La Corte UE chiede all’Italia di disapplicare i termini massimi di prescrizione per le frodi IVA
25 Settembre 2015
Massima
“Una normativa nazionale in materia di prescrizione del reato come quella stabilita dal combinato disposto dell'articolo 160, ultimo comma, c.p., come modificato dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, e dall'articolo 161 di tale codice – normativa che prevedeva, all'epoca dei fatti di cui al procedimento principale, che l'atto interruttivo verificatosi nell'ambito di procedimenti penali riguardanti frodi gravi in materia di imposta sul valore aggiunto comportasse il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale – è idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall'articolo 325, par. 1 e 2, TFUE nell'ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell'Unione Europea, o in cui preveda, per i casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell'Unione Europea, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. Il giudice nazionale è tenuto a dare piena efficacia all'articolo 325, par. 1 e 2, TFUE disapplicando, all'occorrenza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dall'articolo 325, par. 1 e 2, TFUE”.
“Un regime della prescrizione applicabile ai reati commessi in materia di imposta sul valore aggiunto, come quello previsto dal combinato disposto dell'articolo 160, ultimo comma, c.p., come modificato dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, e dell'articolo 161 di tale codice, non può essere valutato alla luce degli articoli 101 TFUE, 107 TFUE e 119 TFUE”. Il caso
Il Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Cuneo (Dott. A. Boetti), dovendo decidere in merito al rinvio a giudizio del sig. Taricco ed altri imputati per associazione per delinquere allo scopo di commettere più delitti di cui agli artt. 2 e 8 D.Lgs. 74 del 2000 volti ad evadere l'IVA per diversi milioni di euro negli esercizi fiscali 2004-2009 (utilizzando il meccanismo della c.d. “frode carosello”), rilevava che sulla base del regime di prescrizione applicabile e secondo una previsione ragionevole, tutti i reati del processo si sarebbero estinti entro l'8 febbraio 2018 per l'intervenuto decorso dei termini di prescrizione, ponendo così nel nulla le complesse indagini che avevano portato alla richiesta di rinvio a giudizio degli imputati. Sollevava quindi questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE di fronte alla Corte GE per verificare se le norme del diritto dell'Unione Europea permettano (ed in quali limiti) “ad uno Stato di mantenere una norma che consenta di prosciogliere dei rei nonostante l'azione penale sia stata tempestivamente esercitata” (Trib. Cuneo, GUP, 17 gennaio 2014). La questione
In particolare, la questione posta all'attenzione della Corte GE attraverso l'ordinanza di rimessione è se la disciplina della prescrizione, che prevede all'art. 160, ultimo comma, c.p. (così come modificato dalla L. n. 251 del 5 dicembre 2005) che il prolungamento dei termini di prescrizione a seguito di interruzione non possa essere superiore ad un quarto (quindi non oltre i 7 anni e 6 mesi dal fatto e non oltre gli 8 anni e 9 mesi per gli organizzatori dell'associazione), provocando di fatto l'impunità degli accusati quale esito prevedibile del procedimento penale date le complesse indagini e accertamenti necessari in relazione a siffatti reati, sia compatibile con gli artt. 101, 107 e 109 del TFUE, nonché dell'art. 158 della direttiva 2006/112/CE. Quindi, in caso di risposta negativa, se l'art. 160, ultimo comma, c.p. possa essere disapplicato nel caso di specie. Le soluzioni giuridiche
Innanzitutto, la Corte GE, pur ritenendo irrilevanti 3 delle 4 norme richiamate dal giudice della rimessione nel caso di specie (ovvero gli artt. 101, 107 e 109 del TFUE), dichiara la questione ricevibile ricordando che le questioni relative al diritto dell'Unione godono di una “presunzione di rilevanza”.
Infine, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1 della Convenzione PIF, gli Stati membri devono prendere le misure necessarie “affinché le condotte che integrano una frode lesiva degli interessi finanziari dell'Unione siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno nei casi di frode grave, pene privative della libertà”.
Con riferimento ad entrambe le questioni, la Corte pone l'attenzione sulla disciplina dell'interruzione della prescrizione di cui all'ultimo comma dell'art. 160 c.p.
Inoltre, il combinato disposto degli art. 160, ultimo comma e 161, secondo comma c.p. si porrebbe in contrasto con l'articolo 325, paragrafo 2, TFUE prevedendo che il reato di associazione allo scopo di commettere delitti in materia di accise sui prodotti del tabacco non è soggetto al termine massimo di prescrizione in caso di atti interruttivi.
Circa questa eventualità, in caso di disapplicazione della norma sui termini massimi di prescrizione, la Corte GE precisa che il principio di legalità in materia penale, invocato tanto dagli interessati quanto dal governo italiano, non sarebbe violato. Infatti tale principio, previsto all'art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, secondo l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte EDU, in ragione del richiamo di cui all'art. 52 della medesima Carta, ricomprende la disciplina della prescrizione tra le condizioni di procedibilità del reato e non tra le norme penali sostanziali. In altre parole, posto che al momento della commissione dei fatti di reato sia la norma sia la sanzione erano conosciute (o almeno conoscibili) da parte degli imputati, ciò è sufficiente a ritenere rispettato il principio di legalità. Per contro, il fatto che il regime della prescrizione possa cambiare con effetti sfavorevoli nel corso del procedimento, prima che la stessa prescrizione sia maturata, è assolutamente legittimo stante la natura non sostanziale della sua disciplina. Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte EDU su questo tema, recepita dalla Corte GE, l'imputato non può infatti vantare un affidamento meritevole di tutela. Osservazioni
Come rilevato dai primi commentatori della sentenza, il giudice dell'ordinanza di rimessione si troverà ora di fronte ad un problema di non facile soluzione. Infatti, mentre dal punto di vista della Corte GE la prescrizione non è coperta dalla garanzia del principio di legalità, in quanto considerata norma di diritto processuale, al contrario, la giurisprudenza della nostra Corte Cost. è granitica nel qualificare il regime della prescrizione come norma sostanziale e quindi non modificabile per l'autore del reato dopo la commissione del fatto. Un crash di interpretazioni contrastanti sebbene entrambe vincolanti per il giudice italiano sulla violazione o meno dei diritti fondamentali dell'individuo nel caso di allungamento dei termini di prescrizione nel corso del procedimento.
La questione sollevata dalla Corte d'Appello, come paventato in dottrina (Corte d'Appello, Milano, II sez. pen., 18 settembre 2015), verte sull'art. 2 della L. n. 130 del 2 agosto 2008, ovvero la legge di esecuzione dei trattati, ed in particolare del TFUE, nella parte in cui impone di applicare la disposizione di cui all'art. 325 TFUE. Norma quest'ultima dalla quale – nell'interpretazione fornitane dalla Corte di Giustizia nella sentenza in commento – discende l'obbligo per il giudice nazionale di disapplicare gli artt. 160, ultimo comma, e 161, secondo comma, c.p., in presenza delle circostanze indicate nella sentenza, anche se dalla disapplicazione discendono effetti sfavorevoli per l'imputato. Il giudice a quo ritiene quindi che questa disciplina sia in contrasto con l'art. 25, secondo comma, Cost. A dimostrazione della scarsa chiarezza derivante da questa nuova intersezione tra ordinamento italiano ed ordinamento comunitario, rileviamo come, secondo l'informazione provvisoria del servizio Novità della Corte di Cassazione, la terza sezione penale della Suprema Corte il 17 settembre ha dato per la prima volta applicazione alla sentenza in commento.
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