I benefici fiscali a favore dei sodalizi sportivi dilettantistici
20 Dicembre 2016
Massima
Le movimentazioni finanziarie "interne" di una associazione sportiva dilettantistica (a.s.d.) in regime ex L. n. 398/1991 non sono rilevanti ai fini delle prescrizioni di cui all'art. 25, co. 5, L. n. 133/1999.
Attraverso tale norma il Legislatore ha voluto obbligare i soggetti che si avvalgono del regime agevolativo citato ad adottare strumenti finanziari tracciabili, in luogo del denaro contante, per determinate tipologie di transazioni, se di importo pari o superiore ad una certa soglia. La ratio di tale obbligo consiste nel seguire taluni "spostamenti di ricchezza" tra soggetti diversi e quindi scovare eventuale base imponibile sottratta ad imposizione fiscale, che sarebbe altrimenti più arduo individuare, considerando i semplificati obblighi contabili e fiscali previsti dal regime di favore in esame.
Alla luce di tutto ciò, le movimentazioni finanziarie interne, come ad esempio i prelevamenti in contante dal conto corrente bancario, non rappresentano spostamenti di ricchezza tra soggetti diversi e pertanto non assumono rilievo. Il caso
Nel corso del 2015 i funzionari dell'Agenzia delle Entrate - Dir. Prov.le Treviso hanno condotto una verifica fiscale nei confronti di una a.s.d. avente sede legale nel Comune di Castelfranco Veneto (TV). A seguito delle risultanze emerse nel corso di tale verifica è stata contestata l'applicazione delle agevolazioni di cui alla L. n. 398/1991, per il periodo di imposta 2010. Dal mancato riconoscimento delle agevolazioni in questione è derivata la richiesta di un importo complessivo pari a circa 67 mila euro, a titolo di maggiore IRES, IRAP e IVA e relative sanzioni e interessi, mediante la notifica di un avviso di accertamento nei confronti del sodalizio e del proprio rappresentante legale p.t., in qualità di coobbligato.
Nel 2016, avverso tale avviso di accertamento, veniva proposto ricorso dinanzi alla competente CTP Treviso che, attraverso la sentenza in commento, accoglieva tutte le doglianze del ricorrente, annullava l'avviso di accertamento e condannava l'Ufficio al pagamento delle spese di giustizia. La questione
Sotto il profilo "formale", l'Ufficio contestava all'a.s.d. una certa "esiguità" nella rendicontazione delle adunanze degli organi sociali (Assemblea degli associati e Consiglio Direttivo), oltre che la mancata indicazione della "denominazione sportiva dilettantistica" nelle comunicazioni rivolte al pubblico (ex art. 90, co. 17, L. n. 289/2002).
Tali contestazioni venivano entrambe rigettate in quanto la presunta esiguità nella rendicontazione assembleare, seppur veritiera, non può sinc et simpliciter mettere in discussione la democraticità della struttura associativa e quindi la qualifica di "ente non commerciale di tipo associativo". Dall'analisi della documentazione probatoria a supporto del ricorso, la Commissione poteva poi verificare il corretto utilizzo della denominazione sportiva dilettantistica attraverso l'acronimo "a.s.d.", eccezion fatta solo per alcune fatture passive emesse da terzi e per l'estratto conto bancario, che comunque non rappresentano nè un segno distintivo nè una comunicazione rivolta all'esterno. Dal punto di vista "sostanziale" invece la principale e più grave contestazione consisteva nel mancato rispetto del disposto dell'art. 25, co. 5, L. n. 133/1999, per aver il ricorrente effettuato movimentazioni finanziarie in contanti, quindi non adeguatamente tracciabili, di ammontare superiore alla soglia pari a euro 516,46, oltre che a causa di una generale "inattendibilità" dell'impianto contabile, come desumibile dalle modalità di redazione e tenuta della prima nota (con particolare riferimento alle movimentazioni bancarie).
Tale contestazione comportava la decadenza dei benefici fiscali concessi dalla L. n. 398/1991 e quindi la ricostruzione della base imponibile, ai fini delle imposte dirette e indirette, secondo le regole ordinarie. Ai fini IRES e IRAP, la base imponibile veniva quindi rideterminata come differenza tra componenti positivi e negati di reddito di competenza, in luogo dell'applicazione, al totale dei proventi commerciali incassati nell'anno, del coefficiente di redditività pari al 3%, come previsto dalle regole di cui alla L. n. 398/1991.
Ai fini IVA invece l'imposta dovuta veniva determinata come differenza tra IVA a debito e IVA a credito, in luogo dell'applicazione all'IVA a debito di una percentuale forfetaria di detrazione pari al 50% o al 33%, come previsto dalle particolari regole del regime di favore in questione. Inoltre, nella ricostruzione dei componenti positivi di reddito, i verificatori includevano, qualificandoli come proventi di natura commerciale, taluni contributi pubblici ricevuti dall'associazione e gli introiti da questa incassati in occasione di una manifestazione sportiva. Con riferimento a tali contestazioni di carattere sostanziale, la Commissione riteneva infondato ogni addebito, avendo il ricorrente assolto agli obblighi contabili previsti dalla normativa vigente oltre che alle prescrizioni in materia di tracciabilità dei pagamenti e degli incassi. I giudici di prime cure infine non consideravano rilevanti, ai fini della determinazione del reddito imponibile degli enti non commerciali, sia i contributi pubblici che i proventi derivanti dalla manifestazione sportiva. Le soluzioni giuridiche
La norma di cui all'art. 90, co. 17, L. n. 289/2002 obbliga i soggetti che intendono svolgere attività sportive dilettantistiche in forma collettiva (enti associativi, società di capitali o cooperative) a inserire nelle rispettive denominazioni o ragioni sociali il carattere "dilettantistico" e "sportivo". Nella C.M. n. 21/E/2003 l'Agenzia delle Entrate fornisce una interpretazione molto restrittiva di tale disposizione, in quanto afferma che l'indicazione della natura sportivo-dilettantistica dell'attività deve risultare in "tutti i segni distintivi o comunicazioni al pubblico", oltre che nella denominazione o ragione sociale, e che l'inosservanza di tale disposizione potrebbe comportare il disconoscimento dello status giuridico e quindi delle agevolazioni ad esso connesse.
Di parere contrario la CTR Torino che, attraverso la sent. n. 1072/34/15 del 19 ottobre 2015, ha sostenuto invece che la mancata specificazione del proprio nome non è sufficiente, in assenza di una approfondita analisi della singola fattispecie concreta, a giustificare il disconoscimento della natura giuridica e il conseguente recupero a tassazione del reddito imponibile. La CTP Venezia, con la sent. n. 113 del 19 novembre 2010, stabilisce poi che la prescrizione di cui all'art. 90, co. 17, L. n. 289/2002 non può essere estesa a qualsiasi manifestazione pubblicitaria esterna poichè tale interpretazione è contraria alla dizione letterale della norma in questione.
In conformità a tali pronunce giurisprudenziali si esprime anche la CTP Treviso, nella sentenza in commento, quando osserva che il ricorrente ha adottato la denominazione di "associazione sportiva dilettantistica" e che ha utilizzato la stessa, nella documentazione in uscita, sia pure attraverso l'acronimo "a.s.d.".
Il regime fiscale ex L. n. 398/1991 è il regime contabile e fiscale maggiormente utilizzato dalle associazioni e società sportive che effettuano attività commerciali, sia per le semplificazioni contabili che lo caratterizzano, sia per i numerosi vantaggi che presenta ai fini IVA, IRES e IRAP. Al fine di accedere a tale regime è necessario rispettare determinati requisiti di carattere formale e sostanziale, tra cui quello relativo alla tracciabilità delle movimentazioni finanziarie.
L'art. 25, co. 5, L. n. 133/1999 dispone infatti che "i pagamenti a favore di società, enti o associazioni sportive dilettantistiche e i versamenti da questi effettuati sono eseguiti, se di importo pari o superiore a 1.000 euro (soglia in vigore a partire dal 2015, mentre fino al 2014 era pari a 516,46 euro), tramite conti correnti bancari o postali a loro intestati ovvero secondo altre modalità idonee a consentire all'amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli...l'inosservanza della presente disposizione comporta la decadenza dalle agevolazioni di cui alla L. n. 398/1991".
La norma si riferisce espressamente a pagamenti e riscossioni in quanto l'intento del Legislatore è quello di monitorare adeguatamente i movimenti di ricchezza a favore del sodalizio sportivo (riscossioni) o a favore di terzi (pagamenti) e non i semplici "giroconti" tra il conto cassa e il conto corrente bancario. Nella fattispecie oggetto del ricorso, l'a.s.d. aveva prelevato alcune somme di denaro dal proprio conto corrente bancario, di ammontare superiore alla soglia di cui sopra, per effettuare, successivamente, diversi e singoli pagamenti in contanti, entrambi di importo sotto soglia e quindi non monitorabili. Per questo motivo il comportamento del contribuente non è stato considerato sanzionabile in sede contenziosa, uniformandosi il giudizio della CTP Treviso a quello di altre Commissioni Provinciali (cfr. sent. n. 296/2014 CTP Reggio Emilia, n. 144/2013 CTP Modena, n. 57/08/13 CTP Brescia). La normativa richiamata è stato oggetto di recenti e importanti modifiche (Riforma delle sanzioni amministrative tributarie di cui al D.Lgs. n. 158/2015) che prevedono, a partire dal 1° gennaio 2016, l'abrogazione della decadenza dal regime ex L. n. 398/1991 in caso di mancata osservanza del divieto di utilizzo di contanti per pagamenti o incassi di importi pari o superiori alla soglia determinata.
Ne consegue nel caso concreto che, quantunque non sia ravvisabile alcuna violazione degli obblighi di tracciabilità, sarebbe in ogni caso applicabile il nuovo regime sanzionatorio, in ragione del favor rei di cui all'art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997, per cui non si configurerebbe la decadenza dal beneficio delle agevolazioni. Infine i soggetti che adottano il regime agevolativo in questione non sono obbligati ad osservare specifiche modalità di compilazione e tenuta delle scritture contabili, assolvendo gli oneri di Legge esclusivamente mediante la compilazione e la tenuta del "Registro IVA contribuenti minori" di cui al D.M. 11 febbraio 1997. Di conseguenza le contestazioni in merito alla presunta "inattendibilità" dell'impianto contabile non sono giuridicamente fondate in quanto, nel caso degli enti non commerciali in regime ex L. n. 398/1991, potrebbe legittimamente non esistere affatto un impianto contabile.
Nella ricostruzione della base imponibile ai fini del calcolo di IRES, IRAP e IVA, l'Ufficio includeva tra i proventi commerciali del contribuente:
L'art. 143, co. 3, lett. b) TUIR (d.P.R. n. 917/1986) stabilisce che "non concorrono alla formazione del reddito degli enti non commerciali...i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi". Sulla base degli allegati al ricorso introduttivo, la CTP Treviso giudicava correttamente applicata al caso di specie la disposizione normativa sopra richiamata e concludeva quindi rigettando la contestazione dell'Ufficio.
In particolare i giudici ritenevano che non ci fosse alcun dubbio in merito alla concreta e genuina attività sportiva condotta dal ricorrente, in conformità alla missione istituzionale espressamente prevista nello Statuto sociale adottato, oltre che alla effettività del contenuto della convenzione sottoscritta con l'ente civico e finalizzata alla promozione e valorizzazione di attività sportive, non lucrative e meritorie presenti sul territorio comunale.
In generale e ai sensi dell'art. 143, co. 3, lett. a) TUIR (d.P.R. n. 917/1986) "non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali...i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione". Con specifico riferimento alle asd che hanno optato per l'applicazione del regime forfetario ex L. n. 398/1991, ai sensi dell'art. 25, co. 2, L. n. 133/1999 e come precisato dalla C.M. n. 43/E/2000, non sono imponibili ai fini IRES e IRAP:
Relativamente a quanto al n. 1), ovvero ai proventi derivanti da attività commerciale, va ricordato che essi sono assoggettati a IVA se l'associazione svolge abitualmente tali attività commerciali in quanto titolare di partita IVA. Il numero di manifestazioni sportive e/o raccolte fondi non può essere complessivamente superiore a 2 per anno e l'ammontare complessivo dei proventi derivanti dalle attività commerciali e/o raccolte fondi non può essere superiore a euro 51.645,69 (non in relazione al singolo evento ma complessivamente per l'insieme delle attività organizzate). I proventi conseguiti entro tale importo massimo non concorrono alla determinazione del plafond pari a euro 250.000,00 (art. 1, comma 5, D.M. n. 473/1999), mentre i proventi eccedenti il limite sono imponibili ai fini IRES, IRAP e IVA e concorrono alla determinazione del plafond. Per le raccolte pubbliche, entro 4 mesi dalla chisura dell'esercizio sociale, deve essere redatto un apposito rendiconto (art. 20, co. 1-bis, d.P.R. n. 600/1973), separato dal rendiconto annuale e accompagnato da una relazione illustrativa che descriva le modalità di reperimento e di impiego dei fondi raccolti.
Anche in questo caso i giudici ritenevano che alla fattispecie in esame fossero state correttamente applicate le prescrizioni di Legge e di conseguenza non accoglievano la ricostruzione reddituale operata dai funzionari verificatori. Osservazioni
La sentenza commentata, relativamente alle eccezioni di tipo formale, si uniforma alla consolidata giurisprudenza in materia che attribuisce prevalenza alla "sostanza" piuttosto che alla "forma", quando il comportamento adottato dal contribuente è ispirato ai principi della buona fede ed è coerente con la ratio delle norme. Per questo motivo i giudici di Treviso affermano che la mera "esiguità" nella rendicontazione assembleare non è sufficiente, in assenza di ulteriori fatti e circostanze che provino, in maniera incontrovertibile, l'assenza di democraticità nella vita associativa, l'assenza dello scopo non lucrativo e l'assenza della effettiva attività sportiva dilettantistica. Sicuramente non rientra tra queste circostanze l'impiego generalizzato dell'acronimo "a.s.d." nella documentazione in uscita, invece della denominazione estesa "associazione sportiva dilettantistica".
Ciononostante sarebbe comunque raccomandabile redigere tempestivamente e conservare con cura tutti i verbali degli organi sociali, al fine di provare senza ombra di dubbio la democraticità della struttura associativa, nel rispetto della Legge e delle regole statutarie adottate. Con riferimento alle presunte e giudicate infondate contestazioni in ordine alle agevolazioni contabili e fiscali, si ritiene analogamente consigliabile ai sodalizi sportivi, pur se non obbligati, di adottare sempre e comunque un ordinario sistema di rilevazioni contabili, idoneo a giustificare tutte le movimentazioni finanziarie, e di utilizzare tutti gli strumenti messi a disposizione dalla maggioranza degli istituti di credito (bancomat, home banking, pos, ecc.). Si consideri a tal proposito una ulteriore fattispecie concreta, spesso riscontrabile nella pratica operativa di tante asd: le quote associative, i contributi associativi e i corrispettivi specifici per la frequenza alle attività sportive vengono solitamente riscossi giornalmente in contanti, per singoli ammontari inferiori alla soglia di tracciabilità; tali introiti raccolti vengono poi cumulativamente depositati presso il conto corrente bancario intestato all'associazione, attraverso una unica operazione, che può essere di importo superiore alla soglia di cui sopra.
Tale movimentazione "interna", di spostamento di fondi dalla cassa contanti al conto corrente, potrebbe essere contestata come nel caso oggetto della querelle tributaria esaminata in questa sede.
In conclusione, adottare un sistema informativo contabile, oltre ad evitare qualunque tipo di contestazione, comporterebbe una serie di vantaggi e semplificazioni nell'importante fase della rendicontazione economico-patrimoniale e finanziaria, spesso trascurata e considerata come un adempimento imposto e da liquidare velocemente e in modo sintetico. Dinanzi al rischio di un accertamento fiscale, con enormi conseguenze di tipo patrimoniale e finanziario a carico dell'ente e del suo legale rappresentante, il costo di acquisto di un software e del personale di segreteria/tesoreria appaiono realmente trascurabili. Con riferimento infine alle contestazioni di natura sostanziale, si premette che le azioni di verifica e accertamento condotte dall'Amministrazione Finanziaria in materia di sport dilettantistico (e in generale nel settore non profit) sono fondamentali al fine di individuare e punire i soggetti non meritevoli che godono di benefici fiscali non spettanti e che rischiano di distorcere la libera concorrenza.
Tuttavia, considerando che le contestazioni dell'Ufficio sono state entrambe rigettate e che lo stesso è stato condannato al pagamento delle spese di giustizia, probabilmente le attività di controllo, nel caso in questione, non sono state condotte in modo esemplare così come tutte le fasi istruttorie successive all'emissione del p.v.c.
Si legge infatti nella sentenza che "l'Ufficio ha formalizzato un p.v.c. contenente le violazioni tributarie contestate, avverso il quale, ai sensi dell'art. 12, co.7, L. n. 212/2000, il ricorrente presentava memorie illustrative e forniva chiarimenti in merito...nonostante ciò, l'Ente accertatore...notificava nei confronti dell'Associazione l'avviso di accertamento qui contestato".
Un avviso di accertamento dell'ammontare di circa 67 mila euro, non adeguatamente fondato, può essere disastroso per una piccola associazione sportiva con sede in un ambito territoriale molto ristretto, oltre che per il proprio rappresentante legale.
Sarebbe quindi auspicabile che in tali vicende fosse prestata la massima attenzione alla natura delle attività effettivamente poste in essere, in modo da avere la certezza assoluta che, per esempio, i contributi o i fondi raccolti mediante convenzioni o manifestazioni pubbliche siano proventi commerciali tassabili e non entrate istituzionali. |