Non è soggetto a IRAP il professionista inserito in uno studio associato

28 Aprile 2017

Non è soggetto ad IRAP il professionista (nella specie, dottore commercialista) che svolga l'attività all'interno di una struttura altrui, in tal caso difettando l'autonomia organizzativa, che è presupposto dell'imposta.
Massima

Non è soggetto ad IRAP il professionista (nella specie, dottore commercialista) che svolga l'attività all'interno di una struttura altrui, in tal caso difettando l'autonomia organizzativa, che è presupposto dell'imposta.

Il caso

B.A., dottore commercialista, propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana che ha ritenuto il contribuente tenuto al pagamento dell'IRAP per il 2003, anno a partire dal quale, superato l'esame di Stato ed iscritto all'albo, aveva continuato a svolgere l'attività professionale per il medesimo Studio associato. Secondo il giudice d'appello, infatti, pur risultando dalla documentazione fiscale prodotta che il contribuente non ha personale dipendente, non possiede beni strumentali significativi e che la sua attività si svolge in modo assolutamente prevalente nell'interesse del medesimo studio associato presso il quale aveva compiuto il tirocinio, studio associato di cui peraltro non è socio, nondimeno, la possibilità di avvalersi di una struttura organizzata, ancorché non propria, ha consentito al contribuente di lavorare in condizioni diverse di quelle in cui si sarebbe trovato ove non fosse stato in grado di sfruttare una struttura esistente, aggiungendo così quel quid pluris in grado di recare un apprezzabile apporto a quanto da lui personalmente praticato, il che integra il presupposto impositivo.

La questione

La questione concerne la sussistenza o meno del presupposto dell'IRAP nelle ipotesi in cui un professionista svolga la sua attività all'interno di uno studio associato.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nel dare risposta negativa al quesito, ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale non è soggetto ad IRAP il professionista che svolga l'attività all'interno di una struttura altrui, in tal caso difettando l'autonomia organizzativa, che è presupposto dell'imposta.

Invero, il requisito della "attività autonomamente organizzata", di cui all'art. 2 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, ricorre quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e, dunque, non risulti inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, non essendo sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma essendo anche necessario che questa struttura sia "autonoma", cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all'interno di una struttura da altri organizzata.

Nel caso di specie era emerso che il professionista non aveva personale dipendente, né possedeva beni strumentali significativi; aveva sostenuto spese per beni immobili pari a € 584,00; era pacifico che la sua attività si svolgeva in modo assolutamente prevalente nello studio associato, di cui, peraltro, non era socio.

Dunque, il punto cruciale dell'iter logico-giuridico seguito dalla Suprema Corte deve essere individuato nel difetto dell'autonomia organizzativa del professionista.

La Corte di Cassazione ha stabilito, con giurisprudenza costante, che, ai fini dell'assoggettamento all'IRAP, il contribuente deve essere, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non deve, quindi, risultare inserito in strutture organizzative riferibili alla responsabilità di altri.

Con particolare riguardo all'assoggettabilità ad IRAP dei compensi dei dottori commercialisti che esercitano le attività di amministratori e di sindaci di società è dato registrare una diversità di posizioni interpretative tra l'Agenzia delle Entrate e la Corte di Cassazione.

Invero, l'Agenzia delle Entrate ha affermato, nella Risoluzione del 25 marzo 2009, n. 78/E, che debbono essere assoggettati ad IRAP i compensi percepiti per l'esercizio della funzione di sindaco di società commerciali da un dottore commercialista che esercita la propria professione avvalendosi di un'autonoma organizzazione. Ciò in quanto l'art. 50, comma 1, lettera c-bis), del TUIR stabilisce un principio di attrazione nella sfera del lavoro autonomo di tutti quei rapporti di collaborazione che siano connessi all'attività artistica o professionale esercitata dal contribuente. In forza di tale attrazione, i compensi derivanti dai rapporti di collaborazione, non più qualificati fiscalmente quali redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, devono essere inquadrati tra i redditi di lavoro autonomo di cui all'art. 53, comma 1, del TUIR, ed essere assoggettati alle disposizioni fiscali dettate per i redditi di natura professionale.

Al riguardo sono stati richiamati i chiarimenti contenuti nella Circolare 12 dicembre 2001, n. 105/E, in base alla quale "la riconduzione dei compensi percepiti per l'attività di amministratore, sindaco e revisore di società ed enti nella sfera di lavoro autonomo, assume rilevanza anche ai fini della determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini dell'IRAP dovuta dal professionista e dal committente. Detti compensi, infatti, poiché rientranti tra i redditi dell'attività professionale di cui all'art. 49, comma 1, del TUIR, costituiscono componenti positivi rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile dell'Irap dovuta dal professionista. Per il soggetto erogante, d'altro canto, i compensi corrisposti configurano componenti negativi deducibili ai fini dell'IRAP dovuta".

Quindi, a parere dell'Agenzia, "una volta che, per effetto dell'attrazione prevista all'art. 50, comma 1, lett. c-bis) del TUIR, il provento derivante dall'incarico di sindaco sia stato attratto nell'ambito del reddito di lavoro autonomo prodotto dall'istante, la sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione dell'IRAP va verificata in relazione al complesso dell'attività svolta dal professionista. Non è possibile, quindi, considerare isolatamente le diverse categorie di compensi e verificare l'esistenza dei requisiti per l'imposizione IRAP (primo fra tutti l'organizzazione) separatamente per ognuna delle predette categorie. I compensi derivanti dall'attività di collaborazione, in virtù della connessione con l'attività di lavoro autonomo, confluiscono infatti indistintamente nel complesso del reddito professionale di cui all'art. 53, comma 1, del TUIR, da assoggettare ad IRAP". Di conseguenza, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa esclusi dall'IRAP sono soltanto quelli che non rientrano nell'oggetto dell'arte o professione esercitata dal contribuente.

La Suprema Corte ha, invece, affermato, a partire dalla sentenza dell'8 febbraio 2007, n. 10594, che sono esclusi da IRAP i compensi incassati da un dottore commercialista che ha ricoperto la carica di consigliere di amministrazione in una banca in quanto, pur trattandosi di un'attività riconducibile a quella professionale, la stessa, isolatamente considerata, non ha richiesto l'intervento di un'organizzazione.

Tale interpretazione è stata successivamente confermata nelle sentenze del 31 marzo 2008, n. 8358, e del 28 maggio 2009, n. 12653, che hanno stabilito che non sono soggetti all'IRAP i compensi percepiti dai dottori commercialisti ed esperti contabili per l'espletamento delle attività di componente del collegio sindacale o di amministratore di società. Nella seconda sentenza è stato, in particolare, precisato, richiamando la precedente sentenza dell'8 febbraio 2007, n. 10594, che l'autonoma organizzazione rilevante ai fini dell'IRAP "è quella che fa capo al professionista e non quella di terzi presso la quale egli opera". Si tratta di una affermazione condivisibile e coerente con la costante giurisprudenza della stessa Corte richiamata in precedenza ma che lascia aperta la problematica relativa alla riconducibilità delle attività in esame a quella professionale svolta avvalendosi della detta autonoma organizzazione. A quest'ultimo riguardo è stato ulteriormente precisato che non sono soggetti all'IRAP "i redditi realizzati dal libero professionista nell'esercizio delle attività già contemplate dall'art. 49, comma 2 del TUIR”, in quanto nell'art. 3, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 446/1997 è previsto l'assoggettamento ad IRAP dei soggetti che esercitano arti e professioni di cui all'art. 49, comma 1 del TUIR.

Le stesse considerazioni sono state ribadite nella sentenza del 16 settembre 2010, n. 19607, nella quale la Cassazione ha affermato che "il combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3, comma 1, lett. c), art. 8, facendo riferimento, per la determinazione della base imponibile, alla differenza tra l'ammontare dei compensi percepiti e quello dei costi sostenuti inerenti alle attività di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, senza menzionare quelle di cui al comma 2, lett. a), della medesima disposizione, esclude l'assoggettabilita ad imposizione di quella parte di reddito che un lavoratore autonomo, esercente abitualmente l'attività professionale intellettuale di dottore commercialista, abbia prodotto, senza utilizzare la propria autonoma organizzazione, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione di una banca" e, più in generale, dei "redditi derivanti dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazione o altri enti con o senza personalità giuridica", nei termini stabiliti dal detto d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 2, lett. a)".

La Corte ha ulteriormente precisato, nella ordinanza del 19 luglio 2011, n. 15803 (concernente il caso di un dottore commercialista che aveva svolto l'attività di sindaco nei collegi sindacali di alcune società), che non è soggetta all'IRAP "la parte di ricavo netto" derivante dall'esercizio di tale attività. Nell'ordinanza è stato, inoltre, precisato che è a carico del contribuente l'onere di provare sia quale parte dei compensi derivi dallo svolgimento dell'attività di sindaco (rispetto a quelli relativi all'attività professionale) sia la inesistenza del requisito organizzativo.

Tale ordinanza appare rilevante soprattutto con riguardo ai casi di contemporaneo svolgimento dell'attività professionale e di quella di amministratore o sindaco, nei quali i professionisti devono porre particolare attenzione nell'evidenziazione dei compensi derivanti da ciascuna delle due attività e nella dimostrazione che non ci si avvale di un'autonoma organizzazione per lo svolgimento delle funzioni di amministratore o sindaco.

Osservazioni

La sentenza in rassegna si colloca, dunque, nel solco già tracciato dal consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il necessario presupposto impositivo ai fini dell'IRAP è il requisito dell'autonoma organizzazione del contribuente; “autonoma organizzazione” che, come è stato anche di recente autorevolmente affermato (Cass. civ., 25 agosto 2016, n. 17341), ricorre quando “il contribuente:

a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;

b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive".

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