La negazione della richiesta di rateazione tra abuso di discrezionalità e difetto di motivazione
26 Aprile 2016
Massima
Ai sensi dell'art. 19, D.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, l'accoglimento da parte dell'agente della riscossione della richiesta di rateazione del debito iscritto a ruolo è subordinata all'accertata impossibilità temporanea del debitore di eseguire il pagamento secondo un piano di rateazione ordinario e, al contempo, dell'accertata solvibilità nel maggiore arco temporaneo richiesto. Eventuali motivi ostativi all'accoglimento della richiesta devono essere concreti e non invocati pretestuosamente in danno al diritto soggettivo dell'istante al godimento dell'agevolazione nel pagamento. Il caso
La società iscritta a ruolo produceva all'agente della riscossione l'istanza tesa a ottenere un piano straordinario di rateazione, in luogo di quello ordinario. A mente di quanto previsto dal comma 1-quinquies dell'art. 19, a corredo dell'istanza allegava la documentazione comprovante la situazione temporanea di obiettiva difficoltà ad adempiere non derivante da proprie responsabilità e la capacità futura, nel maggior arco temporaneo di rateazione, di solvibilità dei propri debiti. L'agente della riscossione, pur non contestando l'idoneità probatoria della documentazione acquisita per la concessione della rateazione, subordinava l'accoglimento della richiesta ad ulteriori adempimenti, cautelativi della riscossione del credito erariale, non previsti dalla legge. La questione
L'art. 19, D.p.r. n. 602/1973, subordina la concessione della dilazione del pagamento del debito iscritto a ruolo all'esistenza di una situazione “temporanea” di “obiettiva” difficoltà all'adempimento da parte del debitore iscritto a ruolo. A causa della disposizione di legge vaga e indeterminata nella previsione dei requisiti di accesso al beneficio della rateazione, Equitalia Spa ha provveduto a predeterminare linee guida e criteri rilevatori di situazioni di obiettività e temporaneità dell'inadempimento affidandosi a indici economico-aziendali di applicazione generale. Occorre precisare che le direttive all'uopo divulgate dal Gruppo Equitalia rappresentano atti di natura interna, finalizzati a stabilire regole di giudizio e di comportamento vincolanti per le sedi periferiche chiamate ad esercitare il potere di disporre, o negare, la rateazione richiesta.
Tale predeterminazione, da un lato, è senz'altro opportuna perché tesa a limitare la discrezionalità nella decisione da assumere e ad assicurare una omogeneità di comportamento da parte delle sedi periferiche chiamate a pronunciarsi sulle istanze di rateazioni ricevute. Dall'altro lato, l'applicazione generalizzata di procedure e indici non considera le caratteristiche del singolo soggetto istante e ciò alimenta un contenzioso che, causa l'attuale congiuntura economica, assume sempre più rilievo nella giurisprudenza tributaria, attesa l'attribuzione al giudice tributario delle controversie relative ai dinieghi, anche parziali, delle richieste di rateazione (cfr. Cass. civ., sez. un., 30 marzo 2010, n. 7612; Cass. civ., sez. un., 1 luglio 2010, n. 15647; Cass. civ., sez. un., 7 ottobre 2010, n. 20228, Cass. civ., sez. un., 14 marzo 2011, n. 5928).
Dal potere vincolante delle direttive nei confronti degli uffici periferici, discende in capo al debitore istante il legittimo affidamento nell'accoglimento della richiesta di rateazione che risulti conforme alle direttive stesse. Ne consegue che se l'atto di diniego emesso dall'ufficio periferico imponga criteri diversi o più restrittivi di quelli previsti, la direttiva generale diventa il parametro che l'interessato può invocare innanzi al giudice per chiedere che l'agente della riscossione rispetti i limiti che gli sono imposti da un soggetto ad esso gerarchicamente sovraordinato (BASILAVECCHIA M., “Sui criteri di valutazione della temporanea difficoltà”, in G.T. Rivista di Giurisprudenza tributaria, n. 7/2011). Le soluzioni giuridiche
Il caso concreto risolto verte sulla negazione della proposta di rateazione avanzata dal debitore a causa di una richiesta supplementare dell'agente della riscossione, non ottemperata dall'istante, di acquisizione di garanzie accessorie, rispetto alla positività degli indici aziendali di solvibilità, chieste a ulteriore tutela della riscossione del credito.
A tale proposito, deve premettersi che l'agente della riscossione, pur essendo un soggetto di natura privata, nella riscossione coattiva dei crediti erariali agisce secondo le regole tipiche dell'esercizio di pubbliche funzioni seppure, per la sua natura di soggetto privato, gli è riconosciuta la facoltà di ricorrere ad istituti di diritto privato quando ciò si renda necessario per adeguare l'esercizio della funzione alle esigenze del caso concreto.
Quanto agli interessi delle parti che coinvolgono la richiesta di un provvedimento di rateazione, essi hanno un contenuto pubblico. Da un lato, infatti, v'è l'esigenza di tutela della soddisfazione, rapida e sicura, della pretesa creditoria dell'ente pubblico. Dall'altro lato, v'è l'interesse del privato a diluire nel tempo il pagamento. Interesse riconducibile a valori economico-sociali, quali il lavoro, la famiglia, la salute, l'iniziativa economica, la proprietà e il risparmio, meritevoli di tutela giuridica al pari dell'interesse pubblico alla riscossione dei tributi. In caso di richiesta di rateazione del debito, quindi, l'agente della riscossione è tenuto alla valutazione ponderata dei contrapposti interessi e all'adozione della soluzione che comporti il minor sacrificio per entrambi. In tale ambito, peraltro, appare inevitabile la scelta discrezionale, seppure secondo ragionevolezza, della soluzione da adottare nel caso concreto.
La dottrina (CONSOLO – GLENDI, “Commentario breve alle leggi del Processo tributario”) giunge a tale conclusione sulla scorta di una serie di considerazioni. In primo luogo, rileva il dato testuale della norma, laddove prevede che “L'agente della riscossione … può concedere (e non “deve” concedere – n.d.r.)”. In secondo luogo, osserva che la scelta discrezionale di concedere il beneficio o, nell'affermativa, di stabilire la durata del beneficio stesso non trova ostacoli in disposizioni di legge né, tanto meno, nella Costituzione (v. la riserva di legge di cui all'art. 23 Cost. che deve intendersi riferita alla disciplina sostanziale del tributo e all'attività di accertamento). Ne consegue che nella fase della riscossione dei tributi, quando non si controverte sull'esistenza del debito e sulla sua quantificazione, come nel caso di richiesta di rateazione del debito, la discrezionalità nell'operato dell'ente preposto alla riscossione deve ritenersi legittima.
Alla possibilità di operare scelte discrezionali nella valutazione di un atto di concessione della rateazione, per l'agente della riscossione consegue il potere di prevedere nell'atto di rateazione un contenuto accessorio o eventuale rispetto a quanto ordinariamente previsto dalla legge. A tale proposito, infatti, riguardo ai provvedimenti discrezionali (e non vincolati) nel diritto amministrativo si ammette l'apposizione di elementi accidentali per consentire all'amministrazione pubblica di modellare gli atti secondo gli interessi coinvolti (a tale proposito, nella Direttiva n. 12/2008, par. 4.3, Equitalia Spa afferma che il procedimento di valutazione dell'istanza di rateazione è disciplinato dai principi dettati della Legge n. 241/1990. Per esempi concreti di applicazione nell'atto di concessione di elementi accessori non previsti dalla legge, cfr. Ministero delle Finanze, Circolare 26 gennaio 2000, n. 15; Agenzia delle Entrate, Circolare 1° ottobre 2003, n. 52; per la giurisprudenza, CTC 10 aprile 2003, n. 5587).
Resta fermo, ovviamente, che il contenuto dell'atto di accoglimento o di rigetto della richiesta di rateazione deve essere adeguatamente motivato, anche in relazione agli elementi accessori, in ordine all'avvenuta composizione degli interessi coinvolti ovvero alle ragioni dell'impossibilità della loro composizione. Osservazioni
Nella sentenza in esame, alla luce delle direttive emanate dalla sede centrale di Equitalia Spa, la parte privata aveva prodotto al giudice la documentazione, contabile e amministrava, che comprovava la grave situazione di difficoltà ad adempiere legata alla congiuntura economica (per responsabilità non imputabile al richiedente) e la solvibilità futura evidenziata dal piano di rateazione proposto. Per contro, nell'atto di diniego e nella sede processuale, l'agente della riscossione asseriva, sic et simpliciter, di aver ravvisato la necessità di una preventiva acquisizione di altre garanzie di assolvimento del debito a cui la parte istante si era opposta.
Tale motivazione del diniego all'accesso del beneficio non pare condivisibile. In via generale, infatti, pur in presenza di una inevitabile discrezionalità nella valutazione, secondo ragionevolezza, della soluzione da adottare nel caso concreto, per evitare che la stessa discrezionalità sfoci nell'irrazionalità o, peggio, nell'arbitrio, l'agente della riscossione non può auto esonerarsi dal motivare le ragioni per cui, da un lato, ritiene non sufficienti le garanzie acquisite per il pagamento del debito erariale e, dall'altro lato, ne chiede altre individuandole nel dettaglio. A maggior ragione quando il contribuente, come nel caso concreto, risulta aver ottemperato alle disposizioni di legge e alle direttive di prassi emanate da Equitalia Spa e risulta aver prodotto all'agente della riscossione competente quanto entrambe gli richiedevano.
Proseguendo l'analisi sul piano processuale, segnatamente al governo in giudizio dell'onere della prova, v'è da osservare che nell'atto di controdeduzioni l'agente della riscossione non aveva contestato la valenza della documentazione prodotta dal contribuente a comprova della presenza degli elementi di legge previsti per l'accesso al beneficio (atto necessario per legittimare il provvedimento di diniego, cfr. CTR Lombardia, 24 maggio 2011, n. 60). La circostanza rileva perché la documentazione prodotta ineriva ad atti afferenti questioni fattuali e non di diritto, con la conseguente applicazione dell'art. 115, comma 1, c.p.c., secondo cui “salvo i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione (…) i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita” (nel processo tributario tale regola di giudizio deriva dal principio dispositivo riconosciuto alle parti, cfr. Cass. civ., sez. trib., 23 maggio 2005, n. 10867, Cass. civ., sez. trib. 24 gennaio 2007, n. 1540, Cass. civ., sez. trib. 22 febbraio 2008, n. 4605). A tale riguardo, chiosando sulla sentenza in esame, potrebbe ritenersi che a fronte della mancata contestazione delle questioni di fatto costitutive il diritto soggettivo invocato dal ricorrente, per l'accoglimento del ricorso il giudice poteva limitarsi all'applicazione del principio di non contestazione senza successivo vaglio nel merito dei diversi motivi avanzati dalla parte resistente.
Motivi che, proseguendo nell'analisi, sul piano sostanziale paiono in parte contra legem e in parte non motivati. Quanto alla pretesa dell'agente della riscossione della previa iscrizione ipotecaria di un bene immobile, essa pare addirittura in contrasto con il dettato del comma 1-quater dell'art. 19 citato, secondo cui “Ricevuta la richiesta di rateazione, l'agente della riscossione può iscrivere l'ipoteca (…) solo nel caso di mancato accoglimento della richiesta…”. In altri termini, l'iscrizione ipotecaria non costituisce il presupposto della concessione della rateazione, ma la conseguenza della sua negazione.
Quanto invece alla richiesta di composizione stragiudiziale concordata tra i creditori del pignoramento immobiliare, trattasi di un elemento accessorio non richiesto dalla norma per la concessione della rateazione che potrebbe ricondursi all'esercizio, purché legittimo, della discrezionalità riconosciuta all'agente concessionario. Sennonché, come visto, nell'atto di diniego, alla sua previsione non si accompagnava la motivazione dell'asserita necessità di acquisizione, pur in presenza degli elementi contabili (non contestati) certificativi della garanzia di una futura, sicura solvibilità dell'istante. Non solo: così formulata, la richiesta dell'agente della riscossione pare violatoria del principio di proporzionalità, secondo cui l'interesse finanziario dello Stato deve arrecare il minimo danno possibile agli interessi dei contribuenti, considerato che il credito erariale risultava sufficientemente garantito dalla non contestazione degli indici aziendali di solvibilità (per un caso pratico di applicazione del principio di proporzionalità, cfr. Cass. civ., sez. un., 22 febbraio 2010, n. 4077, ove proprio con riferimento all'art. 77, D.p.r. n. 602/1973, la Corte esclude la possibilità di iscrizione di ipoteche per crediti inferiori a euro ottomila).
Infine, una chiosa sulla natura della sentenza in esame. Per autorevole dottrina (BASILAVECCHIA M., “Sui criteri di valutazione della temporanea difficoltà”, cit.), in caso di impugnazione di un provvedimento di diniego di rateazione, la sentenza del giudice tributario non ha valore sostitutivo del provvedimento stesso. Nelle controversie riconducibili allo schema classico del giudizio di impugnazione di atti discrezionali, infatti, non compete al giudice né concedere la dilazione né fissare la durata e l'entità delle rate. L'effetto della sentenza in esame, di accoglimento del ricorso, è di determinare in capo all'agente della riscossione l'obbligo di fornire una nuova risposta alla richiesta di rateazione, orientata alle motivazioni della decisione stessa e, quindi, indirettamente, ai motivi di ricorso accolti. |