Il “condono tombale” non preclude al Fisco l'accertamento ed il recupero dei crediti esposti in dichiarazione

Ignazio Gennaro
30 Agosto 2017

Il c.d. “condono tombale” non preclude al Fisco l'accertamento riguardante un credito nascente da agevolazione esposto in dichiarazione: il condono per sua natura cancella totalmente o parzialmente il debito fiscale ma non ha efficacia nei confronti dei crediti che il contribuente possa eventualmente vantare nei confronti del Fisco.
Massima

Il c.d. “condono tombale non preclude al Fisco l'accertamento riguardante un credito nascente da agevolazione esposto in dichiarazione: il condono per sua natura cancella totalmente o parzialmente il debito fiscale ma non ha efficacia nei confronti dei crediti che il contribuente possa eventualmente vantare nei confronti del Fisco, i quali quindi restano soggetti all'eventuale accertamento e contestazione da parte dell'Amministrazione finanziaria.

Il caso

Una società impugnava dinnanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale un avviso di accertamento emesso dall' Agenzia delle Entrate con il quale veniva recuperato il credito di imposta per “incremento occupazionale” di cui la stessa società aveva beneficiato ex art. 7 della Legge n. 388/2000.

I Giudici tributari di primo grado rigettavano il ricorso e la società proponeva appello alla CTR Campania la quale, con sentenza n. 446/5/2009 lo accoglieva parzialmente, dichiarava non applicabili le sanzioni (ritenendo la “condizione di obiettiva incertezza” dell'ambito di applicazione dell'art. 7 della Legge n. 388/2000) ed escludeva che l'adesione della società al c.d. “condono tombale” potesse impedire l'esercizio del potere di accertamento da parte del Fisco.

La Società impugnava quindi la sentenza di secondo grado dinnanzi alla Corte di Cassazione la cui la Sezione tributaria “ravvisato un contrasto all'interno della giurisprudenza della sezione con riguardo alla permanenza, oppure esclusione del potere di accertamento del fisco della configurabilità di crediti d'imposta allorquando il contribuente abbia aderito al c.d. condono tombale” sottoponeva la questione alle Sezioni Unite.

Queste ultime a composizione del contrasto hanno enunciato il principio di diritto secondo il quale “in tema di c.d. condono tombale non è inibito all'erario l'accertamento riguardante un credito di agevolazione esposto in dichiarazione, in quanto il condono elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, che restano soggetti all'eventuale contestazione dell'Ufficio”.

La questione

Le Sezioni Unite sono state chiamate a stabilire se l'effetto preclusivo di ogni accertamento stabilito dal combinato dei commi 9 e 10 dell'art. 9 della Legge n. 289/2002 riguardi l'intera situazione tributaria: quindi non soltanto debiti del contribuente verso il fisco, ma anche i crediti vantati nei confronti di esso, con particolare riferimento a quelli scaturenti da agevolazioni.

Rispetto a tale questione, nel corso degli anni, all'interno della Sezione tributaria si erano registrate due orientamenti divergenti.

Una prima tesi “maggioritaria” riteneva che il c.d. “condono tombale” di cui all'art. 9 della Legge n. 289/2002 avesse l'effetto di cancellare i debiti del contribuente verso l'Erario ma non avesse alcun effetto sugli eventuali crediti.

Ciò in quanto il terzo periodo del c. 9 del citato art. 9 (il quale dispone che “la definizione automatica non modifica l'importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, dell'imposta sul valore aggiunto, nonché dell'imposta regionale sull'attività produttive”) avrebbe dovuto essere interpretato nel senso che il condono non esercitava influenza sull'ammontare dei crediti e non avrebbe impedito all'Erario di vagliarli, di contestarli e di recuperare gli importi esposti in dichiarazione.

Un secondo e diverso orientamento (“minoritario”) invece sosteneva che il condono di cui all'art. 9 citato cancellava i debiti del contribuente verso l'Erario, ma comportava anche la preclusione nei confronti del dichiarante di ogni accertamento tributario compreso quello finalizzato al recupero dei crediti di imposta.

La Sezione nomofilattica, con la sentenza in rassegna, ha ritenuto di aderire al primo dei due orientamenti statuendo che “l'art. 9, c. 9 della Legge n. 289/2002 va inteso nel senso che il condono non influisce di per se sull'ammontare delle somme chieste a rimborso, non impone al contribuente la rinuncia al credito e non impedisce all'erario di accogliere tali richieste allorchè la pretesa di rimborso sia riscontrata fondata; il successivo c. 10 preclude l'accertamento dei debiti dei contribuenti che hanno ottenuto il condono, ma non quello dell'inesistenza dei crediti posti alla base delle richieste di rimborso”.

Per tali ragioni secondo la Corte “il condono incide sui debiti tributari dei contribuenti e non sui loro crediti, in quanto si traduce in una forma atipica di definizione del rapporto tributario nella prospettiva di recuperare risorse finanziarie e di ridurre il contenzioso”.

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite, richiamando propria precedente giurisprudenza (Cass. civ., SS. UU., 27 gennaio 2016, n. 1518), hanno ribadito che la sanatoria derivante dal condono è “effetto di legge dell'adesione oblativa, senza che il fisco possa esercitare alcun potere decisorio, in quanto il condono opera secondo meccanismi di diritto pubblico diversi dalla modificazione negoziata per via di novazione, transazione o conciliazione”.

Pertanto, la preclusione di ogni accertamento tributario nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati derivante dal perfezionamento del procedimento di condono non può che concernere il solo debito tributario.

La Corte di legittimità nella sentenza in commento afferma che “estenderla anche crediti, in mancanza di qualsiasi potere decisorio da parte dell'Ufficio, colliderebbe in maniera frontale con le finalità del condono indirizzate a reperire risorse di bilancio e non già a perseguire finalità transattive o di compensazione di ragioni di credito e di debito”.

Secondo i Giudici romani “il condono pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti, quali coltivare la controversia nei modo ordinari, conseguendo eventualmente il rimborso delle somme indebitamente pagate, o corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria”.

Le SS.UU. a sostegno della propria interpretazione, hanno anche osservato che “il primo periodo del c. 9 dell'art. 9, là dove stabilisce la definitività della liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione come effetto della definizione automatica, non si pone in contrasto, ma, anzi conforterebbe questa ricostruzione”.

Ed infatti, proseguono “la definitività della liquidazione riguarda l'imposta lorda, di modo che quel che si rende definitivo è l'imponibile, in base al quale l'imposta lorda si quantifica, giustappunto perché il condono dell'imponibile, esclude qualsivoglia accertamento: la disposizione si riferisce difatti alla spettanza delle deduzioni, che identificano somme che sono sottratte dalla base imponibile, su cui si calcola l'imposta lorda e delle esclusioni, che concorrono con la norma base a definire l'ambito applicativo dell'imposta”.

Secondo la più autorevole Sezione della Corte “l'avviso di recupero non sarebbe affatto incompatibile con la disciplina apprestata dall'art. 9 Legge n. 289/2002 e, in particolare con l'esercizio dei controlli contabili e formali fatti salvi dalla disposizione, ma è ad essa complementare: mentre i controlli in questione garantiscono correttezza formale della dichiarazione integrativa, che determina la definitività della liquidazione dell'imposta lorda, con l'avviso di recupero il fisco reclama il credito che ha abbattuto l'imposta netta avendone riscontrata la carenza dei presupposti sostanziali”.

Osservazioni

Le Sezioni Unite, richiamando propria precedente giurisprudenza (Cass. civ., ss.uu., 27 gennaio 2016, n. 1518), hanno ribadito che la sanatoria derivante dal condono è “effetto di legge dell'adesione oblativa, senza che il fisco possa esercitare alcun potere decisorio, in quanto il condono opera secondo meccanismi di diritto pubblico diversi dalla modificazione negoziata per via di novazione, transazione o conciliazione”.

Pertanto, la preclusione di ogni accertamento tributario nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati derivante dal perfezionamento del procedimento di condono non può che concernere il solo debito tributario.

La Corte di legittimità nella sentenza in commento afferma che “estenderla anche crediti, in mancanza di qualsiasi potere decisorio da parte dell'Ufficio, colliderebbe in maniera frontale con le finalità del condono indirizzate a reperire risorse di bilancio e non già a perseguire finalità transattive o di compensazione di ragioni di credito e di debito”.

Secondo i Giudici romani “il condono pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti, quali coltivare la controversia nei modo ordinari, conseguendo eventualmente il rimborso delle somme indebitamente pagate, o corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria”.

Le SS.UU. a sostegno della propria interpretazione, hanno anche osservato che “il primo periodo del c. 9 dell'art. 9, là dove stabilisce la definitività della liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione come effetto della definizione automatica, non si pone in contrasto, ma, anzi conforterebbe questa ricostruzione”.

Ed infatti, proseguono “la definitività della liquidazione riguarda l'imposta lorda, di modo che quel che si rende definitivo è l'imponibile, in base al quale l'imposta lorda si quantifica, giustappunto perché il condono dell'imponibile, esclude qualsivoglia accertamento: la disposizione si riferisce difatti alla spettanza delle deduzioni, che identificano somme che sono sottratte dalla base imponibile, su cui si calcola l'imposta lorda e delle esclusioni, che concorrono con la norma base a definire l'ambito applicativo dell'imposta”.

Secondo la più autorevole Sezione della Corte “l'avviso di recupero non sarebbe affatto incompatibile con la disciplina apprestata dall'art. 9 Legge n. 289/2002 e, in particolare con l'esercizio dei controlli contabili e formali fatti salvi dalla disposizione, ma è ad essa complementare: mentre i controlli in questione garantiscono correttezza formale della dichiarazione integrativa, che determina la definitività della liquidazione dell'imposta lorda, con l'avviso di recupero il fisco reclama il credito che ha abbattuto l'imposta netta avendone riscontrata la carenza dei presupposti sostanziali”.

Pertanto, le SS. UU. esprimendo il proprio avviso contrario rispetto alla testi “minoritaria” affermano che “una diversità di trattamento ingiustificabile, anche in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, si prospetterebbe, di contro, qualora si riconoscesse, come vorrebbero Cass. civ., nn. 15195, 16186 e 16187/2016, che la sorte dei crediti sia diversa, a seconda che il credito, segnatamente da agevolazione, sia incluso nella dichiarazione integrativa ed in quanto tale divenga definitivamente acquisito, oppure che dall'esposizione del credito scaturisca una pretesa di rimborso, in quanto tale soggetta a vaglio ed a contestazione da parte dell'Amministrazione”.

Componendo il contrasto giurisprudenziale hanno quindi enunciato il principio di diritto secondo il quale anche nell'ipotesi di “condono tombale” al Fisco non è precluso l'accertamento riguardante un credito nascente da agevolazione esposto in dichiarazione.

Bibliografia di riferimento

La Corte Costituzionale già con ordinanza del 27 luglio 2005 n. 340 nel dichiarare manifestamente infondata la questione basata sulla interpretazione dei commi 9 e 10 dell'art. 9 della Legge n. 289/2002 aveva formulato alcune precisazioni, affermando che l'art. 9 c. 9 della citata legge va inteso nel senso che il condono non influisce di per se sull'ammontare delle somme richiesta a rimborso, non impone al contribuente la rinuncia al credito e non impedisce all'erario di accogliere tali richieste allorché la pretesa di rimborso sia riscontrata fondata.

Secondo la Consulta, il successivo c. 10 della disposizione citata preclude l'accertamento di debiti dei contribuenti che hanno ottenuto il condono, ma non quello dell'inesistenza dei crediti posti alla base delle richieste di rimborso.

I commi 9 e 10 dell'art. 9 della Legge n. 289/2002 testualmente dispongono che “la definizione automatica, limitatamente a ciascuna annualità rende definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione con riferimento alla spettanza di deduzioni e agevolazioni indicate dal contribuente o all'applicabilità di esclusioni. Sono fatti salvi gli effetti della liquidazione delle imposte e del controllo formale in base rispettivamente all'art. 36-bis ed all'art. 36-ter del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, e successive modificazioni, nonché gli effetti derivanti dal controllo delle dichiarazioni Iva ai sensi dell'articolo 54-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 e successive modificazioni; le variazioni dei dati

Dichiarati non rilevano ai fini del calcolo delle maggiori imposte dovute ai sensi del presente articolo. La definizione automatica non modifica l'importo degli eventuali rimborso e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, dell'imposta sul valore aggiunto nonché dell'imposta regionale sulle attività produttive. La dichiarazione integrativa non costituisce titolo per il rimborso di ritenute, acconti e crediti d'imposta precedentemente non dichiarati, né per il riconoscimento di esenzioni o agevolazioni non richieste in precedenza, ovvero di detrazioni d'imposta diverse da quelle originariamente dichiarate”.

(comma 9)

“Il perfezionamento della procedura prevista dal presente articolo comporta: a) la preclusione, nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati, di ogni accertamento tributario” (comma 10).

Le stesse Sezioni unite con precedente sentenza del 5 giugno 2008 n. 14828 si erano già occupate della sorte dei pagamenti eseguiti che il contribuente, dopo avere aderito al c.d. “condono tombale” avesse preteso in restituzione ritenendoli indebiti, fissando il principio di diritto secondo il quale “con riferimento alla definizione automatica stabilita dall'art. 9 L. n. 289/2002, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità di imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto”.

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