ICI, agevolazione per la “dimora abituale”: spetta anche se non coincide con la “residenza anagrafica”

Ignazio Gennaro
15 Marzo 2017

In materia di ICI l'agevolazione prevista dall'art. 8 del D.Lgs. n. 504/1992 per l'immobile adibito a “dimora abituale” va concessa anche nel caso in cui tale unità immobiliare sia diversa da quella di “residenza anagrafica” del contribuente. La dichiarazione fatta dal contribuente ai sensi dell'art. 11 del D.Lgs. n. 504/1992, infatti, costituisce una manifestazione di scienza liberamente modificabile in qualunque momento, anche in sede processuale.
Massima

In materia di ICI l'agevolazione prevista dall'art. 8 del D.lgs. n. 504/1992 per l'immobile adibito a “dimora abituale” va concessa anche nel caso in cui tale unità immobiliare sia diversa da quella di “residenza anagrafica” del contribuente.

La dichiarazione fatta dal contribuente ai sensi dell'art. 11 del D. lgs. 504/1992, infatti, costituisce una manifestazione di scienza liberamente modificabile in qualunque momento, anche in sede processuale.

Le risultanze anagrafiche rivestono valore meramente presuntivo e possono essere superate da prove contrarie suscettibili di valutazione da parte del giudice di merito, quali le forniture delle utenze elettrica, idrica e telefonica.

Il caso

Un contribuente impugnava dinnanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale un avviso di accertamento ICI per l'anno di imposta 2009 emesso da un Comune in provincia di Palermo eccependo che il provvedimento impositivo si fondava sulla considerazione che la sua residenza anagrafica risultava essere diversa rispetto all'abitazione in cui aveva effettivamente la sua “dimora abituale”.

A sostegno delle proprie ragioni, per quest'ultima abitazione, il contribuente produceva copia dell'istanza di sanatoria, del certificato di abitabilità, delle utenze elettrica, idrica, telefonica, nonchè le ricevute di pagamento della TARSU.

La Commissione Tributaria Provinciale di Palermo – uniformandosi in motivazione alla statuizione della Suprema Corte n. 13151 del 28 maggio 2010 – accoglieva il ricorso ed annullava il provvedimento in contestazione ritenendo che il contribuente, nel caso di specie, aveva adeguatamente provato l'effettiva destinazione dell'immobile per il quale chiedeva l'agevolazione a sua “dimora abituale” e del suo nucleo familiare.

La questione

La sentenza in esame affronta una questione frequentemente dibattuta nelle aule delle Commissioni Tributarie in tema di ICI: ovvero la sussistenza delle condizioni per la concessione delle agevolazioni per la c.d. “abitazione principale” (rectius “dimora abituale”) previste dall'art. 8 del D.lgs n. 504/1992.

Ed in particolare se per “dimora abituale” debba intendersi esclusivamente quella risultante dalla documentazione anagrafica, ovvero se possa essere considerata tale anche quella in cui il contribuente ed i suoi familiari vivono abitualmente: in questa seconda ipotesi, in che modo tale circostanza possa essere idoneamente dimostrata in sede processuale.

I primi Giudici palermitani hanno ritenuto che l'agevolazione prevista dall'art. 8 comma 2) del D.lgs. n. 504/1992 per l'immobile adibito ad “abitazione principale” non può essere negata a causa della divergenza tra il dato documentale della residenza anagrafica e la situazione di fatto di “dimora abituale”, in quanto le “risultanze anagrafiche rivestono un valore presuntivo e possono essere superate da prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento”.

Nel caso di specie, a parere della CTP, il contribuente ha documentalmente dimostrato che la sua “dimora abituale” era diversa da quella risultante dalle certificazioni anagrafiche.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 8 comma 2) del D.Lgs. n. 504/1992 che disciplina l'ICI dispone che “dalla imposta dovuta per l'unità immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si detraggono, fino alla concorrenza del suo ammontare, lire 180.000 rapportate al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente”.

La “vexata quaestio” affrontata della Commissione territoriale del capoluogo dell'Isola riguarda l'interpretazione da dare alla locuzione “abitazione principale”, contenuta nell'ultima linea del citato secondo comma: ovvero se debba intendersi tale quella emergente dalle risultanze anagrafiche oppure “quella nella quale il contribuente e i suoi familiari dimorano abitualmente”.

I Giudici della CTP palermitana, che sul punto hanno richiamato in motivazione la già citata statuizione di legittimità, hanno preliminarmente ritenuto che l'agevolazione di cui all'art. 8 del D.Lgs. n. 504/1992 per l'immobile adibito ad “abitazione principale” non può essere negata per il solo fatto che il contribuente ha omesso di indicarla nella dichiarazione prevista dall'art. 11 del D.Lgs. n. 504/1992 e neanche a causa della divergenza tra l'immobile individuato quale luogo di “dimora abituale” e quello di “residenza anagrafica”.

Ciò in quanto la dichiarazione prevista dal citato art. 11 “costituisce una manifestazione di scienza, che può essere liberamente modificata dal contribuente in qualunque momento, mentre le risultanze anagrafiche assumono un valore meramente presuntivo” che può essere superato da idonea prova contraria.

Ad avviso dei Giudici Tributari di primo grado la prova dell'effettiva destinazione a “dimora abituale” dell'immobile (ovvero “abitazione principale”) “del ricorrente e del suo nucleo familiare è desumibile dalla documentazione prodotta, che evidenzia in tale villa per civile abitazione (per cui sono stati rilasciati la concessione edilizia in sanatoria ed il certificato di abitabilità) delle utenze dell'Enel, della rete idrica e della telecom”.

Secondo i giudici territoriali palermitani, le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo e possono essere superate dalla “prova contraria” desumibile da “qualsiasi fonte di convincimento suscettibile di apprezzamento in sede processuale”.

Tra le “fonti di prova” prodotte in giudizio dal contribuente e valorizzate dai Giudici della CTP, vi è la documentazione riguardante la concessione edilizia ed il certificato di abitabilità rilasciate dal Comune, l'allaccio delle utenze elettrica, idrica e telefonica, che costituiscono “elementi di convincimento convergenti idonei che valgono a superare il dato formale offerto dalle risultanze anagrafiche” idonei a dimostrare che l'immobile in questione è adibito a “dimora abituale” del contribuente e della sua famiglia.

Osservazioni

La questione affrontata dai Giudici tributari palermitani riguarda il significato che debba essere attribuito all'espressione “abitazione principale”, contenuta nel citato art. 8 del D.Lgs. n. 504/1992, al fine di invocare le citate agevolazioni in tema ICI, nell'ipotesi in cui si riscontri “divergenza” tra la “dimora abituale” e le “residenza anagrafica” del contribuente.

La Commissione Tributaria di prima istanza con la sentenza in commento ha risolto la questione affermando il principio secondo il quale la prova che l'immobile per cui si chiede l'agevolazione è adibito a “dimora abituale” può essere idoneamente fornita documentalmente anche attraverso la produzione dei contratti e delle bollette riguardanti le utenze elettrica, idrica e telefonica.

La Suprema Corte aveva già avuto modo di pronunciarsi con sentenza n. 26985 del 22 dicembre 2009 sui criteri di esatta individuazione della “dimora abituale” rilevando il valore meramente presuntivo della “residenza anagrafica” ed ammettendo prova contraria “desumile da qualsiasi fonte di convincimento”.

I Giudici di legittimità in particolare avevano osservato che ”ai fini della corretta determinazione del luogo di residenza o di dimora del destinatario assume rilevanza esclusiva il luogo ove questi dimori di fatto in via abituale, con la conseguenza che le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo di residenza, e possono essere superate da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, e quindi anche mediante presunzioni, come quelle desunte dall'indicazione di dimora abituale quale emerge dall'esecuzione del contratto intercorso tra le parti. Il relativo apprezzamento costituisce valutazione demandata al giudice di merito e sottratta al controllo di legittimità, ove adeguatamente motivata”.

La motivazione della sentenza della CTP di Palermo in commento, come detto, si uniforma alla pronuncia di legittimità n. 13151 del 28 maggio 2010, sezione trib., con la quale la Corte ha affermato che “in tema di ICI l'agevolazione prevista dall'art. 8 del D.Lgs n. 504/1992 per l'immobile adibito ad abitazione principale non può essere negata a causa dell'omessa indicazione dell'abitazione principale nella dichiarazione effettua ai sensi dell'art. 11 del D.Lgs. 504/1992, né per la divergenza tra il luogo indicato e la residenza anagrafica del contribuente, in quanto la dichiarazione, quale manifestazione di scienza, può essere liberamente modificata dal contribuente, in qualunque momento, anche in sede processuale, mentre le risultanze anagrafiche rivestono un valore presuntivo e possono essere superate da prova contraria desumibile da qualsiasi fonte di convincimento e suscettibile di apprezzamento riservato alla valutazione del giudice di merito”.

La statuizione di legittimità richiamata dai giudici palermitani, ha quindi ritenuto che la divergenza tra “residenza anagrafica” e “dimora abituale” risultante dalla dichiarazione di cui all'art. 11 del D.Lgs. n. 504/1992 possa essere agevolmente superata da “prova contraria”, riaffermando che “la dichiarazione, quale manifestazione di scienza, può essere liberamente modificata dal contribuente, in qualunque momento, anche in sede processuale”.

La Corte, ai fini della invocabilità del beneficio fiscale in argomento, con altra sentenza coeva, ha chiarito che il requisito della “dimora abituale” non deve essere riferito soltanto al contribuente principale, ma va esteso anche al suo intero nucleo familiare, affermando in tal senso che “in tema d'imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della spettanza della detrazione e dell'applicazione dell'aliquota ridotta prevista per le "abitazioni principali" dall'art. 8 del D.Lgs n. 504/1992, un'unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell'ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari” (Cass. civ., sez. trib., 15 giugno 2010, n. 14389).

Con altra più datata sentenza – la n. 1708 del 26 gennaio 2007, sez. trib. – la Corte aveva già avuto modo di pronunciarsi sulla modificabilità della dichiarazione prevista dal citato art. 11 attribuendo alla stessa il valore di “dichiarazione di scienza” ed affermando che “le dichiarazioni fiscali, in particolare quella dei redditi, non hanno natura di dichiarazioni di volontà, ma di scienza, e pertanto, salvo casi particolari (ad esempio, le dichiarazioni integrative presentate ai fini del condono), possono essere liberamente modificate dal contribuente, anche attraverso la difesa nel processo, ed anche nei giudizi di rimborso”.