Ancora incertezze sulla nullità dell’atto impositivo assunto in difetto di contraddittorio preventivo

12 Settembre 2015

Il giudice nazionale, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa – in particolare del diritto di essere sentiti –, può tenere conto della circostanza che simile violazione determina l'annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.
Massima

Il giudice nazionale, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa – in particolare del diritto di essere sentiti –, può tenere conto della circostanza che simile violazione determina l'annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.

Il caso

In relazione ad avvisi di accertamento notificati per il recupero di imposte dirette ed IVA ed emessi nei confronti di una società in liquidazione, l'Amministazione Finanziaria ricorreva in appello per la riforma della sentenza di primo grado.

La Comm. trib. reg. della Campania accoglieva il ricorso, affermando che gli avvisi di recupero non erano affetti dal vizio invalidante della nullità a causa dell'omesso contraddittorio preventivo con il contribuente.

La società ricorreva per la cassazione della sentenza, denunciando la violazione di norme sostanziali per negato contraddittorio endoprocedimentale.

La questione

Il tema della invalidità degli atti impositivi per difetto di contraddittorio preventivo (o endoprocedimentale) è di stretta attualità.

In seno al diritto eurounitario, muovendo dagli articoli 41, 47 e 48 della "Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea", la Corte di Giustizia ha affermato il diritto del contribuente ad essere ascoltato prima che nei suoi confronti sia adottato un provvedimento lesivo di interessi. La violazione del diritto comporta l'invalidità dell'atto conclusivo del procedimento (CGUE, 18 dicembre 2008, C-349/07; id. 22 ottobre 2013, C-276/12).

In ambito nazionale, in forza di una interpretazione diretta alla realizzazione dei principi costituzionali di difesa del cittadino e di buon andamento dell'amministrazione pubblica (artt. 24 e 97 Cost.), la Corte di cassazione ha sancito che il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo con l'Amm. Fin. è parte essenziale e imprescindibile del giusto procedimento, che legittima l'azione amministrativa "anche in assenza di una espressa previsione normativa" (Cass. civ., sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26635).

In caso di violazione del diritto al contraddittorio preventivo, negando il principio di tassatività delle nullità, la Corte ha pertanto qualificato come affetto da nullità l'atto conclusivo del procedimento, seppure la sanzione di nullità non risulti espressamente prevista dalla legge (Cass. civ., sez. un., 29 luglio 2013, n. 18184).

Sicché, indipendentemente dalla verifica sulle conseguenze che il contraddittorio omesso avrebbe avuto sull'esito del procedimento, è stata ritenuta illegittima l'iscrizione ipotecaria non preceduta da una comunicazione al contribuente che ne consentisse la previa produzione di osservazioni (Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2014, nn. 19667 e 19668).

Un recente intervento della Corte CE ha però dettato i limiti per l'applicazione del principio del contradditorio preventivo. Per la Corte “Il giudice nazionale, , può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l'annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso(CGUE, 3 luglio 2014, cause riunite C-129 e C-130).

In tale contesto si colloca la sentenza in esame che nega il rilievo dell'omesso contraddittorio preventivo quale vizio invalidante l'atto conclusivo del procedimento a causa:

  • della sua non riconducibilità all'art. 97 Cost.;
  • dell'indicato limite applicativo previsto dalla CGUE;
  • della mancanza di un'espressa previsione normativa di nullità dell'atto nell'accertamento di specie;
  • della irrilevanza dell'art. 12, comma 7, L. 20 luglio 2000, n. 212, riconducibile alle sole fattispecie previste di accesso, ispezione e verifica nei locali dell'impresa.
Le soluzioni giuridiche

Una volta verificata l'esistenza dell'obbligo al contraddittorio preventivo e della sua omissione, si pone il tema delle relative ricadute sulla legittimità dell'atto impositivo conclusivo del procedimento.

Secondo una prima interpretazione, l'applicazione della sanzione di nullità è ineludibile, sia se prevista dalla legge sia se inespressa. In tale ultima ipotesi, infatti, la sanzione deriva dal sistema ordinamentale comunitario e nazionale nel quale il diritto opera e dalla gravità della violazione consumata (Cass. civ., sez. un., 19667/14 cit.).

Per contro, secondo un altro indirizzo giurisprudenziale l'applicazione della sanzione di nullità dell'atto assunto in difetto di contraddittorio preventivo deve subordinarsi alla prova di un'effettiva lesione degli interessi del contribuente a causa dell'omesso contraddittorio (CGUE, 3 luglio 2014 cit.).

Il contrasto giurisprudenziale è stato segnalato, tra gli altri, nell'ordinanza con cui è stata sottoposta al Primo Presidente l'opportunità di devolvere alle Sezioni Unite la soluzione delle incertezze applicative del principio del contraddittorio preventivo (Cass. civ., sez. VI-T, 14 gennaio 2015, n. 527).

Osservazioni
La sentenza in esame si colloca nel solco tracciato dalla giurisprudenza di legittimità di tipo sostanzialista. Seppure autorevole per la fonte, essa non pare pienamente condivisibile. Riguardo al principio di legalità dell'azione amministrativa richiamato dai Massimi Giudici, deve rilevarsi che larga parte della giurisprudenza di legittimità e la dottrina concordano nel ritenere che l'applicazione concreta del principio di imparzialità dell'agire dell'Amm. Fin. nella funzione di imposizione tributaria non possa prescindere dalla preventiva acquisizione delle ragioni giustificative del contribuente. Ne discendono l'immanenza del diritto in questione e la sua cogenza anche in assenza di un'espressa previsione normativa (Cass. civ., sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26635; Cass. civ., sez. trib., 7 febbraio 2008, n. 2816). Invero “ … il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell'emanazione di questo, realizza l'inalienabile diritto di difesa del cittadino, presidiato dall'art. 24 Cost., e il buon andamento dell'amministrazione, presidiato dall'art. 97 Cost.” (Cass. civ., sez. un., n. 19667/2014 cit.).Deve osservarsi inoltre che, ove il diritto al contraddittorio preventivo risulta espressamente previsto dalla legge, è qualificato dal Legislatore stesso come attuativo dell'art. 97 Cost. (cfr. artt. 1 e 12, L. 20 luglio 2000, n. 212). Sotto tale profilo rileva quindi l'asserzione dei Massimi Giudici secondo cui il contraddittorio preventivo “… costituisce primaria espressione dei principi di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva” (Cass. civ., sez.un., n. 18184/2013 cit.).A tale proposito, proprio perché il diritto al contraddittorio sottende all'attuazione di principi costituzionali, sul piano della sanzione (seppur con riferimento al termine di sessanta giorni previsto dall'art. 37-bis, DPR. n. 600/73, a garanzia della facoltà del contribuente di produrre osservazioni) la Corte Costituzionale ha ritenuto non irragionevole la sanzione di nullità dell'atto conclusivo del procedimento in virtù della gravità della patologia (Corte Cost., 7 luglio 2015, n. 132). Alla luce di simili e autorevolissimi contributi giurisprudenziali, si ritiene non condivisibile la sentenza in esame circa la necessità di una puntuale codificazione di legge per l'applicazione del diritto al contraddittorio preventivo e della sanzione di nullità dell'atto assunto in suo difetto. Per le medesime ragioni non può essere condiviso neppure l'ulteriore rinvio all' operatività dell'art. 12, Legge n. 212/2000, limitata al perimetro applicativo dei soli casi previsti di esecuzione di accesso, ispezione e verifica nei locali dell'impresa. Questione, quest'ultima, peraltro controversa in seno alla stessa Sezione semplice specializzata della Suprema Corte, laddove si registra una giurisprudenza conforme all'indirizzo prospettato nella sentenza in commento (cfr. Cass. civ., sez. trib., 26 settembre 2012, n. 16354; conf. sez. VI-T, 8 luglio 2014, n. 15583; 13 giugno 2014, n. 13588; sez. trib., 2 aprile 2014, n. 7598) ed una giurisprudenza contraria (cfr. Cass. civ., sez. trib., 5 febbraio 2014, n. 2594; 4 aprile 2014, n. 7960;). A tale proposito, si evidenzia che è stata rimessa al Primo Presidente della Corte l'Ordinanza di richiesta di intervento delle Sezioni Unite (ordinanza 527/2015 cit.). Proseguendo nell'esame della sentenza si osserva che, nel rigettare il ricorso della parte privata, la Corte rinvia al limite applicativo indicato dalla Corte UE nella sent. 3 luglio 2014, C-129/13 e C- 130/13. Segnatamente al potere concesso al giudice nazionale di verificare se, in ipotesi di contraddittorio preventivo, l'esito dell'atto conclusivo avrebbe potuto essere diverso. Si ritiene che tale previsione debba ricondursi al principio, anch'esso di derivazione comunitaria, di proporzionalità della sanzione. L'invalidità dell'atto conclusivo del procedimento, invero, sarebbe giustificabile solo in presenza di un danno effettivamente subito dal contribuente a causa della mancata partecipazione al provvedimento. In mancanza di una concreta lesione di interessi, il diritto sarebbe invocato in modo pretestuoso, con la conseguenza che la sanzione di nullità dell'atto conclusivo risulterebbe "sproporzionata" rispetto alla effettiva lesione cagionata. Sul punto, la sentenza pare condivisibile se ricondotta nel giusto alveo applicativo indicato dal giudice europeo, come chiarito dalla più autorevole dottrina. Deve osservarsi primariamente che la prassi nazionale si caratterizza per la presenza di accertamenti fiscali fondati in larga parte sull'applicazione di presunzioni, siano esse legali relative, qualificate o semplicissime, che nell'applicazione concreta comportano margini di errore a causa di un inevitabile apprezzamento soggettivo dei fatti a base delle pretese. In un sistema siffatto, esigere la prova della idoneità delle difese spiegate nella sede procedimentale a modificare l'esito del procedimento, non pare perseguibile sul piano concreto (la circostanza è segnalata dalla stessa Corte di cassazione nell'ord. n. 527/2015, dove l'esito della prova è definito "labile e malcerto"). Sotto questo profilo l'interpretazione estremamente sostanzialista si porrebbe in contrasto con il principio di effettività, sempre di matrice eurounitaria, secondo cui il sistema nazionale di rimedi giurisdizionali deve essere tale da non rendere impossibile o eccessivamente gravoso l'esercizio del diritto attribuito al singolo da norme dell'Unione (cfr. Corte UE, sent. 3 luglio 2014 cit., dichiarazione n. 3).Deve ritenersi, quindi, che con il suo intervento diretto a chiarire i termini di corretta applicazione in giudizio del diritto al contraddittorio preventivo, la CGUE abbia voluto solo evitare, da parte del contribuente, l'uso strumentale del diritto invocato. E a tal fine non è richiesto che il sindacato del giudice si spinga fino ad accertare che il contribuente avrebbe vinto il contenzioso già nella sede amministrativa ma, come afferma la dottrina, più semplicemente che il contribuente (il quale "lamenta di non essere stato sentito") – se fosse stato sentito – "avrebbe avuto qualcosa da dire". A questa conclusione si perviene anche sul piano della semantica del giudice comunitario, secondo cui "Il giudice nazionale […] può (e non deven.d.r.) valutare [… ] se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare (e non avrebbe senz'altro comportaton.d.r.) un risultato diverso" (Corte CE, sent. 3 luglio 2014, cit.). Alla luce di queste brevi considerazioni la sentenza in commento risulta condivisibile laddove si consideri che dalla succinta esposizione dei fatti di causa non emergono allegazioni della parte tese a provare l'uso non strumentale del diritto invocato. Alcune chiose finali relative alle incertezze che ancora circondano l'applicazione del contraddittorio preventivo. La prima riguarda l'onere della prova in giudizio della potenziale utilità del contraddittorio preventivo omesso. A tale riguardo, autorevole dottrina si chiede: chi deve provare al giudice che se il contraddittorio ci fosse stato avrebbe, o no, inciso sul provvedimento finale? Il contribuente che oppone alla pretesa il vizio invalidante l'atto conclusivo o l'Ufficio che, a monte, ha omesso l'adempimento in danno al contribuente?La circostanza non è di poco conto se si considera che, in entrambi i casi, l'onere della prova è oggettivamente difficoltoso. In disparte, la considerazione che: a) se l'onere gravasse sul contribuente, l'Ufficio potrebbe essere disincentivato all'adempimento per la posizione di privilegio che assumerebbe nel processo; b) se l'onere gravasse sull'Ufficio, per lo stesso motivo, potrebbe essere il contribuente ad invocare pretestuosamente il diritto. Proseguendo nell'analisi, in caso di onere probatorio a carico del contribuente si rileverebbe la pratica inutilità dello specifico motivo di opposizione.Si ponga mente alle ipotesi che seguono riferite ad un ricorso con due motivi di opposizione: difetto di contraddittorio preventivo e infondatezza nel merito della pretesa:
  • ipotesi A:ricorso accolto per difetto di contraddittorio perché, in forza di quanto riportato nei motivi di merito, sarebbe provata la lesione del diritto invocato;
  • ipotesi B:ricorso rigettato perché il contraddittorio sarebbe stato inutile.
Alla luce di tali esempi appare chiaro che per il contribuente sarebbe inutile invocare la violazione del diritto al contraddittorio perché l'accoglimento o il rigetto del motivo di opposizione dipenderebbe dalla fondatezza dei motivi di merito.Tanto vale, allora, rinunciare al primo motivo di opposizione e concentrarsi su quelli di merito.

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