Il requisito dell'inerenza di un costo deve essere provato dal contribuente
21 Giugno 2017
Massima
Il requisito dell'inerenza di un costo, come previsto dall'art. 109 comma 5 Tuir, deve essere provato dal contribuente. L'onere della prova dell'inerenza del costo grava quindi sul contribuente il quale, se non riesce a dimostrare l'inerenza stessa, potrà vedersi non riconosciuta la deducibilità del costo in questione. Il contribuente è tenuto anche a dimostrare la coerenza economica dei costi sostenuti durante l'esercizio dell'impresa, nel caso in cui l'amministrazione finanziaria contesti la congruità dei costi stessi esposti in dichiarazione. Il caso
La corte di Cassazione si è trovata a valutare un caso riguardante un avviso d'accertamento con cui l'Agenzia delle Entrate contestava e disconosceva alcuni costi dedotti dal contribuente, accertando maggior IRES, IRAP e IVA. Il contribuente, a seguito di tale avviso d'accertamento, presentava ricorso in commissione tributaria provinciale, la quale accoglieva le rimostranze del ricorrente. Successivamente, l'Agenzia delle Entrate, non soddisfatta della decisione del giudice di primo grado, decideva di proporre ricorso in commissione tributaria regionale, la quale modificava quanto stabilito dal giudice di prime cure e, nel merito, sanciva l'indeducibilità di alcuni costi sostenuti dall'impresa. Tali costi, infatti, venivano ritenuti non incisivi nell'attività svolta dal contribuente e, quindi, non potevano concorrere a formare il reddito dell'impresa soggetta ad accertamento. In secondo luogo la CTR evidenziava come il requisito dell'inerenza dei costi all'attività dell'impresa non fosse stato dimostrato, in sede giurisprudenziale, dal contribuente. Il contribuente rifiutava la decisione della CTR e ricorreva in Cassazione contestando, innanzitutto, la contraddittorietà della motivazione della sentenza e, in secondo luogo, un'insufficiente motivazione della stessa. A parere del contribuente il giudice d'appello avrebbe dovuto prioritariamente verificare l'effettivo contenuto dei costi portati in deduzione e contestati. Solo successivamente a tale verifica, il giudice avrebbe potuto e dovuto valutare se il costo in questione fosse in grado di dispiegare un'utilità economica per il contribuente.
La corte di Cassazione ha deciso sul tema con la sentenza n. 9466 del 12 aprile 2017, rigettando il ricorso del contribuente e condannandolo alla rifusione a favore dell'Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità.
La suprema corte ha ricordato come sia compito esclusivo del contribuente dimostrare i presupposti dei costi che concorrono alla formazione del reddito d'impresa. Inoltre, nel caso in cui l'amministrazione finanziaria contesti la coerenza dei costi portati in deduzione, sarà il contribuente stesso a dover comprovare la coerenza economica dei costi sostenuti nell'esercizio dell'attività. L'amministrazione finanziaria, da parte sua, è tenuta a provare l'esistenza di un reddito imponibile e la qualità di debitore del contribuente. La questione
La questione, come detto in precedenza, deriva da un avviso d'accertamento con il quale l'Agenzia delle Entrate disconosceva le componenti di reddito negative per costi sostenuti per consulenze e sperimentazioni cliniche ai fini IRES ed IRAP e la detrazione IVA relativa ai costi per dette attività. Tale contestazione era condivisa anche dalla commissione tributaria regionale la quale ha ritenuto che i costi sostenuti dalla ricorrente ed individuati come "consulenze", effettuate dopo l'immissione in commercio dei prodotti medicinali, contrariamente a quanto ritenuto in primo grado, non erano deducibili dalla società verificata, poiché la stessa non era attrezzata per effettuare ricerca per specialità medicinali e non svolgeva attività produttiva, e questi oneri non influivano sulla attività commerciale da questa svolta e non concorrevano a formarne il reddito. Inoltre, il giudice concludeva ricordando che il contribuente non aveva provato la effettiva inerenza dei costi dedotti.
Il contribuente ha quindi proposto ricorso in Cassazione per contraddittoria o illogicità della motivazione e sostenendo che la CTR avrebbe dovuto accertare l'effettivo contenuto delle attività contestate e stabilire se in funzione di tale contenuto la sperimentazione potesse dispiegare un'utilità economica per la società di distribuzione. Fermo restando quanto previsto dall'art. 109 comma 5 Tuir, ossia “Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi.”, la questione oggetto della sentenza in commento verte sulla definizione di costo inerente e coerente con l'attività dell'impresa, la sua eventuale deducibilità dal reddito imponibile e la titolarità dell'onere della prova ai fini della dimostrazione di tali requisiti. Le soluzioni giuridiche
Con la sentenza in commento, la suprema corte ha confermato una tesi giurisprudenziale ormai consolidata secondo la quale in tema di accertamento delle imposte sui redditi spetta al contribuente l'onere della prova dei presupposti di costi ed oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d'impresa. È il contribuente, quindi, a dover dimostrare l'inerenza dei costi portati in deduzione e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi. Inoltre, nel caso in cui l'amministrazione finanziaria dovesse contestare la congruità dei dati relativi a costi e ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni fiscali, sarà anche in questo caso il contribuente a dover dimostrare la coerenza economica dei costi sostenuti dall'impresa sottoposta ad accertamento.
Nel caso in cui tale prova non sia fornita dal contribuente, sarà considerata legittima la negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato ai ricavi o all'oggetto dell'impresa, così come previsto anche dalla sentenza di Cass. 27/03/2013, n. 7701. Per fornire la prova della coerenza e dell'inerenza del costo non è sufficiente che il costo stesso sia registrato in contabilità in maniera corretta dall'imprenditore. È necessario, anche, che venga esibita una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l'importo, la ragione e la coerenza economica della stessa. Anche in questo caso, se la prova non viene fornita, sarà legittima la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all'oggetto dell'impresa, tesi quest'ultima già espressa dalla suprema corte con la sentenza. Cass. 08/10/2014, n. 21184. La suprema corte, richiamandosi alla sentenza Cass., n. 16461 del 1 luglio 2013, ha confermato la tesi secondo la quale all'amministrazione finanziaria spetta l'onere di provare l'esistenza del reddito imponibile e, in secondo luogo, la qualità di debitore del contribuente. L'onere della prova gravante sul contribuente, invece, riguarda la dimostrazione della sussistenza dei presupposti di eventuali esenzioni d'imposta o componenti negativi del reddito.
Da ciò ne deriva che se in sede processuale l'amministrazione finanziaria ha svolto deduzioni ed argomentazioni per dimostrare l'insussistenza di oneri e costi deducibili ed inerenti alle attività produttive del contribuente, tali comportamenti non determinano alcuna inversione dell'onere della prova. Inoltre la suprema corte si è soffermata anche sulla definizione di spese per attività di ricerca e sviluppo, ricordando come non vi e' dubbio che la commercializzazione di qualsiasi prodotto comporti l'acquisizione di informazioni e feedback con l'utenza per verificare la capacità, del prodotto stesso, di penetrazione del mercato. Solo così facendo sarà possibile adeguare le strategie commerciali e assumere eventuali correzioni e/o accorgimenti. Tali informazioni, però, devono essere coerenti con la attività svolta e funzionali alla stessa. Infatti è assodato che non ogni costo rilevante per la società (e quindi sostenuto) può essere dedotto ai fini delle imposte sui redditi. Possono essere dedotti solo quei costi che rispondono alla nozione di inerenza descritta in precedenza, la cui prova incombe – come detto - sul contribuente. Osservazioni
La sentenza oggetto del presente approfondimento chiarisce alcuni aspetti particolari, fra i quali:
Riguardo al primo caso la Cassazione ha confermato che l'onere della prova dei presupposti di costi ed oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d'impresa, come ad esempio la loro inerenza, incombe sul contribuente.
Riguardo alla seconda questione, la Cassazione ha ripetuto quanto sostenuto in altre sentenze, ossia che l'amministrazione finanziaria ha il solo onere di provare l'esistenza di un reddito imponibile e la qualità di debitore del contribuente. Nel caso in cui l'amministrazione stessa svolgesse deduzioni ed argomentazioni per dimostrare l'insussistenza di oneri e costi deducibili ed inerenti alle attività produttive del contribuente, tale comportamento non determina l'inversione dell'onere della prova.
Infine, riguardo il terzo aspetto, la suprema Corte ha sentenziato che il contribuente è tenuto anche a dimostrare la coerenza economica dei costi sostenuti nell'attività d'impresa e, conseguentemente dedotti dal reddito imponibile. Tale dimostrazione deve essere fornita nel caso in cui la coerenza stessa venga contestata dall'Amministrazione finanziaria. Per fornire tale prova, non e' sufficiente la corretta registrazione contabile della spese in oggetto, ma sarà necessaria una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre all'importo, la ragione e la coerenza economica della stessa. |