I presupposti della tutela cautelare in appello

24 Gennaio 2017

In merito alla sospensione cautelare in appello, quando richiesta dal contribuente, il requisito dell'irreparabilità del danno è da porre in relazione al pregiudizio che può derivare dall'esecuzione della sentenza nelle more del giudizio di impugnazione della stessa, avendo anche riguardo alle concrete possibilità di risarcimento nel caso di accoglimento del gravame.
Massima

In merito alla sospensione cautelare in appello, quando richiesta dal contribuente, il requisito dell'irreparabilità del danno è da porre in relazione al pregiudizio che può derivare dall'esecuzione della sentenza nelle more del giudizio di impugnazione della stessa, avendo anche riguardo alle concrete possibilità di risarcimento nel caso di accoglimento del gravame. Inoltre, il giudice investito della sospensiva su istanza del contribuente, nel valutare la sussistenza dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, deve concedere la tutela cautelare in base alla teoria dei vasi comunicanti, considerando la compresenza dei due requisiti nel senso che, se uno dei presupposti assume un rilievo predominante, l'altro può ridursi sensibilmente.

Il caso

La controversia oggetto di commento origina dall'avvenuta proposizione, da parte del contribuente, di un'istanza di sospensione dell'esecuzione della sentenza di primo grado, che aveva rigettato il ricorso avverso un avviso di accertamento per l'annualità d'imposta 2009.

L'istanza di sospensione è stata proposta ai sensi del novellato art. 52, D.Lgs. n. 546/1992, che concede espressamente la possibilità di richiedere, da un lato e da parte del soggetto soccombente (ricorrente o resistente in primo grado), la sospensione dell'esecuzione della sentenza; dall'altro, la possibilità, per il solo contribuente, di richiedere la sospensione dell'esecutività del provvedimento amministrativo-tributario impugnato.

Sempre nel caso di specie, il contribuente appellante lamentava la sussistenza della particolare urgenza di cui al co. 4 dell'art. 52 richiamato, che consente di ottenere un decreto motivato di sospensione dell'esecutività della sentenza in attesa della pronuncia del collegio. Tale seconda istanza è stata negata dalla CTR adita.

La questione

L'ordinanza n. 1391/2016 affronta, in maniera molto concisa, la tematica della tutela cautelare in appello, così come introdotta nel nostro ordinamento dal D.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, soffermandosi su due profili critici relativi ai presupposti legittimanti tale forma di tutela.

Prima di entrare nel merito delle questioni di interesse, occorre fare un'importante precisazione, perché l'art. 52, co. 2, D.lgs. n. 546/1992, prevede una duplice possibilità di tutela:

  • l'appellante può chiedere alla CTR di sospendere in tutto o in parte l'esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi;
  • il contribuente può chiedere la sospensione dell'esecuzione dell'atto, se da questa può derivargli un danno grave ed irreparabile.

Come si nota, la sospensione dell'esecutività della sentenza è subordinata ad un presupposto diverso rispetto alla sospensione dell'esecuzione dell'atto: sussistenza di gravi e fondati motivi da un lato, pericolo di danno grave ed irreparabile dall'altro.

Con riferimento alla sospensione della sentenza, l'art. 52, D.lgs. n. 546/1992, nel ricalcare quanto previsto dall'art. 283, co. 1, c.p.c. quanto alla sussistenza del fumus e del periculum, richiede la sussistenza dei requisiti della verosimiglianza di fondatezza della domanda di merito e del pericolo di danno grave nelle more del procedimento.

Per la sospensione dell'esecuzione dell'atto, invece, l'art. 52 richiede un requisito apparentemente diverso, e cioè un pericolo di danno grave ed irreparabile quale conseguenza dell'esecuzione.

Su queste basi, la pronuncia in commento affronta queste due tematiche: da un lato, il bilanciamento tra danno per il contribuente nel pagamento delle somme accertate o comunque richieste; dall'altro, la teoria dei c.d. “vasi comunicanti” tra fumus e periculum, che non devono necessariamente coesistere nella medesima intensità, essendo sufficiente un'intensità minima, ma già apprezzabile come meritevole di tutela, nell'uno e una maggiore, “a compensazione”, nell'altro.

Soluzioni giuridiche

Con riguardo al tema del “bilanciamento degli interessi in gioco”, e cioè quello del contribuente a non vedersi danneggiato dall'esecuzione della pretesa tributaria, e l'interesse pubblico alla corretta e celere esazione dei tributi, la CTR di Milano, nel richiamare un precedente della Corte di Cassazione (Cass. civ., 24 febbraio 2012, n. 2845), nonché la sentenza della Corte Costituzionale n. 217/2010), ha stabilito che il requisito dell'irreparabilità del danno è da porre in relazione al pregiudizio che può derivare dall'esecuzione della sentenza nelle more del giudizio di impugnazione della stessa, avendo anche riguardo alle concrete possibilità di risarcimento nel caso di accoglimento del gravame.

Nella stessa direzione, e cioè nel senso di accordare la tutela cautelare operando un bilanciamento tra gli interessi meritevoli di tutela nella fase cautelare, si sono pronunciate, anche se con riferimento all'art. 47, D.lgs. n. 546/1992 – e cioè in ordine alla sospensione dell'atto in primo grado, CTP Milano 7 ottobre 1996 (dove è stato ritenuto sussistente il periculum nel caso di grave scarto tra gli interesse passivi che il contribuente avrebbe dovuto corrispondere a terzi per il ricorso al credito utile al fine di onorare il debito tributario e gli interessi passivi previsti dalle singole leggi d'imposta che l'ente impositore avrebbe dovuto corrispondere in caso di accoglimento del ricorso); CTP Udine 6 luglio 1996; CTP Salerno 19 agosto 1996, n. 6 (dove è stato ritenuto sussistere il periculum in materia di imposta di successione, nella corresponsione di un'imposta superiore a quanto ricevuto in eredità, tenuto anche conto dell'età degli eredi e delle loro condizioni economiche); CTP Firenze 10 gennaio 1997, n. 1; CTP Bari, 4 maggio 1996, n. 1; CTR Venezia, 20 dicembre 2004, n. 68.

La problematica relativa all'intensità dei presupposti legittimanti la sospensione cautelare in appello è stata risolta, dalla CTR, facendo appello alla teoria dei vasi comunicanti.

Per detta teoria, nata in seno alla giurisprudenza civile, quanto più fondato, serio e minaccioso appaia l'appello, tanto più può attenuarsi la valutazione del pregiudizio nell'ottica di una globale valutazione di opportunità della sospensiva.

Osservazioni

La prima osservazione critica che emerge dalla lettura dell'ordinanza in commento attiene al richiamo effettuato alla sentenza Cass. Civ., 24 febbraio 2012, n. 2845.

Ciò in quanto detto precedente di legittimità appare antitetico rispetto alla ratio decidendi sottesa all'ordinanza della CTR di Milano, nella misura in cui, per la Suprema Corte, la sussistenza delle condizioni per la tutela cautelare a favore del contribuente deve essere valutata in “maniera rigorosa”.

A parere di chi scrive appare lodevole il contenuto dell'ordinanza de qua, perché l'indirizzo espresso dalla Cassazione, che riprende quanto espresso nella Circolare Ministeriale 23 aprile 1996, n. 98, non appare condivisibile, atteso che la tutela cautelare serve ad evitare che una parte, che verosimilmente ha ragione, subisca un danno irreparabile, nel tempo necessario a vedersela riconosciuta in giudizio.

Nel dettaglio, con la circolare richiamata, l'Amministrazione ha precisato che, nella valutazione delle esigenze cautelari, occorre considerare anche l'interesse dell'ente impositore “circa la perdita delle garanzie patrimoniali nelle more della definizione del giudizio principale o anche la maggiore difficoltà della esazione futura del credito erariale”.

Pertanto, prima facie, sembra potersi dire che la CTR ha correttamente interpretato il bilanciamento tra tutela patrimoniale del contribuente e interesse erariale alla riscossione dei tributi, nel senso di porre queste due esigenze sullo stesso piano; risulta da segnalare, però, che la giurisprudenza di legittimità richiamata appare andare in una direzione opposta, e che comunque, nell'operare il bilanciamento tra gli interessi richiamati, il giudice di merito dovrebbe accertare la sussistenza di una sproporzione tra la soddisfazione della pretesa dell'amministrazione e la condizione economico-finanziaria del contribuente.

La seconda considerazione critica che può essere mossa nei confronti dell'ordinanza in commento riguarda il richiamo alla teoria dei vasi comunicanti.

Ciò perché, nel caso di specie, non è dato comprendere quale sia stato il requisito preponderante rispetto all'altro: la CTR ha ritenuto sussistere “sia il fumus boni iuris che il periculum in mora, come illustrato dal contribuente, in un bilanciamento che deveavvenire secondo la metafora dei vasi comunicanti … potendo il fumus (o, alternativamente, il periculum), assumere nella valutazione un rilievo preponderante (vds C. App. Milano 1° civ., Ord. 14 ottobre 2008)”.

La tesi non convince in pieno.

A parere di chi scrive, invero, solo il profilo relativo alla fondatezza della domanda può avere un rilievo autonomo e preponderante rispetto al requisito del danno: nel giudizio di appello, a fronte di un'impugnazione manifestamente infondata, sembra potersi prescindere dalla rilevanza del danno per negare l'inibitoria, in quanto è da escludere che vi possa essere un danno ingiusto dall'esecuzione di una sentenza destinata alla conferma; per contro, se l'appello è destinato ad un sicuro accoglimento, la sospensione potrà essere disposta anche se non vi sono profili di periculum consistenti, per evitare un'esecuzione destinata a divenire illegittima all'esito dell'impugnazione.

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