Produzione "senza limiti" di documenti in appello al vaglio della Consulta

Angelo Ginex
27 Luglio 2016

La CTR Campania ha disposto la sospensione del processo pendente dinanzi alla stessa, rimettendo l'ordinanza e i relativi atti processuali alla Corte Costituzionale affinché quest'ultima chiarisca se sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, secondo comma, D.Lgs. n. 546/1992, sia in sé che in relazione al primo comma della medesima norma, laddove consente la produzione in appello della prova documentale, pur se tale prova era nella disponibilità della parte producente già in primo grado.
Massima - pregiudiziale di costituzionalità

La CTR Campania, con ordinanza del 6 maggio 2016, n. 943/32/16, ha disposto la sospensione del processo pendente dinanzi alla stessa, rimettendo la citata ordinanza e i relativi atti processuali alla Corte Costituzionale, ex artt. 23 ss. della L. 87/1953, affinché quest'ultima chiarisca se sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, secondo comma, D.Lgs. n. 546/1992, sia in sé che in relazione al primo comma della medesima norma, laddove consente la produzione in appello della prova documentale, pur se tale prova era nella disponibilità della parte producente già in primo grado, per divisato contrasto con i principi di uguaglianza, del diritto di difesa e del diritto ad un processo equo,di cui agli artt. 3, 24 e 117, primo comma, Cost., nonché con criteri di razionalità e con i principi generali dell'ordinamento.

Il caso

Un contribuente impugnava il preavviso di fermo amministrativo dell'auto di proprietà, notificatogli dall'Agente della riscossione per conto dell'Agenzia delle Entrate di Napoli e del Comune di Napoli, relativo a dieci cartelle di pagamento per TARSU, IVA, IRPEF, IRAP ed altro, deducendo, tra gli altri motivi, l'omessa notifica delle cartelle richiamate nel predetto avviso.

La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, previamente ritenuto impugnabile il preavviso di fermo, lo annullava rilevando la mancata prova documentale della notifica delle prodromiche cartelle di pagamento, pur rigettando la domanda di annullamento delle medesime.

Avverso tale sentenza proponeva appello l'Agente della riscossione, che produceva, solo in tale sede, la documentazione relativa alla notifica delle citate cartelle. Si costituiva il contribuente, eccependo la tardività dell'avversa produzione documentale e formulando gravame incidentale in ordine al mancato annullamento di tutte le cartelle.

La questione

La Commissione Tributaria Regionale della Campania ha ritenuto necessario, ai fini del decidere il caso appena rappresentato, la delibazione circa la questione di costituzionalità, sollevata d'ufficio, in ordine al disposto dell'art. 58, secondo comma, D.Lgs. n. 546/1992, sia in sé che in relazione al primo comma della medesima norma, in cui si controverte, per l'appunto, della legittimità della produzione in appello della prova documentale della notifica delle cartelle prodromiche al preavviso di fermo, pur se tale prova era nella disponibilità della parte producente già in primo grado.

Sul punto, i Giudici campani osservano che l'art. 58 D.Lgs. n. 546/1992, dopo aver prescritto al primo comma, pedissequamente al disposto dell'art. 345 c.p.c., che non possono essere prodotti nuovi mezzi di prova in appello, salvo che non siano ritenuti indispensabili o che la parte non dimostri di non aver potuto proporli o produrli in primo grado per causa ad essa non imputabile, al secondo comma sembra far salva indiscriminatamente la possibilità di produzione in secondo grado di nuovi documenti.

Per l'effetto, tale disposizione di legge, così intesa, consentirebbe una libera ed incondizionata producibilità documentale in secondo grado, cui non sarebbe di ostacolo nemmeno l'omessa o tardiva produzione di quegli stessi documenti in primo grado.

In altri termini, la perenzione cristallizzatasi nel giudizio di primo grado, per mancata produzione di tali documenti o per ipotetica mancata produzione dei medesimi nel termine previsto dall'art. 32 D.Lgs. n. 546/1992 – termine di natura evidentemente perentoria, in quanto tempo utile ed ultimativo per il compimento degli atti processuali, nell'evidente logica pubblicistica dell'ordinato suo svolgimento, donde trae la propria ragion d'essere la comminatoria della decadenza – resterebbe sempre sanabile nel giudizio di secondo grado o, nella peggiore delle ipotesi, lo resterebbe nel rispetto del termine di venti giorni anteriori alla prima udienza ex art. 32 citato.

E, per di più, tale sanatoria opererebbe, in modo del tutto incondizionato, e cioè nemmeno vincolato ad un previo giudizio di eventuale indispensabilità di quell'acquisizione, parallelamente a quanto previsto dal primo comma dell'art. 58 citato.

Tuttavia, sarebbe alquanto singolare, secondo la Commissione Tributaria Regionale della Campania, che il sistema processuale tributario vietasse in primo grado l'acquisizione di documenti oltre i limiti temporali fissati dall'art. 32 D.Lgs. n. 546/1992 per poi consentire in appello, ai sensi dell'art. 58, secondo comma, del medesimo decreto, la loro producibilità libera e piena, così consentendo la reviviscenza di una facoltà processuale perenta.

E ciò – osservano i Giudici di seconde cure – "non sarebbe soltanto antinomico rispetto alla dimensione logico-giuridica del perimersi decadenziale nei sensi sopra rappresentati, ma finirebbe, ancora peggio, col vanificare quel rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio di cui si fa opportunamente carico la giurisprudenza, ravvisandovi appunto la ratio stessa della decadenza".

Né varrebbe opporre che l'esercizio del diritto di difesa sarebbe pur sempre salvo all'esito della produzione in appello, dal momento che la controparte del producente avrebbe comunque perso, senza quindi possibilità di reviviscenze di sorta, un grado di giudizio utile alla sua difesa, che deve essere considerata necessaria ed ineludibile ai sensi di quanto previsto dall'art. 24 Cost..

Appare dunque evidente – secondo la Commissione Tributaria Regionale della Campania – come "quel tale rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio verrebbe gravemente meno, con il risultato antigiuridico di conculcare o limitare il diritto di difesa della parte non negligente ed invece favorire proprio la parte negligente che, avendo omesso di produrre in primo grado ciò che ben poteva produrre, verrebbe in tal modo ad essere premiata anziché sanzionata".

"O meglio – prosegue – verrebbe ad essere premiata dopo essere stata sanzionata solo in maniera effimera e precaria in primo grado e perciò, in fin dei conti e per dirla tutta, solo per finta, così come solo e per finta il diritto di produrre documenti si sarebbe estinto davanti al primo giudice per poi risorgere davanti al secondo".

Ma non solo. I Giudici di secondo grado evidenziano altresì come una simile reviviscenza mini in radice la certezza delle situazioni giuridiche di cui consta il rapporto processuale, in quanto non sussisterebbe più in via definitiva ed irreversibile il diritto acquisito dalla parte contrapposta (a quella che avrebbe potuto agire nel termine decadenziale) di giovarsene, dal momento che essa parte contrapposta resterebbe condannata ad uno stato di dubbio e precarietà sull'esistenza di quel suo diritto derivato dall'avversa caducazione, diritto che perciò potrebbe definirsi tale solo per intanto o, per così dire, allo stato degli atti.

In altri termini, secondo i Giudici campani, "la sanzione della decadenza resterebbe annullata, con singolare esito premiale dell'inerzia sottesa alla perenzione caducativa già realizzatasi e, quindi, con incidenza su effetti già definiti nel rapporto processuale fra le parti, non già iussu iudicis come nella ipotesi della indispensabilità del documento di cui al primo comma dell'art. 58 in parola, bensì addirittura, sempre e comunque, ope legis".

In definitiva – evidenziano i Giudici di seconde cure –, non si ravvisa quindi manifesta infondatezza della questione di costituzionalità con riferimento alla contrarietà della normativa in parola rispetto sia agli artt. 3 e 24 Cost., essendo innegabile il dato della disparità di trattamento delle parti, con intollerabile sbilanciamento a favore di quella ammessa a produrre per la prima volta in appello documenti già in suo possesso nel grado anteriore ed in danno della controparte, costretta comunque a vedere limitata e compromessa la sua difesa per effetto dell'indubbia sottrazione di un grado di giudizio alla sua posizione processuale, sia all'art. 117, primo comma, Cost.e, per esso, ai vincoli derivanti dall'art. 6 CEDU, che sancisce il diritto ad un processo equo.

La soluzione giuridica

In tema di produzione di nuovi documenti nell'ambito del processo tributario di secondo grado, si rileva che secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità è sempre consentita la produzione in appello della prova documentale, pur se tale prova era nella disponibilità della parte producente già in primo grado.

Infatti, la Corte di Cassazione, ravvisata la specialità dell'art. 58 D.Lgs. n. 546/1992 rispetto alla disposizione normativa di cui all'art. 345 c.p.c. (cfr, ex multis Cass. civ., sentenze nn. 6914/2011, 10234/2012 e 3661/2015), ha affermato tout court, in diverse occasioni, la legittimità della produzione di nuovi documenti in appello, pur quando essi siano stati già in possesso della parte che per sua mera inerzia non li abbia fino ad allora prodotti (cfr., ex multis Cass., sentenze nn. 18907/2011, 20109/2012, 665/2014 e 21909/2015).

Anzi, la Suprema Corte si è fatta, talvolta, solo scrupolo di affermare che dovrebbe applicarsi anche in secondo grado il limite posto dall'art. 32 D.Lgs. n. 546/1992, per effetto del richiamo operato dall'art. 61 D.Lgs. n. 546/1992, di guisa che la produzione di nuovi documenti in appello dovrebbe rispettare il termine di venti giorni liberi prima dell'udienza, oltre ad osservare le formalità di cui al primo comma dell'art. 24 del medesimo decreto (cfr., ex multis Cass., sentenze nn. 20109/2012 e 3661/2015 già citate).

Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, contrariamente al prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto contraria ai principi di uguaglianza, del diritto di difesa e del diritto ad un processo equo, di cui agli artt. 3, 24 e 117, primo comma, Cost., nonché a criteri di razionalità e ai principi generali dell'ordinamento, la disposizione normativa recata dall'art. 58 citato, laddove possa consentire una libera ed incondizionata producibilità documentale in secondo grado, cui non sarebbe di ostacolo nemmeno l'omessa o tardiva produzione di quegli stessi documenti in primo grado.

A ciò si aggiungano le esposte notazioni, di immediata valenza logica prima ancora che giuridica, riferite alla reviviscenza di diritti perenti o caducati ed alle connesse conseguenze giuridiche che si verificherebbero in capo alla controparte della producente nuovi documenti e, più in generale, nel sistema, nonché, per quanto di ragione, in ordine alla stessa dimensione concettuale di processo come divenire non regressivo ed a quella di processo di secondo grado con devoluzione non maggiore rispetto al primo grado, non senza infine considerare tutte le anomalie e le incongruenze interpretative radicate dalla lettura congiunta dei due commi dell'art. 58 citato nei sensi sopra rappresentati.

Su tali premesse, dunque, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, ritenendo che non possa essere consentita una lettura così largheggiante dell'art. 58, secondo comma, D.Lgs. n. 546/1992, ha sollevato d'ufficio la pregiudiziale di costituzionalità in ordine alla norma appena citata, al fine di giungere ad una dichiarazione di incostituzionalità della stessa o, comunque, di limitarla fortemente e significativamente in sede interpretativa.

Osservazioni

Un'analisi approfondita della disposizione di cui al secondo comma dell'art. 58 D.Lgs. n. 546/1992, secondo cui "È fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti", non può prescindere dal tenere in considerazione quanto statuito al primo comma della medesima norma, laddove è previsto invece che "il giudice d'appello non può disporre nuove prove salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute produrre per cause ad essa non imputabili". Ciò, in considerazione del fatto che gli effetti di quest'ultimo comma inevitabilmente si riflettono sulla corretta interpretazione di quello successivo.

I problemi interpretativi relativi all'applicazione della norma in rassegna, che disciplina il deposito di documenti nel processo tributario di secondo grado, sono essenzialmente due:

  1. cosa deve intendersi per "nuovi documenti"?
  2. in che misura, in un processo come quello tributario, che è prettamente "documentale", la facoltà riconosciuta alla parte di produrre nuovi documenti in appello non collide con la disposizione precedente che invece vieta, sempre a quest'ultima, di produrre nuove prove?

La risposta ai suesposti interrogativi, a sommesso parere di chi scrive, viene offerta dallo stesso legislatore, poiché può essere agevolmente desunta a seguito di una accurata ed attenta analisi dell'art. 58 citato nel suo complesso.

Con riferimento al primo quesito, si rileva infatti che per documenti nuovi potrebbero intendersi documenti ulteriori rispetto a quelli già acquisiti, come nel caso in cui sussista la necessità di integrarli o anche di produrli per la prima volta in relazione alla sopravvenienza di argomentazioni fattuali o giuridiche esposte nella sentenza impugnata oppure nel gravame, o ancora, al più, in ogni altro caso in cui non si sia già perento il diritto della parte di versarli nel processo, escludendo però, in ogni caso, quei documenti producibili già in primo grado, a meno che sussistano ragioni giustificative.

Con riferimento al secondo quesito, invece, si rileva che la facoltà riconosciuta alla parte di produrre documenti in appello potrebbe non collidere con la disposizione precedente che invece vieta, sempre a quest'ultima, di produrre nuove prove nella misura in cui tale facoltà venisse esercitata per produrre in appello un documento che non era nella disponibilità della parte producente in primo grado – in questo caso, assumerebbe rilievo l'elemento della novità – per qualsiasi causa non attribuibile alla propria responsabilità.

Infatti, quando si legge che "Il giudice d'appello non può disporre nuove prove salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute produrre per cause ad essa non imputabili", è del tutto agevole rendersi conto della circostanza percui il legislatore null'altro volesse affermare se non che la prova non prodotta in primo grado non èproducibile nel grado successivo, a meno che la parte dimostri di non averla potuta produrreper causa ad essa non imputabile.

Diversamente opinando, sarebbe consentito, alla parte interessata, di aggirare, ogniqualvolta ve ne fosse bisogno, il divieto posto dal primo comma dell'art. 58 in parola, strumentalizzando, a proprio favore, il dettato normativo del comma successivo. Ad esempio, una produzione documentale nuova in appello, pur se possibile in primo grado e non avvenuta per mera inerzia della parte interessata, potrebbe essere voluta ad arte per impedire al controsoggetto processuale la proposizione di motivi aggiunti in primo grado e, quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa di quegli.

Dal quadro che precede, emerge quindi in maniera chiara e definitiva come l'intento del legislatore, nel predisporre il secondo comma dell'art. 58 citato, non sia stato sicuramente quello di consentire alla controparte di poter manipolare il processo a proprio piacimento, rinvenendo, al contrario, lo stesso nella volontà di concedere ad entrambe le parti processuali la possibilità di esibire, in fase di gravame, quei documenti, rectius quelle prove, di cui le stesse non erano in possesso o, che pur avendole, non avevano potuto produrle nel giudizio precedente per cause ad esse non imputabili.

Tuttavia, come già evidenziato, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi sempre consentita la produzione in appello della prova documentale, pur se tale prova era nella disponibilità della parte producente già in primo grado.

Di diverso avviso, in maniera assolutamente condivisibile, si è mostrata invece la Commissione Tributaria Regionale della Campania, la quale ha ritenuto, come detto, che una siffatta interpretazione della disposizione normativa recata dall'art. 58 citato contrasti con i principi di uguaglianza, del diritto di difesa e del diritto ad un processo equo, di cui agli artt. 3, 24 e 117, primo comma, Cost., nonché con criteri di razionalità e con i principi generali dell'ordinamento, e consenta peraltro una reviviscenza che mina in radice la certezza delle situazioni giuridiche di cui consta il rapporto processuale.

In definitiva, l'auspicio di chi scrive è che la Corte Costituzionale possa superare una lettura così largheggiante dell'art. 58, secondo comma, D.Lgs. n. 546/1992, giungendo, come auspicato dagli stessi Giudici campani, ad una dichiarazione di incostituzionalità della stessa o, comunque, ad una limitazione forte e significativa in sede interpretativa.

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