Per l'atto di cessione di un fabbricato da demolire la sostanza prevale sulla forma

25 Agosto 2016

In materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta la riqualificazione dell'atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell'imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce.
Massima

In materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta la riqualificazione dell'atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell'imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce.

Il caso

L'Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione avverso una sentenza della CTR che, in accoglimento dell'appello di una società, aveva annullato un avviso di liquidazione con cui l'Ufficio aveva riqualificato un atto di cessione di fabbricato da demolire come un atto di cessione di un terreno edificabile.

In particolare la ricorrente denunciava la violazione dell'art. 20 d.P.R. n. 131/1986, nonchè degli artt. 1322 e 1362 c.c. in quanto dagli atti di causa risultava in modo chiaro che la reale intenzione delle parti era quella di alienare l'area edificabile, in quanto dopo la cessione vi era stata la richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato esistente; tale potere di riqualificazione, inoltre era espressamente consentito alla luce dell'interpretazione dell'art. 20 del T.U.R.

La Cassazione, con la pronuncia in commento, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, ricordando un recente orientamento secondo il quale “in materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta la riqualificazione dell'atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell'imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce” (cfr. Cass. civ., n. 24799/2014 e n. 16983/2015).

Nel caso di specie, l'errore della CTR sarebbe stato quello di limitare l'indagine interpretativa al solo contenuto testuale dell'atto tassato, disattendendo il nuovo indirizzo secondo cui gli atti vanno interpretati in ragione degli effetti giuridici oggettivamente prodotti ed ignorando gli elementi offerti a supporto dall'Ufficio, come la richiesta di DIA con demolizione del preesistente fabbricato e successivo rilascio della concessione edilizia.

Le questioni

La questione fondamentale trattata dalla pronuncia in commento attiene alla possibilità per l'Amministrazione finanziaria di riqualificare ai fini dell'imposta di registro un atto negoziale, privilegiando la sostanza dell'operazione sottostante rispetto alla forma ed avvalendosi anche di elementi estranei al negozio riqualificato. In altri termini ci si chiede se sia possibile tassare un atto in ragione degli effetti giuridici che lo stesso oggettivamente produce. Nel caso di specie si trattava di un atto di compravendita di fabbricato che l'Ufficio aveva riqualificato, sulla base di una serie di elementi indiziari, come cessione di area edificabile (che assume ben altro valore anche ai fini di un'eventuale plusvalenza ai fini delle imposte dirette).

Inoltre va indagata la natura dell'art. 20 del TUR secondo cui "l'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente", per verificare se abbia natura di norma antielusiva (con tutto le conseguenze che la stessa comporta, soprattutto in tema di onere probatorio e garanzie procedimentali) o se la stessa contenga solamente una regola interpretativa che mira a tassare gli atti sulla base della capacità contributiva di cui essi sono espressione.

Le soluzioni giuridiche

Spesso i contribuenti impugnano avvisi di accertamento con i quali gli Uffici accertano una plusvalenza imponibile ai fini IRPEF a carico del venditore persona fisica considerando la cessione di un fabbricato c.d. “da demolire” quale cessione di area edificabile, con applicazione del trattamento fiscale relativo a quest'ultima operazione.

Com'è noto, ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR sono redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante “cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, … a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione

Come emerge dalla norma, tali plusvalenze subiscono un trattamento differenziato a seconda della tipologia del cespite alienato (fabbricato, area edificabile), con la conseguenza che al fine di individuare il corretto trattamento fiscale applicabile ad una cessione immobiliare è indispensabile valutare le caratteristiche del bene immobile trasferito.

Ai fini delle imposte dirette spesso gli Uffici prescindono dal bene concretamente ed effettivamente trasferito per riclassificare l'operazione, sulla base di specifiche circostanze, in base alle potenzialità dello stesso: in altri termini, indagando la volontà delle parti desunta da elementi oggettivi, gli Uffici ritengono che le stesse abbiamo voluto in effetti trasferire l'area edificabile, dalla cui cessione emerge una plusvalenza fiscale (tassabile senza limiti di tempo), e non il fabbricato sovrastante. Diversamente argomentando, infatti, si verrebbe a sottrarre a tassazione una manifestazione di capacità contributiva che il legislatore ha inteso, invece, colpire laddove ha previsto l'emersione di una plusvalenza imponibile “in ogni caso, … a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria”.

Gli elementi a supporto di tale riclassificazione possono essere così riassunti:

  • esistenza di un piano urbanistico di recupero o riqualificazione dell'area su cui sorge il fabbricato, già approvati, con modifica della destinazione (ad esempio da area industriale a residenziale/commerciale e viceversa, come nel caso affrontato nella risoluzione n. 395/E del 2008), dai quali, come è noto, discende la possibilità di sviluppare, in termini di incremento, le cubature esistenti; sul punto si ricorda che ai sensi dell'art. 27 della legge n. 457 del 1978, i Comuni “individuano, nell'ambito degli strumenti urbanistici generali, le zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature. In caso di mancata attuazione degli interventi rimessi ai privati, entro il termine fissato nelpiano, il comune può procedere all'espropriazione degli immobili. L'adozione del piano di recupero deveessere preceduta dall'individuazione delle zone di recupero comprendenti le aree, edificate e non, nellequali si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio esistente e dall'indicazione degli interventisubordinati al piano di recupero;
  • esistenza di un permesso di demolizione e ricostruzione già rilasciato al momento della compravendita o di altre denunce o comunicazioni di inizio attività previste dalle disposizioni vigenti; al riguardo, si evidenzia che l'art. 3, lettera d) del T.U. dell'edilizia, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dall'articolo 30 del decreto-legge n. 69 del 2013, prevedeva che “Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente ....”. In base a tale disposizione era quindi sufficiente per tale tipologia di interventi la presentazione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). L'attuale lettera d) non prevede più il riferimento alla sagoma; pertanto, è possibile demolire e ricostruire senza rispetto della sagoma (ma della volumetria) con la semplice SCIA;
  • demolizione del fabbricato già avvenuta o avviata all'atto della cessione, oppure comunque effettuata successivamente alla stipula;
  • cessione del bene a favore di società operante nel settore delle costruzioni (la quale, sulla base di concessione edilizia già esistente o in corso di ottenimento, di regola demolisce il fabbricato successivamente all'acquisto e ne costruisce un altro avente caratteristiche diverse da quello preesistente);
  • fabbricato privo dei requisiti di abitabilità o agibilità già accertati dal Comune all'atto della cessione;
  • congruità del prezzo pattuito rispetto al valore di mercato delle aree edificabili della zona (ad esempio, il corrispettivo risulta di gran lunga superiore al valore venale del fabbricato, che sovente è oramai privo di effettivo valore economico residuo, mentre è in linea con le stime relative alle aree edificabili della zona);
  • potenzialità edificatorie dell'area superiori a quelle espresse dal fabbricato, indicato quale oggetto della compravendita;
  • riqualificazione dell'atto ai fini dell'imposta di registro, con definizione da parte della società di costruzioni acquirente.

Tale interpretazione è avallata anche da diverse pronunce della giurisprudenza di legittimità: ad esempio, con la sentenza n. 12294 del 12 giugno 2015, la Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di impugnazione proposto dall'Amministrazione finanziaria secondo cui “la CTR aveva individuato nel fabbricato con annessa corte, omettendo di valutare i diversi elementi emergenti dall'accertamento, specificamente allegati dall'Agenzia ed idonei ad indicare che l'oggetto del contratto era in effetti l'area edificabile”. Ciò in quanto, “non appaiono peraltro decisivi ai fini della determinazione dell'oggetto del contratto” gli argomenti dedotti dalla CTR ossia che “gli atti amministrativi di autorizzazione della demolizione e dell'utilizzazione edificatoria del fabbricato erano stati emessi successivamente alla vendita, cosi come successiva alla vendita era stata la stessa demolizione del fabbricato.

A parere della Suprema Corte, infatti, “Occorre al riguardo indagare la c.d. ‘causa in concreto' del negozio, vale a dire la sintesi dei contrapposti interessi effettivi che le parti intesero realizzare con la specifica negoziazione, indipendentemente dall'astratto modello utilizzato (ex multis Cass. 8100/2013)”.

Nel caso di specie, “La CTR non ha inoltre adeguatamente valutato il concreto stato di fatto e le condizioni del fabbricato ed il suo presumibile valore di mercato, a fronte del corrispettivo risultante dal contratto, né il fatto che in un verbale del Cda della Cooperativa antecedente alla vendita, fosse stata manifestata l'intenzione di acquisire l'area edificabile in oggetto per la costruzione di n. 17 alloggi, previa demolizione del sovrastante fabbricato, come effettivamente verificatosi dopo la cessione”.

Tali conclusioni sono state espresse altresì nella pronuncia del 2 aprile 2014, n. 7613, nella quale la Corte di Cassazione - nel dichiarare inammissibile il ricorso - ha ritenuto che la sentenza della CTR nella fattispecie aveva accertato “in tal modo ricostruendo la volontà delle parti espressa col contratto di compravendita, che nell'atto di vendita in questione ‘si argomenta di area con insistente fabbricato uso deposito in procinto di demolizione', specificando che ‘la circostanza non è indifferente alla individuazione, nella fattispecie, di effettiva area la cui edificabilità è in atti'”.

Diversa è la situazione in ambito IVA laddove la stessa Agenzia delle entrate, con circolare n. 28/E del 2011 ha chiarito che occorre considerare l'oggettività della transazione a prescindere dalla destinazione (soggettiva) impressa dall'acquirente al bene.

In relazione all'imposta sul valore aggiunto l'indice di capacità contributiva è rappresentato dal consumo di beni e servizi; la quantificazione dell'imposta è esattamente proporzionale al prezzo dei beni e servizi in ogni singola fase della commercializzazione (nelle quali, di regola, l'imposta è neutrale), fino allo stadio del consumo finale. Conseguentemente, ai fini di tale imposta, occorre avere riguardo esclusivamente alla natura giuridica del bene oggetto della cessione e in tale momento. La struttura di tale tributo non consente, infatti, di attribuire rilievo a valutazioni di natura patrimoniale, né di considerare le vicende relative alla “destinazione” del bene secondo le intenzioni delle parti.

Nel suddetto documento di prassi, al paragrafo 1.2, è stato quindi precisato che “il regime di tassazione ai fini IVA è strettamente correlato alla natura oggettiva del bene ceduto, vale a dire allo stato di fatto e di diritto dello stesso all'atto della cessione, prescindendo quindi dalla destinazione del bene da parte dell'acquirente”.

Tale impostazione risente evidentemente dell'orientamento della Corte di Giustizia UE: con le sentenza C-461/08 del 19 novembre 2009 e C-326/11 del 12 luglio 2012 gli euro giudici hanno affermato che il dato da tenere in conto è il bene compravenduto nella sua oggettività.

In particolare nella sentenza 19 novembre 2009, emessa nella causa C-461/08, la Corte ha statuito che la cessione di un terreno sui cui sorge un vecchio fabbricato destinato alla demolizione, iniziata prima di tale cessione, per la futura costruzione di un nuovo edificio, forma un'operazione unica ai fini IVA, avente ad oggetto non la cessione del fabbricato già oggetto di demolizione, ma quella di un terreno non edificato (cioè di un'area edificabile su cui non insiste un fabbricato).

Con la seconda pronuncia i giudici hanno trattato la cessione di un immobile in corso di demolizione, affermando che il trasferimento aveva per oggetto un fabbricato in quanto il venditore aveva iniziato ma non eseguito interamente la demolizione.

Osservazioni

In tema di imposta di registro, l'art. 20 del TUR, secondo cui "l'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente", impone di privilegiare l'intrinseca natura e gli effetti giuridici reali prodotti dal contratto, rispetto al quale i canoni ermeneutici delineati in sede civile (artt. 1362 e seguenti c.c.) assumono rilievo secondario. In altre parole la disposizione di cui al suindicato art. 20, letta in combinato disposto con l'art. 1 del TUR, oltre ad avere una funzione interpretativa degli atti registrati, identifica quello che è l'oggetto del rapporto giuridico tributario, rappresentato dagli effetti giuridici concreti prodotti dal contratto, indicativi della capacità contributiva dei soggetti che li compiono.

A tal proposito, con numerose sentenze (ex multis Cass. 10273/2007, 11457/2005, 10660/2003) la Cassazione, dopo aver ribadito la funzione antielusiva dell'art. 20, ha affermato che, ai fini della corretta applicazione dell'imposta di registro, non si deve valutare la precisa volontà contrattuale posto che “il tema dell'indagine non consiste nell'accertare cosa le parti hanno scritto ma cosa le stesse hanno effettivamente realizzato con il regolamento negoziale adottato e tanto non discende assolutamente dal contenuto delle dichiarazioni delle parti”.

Con altra pronuncia (la n. 2713 del 27 maggio 2002) i giudici di legittimità hanno ulteriormente precisato che “se un soggetto adotta un atto di conferimento in società di un immobile gravato da finanziamento ipotecario e poi il conferente stesso cede alla società conferitaria le quote acquisite con il conferimento, i due comportamenti realizzano effetti parziali che, autonomi dal punto di vista civilistico, secondo la legge sull'imposta di registro sono meramente strumentali rispetto all'effetto giuridico finale prodotto dall'intera fattispecie complessa e costituito dal trasferimento dell'immobile alla società”. Da ciò consegue, a parere della Corte, che “… I due negozi […] vanno considerati, dal punto di vista della speciale legge dell'imposta di registro, come un fenomeno unitario, non solo per l'interpretazione che si deve dare dell'art. 20del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, visto in connessione con le altre disposizioni dello stesso atto normativo (art. 1, art. 21 e Tariffa), ma anche perché tale interpretazione è l'unica conforme al principio costituzionale di capacità contributiva ex art. 53, comma 1, Cost., in quanto tiene conto della potenza economica effettiva espressa dai soggetti con i loro atti formalmente separati, ma funzionalmente connessi, dal punto di vista tributario, in maniera inscindibile”.

Di recente si è sviluppato un nuovo orientamento che prescinde dalla lettura dell'art. 20 in chiave antielusiva. Secondo la sentenza n. 21770 del 2014 l'amministrazione finanziaria, in applicazione dell'art. 20 del TUR (D.P.R. n. 131 del 1986), è legittimata, ai fini della corretta imposizione, a verificare l'intrinseca natura e gli effetti giuridici di un contratto registrato, prescindendo dal titolo o dalla forma apparente. Inoltre la regola interpretativa di cui al predetto articolo 20 prescinde da qualsivoglia intento elusivo: piuttosto la disposizione de qua realizza il fondamento dell'imposta da ravvisarsi nella capacità contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione espressa con riferimento al contenuto economico-sostanziale dell'atto giuridico.

In altre parole la disposizione di cui al suindicato art. 20, letta in combinato disposto con l'art. 1 del TUR, oltre ad avere una funzione interpretativa degli atti registrati, identifica quello che è l'oggetto del rapporto giuridico tributario, rappresentato dagli effetti giuridici concreti prodotti dal contratto, indicativi della capacità contributiva dei soggetti che li compiono.

La tesi avversa - secondo la quale l'imposta di registro, quale imposta d'atto sganciata dal vincolo costituzionale della capacità contributiva, non consentirebbe all'interprete di intercettare i reali effetti economici sottesi ad una determinata forma giuridica utilizzata dalle parti nell'ambito della loro autonomia contrattuale, relegando l'attività interpretativa ai soli elementi desumibili dall'atto - configurerebbe una evidente violazione dei principi costituzionali di uguaglianza, capacità contributiva e imparzialità di cui agli artt. 3, 53 e 97 della Costituzione poiché, a fronte della realizzazione delle medesime finalità concrete, il prelievo di imposta sarebbe diverso a seconda della forma giuridica utilizzata.

La novità di tale orientamento consiste nell'aver sganciato il profilo dell'elusività dal thema probandum, ritenendo che l'interpretazione funzionale degli atti rientri nella fisiologica applicazione dell'imposta di registro il cui fondamento è da rinvenirsi nel principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione.

Di conseguenza, e tornando al tema della cessione di area con annesso fabbricato da demolire, la Cassazione, con la sentenza n. 24799/2014, ha stabilito che è legittimo l'avviso di rettifica con cui l'Agenzia delle Entrate abbia riqualificato un atto di compravendita di terreno con annesso un fabbricato fatiscente come trasferimento di area edificabile, sulla base di molteplici elementi indiziari da cui si evinceva l'effettiva regolamentazione degli interessi delle parti.

Nel caso di specie l'Ufficio aveva prodotto numerosi elementi a supporto della riqualificazione di un atto di compravendita (avente formalmente a oggetto un terreno sovrastato da antico fabbricato), come trasferimento di terreno edificabile, ovvero 1) la circostanza che la società acquirente si occupava di demolizione, costruzione e ristrutturazione di edifici, 2) il fatto che la stessa società, pochi giorni dopo l'acquisto aveva presentato domanda di concessione edilizia, contraendo anche un mutuo per la realizzazione del fabbricato da costruire, 3) il prezzo dichiarato in atto, pari a dieci volte il valore catastale dell'immobile.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.