La Corte UE chiede all’Italia di disapplicare i termini massimi di prescrizione per le frodi IVA

Camilla Cravetto
25 Settembre 2015

Il Tribunale di Cuneo dovendo decidere in merito al rinvio a giudizio del sig. Taricco ed altri imputati per associazione per delinquere allo scopo di commettere più delitti di cui agli artt. 2 e 8 D.Lgs. 74 del 2000 volti ad evadere l'IVA per diversi milioni di euro negli esercizi fiscali 2004-2009 (utilizzando il meccanismo della c.d. “frode carosello”), ha rilevato che sulla base del regime di prescrizione applicabile e secondo una previsione ragionevole, tutti i reati del processo si estingueranno entro l'8 febbraio 2018 per l'intervenuto decorso dei termini di prescrizione.
Massima

“Una normativa nazionale in materia di prescrizione del reato come quella stabilita dal combinato disposto dell'articolo 160, ultimo comma, c.p., come modificato dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, e dall'articolo 161 di tale codice – normativa che prevedeva, all'epoca dei fatti di cui al procedimento principale, che l'atto interruttivo verificatosi nell'ambito di procedimenti penali riguardanti frodi gravi in materia di imposta sul valore aggiunto comportasse il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale – è idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall'articolo 325, par. 1 e 2, TFUE nell'ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell'Unione Europea, o in cui preveda, per i casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell'Unione Europea, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. Il giudice nazionale è tenuto a dare piena efficacia all'articolo 325, par. 1 e 2, TFUE disapplicando, all'occorrenza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dall'articolo 325, par. 1 e 2, TFUE”.

“Un regime della prescrizione applicabile ai reati commessi in materia di imposta sul valore aggiunto, come quello previsto dal combinato disposto dell'articolo 160, ultimo comma, c.p., come modificato dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, e dell'articolo 161 di tale codice, non può essere valutato alla luce degli articoli 101 TFUE, 107 TFUE e 119 TFUE”.

Il caso

Il Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Cuneo (Dott. A. Boetti), dovendo decidere in merito al rinvio a giudizio del sig. Taricco ed altri imputati per associazione per delinquere allo scopo di commettere più delitti di cui agli artt. 2 e 8 D.Lgs. 74 del 2000 volti ad evadere l'IVA per diversi milioni di euro negli esercizi fiscali 2004-2009 (utilizzando il meccanismo della c.d. “frode carosello”), rilevava che sulla base del regime di prescrizione applicabile e secondo una previsione ragionevole, tutti i reati del processo si sarebbero estinti entro l'8 febbraio 2018 per l'intervenuto decorso dei termini di prescrizione, ponendo così nel nulla le complesse indagini che avevano portato alla richiesta di rinvio a giudizio degli imputati.

Sollevava quindi questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE di fronte alla Corte GE per verificare se le norme del diritto dell'Unione Europea permettano (ed in quali limiti) “ad uno Stato di mantenere una norma che consenta di prosciogliere dei rei nonostante l'azione penale sia stata tempestivamente esercitata” (Trib. Cuneo, GUP, 17 gennaio 2014).

La questione

In particolare, la questione posta all'attenzione della Corte GE attraverso l'ordinanza di rimessione è se la disciplina della prescrizione, che prevede all'art. 160, ultimo comma, c.p. (così come modificato dalla L. n. 251 del 5 dicembre 2005) che il prolungamento dei termini di prescrizione a seguito di interruzione non possa essere superiore ad un quarto (quindi non oltre i 7 anni e 6 mesi dal fatto e non oltre gli 8 anni e 9 mesi per gli organizzatori dell'associazione), provocando di fatto l'impunità degli accusati quale esito prevedibile del procedimento penale date le complesse indagini e accertamenti necessari in relazione a siffatti reati, sia compatibile con gli artt. 101, 107 e 109 del TFUE, nonché dell'art. 158 della direttiva 2006/112/CE. Quindi, in caso di risposta negativa, se l'art. 160, ultimo comma, c.p. possa essere disapplicato nel caso di specie.

Le soluzioni giuridiche

Innanzitutto, la Corte GE, pur ritenendo irrilevanti 3 delle 4 norme richiamate dal giudice della rimessione nel caso di specie (ovvero gli artt. 101, 107 e 109 del TFUE), dichiara la questione ricevibile ricordando che le questioni relative al diritto dell'Unione godono di una “presunzione di rilevanza”.
Procede poi ad affrontare la questione in linea con l'impostazione dell'Avvocato generale (cfr. conclusioni dell'Avvocato generale Julian Kokott presentate il 30 aprile 2015, causa C-105/14, Ivo Taricco e a., in InfoCuria – Giurisprudenza della Corte di Giustizia, on-line), ricordando che per il combinato disposto della direttiva 2006/112/CE e dell'art. 4, paragrafo 3, TUE gli Stati membri non solo hanno “l'obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative idonee a garantire che l'IVA dovuta nei loro rispettivi territori sia interamente riscossa ma devono anche lottare contro la frode”. Inoltre, a livello di fonti primarie, l'art. 325 TFUE “obbliga gli stati membri a lottare contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell'Unione con misure dissuasive ed effettive e, in particolare, li obbliga ad adottare, per combattere la frode lesiva degli interessi finanziari dell'Unione, le stesse misure che adottano per combattere la frode lesiva dei loro interessi finanziari”.

Infine, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1 della Convenzione PIF, gli Stati membri devono prendere le misure necessarie “affinché le condotte che integrano una frode lesiva degli interessi finanziari dell'Unione siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno nei casi di frode grave, pene privative della libertà”.
Con riferimento a tali norme, la Corte, stabilito che i reati oggetto del procedimento a quo costituiscono un'ipotesi di frode grave agli interessi finanziari dell'Unione e che nell'ordinamento italiano tali reati sono presidiati dalla sanzione penale, individua i termini del problema: il giudice del procedimento dovrà valutare, da una parte, “se le disposizioni nazionali applicabili consentano di sanzionare in modo effettivo e dissuasivo i casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell'Unione”, dall'altra, “se le disposizioni nazionali di cui trattasi si applichino ai casi di frode in materia IVA allo stesso modo che ai casi di frode lesivi dei soli interessi finanziari della Repubblica italiana”.

Con riferimento ad entrambe le questioni, la Corte pone l'attenzione sulla disciplina dell'interruzione della prescrizione di cui all'ultimo comma dell'art. 160 c.p.
Tale previsione, come lamentato dal giudice a quo, statuendo che, anche a seguito di atti interruttivi, i termini non possano comunque essere prolungati di più di un quarto del tempo ordinariamente necessario a raggiungere la prescrizione, avrebbe l'effetto di neutralizzare lo stesso istituto dell'interruzione della prescrizione, posto che i procedimenti penali per reati di frode fiscale richiedono mediamente tempistiche maggiori per addivenire ad una sentenza irrevocabile. Dunque, nelle parole della Corte “qualora il giudice nazionale dovesse concludere che dall'applicazione [dell'art. 160, ultimo comma, c.p.] (…) consegue, in un numero considerevole di casi, l'impunità penale a fronte di fatti costitutivi di una frode grave, (…) si dovrebbe constatare che le misure previste dal diritto nazionale per combattere contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell'Unione non possono essere considerate effettive e dissuasive”, risultando le stesse in contrasto con le norme di diritto dell'Unione di cui sopra.

Inoltre, il combinato disposto degli art. 160, ultimo comma e 161, secondo comma c.p. si porrebbe in contrasto con l'articolo 325, paragrafo 2, TFUE prevedendo che il reato di associazione allo scopo di commettere delitti in materia di accise sui prodotti del tabacco non è soggetto al termine massimo di prescrizione in caso di atti interruttivi.
La Corte GE passa poi ad affrontare la condotta che il giudice a quo deve tenere per risolvere il caso sottoposto al suo giudizio ove accerti che l'articolo 160, ultimo comma, c.p. si pone in contrasto con l'art. 325, paragrafi 1 e 2 TFUE: nessun dubbio sulla necessaria disapplicazione della disciplina nazionale “senza che debba chiedere o attendere la previa rimozione di dette disposizioni in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale”. Infatti, in virtù del principio del primato del diritto dell'Unione, le norme dei trattati (e quindi l'art. 325 TFUE) hanno l'effetto di rendere ipso iure inapplicabile qualsiasi norma di diritto interno con esse contrastanti, previa verifica da parte del giudice nazionale che dalla disapplicazione della norma interna non derivi la violazione dei diritti fondamentali degli interessati.

Circa questa eventualità, in caso di disapplicazione della norma sui termini massimi di prescrizione, la Corte GE precisa che il principio di legalità in materia penale, invocato tanto dagli interessati quanto dal governo italiano, non sarebbe violato. Infatti tale principio, previsto all'art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, secondo l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte EDU, in ragione del richiamo di cui all'art. 52 della medesima Carta, ricomprende la disciplina della prescrizione tra le condizioni di procedibilità del reato e non tra le norme penali sostanziali. In altre parole, posto che al momento della commissione dei fatti di reato sia la norma sia la sanzione erano conosciute (o almeno conoscibili) da parte degli imputati, ciò è sufficiente a ritenere rispettato il principio di legalità. Per contro, il fatto che il regime della prescrizione possa cambiare con effetti sfavorevoli nel corso del procedimento, prima che la stessa prescrizione sia maturata, è assolutamente legittimo stante la natura non sostanziale della sua disciplina. Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte EDU su questo tema, recepita dalla Corte GE, l'imputato non può infatti vantare un affidamento meritevole di tutela.

Osservazioni
Come rilevato dai primi commentatori della sentenza, il giudice dell'ordinanza di rimessione si troverà ora di fronte ad un problema di non facile soluzione. Infatti, mentre dal punto di vista della Corte GE la prescrizione non è coperta dalla garanzia del principio di legalità, in quanto considerata norma di diritto processuale, al contrario, la giurisprudenza della nostra Corte Cost. è granitica nel qualificare il regime della prescrizione come norma sostanziale e quindi non modificabile per l'autore del reato dopo la commissione del fatto. Un crash di interpretazioni contrastanti sebbene entrambe vincolanti per il giudice italiano sulla violazione o meno dei diritti fondamentali dell'individuo nel caso di allungamento dei termini di prescrizione nel corso del procedimento.
In evidenza:

Come anticipato da illustre dottrina, la possibilità di opporre un “controlimite” alla limitazione di sovranità a cui l'Italia si è sottoposta con l'adesione all'ordinamento europeo ex art. 11 Cost., per rispettare un principio costituzionale interno, sarebbe sicuramente giudicato illegittimo da parte della Corte GE. Quest'ultima ha infatti ben chiarito in casi analoghi che, ove un obbligo previsto nelle norme primarie dell'Unione sia ritenuto compatibile con i diritti fondamentali “europei”, gli Stati membri lo devono eseguire senza possibilità di opporre i propri principi costituzionali (cfr. CGUE, Grande Sezione, sent. 26 febbraio 2013, Melloni, causa C-399/11).

Per contro, il 18 settembre la Corte d'Appello di Milano , trovandosi in una situazione analoga a quella del GUP di Cuneo, ha sollevato questione di legittimità costituzionale proprio per invitare la Corte Costituzionale ad azionare i menzionati “controlimiti”.

La questione sollevata dalla Corte d'Appello, come paventato in dottrina (Corte d'Appello, Milano, II sez. pen., 18 settembre 2015), verte sull'art. 2 della L. n. 130 del 2 agosto 2008, ovvero la legge di esecuzione dei trattati, ed in particolare del TFUE, nella parte in cui impone di applicare la disposizione di cui all'art. 325 TFUE. Norma quest'ultima dalla quale – nell'interpretazione fornitane dalla Corte di Giustizia nella sentenza in commento – discende l'obbligo per il giudice nazionale di disapplicare gli artt. 160, ultimo comma, e 161, secondo comma, c.p., in presenza delle circostanze indicate nella sentenza, anche se dalla disapplicazione discendono effetti sfavorevoli per l'imputato. Il giudice a quo ritiene quindi che questa disciplina sia in contrasto con l'art. 25, secondo comma, Cost.
A dimostrazione della scarsa chiarezza derivante da questa nuova intersezione tra ordinamento italiano ed ordinamento comunitario, rileviamo come, secondo l'informazione provvisoria del servizio Novità della Corte di Cassazione, la terza sezione penale della Suprema Corte il 17 settembre ha dato per la prima volta applicazione alla sentenza in commento.
In conclusione:
Da ultimo segnaliamo che il legislatore è recentemente intervenuto a modificare la disciplina dei reati fiscali contenuti nel D.Lgs. 74/00, ma non ha innalzato il massimo della pene previste sopra la soglia dei sei anni di reclusione. Le modifiche apportate risultano così neutre ai fini della determinazione del termine necessario a prescrivere i reati in oggetto.
In assenza quindi di una chiara presa di posizione del legislatore, non resta che monitorare attentamente le soluzioni interpretative che verranno proposte all'ineludibile problema posto dalla sentenza in commento.


Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.