“Imposta evasa” nel diritto penale tributario: una conferma dello status quo
18 Aprile 2017
Massima
In tema di reati tributari, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000, per “imposta evasa” deve intendersi l'intera imposta dovuta, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d'esercizio fiscalmente detraibili, in una prospettiva di prevalenza del dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l'ordinamento tributario.
In tale ottica, è il giudice penale che ha il compito di accertare l'ammontare dell'imposta evasa mediante una verifica che può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario, potendo comunque legittimamente avvalersi dell'accertamento induttivo dell'imponibile compiuto dagli uffici finanziari. Il caso
Con sentenza del 2 Febbraio 2015, il Tribunale di Milano sanciva la penale responsabilità di un contribuente per il reato di cui all'art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000, in quanto, nella sua qualità di legale rappresentante di una S.r.l., al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, per gli anni 2007 e 2008, non presentava, pur essendone obbligato, le relative dichiarazioni annuali, condannandolo così alla pena di anni uno di reclusione ed alle conseguenti pene accessorie. Avverso la predetta sentenza di condanna, veniva proposto appello dinanzi la Corte territorialmente competente, la quale, tuttavia, riteneva di dover confermare la decisione del giudice di prime cure.
Il contribuente ricorreva quindi dinanzi la Suprema Corte, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata ed articolando, a tal fine, tre motivi di gravame; in particolare:
La questione
Ora, è evidente come la definizione di imposta evasa, nella dinamica dei delitti dichiarativi di cui al D.Lgs. n. 74/2000, assuma un ruolo fondamentale per comprendere se un determinato contribuente, con la propria condotta, integri o meno le principali fattispecie dichiarative previste dal predetto decreto. Il tributo evaso rappresenta, infatti, un elemento costitutivo del fatto tipico di tali ipotesi delittuose da cui discende, quindi, la configurabilità in capo all'agente persona fisica di profili di responsabilità penale ovvero la sussistenza di una mera responsabilità di ordine amministrativo. Le soluzioni giuridiche
Ebbene, con la pronuncia in esame, la Terza Sezione della Corte di Cassazione, in estrema sintesi:
Osservazioni
Apparentemente, la sentenza in commento si limita a ribadire uno dei criteri fondamentali dell'attuale disciplina penale tributaria, vale a dire l'affermata reciproca autonomia fra il procedimento ed il processo di natura fiscale, da un lato, ed i corrispondenti di ordine penale, dall'altro. Tuttavia, a ben vedere, come già evidenziato da parte della dottrina (per un'analisi approfondita, si veda Di Siena M., La definizione dell'imposta evasa nella dinamica dei delitti dichiarativi: fra affermazioni draconiane ed incoerenze sistematiche, in Rivista di Diritto Tributario, fasc. 9, 2014), tale reciproca autonomia dei procedimenti costituisce più un'affermazione di principio che una realtà concreta, in quanto, una volta calata nella concretezza fattuale, la reciproca indipendenza dei procedimenti e dei processi tributario e penale (il cd. principio del doppio binario) soffre un contesto in cui appaiono sempre più intensi i reciproci condizionamenti.
Ciò in quanto il concetto penalistico di imposta evasa di cui all'art. 1, comma 1, lett. f) del D. Lgs. n. 74/2000 è prefigurato sulla scorta della nozione tributaria di imposta dovuta, con cui però non è perfettamente sovrapponibile, così come d'altronde è precisato anche dalla pronunzia in esame, la quale ribadisce un criterio di substance over form tale per cui si dovrebbe avere riguardo ai ricavi e costi d'esercizio fiscalmente detraibili ma in una prospettiva di maggiore attenzione alla sostanza rispetto alla forma. Tale impostazione, sebbene risulti efficace in prima istanza (nulla quaestio sulla circostanza che in ambito penalistico non possano riprodursi alcune rigidità tipiche della disciplina fiscale – è sufficiente considerare al riguardo l'impossibilità di decretare la responsabilità penale sulla base, ad esempio, delle presunzioni legali relative previste dalla disciplina tributaria), genera alcune non trascurabili perplessità una volta apprezzata la tendenza giurisprudenziale a considerare come fittizi anche i costi meramente indeducibili.
Difatti, se s'intende come fittizio ai sensi del D.Lgs. n. 74/2000 anche un costo meramente indeducibile (e non realmente inesistente), la conseguenza è che la nozione penalistica di imposta evasa finisca per coincidere con quella di imposta dovuta delineata dalla normativa sostanziale tributaria ed oggetto dell'azione di accertamento. Di talché, l'affermazione secondo cui, al fine di definire l'imposta evasa ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 74/2000, sarebbe necessario prendere le mosse dalle regole proprie della disciplina fiscale salvo poi prescinderne laddove le stesse siano incompatibili con l'assetto tipico del procedimento e del processo penali si affievolisce sino a perdere molta della propria efficacia persuasiva in termini argomentativi. E, infatti, se il difetto di competenza temporale ovvero il deficit d'inerenza di un determinato costo sono elementi in grado di porre capo alla fittizietà di un elemento passivo e, quindi, risultano idonei a determinare in via tralatizia un'imposta evasa apprezzabile nella dinamica del D.Lgs. n. 74/2000, è ragionevole dubitare di questa presunta prevalenza del dato sostanziale su quello meramente formale.
In tale prospettiva, l'enfasi posta sulla prevalenza della sostanza economica (che sarebbe tipica dell'ambito penalistico) rispetto alla forma normativa (che caratterizzerebbe invece la disciplina impositiva) appare, sotto molti profili, un'affermazione di bandiera che non può elidere la circostanza tale per cui, in tema di determinazione del tributo sottratto a tassazione, il procedimento amministrativo e quello penale tendono ad un risultato di sostanziale convergenza fattuale. D'altronde, la stessa giurisprudenza di legittimità postula la necessità che un eventuale differente apprezzamento dell'imposta evasa da parte del giudice penale debba formare oggetto di adeguata motivazione e ciò sulla scorta di puntuali elementi fattuali tali da rendere la stima penalistica più attendibile di quella operata dallo stesso Ufficio accertatore.
Ma se così è, non v'è dubbio che si è, in altri termini, in costanza di un sistema in cui la fondamentale regola astratta della separazione e della autonomia procedimentale e processuale fra l'ambito tributario e quello penale per quanto attiene alla determinazione dell'imposta evasa (e la sentenza in commento ne costituisce un esempio), nella prassi operativa, appare destinata a lasciare il passo ad una tendenziale convergenza. Ed è proprio questo, forse, il corretto approccio ermeneutico con cui va intesa la sentenza de quo, senza attribuire, quindi, eccessiva rilevanza sistematica all'affermata autonomia procedimentale e processuale in tema di determinazione del tributo evaso. Un principio innegabile ma da intendersi lasciando il dovuto spazio all'operatività del libero convincimento del giudice penale allorquando si tratti di accertamenti articolati sulla base di presunzioni legali ovvero di vicende tributarie incentrate sull'impossibilità per il contribuente di fare ricorso alla prova di natura testimoniale, ma, al tempo stesso, non negando (anzi implicitamente favorendo) una possibile convergenza fra la quantificazione amministrativa del tributo dovuto e la nozione di imposta evasa di cui al D.Lgs. n. 74/2000.
Un risultato ultimo condivisibile perché volto a scongiurare possibili conflitti fra i due contesti ed evita che le conclusioni dell'organo deputato all'esercizio dell'azione di accertamento (e se del caso del giudice speciale tributario) possano essere radicalmente contraddette da quelle raggiunte in ambito penalistico (che dovrebbe, invece, rappresentare la sede con le maggiori possibilità di accertamento della reale imposta evasa). |