Difetto di notifica e decadenza dei termini per la riscossione

Carlo Ferrari
20 Giugno 2016

Con propria sentenza, pronunciata il 7 settembre 2015 e depositata in data 1° febbraio 2016, i Giudici di merito agrigentini hanno accolto il ricorso presentato dalla società A (ricorrente) e conseguentemente hanno provveduto ad annullare la cartella di pagamento da quest'ultima opposta, in virtù delle ragioni tutte di seguito rappresentate.
Massima

Non si applica il principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c., se il ricorso è tempestivo, ma è contestualmente proposto oltre il termine di decadenza per la riscossione, ex art. 25 del d.P.R. n. 602/1973.

Il caso

Nel novembre 2014 la predetta società riceveva in “notifica” (?) una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis, d.P.R. n. 600/1973, relativa all'anno d'imposta 2010, la quale tuttavia risultava essere intestata non già alla società A, destinataria dell'atto in parola, quanto piuttosto alla società B, già cessata nel 2012 e quindi incorporata dalla società C.. Purtuttavia, questo terzo soggetto giuridico era stato oggetto, a sua volta, di una ulteriore incorporazione ad opera della ricorrente società A che, rebus sic stantibus, era considerata indiretta incorporante della società B e dunque legittima destinataria dell'atto.

Le questioni giuridiche

Dato il fallace percorso logico seguito dall'AGE procedente, nel gennaio 2015, la "società A" presentava tempestivo ricorso avverso la summenzionata cartella di pagamento, della quale chiedeva quindi l'annullamento a causa, tra gli altri motivi di impugnazione, dei seguenti vizi:

  1. difetto di notifica – inesistenza della stessa –, in quanto la cartella era indirizzata a soggetto diverso (società B), soggetto peraltro ormai estinto;
  2. nullità della cartella e del ruolo in essa incorporato, per intervenuta decadenza, ex art. 25, co. 1, d.P.R. n. 602/1973.
Le soluzioni giuridiche

In merito al denunciato difetto di notifica sopra indicato al punto 1 – vizio qualificato dal difensore di parte ricorrente in termini di “inesistenza giuridica” della notificazione e quindi, per conseguenza, della cartella – è parere dei Giudici agrigentini aditi che a differenza di quanto prospettato dalla società ricorrente, esso debba rappresentare piuttosto una causa di mera nullità e non già di inesistenza giuridica della cartella, il cui procedimento notificatorio, per tale ragione, potrà e dovrà considerarsi sanato dall'eventuale e tempestiva proposizione del ricorso da parte del contribuente.

Tale principio consegue all'insegnamento portato dagli On.li Giudici della Suprema Corte, il cui giudizio maggioritario è che «la citazione in giudizio notificata ad una società già incorporata in un'altra è nulla per inesistenza della parte convenuta, ma tale nullità, rilevabile d'ufficio, resta tuttavia sanata per effetto della costituzione in giudizio della società incorporante, […], atteso che la “vocatio in ius” di un soggetto non più esistente, ma nei cui rapporti sia succeduto un altro soggetto, consente comunque di individuare il rapporto sostanziale dedotto in giudizio…», sicché seppur in costanza del denunciato vizio di notifica, la cartella di pagamento dovrà comunque ritenersi legittimamente notificata laddove il contribuente presenti un tempestivo ricorso.

A tal punto acquista inestimabile valore, ed anzi è proprio qui che trae origine la sua imponente forza deflagrante di “strategia difensiva” in possesso all'abile difensore tributario in grado di saperla ben spendere, il secondo dei motivi prospettati dalla società ricorrente, vale a dire quello attraverso il quale la stessa chiede la nullità della cartella (e con essa del ruolo incorporato), per intervenuta decadenza del diritto a procedere nei suoi confronti, ai sensi dell'art. 25, co. 1 - d.P.R. n. 602/1973.

In forza di tale norma, il cui dettato è oltremodo chiaro, la cartella di pagamento deve essere notificata al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza, «…entro il 31 dicembre: a) del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell'unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell'anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione prevista dall'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600», dacché consegue che laddove ciò non avvenga, il diritto alla riscossione vantato dall'ente creditore cesserà di esistere.

Orbene, malgrado anche in questo caso il parere dei Giudici agrigentini, la cui tesi ricalca in toto altra giurisprudenza di legittimità, è quello per cui «la natura sostanziale e non processuale dell'avviso di accertamento tributario […] non osta all'applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale […] con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l'effetto di sanare la nullità della notificazione dell'avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell'atto, ex art. 156 c.p.c. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza previsto dalle singole leggi d'imposta per l'esercizio del potere di accertamento», bisogna comunque segnalare che, proprio in forza del prefato principio, nonché in ragione delle argomentazioni espresse ne “i fatti” sopra menzionati, nel caso oggetto della vexata quaestio, la proposizione del ricorso ad opera della ricorrente società A non ha comportato alcuna sanatoria del difetto di notifica per raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c..

L'atto difensivo, infatti, è stato proposto sì entro i sessanta giorni dalla sua assunta notifica – invero affetta dal denunciato e riconosciuto difetto di notifica –, ma comunque oltre il termine di decadenza concesso all'Agente della riscossione per poter procedere, appunto, alla notifica della cartella di pagamento, a pena di decadenza, per l'annualità di imposta in contestazione (anno 2010).

In altre parole, la circostanza che l'attività di riscossione portata dalla cartella di pagamento in argomento afferiva all'anno d'imposta 2010, il cui termine ope legis previsto per procedere alla notifica della cartella di pagamento era il 31 dicembre del 2014, unitamente alla circostanza che il ricorso sia stato proposto dalla società A nel gennaio 2015, ovverosia oltre il predetto termine, ha comportato che alcuna sanatoria ex art. 156 c.p.c. abbia trovato compimento, con conseguente accoglimento del ricorso e annullamento, per l'effetto, della cartella di pagamento opposta.

I precedenti giurisprudenziali

Appare chiaro che, alla luce della giurisprudenza che il Consesso Giudicante agrigentino ha inteso porre a corroboramento della tesi argomentativa della decidenda controversia – Cass. civ., SS. UU., 5 ottobre 2004, n. 19854 –, il pronunciamento non poteva che essere quello anzi detto.

Di fatti, il principio esposto dal Plenum della Suprema Corte di Cassazione, in occasione della sentenza sopra citata, prevede che l'istituto della sanatoria del difetto di notifica per avvenuto raggiungimento dello scopo e quello della decadenza dal diritto per esercitare i poteri di accertamento concesso all'A.F., debbano essere analizzati e legati a doppio filo diretto.

In altri termini, affinché possa trovare applicazione la sanatoria ex art. 156, co. 3 del c.p.c., non dovranno essere contestualmente spirati i termini di decadenza di cui agli artt. 43 del d.P.R. n. 600/1973 (avviso di accertamento), o alternativamente art. 25, d.P.R. n. 602/1973 (cartella di pagamento), dato che come per tabulas riscontrabile, il disposto in epigrafe recita, testualmente, come segue: «il meccanismo della sanatoria deve essere combinato con quello, indefettibile, della decadenza dall'esercizio del potere, per cui la sanatoria può verificarsi solo se avvenuta prima del decorso del termine di decadenza».

Inoltre, è ulteriore e chiaro insegnamento degli ermellini quello per cui «la notificazione costituisce un elemento essenziale della fattispecie necessaria per evitare la decadenza dell'Amministrazione»sicché, a ben vedere, il procedimento notificatorio acquista importanza fondamentale e preminente, dovendosi così dedurre che la natura recettizia dell'atto riscossivo e/o impositivo, per cui l'atto esiste ed acquista efficacia dal momento in cui il soggetto debitore dell'imposta ne viene a conoscenza – conoscenza legale –, non può prescindere dalla rituale notificazione, quale fase ultima di perfezionamento della fattispecie procedimentale.

Attenzione però che i Giudici di legittimità effettuano un'altra ed importante precisazione, ovverosia che: «la decadenza dell'Amministrazione finanziaria dal potere di accertamento […] non produce l'inesistenza degli atti impositivi successivamente emanati, per cui anche in tal caso il contribuente ha l'onere di dedurre la decadenza come specifico vizio nel ricorso introduttivo dinanzi alle commissioni tributarie, escludendosi un potere di declaratoria ex officio del giudice».

Pertanto, laddove il contribuente dovesse essere destinatario di un atto che sia contestualmente affetto da difetto di notifica, e per il quale il termine concesso all'A.F. per procedere all'accertamento sia ormai spirato, è bene che questi non rimanga ignavo, ma si attivi, piuttosto, al fine di ottenere una declaratoria di annullamento dell'atto ad opera del giudice competente, vale a dire il Giudice Tributario.

Evidentemente, in siffatta ipotesi, la proposizione del ricorso con cui il contribuente intenda far valere la decadenza dal potere accertativo in seno all'A.F. «non svolgerà in nessun caso un indiscriminato effetto sanante nei confronti di tale vizio» dacché, come ut supra ricordato, «dall'esercizio del diritto di difesa mediante proposizione del ricorso non può mai derivare una convalida ex tunc di un atto imperfetto, di per sè inidoneo ad evitare la decadenza».

Conclusioni

Orbene, in ragione di tutto quanto fin qui argomentato, laddove il procedimento notificatorio sia affetto da qualsivoglia vizio in grado di inficiarne la validità, l'atto non verrà concretamente ad esistenza per il suo destinatario, a meno che questi, nonostante il prospettato vizio, non provveda comunque a promuovere l'impugnazione entro il termine di decadenza ex lege imposto agli Enti preposti ad attività accertativa (Agenzie fiscali) e/o riscossiva (Agente della riscossione).

Ne consegue, dunque, che il perfezionamento dell'atto, ovvero la piena conoscenza di quest'ultimo in seno al suo destinatario, dovrà ricondursi, ontologicamente e temporalmente, alla data di proposizione del ricorso e non già alla data di ricevimento dell'atto nullo, poiché sarà a seguito dei fatti concludenti (proposizione del ricorso) che il contribuente manifesterà di essere addivenuto alla giuridica conoscenza della pretesa.

Dunque, volendo schematizzare e sintetizzare, nell'ipotesi in cui il contribuente riceva un atto, la cui notifica risulti viziata da nullità, potrà delinearsi la seguente duplice circostanza:

  1. l'atto viziato da nullità della notifica viene impugnato entro il termine in cui l'Ufficio impositore potrà ancora esercitare la propria potestà di accertamento;
  2. l'atto viziato da nullità della notifica viene impugnato oltre il predetto termine di decadenza per l'attività accertativa.

Nell'ipotesi sub a), malgrado la sussistenza della causa di nullità della notifica dell'atto, i giudici di legittimità sottolineano che la proposizione del ricorso produrrà effetto sanante della nullità per raggiungimento dello scopo, perché in siffatta ipotesi la dimostrazione dell'acquisita conoscenza dell'atto di cui trattasi (proposizione del ricorso), che comporta il venire ad esistenza dell'atto medesimo, sarà avvenuta entro l'arco temporale in cui l'atto poteva ancora perfezionarsi, non essendo l'Ufficio procedente decaduto dal potere di accertamento.

Ex adverso, vertendo nell'ipotesi sub b), vale a dire nel caso in cui il ricorso sia proposto successivamente all'intervenuta decadenza dell'Ufficio dall'esercizio del potere impositivo, alcun effetto sanante potrà venire ad esistenza, dovendosi in questo caso prevedere la sopracitata collisione tra il meccanismo della sanatoria e l'istituto della decadenza, in favore di quest'ultima.

Ancora una volta, quindi, l'unica conclusione possibile sarà che la sanatoria per effetto dell'impugnazione potrà verificarsi nel solo caso in cui il ricorso sia proposto prima del decorso del termine di decadenza per l'esercizio del potere accertativo.

In conclusione è chiaro, dunque, che a prescindere da quale che sia la fattispecie di volta in volta in essere – proposizione entro i termini di decadenza, o oltre essi – è parere della Suprema Corte di Cassazione che in entrambi i casi si sia in presenza di una sorta di “fictio iuris” in virtù della quale, vi è una perfetta coincidenza temporale tra il momento della proposizione del ricorso a sua volta coincidente con quello della ricezione dell'atto e quello dell'esercizio dell'attività accertatrice.

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