, come indicato testualmente dalle Linee Guida (punto 2.42) che ammettono, ad es. l'applicazione del metodo in questione anche nel caso in cui la “Società A” venda dei tostapane ad un soggetto appartenente allo stesso gruppo, e la “Società B” venda ferri da stiro ad un'impresa indipendente.
Ma vi è di più. Se le differenze riguardano le caratteristiche dei beni prodotti, il ricorso al Cost Plus non solo è ammesso dalle Linee Guida ma addirittura preferito al CUP (che nel caso di specie era uno dei metodi proposti dal contribuente). Ciò in quanto le differenti caratteristiche tra beni sono destinate ad avere un minore impatto sui margini di utile lordo (su cui si basa il Cost Plus) rispetto ai prezzi dei prodotti (sui quali è invece imperniata l'analisi basata sul CUP). Dunque, alle condizioni date il ricorso al Cost Plus risulterebbe, in linea teorica, più affidabile rispetto al CUP.
Al riguardo va sottolineato che le caratteristiche specifiche dei beni e servizi oggetto della transazione in verifica assumono più o meno rilevanza in funzione del metodo utilizzato. Infatti, l'assimilabilità delle caratteristiche dei beni e servizi assume preminente rilievo quando si confrontano i prezzi di transazioni controllate e non controllate, mentre tende a sfumare quando si confrontano i margini di utile.
In caso di utilizzo dei metodi basati sui margini, infatti, si rivelano critici ulteriori fattori di comparabilità, in particolare richiesti da una approfondita analisi funzionale, indispensabili per individuare un set di comparable che possa definirsi effettivamente omogeneo con la tested party. In questa prospettiva si riscontra che l'orientamento della giurisprudenza di merito è sempre più volto a censurare l'allestimento di un set di comparables effettuato in modo non accurato da parte degli organi accertatori in sede di verifica; in tali casi, infatti, i giudici tributari contestano sempre più frequentemente la mancata effettuazione a monte di una corretta analisi di comparabilità, il cui risultato è inevitabilmente quello di condure alla selezione di società non comparabili con la tested party in quanto “qualitativamente” diverse dalla stessa. Di seguito si ritiene utile richiamare brevemente i c.d. “cinque fattori di comparabilità” – come individuati dalle Linee Guida Ocse – attesa l'importanza fondamentale che nell'ambito del transfer pricing riveste l'effettuazione di una corretta analisi di comparabilità.
Analisi di comparabilità Due transazioni possono dirsi “comparabili” se nessuna delle rispettive differenze possa influenzarne l'analisi di transfer pricing. Segnatamente, i fattori che possono assumere rilievo nel determinare la comparabilità tra operazioni inter-company e at arm's length sono legati alle:
1) Caratteristiche dei beni e dei servizi (punti da 1.39 a 1.41 delle Linee Guida OCSE) Differenze tra le caratteristiche tra i beni sono destinate a riflettersi in differenze di valore sul libero mercato. Tra le caratteristiche di cui tener conto figurano le seguenti: nel caso di trasferimenti di beni materiali, le caratteristiche fisiche del bene, la sua qualità e la sua affidabilità, nonché la facilità di approvvigionamento e il volume della fornitura; nel caso di fornitura di servizi, la loro natura e dimensione; nel caso di beni immateriali, la forma dell'operazione (per esempio concessione di licenze o vendita), il tipo di bene (per esempio brevetto, marchio di fabbrica o know-how), la durata e il livello di tutela, nonché i benefici attesi dall'utilizzo del bene in questione. Come visto supra, tali differenze sono destinate ad incidere maggiormente sui prezzi dei beni rispetto ai margini lordi o al ricarico sui costi, il che può indurre persino a preferire un metodo (il Cost Plus) rispetto ad un altro (il CUP).
2) Funzioni svolte, rischi assunti e beni strumentali utilizzati (punti da 1.42 a 1.51 delle Linee Guida OCSE) In tale fase è necessario identificare le principali funzioni svolte, i rischi assunti, gli assets impiegati dalla tested party e dalle società confrontate. A tal proposito può essere utile capire la struttura e l'organizzazione del gruppo e l'influenza che esse possano avere nel mercato in cui opera il contribuente. Sarà anche importante determinare quali siano i diritti e gli obblighi giuridici del contribuente nell'esercizio delle sue funzioni. Punto di partenza di tale analisi è che la comparazione potrà ritenersi affidabile solo qualora, funzioni, rischi e assets impiegati tra parti controllate e terze siano tra loro comparabili. Dall'analisi di tali funzioni si ha un quadro preciso del business svolto dall'impresa controllata e ciò risulta fondamentale sia per l'individuazione del metodo di pricing corretto sia per l'identificazione delle società da utilizzare come comparables.
A livello esemplificativo, nelle Linee Guida (punto 1.43) si afferma che le funzioni da comparare sono quelle di progettazione, produzione, operazioni di assemblaggio, ricerca e sviluppo, prestazione di servizi, acquisti, distribuzione, marketing, pubblicità, trasporto, finanziamento e management intraprese dalle parti, con particolare attenzione alla struttura ed all'organizzazione del gruppo. Ogni differenza significativa tra le funzioni esercitate da imprese controllate e terze deve essere oggetto di opportuni aggiustamenti volti ad incrementare il livello di comparabilità. Una parte può svolgere un gran numero di funzioni rispetto a quelle svolte dall'altra impresa coinvolta nella transazione, ma ciò che rileva è l'importanza economica di quelle funzioni in termini di frequenza, natura e valore per le rispettive parti della transazione. Gli assets ai quali occorre far riferimento sono gli impianti e le attrezzature, gli intangibles detenuti dalla società, il valore riconosciuto agli stessi, il titolo di disponibilità giuridica quale ad es., la locazione, il riconoscimento del diritto di proprietà.
I rischi da prendere in considerazione sono il rischio di mercato – i.e., le fluttuazioni del costo dei fattori produttivi e dei prezzi di produzione – i rischi di perdite associati agli investimenti ed all'impiego di beni, impianti e attrezzature; il carattere aleatorio dei risultati degli investimenti in ricerca e sviluppo; i rischi finanziari come quelli legati alle variazioni dei tassi di cambio e dei tassi di interesse; i rischi di credito.
Le Linee Guida evidenziano come ci sia interrelazione tra la ripartizione dei rischi tra le parti e le funzioni svolte dalle stesse svolte (considerando i beni utilizzati e i rischi assunti) mettendo in luce, ad. esempio, che se un distributore si assume la responsabilità del marketing e della pubblicità rischiando le proprie risorse in queste attività, i rendimenti attesi da tali attività di norma saranno in proporzione più elevati e le condizioni della transazione saranno diverse rispetto a quanto avviene per un distributore che svolga semplicemente la funzione di agente, il quale percepisca una remunerazione adeguata per quell'attività svolta ed un rimborso per le spese sostenute. Allo stesso modo, se un soggetto svolge attività di produzione o fornisce un servizio di ricerca assumersi alcun rischio significativo, tale soggetto avrà diritto solamente a un rendimento limitato.
Ricapitolando: (i) l'analisi funzionale è completata solo quando sono presi in considerazione i principali rischi assunti dalle parti; (ii) per contro, l'analisi funzionale risulta incompleta se non viene raggiunta la soglia indicata nel punto (i) in quanto ciò significa che non sono ancora stati identificati quei rischi – “principali” – che possono influenzare le condizioni delle transazioni tra imprese associate; (iii) l'assunzione di maggiori rischi viene generalmente compensata da un aumento dei rendimenti attesi; (iv) l'analisi funzionale porta a ritenere le transazioni confrontate come non comparabili se esistono differenze significative per cui non possano essere effettuati aggiustamenti adeguati;
3) Condizioni contrattuali (punti da 1.52 a 1.54 delle Linee Guida OCSE) Le condizioni contrattuali pattuite tra imprese indipendenti stabiliscono la ripartizione dei rischi, dei vantaggi e delle responsabilità. La comparazione deve pertanto prendere in considerazione le previsioni contrattuali e, in assenza di pattuizioni esplicite, il comportamento effettivo delle parti, analizzando le comunicazioni e la corrispondenza informale. Nel caso di imprese associate inoltre non vi è conflitto di interessi tra le parti, quindi è auspicabile verificare la corrispondenza tra le clausole contrattuali documentate e i comportamenti effettivi delle parti. L'Amministrazione finanziaria può rettificare la ripartizione dei rischi e delle funzioni tra le imprese associate stabilite contrattualmente laddove l'allocazione non appaia conforme a quella generalmente seguita da imprese indipendenti o alla strategia commerciale perseguita.
4) Condizioni economiche (punti da 1.55 a 1.58 delle Linee Guida OCSE) Anche nel caso in cui la transazione abbia per oggetto gli stessi beni o servizi i prezzi possono mutare in relazione al mercato nel quale sono poste in essere; quindi, per aumentarne la comparabilità è necessario che i mercati nei quali operano le imprese indipendenti e quelle associate non presentino differenze significative sul prezzo o, se esistenti, che tali differenze possano essere rettificate in modo adeguato. A tal fine le valutazioni da operare nel determinare il grado di comparabilità dei mercati riguardano la localizzazione geografica e la loro dimensione; il livello di concorrenza presente negli stessi; la disponibilità (e relativi rischi) di beni e servizi ed i costi di produzione e trasporto; i livelli dell'offerta e della domanda; la natura e la portata della regolamentazione pubblica del mercato; la fase di commercializzazione (per esempio dettaglio o ingrosso); la data e il momento in cui sono state effettuate le transazioni. L'esame dei dati può avvenire anche su base pluriennale nel caso in cui ciò permetta di migliorare la comparabilità dei prezzi di trasferimento acquisendo informazioni sul contesto nel quale operano le imprese confrontate e sui cicli di vita dei beni dalle stesse prodotti. Ad esempio, se la perdita dichiarata dal contribuente per una transazione fa parte di una serie di perdite prodotte anche negli anni precedenti, si potrà adeguatamente distinguere se essa è il risultato di condizioni economiche particolari verificatesi nel corso di un esercizio anteriore avente come risultato un aumento dei costi nel corso degli esercizi seguenti, oppure se è un riflesso del fatto che il prodotto è alla fine del suo ciclo di vita. L'utilizzo di dati pluriennali non implica necessariamente l'uso di medie pluriennali, il che è tuttavia ammesso dalle Linee Guida, qualora ciò aumenti l'affidabilità dei dati da confrontare. Il mercato geografico rappresenta un ulteriore fattore che può influenzare la comparabilità. Qualora un gruppo multinazionale ponga in essere transazioni controllate simili in Paesi diversi e le condizioni economiche di tali Paesi siano ragionevolmente omogenee, può risultare appropriato per tale gruppo multinazionale il ricorso ad un'analisi di comparabilità multi-paese per giustificare la politica di transfer pricing adottata. Diversamente quando i prodotti venduti o servizi prestati nell'ambito di un gruppo multinazionale presentino differenze sensibili in ogni Paese – in termini di tipologia di beni diversi, assunzione rischi diversi), e/o in cui le sue strategie commerciali e/o le sue condizioni economiche sono notevolmente diverse. In quest'ultimo tipo di situazioni, il ricorso ad un approccio multi-paese può ridurre l'affidabilità.
5) Strategie aziendali (punti da 1.59 a 1.63 delle Linee Guida OCSE) Le strategie aziendali rilevano ai fini della comparabilità e riguardano numerosi aspetti di un'impresa, come l'innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti, il grado di diversificazione, la propensione o l'avversione all'assunzione dei rischi, la valutazione di cambiamenti politici, il ruolo della normativa giuslavoristica in vigore e in fase di programmazione, la durata degli accordi, le strategie di penetrazione in un mercato e altri fattori che influenzano il funzionamento quotidiano delle imprese. In tale ambito occorre valutare se la strategia in questione possa ragionevolmente risultare redditizia nel futuro prossimo venturo – ammettendone al tempo stesso la possibilità di un suo fallimento – e bisogna inoltre stabilire se un soggetto terzo sarebbe stato disposto a rinunciare alla redditività per un periodo analogo e in condizioni economiche e concorrenziali analoghe. Un aspetto interessante è valutare se la strategia aziendale (come ad. esempio, quella della penetrazione del mercato) debba essere considerata nell'analisi di comparabilità anche nel caso di insuccesso o fallimento della stessa. La risposta è in linea di principio affermativa, salvo il caso in cui sia discutibile la conformità di tale strategia con il principio di libera concorrenza. Inoltre, per determinare l'arco temporale accettabile l'amministrazione fiscale può esaminare le strategie aziendali praticate nel Paese in cui queste sono adottate.
Le differenze esistenti tra la transazione in verifica e quelle ad essa confrontate dovranno essere espresse in termini percentuali.
Osservazioni
Nella sentenza in commento la Commissione Tributaria di Milano ha escluso l'utilizzabilità del Cost Plus nel caso in cui i beni prodotti dalla società controllata e dalle società controllate non siano “simili”.
Tuttavia, come sopra illustrato, le Linea Guida OCSE non sembrano considerare la “similarità” tra prodotti e aree geografiche tra i presupposti applicativi indefettibili di tale metodo; anzi, nel caso di prodotti “dissimili”, il Cost Plus risulterebbe più adeguato del CUP (metodo proposto dal contribuente) per le ragioni sopra esposte. Diversamente, sembra che entrambi gli aspetti rilevino nell'ambito dell'analisi di comparabilità, al fine di poter considerare le società confrontate “comparabili” con la società controllata. In vertenze giudiziarie analoghe al caso di specie, un valido argomento difensivo a disposizione del contribuente – conforme alle indicazioni fornite dalle Linee Guida – sembrerebbe fondarsi non già sulla critica del metodo di prezzo utilizzato, bensì sulla incomparabilità delle società confrontate con la società controllata, valutazione possibile solo all'esito di un'analisi di comparabilità condotta con i criteri sopra esposti. |