Atti di imposizione tributaria: la notifica è condizione integrativa di efficacia

Ignazio Gennaro
13 Ottobre 2016

L‘inesistenza o invalidità della procedura di notifica non determina di per sé ed automaticamente l'inesistenza dell'atto qualora ne risulti inequivocabilmente da parte del contribuente la “piena conoscenza” che può essere desunta anche dalla tempestiva impugnazione da parte del destinatario dell'atto, anche se questo è stato notificato irregolarmente. La notificazione, infatti, costituisce una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell'atto amministrativo.
Massima

In tema di atti d'imposizione tributaria la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento del provvedimento, bensì una condizione integrativa di efficacia.

Ne consegue che l‘inesistenza o invalidità della procedura di notifica non determina di per se ed automaticamente l'inesistenza dell'atto qualora ne risulti inequivocabilmente da parte del contribuente la “piena conoscenza” che può essere desunta anche dalla tempestiva impugnazione da parte del destinatario dell'atto, anche se questo è stato notificato irregolarmente.

La notificazione, infatti, costituisce una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell'atto amministrativo.

Il caso

L'Agente per la riscossione presentava ricorso alla Corte di legittimità chiedendo la cassazione di una sentenza della Commissione Tributaria Regionale con la quale il giudice tributario di appello, in accoglimento del gravame proposto dal contribuente ed in riforma della sentenza di prime cure che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso un preavviso di fermo amministrativo di beni mobili registrati emesso dallo stesso agente per la riscossione, aveva dichiarato la inesistenza della notificazione del predetto avviso.

La Commissione territoriale di appello dopo aver dichiarato l'autonoma impugnabilità del preavviso di fermo e la conseguente necessità della rituale conoscenza o conoscibilità del provvedimento de quo, aveva evidenziato che al preavviso non erano applicabili neanche in via analogia le più agevoli modalità di notifica previste dall'art. 26 del d.P.R. n. 602/1973 per la notifica della cartella esattoriale e che l'avvenuta comunicazione del preavviso in parola a mezzo di lettera raccomandata – essendo questa diversa dalla notificazione – non consentiva la realizzazione dell'effetto sanante previsto dall'art. 156 c.p.c. II comma.

Il ricorso a proposto alla Corte dall'Agente per la riscossione si articolava in due motivi:

  1. il primo, la violazione dell'art. 26 del d.P.R. n. 602/1973 in quanto la Commissione territoriale non aveva ritenuto applicabile al “preavviso di fermo” la modalità di notifica a mezzo di raccomandata a.r.;
  2. il secondo, la nullità della sentenza per violazione dell'art. 156 c.p.c., II comma, in quanto la notifica a mezzo posta aveva comunque raggiunto lo scopo consentendo al contribuente di conoscere l'atto che infatti era stato dallo stesso impugnato.

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in commento, accoglieva il secondo motivo di ricorso con assorbimento del primo ed annullava con rinvio la sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria di appello statuendo che “in tema di atti di imposizione tributaria, la notificazione non è requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa d'efficacia, sicchè la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l'inesistenza dell'atto, quando ne risulti inequivocabilmente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l'esercizio del potere all'Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio”.

Secondo i giudici di legittimità la “piena conoscenza” può desumersi “anche dalla tempestiva impugnazione, ad opera del destinatario dell'atto invalidamente notificato” .

Gli stessi Giudici, con riguardo alla procedura con la quale l'atto era stato portato all'effettiva conoscenza del contribuente, statuivano che “la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell'atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicché il vizio di nullità ovvero di inesistenza della stessa è irrilevante ove l'atto abbia raggiunto lo scopo” che può essere dimostrato anche dalla tempestiva impugnazione dell'atto da parte dell'interessato.

La questione

Con la statuizione in commento i Giudici di Legittimità accogliendo il motivo di ricorso riguardante la violazione dell'art. 156 c.p.c. II comma, hanno ribadito un principio di diritto già precedentemente enunciato dalla stessa Corte: la notificazione non costituisce un requisito di esistenza giuridica e di perfezionamento degli atti di imposizione tributaria, bensì rappresenta una mera condizione di efficacia del relativo provvedimento.

Conseguentemente il vizio di nullità o di inesistenza della notificazione risulta irrilevante quando emerga inequivocabilmente che l'atto di imposizione tributaria è comunque venuto nella “piena conoscenza” del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l'esercizio del potere all'Amministrazione Finanziaria, sulla quale grava il relativo onere probatorio.

Con riferimento al concetto di “piena conoscenza”, i giudici di legittimità nella propria statuizione hanno puntualizzato che la stessa può essere validamente desunta anche dalla tempestiva impugnazione ad opera del destinatario dell'atto invalidamente notificato qualora l'atto stesso abbia comunque raggiunto lo scopo: così come era avvenuto nel caso di specie in cui il contribuente aveva impugnato il provvedimento in data antecedente alla scadenza del termine fissato dalla legge per l'esercizio del potere impositivo.

Per “integrare l'efficacia” dell'atto tributario, quindi, a prescindere dal procedimento posto in essere dall'Agente della riscossione – notifica o spedizione a mezzo di raccomandata a.r. – è sufficiente che il provvedimento sia venuto nella “sfera di conoscenza” del contribuente.

Ne consegue che anche gli eventuali “vizi di nullità” o di “inesistenza” del procedimento notificatorio diventano irrilevanti qualora l'atto venga impugnato dal destinatario antecedentemente allo spirare del termine per l'esercizio del potere impositivo da parte dell'Amministrazione.

Le soluzioni giuridiche

La questione affrontata con la statuizione in commento si incentra, nella sostanza, sulla effettiva e piena “conoscenza” del provvedimento tributario impositivo da parte del contribuente e sugli effetti che tale conoscenza determina ai fini della “integrazione di efficacia” dello stesso provvedimento, a prescindere dalla procedura utilizzata dall' Agente della riscossione o dall'Amministrazione finanziaria: notifica rituale o spedizione a mezzo raccomandata a.r.

La suprema Corte accogliendo la censura riguardante la violazione dell'art. 156 c.p.c., II comma, ha osservato che la notifica a mezzo posta recapitata personalmente al contribuente aveva comunque raggiunto lo scopo di rendere edotto quest'ultimo dell'emissione del fermo di beni mobili che era stato successivamente impugnato dal destinatario dello stesso.

La notificazione, infatti, secondo la Corte di legittimità non può essere ritenuta un requisito di esistenza giuridica e di perfezionamento dell'atto amministrativo ma soltanto una condizione integrativa di efficacia, compiuta la quale il provvedimento può pienamente dispiegare propri effetti.

Per gli “ermellini”, quindi, il provvedimento di imposizione tributaria è valido e giuridicamente esistente, a prescindere dalle modalità che verranno poste in essere per portarlo nella “piena” conoscenza del contribuente, ma potrà divenire efficace soltanto quando sarà entrato nella sfera di effettiva e piena conoscenza o conoscibilità del contribuente.

La Corte, con la sentenza oggi in commento, si è posta nella scia tracciata da una serie di proprie precedenti (e recenti) statuizioni con le quali erano stati enunciati analoghi principi di diritto.

In particolare, con la sentenza n. 654/2014 la Suprema Corte aveva già affermato che in tema di atti di imposizione tributaria la notificazione “non è un requisito di giuridica esistenza ma una mera condizione di integrazione d'efficacia” cassando con rinvio la sentenza di merito sfavorevole al Fisco atteso che, pur essendo stata eseguita erroneamente la notifica ai sensi dell'art. 60, primo comma, lett. e), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anziché dell'art. 140 c.p.c., gli avvisi di accertamento erano stati ritirati dal contribuente presso la casa comunale prima della scadenza del termine di decadenza per l'esercizio del potere impositivo.

Con altra sentenza, la n. 5057/2015, anch'essa espressamente richiamata nella statuizione in commento, la Corte di legittimità aveva affermato che “la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento dell'atto di imposizione fiscale, sicché la sua nullità è sanata, a norma dell'art. 156, secondo comma, c.p.c., per effetto del raggiungimento dello scopo”, il quale, postulando che alla notifica invalida sia comunque seguita la conoscenza dell'atto da parte del destinatario, può desumersi anche dalla tempestiva impugnazione, ad opera di quest'ultimo, dell' atto invalidamente notificato.

In quella occasione la Suprema Corte in accoglimento del ricorso, aveva cassato la sentenza impugnata, che aveva escluso la sanatoria di cui all'art. 156 c.p.c., II comma, in quanto l'unico motivo di impugnazione concerneva l'illegittimità della notifica.

Di tenore analogo anche l'ulteriore sentenza richiamata dalla Corte, la n. 8374/2015, nella quale era stato affermato il principio secondo il quale “atti quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l'esercizio del potere all'Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio.

In applicazione di tale principio, la Suprema Corte in quella fattispecie aveva cassato con rinvio la sentenza di merito sfavorevole al Fisco atteso che, pur essendo stata eseguita erroneamente la notifica ai sensi dell'art. 60, primo comma, lett. e), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anziché dell'art. 140 c.p.c., gli avvisi di accertamento erano stati ritirati dal contribuente presso la casa comunale prima della scadenza del termine di decadenza per l'esercizio del potere impositivo.

Osservazioni

Con l'ordinanza oggi in rassegna la Corte ha riconfermato un orientamento interpretativo già precedentemente affermato (come visto) in analoghe statuizioni, destinato a divenire solido riferimento in ambito processuale.

Le controversie in materia di atti di imposizione tributaria e validità delle relative notifiche, infatti, costituiscono uno dei temi di maggiore frequenza e di più rilevante peso (anche in termini statistici) nell'ambito del contenzioso tributario, generando questioni a volte di non agevole soluzione e pronunce non sempre univoche da parte delle Commissioni Tributarie di merito.

Il principio segnato dai Giudici nomofilattici dovrebbe così costituire un punto fermo per gli organi giudicanti chiamati a pronunciasi sui numerosi analoghi giudizi che vengono esaminati nelle aule delle Commissioni territoriali.

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