Diffida accertativa

Gianluca Natalucci
21 Dicembre 2023

Il D.Lgs. n. 124/2004 ha previsto agli artt. 12 e 13 due diversi tipi di diffida, relativi rispettivamente alla “Diffida accertativa per crediti patrimoniali” e all'“Accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica”. In tale contesto il D.Lgs. n. 149/2015 ha istituito, dal 24 settembre 2015, un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato Nazionale del Lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del Lavoro, dell'INPS e dell'INAIL, mentre il D.Lgs. n. 151/2015 ha riformato l'impianto sanzionatorio.

Inquadramento

Il D.Lgs n. 149/2015 (attuativo del Jobs Act) ha istituito, a far data dal 24 settembre 2015, un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato Nazionale del Lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, dell'INPS e dell'INAIL.

In attuazione dell'art. 8, c. 2, lett. c) ed e) della L. n. 30/2003, che delegava il Governo alla ridefinizione dell'istituto della diffida e alla semplificazione della procedura per la soddisfazione dei crediti di lavoro, correlata alla promozione di soluzioni conciliative in sede pubblica, il decreto legislativo n. 124/2004 ha previsto agli articoli 12 e 13 due diversi tipi di diffida.

In aggiunta, si rileva che in relazione alla violazione di cui all'all'art. 3, comma 3, D.L. n. 12/2002, come modificato dall'art. 22, comma 1, D.Lgs. n. 151/2015, attuativo del c.d. Jobs Act, in tema di maxisanzione per il lavoro sommerso, trova applicazione la procedura di diffida di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.

Tale disciplina ha subito di recente con la L. 120/2020 delle importanti modifiche, volte essenzialmente a semplificare le procedure ed ampliare la tutela dei lavoratori; le prime istruzioni dell'INL sono giunte con la pubblicazione della circolare n. 6 del 5/10/2020.

L'INL ricorda che tutta la nuova disciplina recata dall'art. 12 bis del Decreto Legge n. 76/2020 riguarda esclusivamente le diffide accertative da notificare dopo la sua entrata in vigore. Per i provvedimenti notificati prima del 15 settembre u.s. (data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Legge n. 76/2020) troverà invece applicazione la previgente disciplina, anche in relazione alla eventuale presentazione e decisione dei ricorsi da parte del Comitato per i rapporti di lavoro di cui all'art. 17 del Decreto Legislativo n. 124/2004.

Diffida accertativa per crediti patrimoniali

L'art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004 stabilisce al c. 1 che “qualora nell'ambito dell'attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti. La diffida trova altresì applicazione nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, da ritenersi solidalmente responsabili dei crediti accertati.”.

In sede di indagine ispettiva (in applicazione di quanto previsto dall'art. 7, c. 1, lett. b) del D.Lgs. n. 124/2004), quindi, il personale ispettivo delle DTL può diffidare il datore di lavoro a corrispondere direttamente al lavoratore le somme che risultino accertate quali crediti retributivi derivanti dalla corretta applicazione dei contratti individuali e collettivi di lavoro, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, nei limiti della loro efficacia soggettiva.

In evidenza: diffida nei rapporti di lavoro autonomo

L'adozione della diffida accertativa è possibile anche nell'ambito dei rapporti di lavoro autonomo (collaborazione coordinata e continuativa e lavoro a progetto), almeno in tutte quelle ipotesi in cui l'erogazione dei compensi sia legata a presupposti oggettivi e predeterminati che non richiedano complessi approfondimenti in ordine alla verifica dell'effettivo raggiungimento o meno dei risultati dell'attività.

In particolare, con riguardo alle ipotesi di conciliazione monocratica in sede ispettiva, l'organo di vigilanza potrà procedere a diffidare il datore di lavoro quando avrà acquisito elementi obiettivi, certi e idonei a determinare il calcolo delle spettanze patrimoniali del lavoratore, potendo altrimenti acquisire il consenso delle parti a una conciliazione monocratica.

Per quanto riguarda le novità del Decreto Semplificazioni, è stata introdotta la possibilità di estendere l'istituto agli obbligati in solido nell'ambito di un contratto di appalto o somministrazione, tenendo presente in questa seconda ipotesi che i lavoratori utilizzati hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti dell'azienda utilizzatrice.

L'INL nella circolare n. 6/2020 evidenzia che la diffida accertativa, nell'ambito di un appalto o di una somministrazione di manodopera, dovrà avere in ogni caso come destinatari sia il datore di lavoro sia il responsabile in solido, ai quali il lavoratore potrà dunque, indifferentemente, rivolgersi per dare esecuzione al titolo esecutivo.

I successivi c. 2 e 3 stabiliscono inoltre che “entro trenta giorni dalla notifica della diffida accertativa, il datore di lavoro può promuovere tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro. In caso di accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedimento di diffida perde efficacia e, per il verbale medesimo, non trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 2113, commi primo, secondo e terzo, del codice civile. Entro il medesimo termine, in alternativa, il datore di lavoro può promuovere ricorso avverso il provvedimento di diffida al direttore dell'ufficio che ha adottato l'atto. Il ricorso, notificato anche al lavoratore, sospende l'esecutività della diffida ed è deciso nel termine di sessanta giorni dalla presentazione.

Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2 o in caso di mancato raggiungimento dell'accordo, attestato da apposito verbale, oppure in caso di rigetto del ricorso, il provvedimento di diffida di cui al comma 1 acquista efficacia di titolo esecutivo”.

Un'altra importante innovazione apportata dalla L. 120/2020 riguarda il tentativo facoltativo di conciliazione.

Confermato il termine di 30 giorni dalla notifica della diffida per promuovere il procedimento, sino a che quest'ultimo non si conclude il provvedimento rimane per così dire “congelato”, senza acquistare efficacia di titolo esecutivo.

Alla procedura conciliativa potrà partecipare anche l'obbligato in solido, cosicché un eventuale accordo potrà aver effetto anche nei suoi confronti, mentre nell'ipotesi in cui alla conciliazione aderisca solo una parte, l'efficacia di titolo esecutivo varrà solo nei confronti dell'altra.

Sempre nel termine di 30 giorni, avverso l'atto di diffida l'obbligato ha l'ulteriore possibilità di presentare ricorso con le seguenti modalità:

– innanzi al Direttore dell'ufficio che ha adottato l'atto e non più al Comitato per i rapporti di lavoro ex art. 17 D.Lgs. 124/2004;

– avverso la diffida adottata dal personale ispettivo e non più quella validata dal Dirigente di sede;

– il ricorso deve essere notificato anche al lavoratore, sospende l'esecutività della diffida ed è deciso nel termine di 60 giorni dalla presentazione, a differenza dei 90 concessi al Comitato dei rapporti di lavoro;

– non vale più il silenzio-rigetto decorso il suddetto termine senza che l'amministrazione si sia pronunciata.

Si sottolinea che i ricorsi vanno decisi unicamente sulla base della documentazione presente agli atti o quella fornita dal datore di lavoro, non essendovi in questa fase alcun contraddittorio tra quest'ultimo ed il lavoratore.

Per l'INL (Circolare 6/2020), una volta promosso il tentativo di conciliazione e sino alla conclusione dello stesso – anche in data successiva ai 30 giorni dalla notifica della diffida – il provvedimento resta sostanzialmente “congelato”, senza acquisire efficacia di titolo esecutivo.

Inoltre, benché la disposizione rimetta la possibilità di conciliare al “datore di lavoro” l'Ispettorato ritiene che, nelle ipotesi di esternalizzazioni, tale facoltà vada estesa anche all'obbligato solidale che andrà comunque convocato “per consentirgli di partecipare e di siglare l'eventuale accordo che, in tal modo, dispiegherà effetti nei confronti di tutte le parti”.

Stante, infatti, il dettato letterale, nell'ipotesi in cui l'accordo venga siglato soltanto da uno dei soggetti obbligati, la diffida accertativa perderà efficacia soltanto nei suoi confronti mentre acquisterà valore di titolo esecutivo nei confronti della parte che non abbia aderito all'accordo di conciliazione.

A questo punto il lavoratore potrà attivarsi per l'esecuzione dell'accordo (ove lo stesso non sia rispettato) ai sensi dell'art. 11, comma 3 bis, D.Lgs. n. 124/2004 – secondo cui “il verbale (…) è dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata” – ovvero mettere in esecuzione la diffida accertativa nei confronti della parte che non abbia aderito alla conciliazione.

Evidenzia, inoltre, la circolare n. 6/2020 che la diffida adottata dal personale ispettivo acquista automaticamente efficacia di titolo esecutivo, senza alcun provvedimento ulteriore da parte del Dirigente di sede o altro provvedimento da parte dell'Ufficio:

  • trascorsi 30 giorni dalla notifica, salvo che non sia promosso un tentativo di conciliazione o sia presentato ricorso al Direttore dell'Ufficio che ha adottato l'atto;
  • in caso di mancato raggiungimento di un accordo in sede conciliativa;

in caso di “rigetto del ricorso”.

Il Ministero del lavoro individua i cd. "crediti diffidabili" in base ai poteri di accertamento necessari alla loro individuazione e liquidazione, e cioè in base alle seguenti categorie:

  • crediti retributivi da omesso pagamento;
  • crediti di tipo indennitario, da maggiorazioni, t.f.r., ecc.;
  • retribuzioni di risultato, premi di produzione, ecc.;
  • crediti retributivi derivanti da un non corretto inquadramento della tipologia contrattuale;
  • crediti legati al demansionamento ovvero alla mancata applicazione di livelli minimi retributivi richiesti esplicitamente dal legislatore in osservanza dell'art. 36 Cost. ovvero derivanti dall'accertamento di lavoro sommerso

È bene precisare che il Ministero ritiene applicabile la diffida alla prima, alla seconda e alla quinta categoria di crediti, mentre non ritiene invece applicabile la diffida accertativa ai casi di cui ai punti 3 e 4 del precedente elenco.

Il Ministero del lavoro ha infine chiarito (nota n. 9889/2013) che la diffida accertativa è ammissibile per i crediti derivanti da omesso versamento degli assegni familiari, mentre non è possibile fruire del citato istituto per i crediti da omesso versamento a fondi pensione.

In evidenza: esclusione dell'adozione di diffida accertativa

Il Ministero del Lavoro, nell'interpello n. 2/2018, ha chiarito che “durante il periodo di inesigibilità dei crediti aventi titolo o causa anteriore alla data di pubblicazione del decreto di omologa del piano di ristrutturazione del debito, non potranno essere adottati, da parte dei competenti uffici territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, provvedimenti di diffida accertativa, ai sensi dell'articolo 12, comma 3, del d.lgs. n. 124/2004 nei confronti del soggetto sottoposto alla procedura di sovrindebitamento. Tale inesigibilità, per espressa previsione normativa, è decorrente dalla pubblicazione stessa del decreto fino alla data indicata nell'accordo omologato”. Tuttavia, tale impedimento viene meno nelle ipotesi in cui si verifichino le condizioni di cui all'articolo 10, comma 3, ed all'articolo 12, comma 4, della legge n. 3 del 2012, che prevedono la cessazione degli effetti obbligatori del decreto di omologa, rispettivamente in caso di revoca del decreto stesso e in caso di risoluzione dell'accordo o di mancato pagamento dei crediti impignorabili.

L'Ispettorato Nazionale del Lavoro, inoltre, si è pronunciato, con lettera circolare n. 4623/2018, in merito all'adozione della diffida accertativa per crediti patrimoniali nei confronti di imprese sottoposte ad amministrazione giudiziaria conseguente a sequestro. In particolare, si precisa che i crediti dei lavoratori, a seguito del sequestro, possono essere accertati esclusivamente attraverso la procedura prevista dal D.Lgs. 159/2011 (Codice delle Leggi Antimafia), con esclusione pertanto dell'adozione della diffida accertativa da parte del personale ispettivo.

Diffida per gli illeciti amministrativi e penali

L'art. 13, comma 1, del D.Lgs. n. 124/2004 stabilisce che “il personale ispettivo accede presso i luoghi di lavoro nei modi e nei tempi consentiti dalla legge” e che “alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all'ispezione, con l'obbligo alla tempestiva consegna al datore di lavoro, il verbale di primo accesso ispettivo”.

In tale contesto, il successivo comma 2 dispone che “in caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido, ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4”.

In tale comma, così come modificato dall'art. 33, comma 1, L. n. 183/2010, noto anche come “Collegato lavoro”, si stabilisce che il personale ispettivo provvede a diffidare il trasgressore (e l'eventuale obbligato in solido), ai sensi dell'art. 6 della L. n. 689/1981, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di 30 giorni dalla data di notificazione del verbale unico. La diffida deriva dalle seguenti circostanze:

  • constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale;
  • rilevazione di inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative.

A tal proposito il Ministero del Lavoro ha chiarito (Circolare n. 9/2006) che la diffida “costituisce una condizione di procedibilità dell'azione sanzionatoria degli illeciti amministrativi in materia di lavoro e di legislazione sociale”, che risultano accertati e provati e se le inadempienze risultano sanabili.

Di conseguenza, l'adozione di un provvedimento di contestazione/notificazione di una violazione ritenuta sanabile, non preceduta dalla diffida, ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004 è inficiata da un vizio di carattere procedimentale, che si ripercuote sulla legittimità del provvedimento stesso.

In evidenza: Sanabilità delle violazioni

La Circolare del Ministero del Lavoro n. 9 del 23 marzo 2006 ha inoltre chiarito che “relativamente alla sanabilità delle violazioni, si ribadisce che tale requisito sussiste in tutti i casi di inosservanze consistenti in comportamenti materialmente realizzabili, indipendentemente quindi dalla istantaneità o meno della condotta oggetto della fattispecie sanzionatoria, purché non si tratti di violazione di norme poste a diretta tutela dell'integrità psicofisica del lavoratore.

Peraltro, tutte le violazioni i cui adempimenti possono essere considerati astrattamente sanabili non consentono, tuttavia, l'applicazione dell'istituto in esame qualora la regolarizzazione da parte del datore di lavoro non sia materialmente possibile. Ciò accade, ad esempio, per la fattispecie di omessa consegna, all'atto dell'assunzione, della dichiarazione contenente gli estremi dell'iscrizione nel libro matricola, nel caso in cui il lavoratore interessato, al momento della diffida, non sia più in forza all'azienda, ovvero nell'ipotesi in cui l'impresa, possibile destinataria della diffida, sia già cessata al momento dell'adozione del provvedimento”.

Il successivo comma 3 stabilisce che “In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l'eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Il pagamento dell'importo della predetta somma estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell'effettiva ottemperanza alla diffida stessa”.

Ciò significa che il trasgressore può estinguere il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida (a condizione dell'effettiva ottemperanza alla diffida stessa), tramite il pagamento di una somma di denaro da effettuarsi entro il termine complessivo di 45 giorni dalla notificazione del verbale (di cui 30 per l'ottemperanza e 15 per effettuare il pagamento).

In evidenza: Prova dell'avvenuta regolarizzazione

Qualora il trasgressore (o l'obbligato in solido) non fornisca prova dell'avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste al personale ispettivo, il verbale unico produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato.

Inoltre, nel caso in cui il verbale unico contenga sanzioni relative sia a illeciti diffidati sia a illeciti non diffidabili, il termine di 60 giorni di cui all'art. 16, L. n. 689/1981, per il pagamento delle sanzioni in misura ridotta, decorre dalla scadenza dei termini previsti ai fini dell'ottemperanza alla diffida; ciò significa che la procedura di regolarizzazione tramite diffida sospende i termini della procedura relativa agli illeciti non diffidabili.

In particolare, come precisato dalla Circolare Ministeriale n. 10/2011 e dalla Circolare INPS n. 75/2011, il suddetto termine decorre dopo i citati 45 giorni, ovvero dopo 15 giorni nelle ipotesi in cui trova applicazione la c.d. "diffida ora per allora".

Nel contesto della procedura di regolarizzazione il comma 4 dell'articolo in commento dispone che “all'ammissione alla procedura di regolarizzazione … , nonché alla contestazione delle violazioni amministrative di cui all'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con la notifica di un unico verbale di accertamento e notificazione, notificato al trasgressore e all'eventuale obbligato in solido”.

Il verbale di accertamento e notificazione deve contenere:

  • gli esiti dettagliati dell'accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati;
  • la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili;
  • la possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e provvedendo al pagamento della somma di cui al comma 3 ovvero pagando la medesima somma nei casi di illeciti già oggetto di regolarizzazione;
  • la possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili, ovvero quelli oggetto di diffida nei casi di cui al comma 5, attraverso il pagamento della sanzione in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 della L. 24 novembre 1981, n. 689;
  • l'indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con specificazione dei termini di impugnazione.

In evidenza: Art. 13, comma 5, D.Lgs. 124/2004

“L'adozione della diffida interrompe i termini per la presentazione dei ricorsi di cui agli articoli 16 e 17 del presente decreto, fino alla scadenza del termine per compiere gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3.

Ove da parte del trasgressore o dell'obbligato in solido non sia stata fornita prova al personale ispettivo dell'avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste, il verbale unico di cui al comma 4 produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato”.

Il Ministero ha inoltre precisato (nota n. 2226/2006 e Circ. n. 41/2010) che la possibilità di applicare il rateizzo ex art. 26 della L. n. 289/1981 alla somma che l'azienda è chiamata a pagare, in seguito a procedura di diffida ex art. 13 D.Lgs. n. 124/2004, deve ritenersi esclusa.

È bene specificare inoltre che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della Legge 25 agosto 2007, n. 123, il potere di diffida è esteso anche al personale amministrativo degli enti previdenziali che accerti d'ufficio la sussistenza di violazioni amministrative comunque sanabili.

Tale possibilità è confermata anche dal comma 6 dell'art. 13 in questione, che dispone: “Il potere di diffida…è esteso anche agli ispettori e ai funzionari amministrativi degli enti e degli istituti previdenziali per le inadempienze da essi rilevate”.

Si rileva inoltre che il comma 7 dello stesso articolo estende il potere di diffida anche agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che accertano, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 689/1981, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale.

La nota ministeriale n. 10767/2015 ha poi precisato che le violazioni, in cui l'interesse sostanziale (soprattutto relativo alla tutela dell'integrità psicofisica e della personalità morale) protetto dalla norma non è in alcun modo recuperabile, sono escluse dall'ambito della diffida.

Sono, invece, sanabili le violazioni amministrative relative ad adempimenti omessi, in tutto o in parte, che possono ancora essere materialmente realizzabili, anche qualora la legge preveda un termine per l'effettuazione dell'adempimento (illeciti omissivi istantanei con effetti permanenti).

Stando al combinato disposto di alcuni documenti di prassi (Ministero del Lavoro, Circolari n. 24/2004 e 41/2010, Circolare INPS. n. 75/2011, Circolare INAIL n. 36/2011), si rileva che è possibile attivare la procedura di diffida anche se il trasgressore ha (ancor prima dell'adozione della diffida) posto in essere il comportamento dovuto, sia pur tardivamente; sarebbe infatti iniquo sanzionare chi effettua comunque un adempimento dovuto (seppur oltre il termine previsto) rispetto a chi lo omette totalmente.

In tale ipotesi, quindi, non si perverrà a un atto di diffida ma a un accertamento della condotta posta in essere e conseguente ammissione al pagamento della sanzione, ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.

In evidenza: Materia di competenza dell'INAIL

La Circolare INAIL n. 86/2004 ha precisato che, per le materie di competenza dell'INAIL, possono essere considerate sanabili le violazioni non connesse né direttamente né indirettamente al pagamento del premio, così come individuate sulla base del sistema sanzionatorio in vigore dal 2001 ex art. 116 della L. n. 388/2000.

Sanzioni in materia di lavoro secondo il Ministero

Al fine di assicurare l'uniformità di comportamento del personale ispettivo, il Ministero del Lavoro ha diffuso le prime indicazioni applicative (Circ. Ministero del Lavoro 12 ottobre 2015, n. 26) relative alle modifiche al regime delle sanzioni in materia di:

  • lavoro nero;
  • Libro Unico del Lavoro;
  • prospetti paga;
  • assegni per il nucleo familiare.

La novità comune alle sanzioni modificate consiste nella variazione del criterio di quantificazione delle medesime, ora strutturato sulla base di fasce identificate con determinati parametri.

Si precisa che è stata inoltre reintrodotta la diffidabilità della maxisanzione per lavoro nero.

Le seguenti tabelle forniscono una sintesi delle nuove sanzioni.

SOMME AGGIUNTIVE PER LA REVOCA DELLA SOSPENSIONE DELL'ATTIVITÀ

Forma di pagamento

Lavoro nero

Gravi e reiterate violazioni in materia di salute e sicurezza

Unica soluzione

€ 2.000

€ 3.200

Acconto del 25%

€ 500

€ 800

Saldo + 5%

€ 1.575

€ 2.520

REGISTRAZIONE DI DATI SUL LUL

Fasce (n. di lavoratori e periodo)

Sanzione

Fino a 5 lavoratori, fino a 6 mesi

Da € 150 a € 1.500

Da 6 a 10 lavoratori, oltre 6 e fino a 12 mesi

Da € 500 a € 3.000

Oltre 10 lavoratori, più di 12 mesi

Da € 1.000 a € 6.000

PROSPETTI PAGA

Fasce (n. di lavoratori e periodo)

Sanzione

Fino a 5 lavoratori, fino a 6 mesi

Da € 150 a € 900

Da 6 a 10 lavoratori, oltre 6 e fino a 12 mesi

Da € 600 a € 3.600

Oltre 10 lavoratori, più di 12 mesi

Da € 1.200 a € 7.200

ASSEGNI FAMILIARI

Fasce (n. di lavoratori e periodo)

Sanzione

Fino a 5 lavoratori, fino a 6 mesi

Da € 500 a € 5.000

Da 6 a 10 lavoratori, oltre 6 e fino a 12 mesi

Da € 1.500 a € 9000

Oltre 10 lavoratori, più di 12 mesi

Da € 3.000 a € 15.00

REGIME INTERTEMPORALE

Inizio e fine delle condotte illecite

Maxisanzione applicabile

Diffida

In vigenza del D. Lgs. 151/2015

Nuova

Si

In vigenza della precedente disciplina

Vecchia

No

Iniziate ante D. Lgs. 151/2015, ma proseguite post D. Lgs. 151/2015

Nuova

Si

MAXISANZIONE PER LAVORO NERO

Fasce (giorni di effettivo lavoro)

Sanzione per ogni lavoratore

Fino a 30

Da € 1.500 a € 9.000 (fino al 31 dicembre 2018)

Da € 1.800 a € 10.800 (dal 1° gennaio 2019)

Oltre 30 fi no a 60

Da € 3.000 a € 18.000 (fino al 31 dicembre 2018)

Da € 3.600 a € 21.600 (dal 1° gennaio 2019)

Oltre 60

Da € 6.000 a € 36.000 (fino al 31 dicembre 2018)

Da € 7.200 a € 43.200 (dal 1° gennaio 2019)

Gli importi sono da aumentare del 20% se si siano impiegati lavoratori stranieri non in regola col titolo di soggiorno o minori non in età da lavoro.

La Legge di Bilancio 2019 ha previsto che le sanzioni di cui sopra saranno raddoppiate nel caso in cui allo stesso datore di lavoro, nei tre anni precedenti, siano state applicate sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti.

Maxisanzione lavoro irregolare

L'art. 22, D.Lgs. n. 151/2015 ha modificato la disciplina della maxi sanzione per lavoro nero e del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale.

La reintroduzione della possibilità di sanare le violazioni per le quali può essere irrogata la maxi sanzione comporta l'obbligo del personale ispettivo, inclusi i militari della Guardia di Finanza, di diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanze.

Il Ministero del Lavoro ha chiarito (nota n. 20549/2015) che la diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in commento in misura minima e, pertanto, non è ammessa alcuna valutazione nel merito da parte del personale ispettivo in ordine alla fattibilità dell'ottemperanza alla diffida.

In evidenza

Il potere di diffida è stato esteso ai militari della Guardia di Finanza che accertano violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale dal D.Lgs. n. 124/2004.

In evidenza: Diffida e volontà del lavoratore

La reintroduzione della diffida che consente di minimizzare l'importo dovuto a titolo di sanzione, purché il trasgressore provveda agli adempimenti prescritti per la regolarizzazione delle violazioni accertate, è legata alla variabile della volontà del lavoratore.

Infatti, le dimissioni dello stesso prima della scadenza dei 90 giorni previsti di mantenimento in servizio fanno decadere il datore di lavoro dai benefici della diffida.

A tal proposito si sottolinea che la norma non prevede esplicitamente l'applicazione degli stessi nei casi in cui il rapporto si interrompa per cause non imputabili al datore di lavoro; di conseguenza il mantenimento del rapporto di lavoro è necessario, e prescinde dalla motivazione della eventuale cessazione.

In caso di constatazione dell'utilizzo di manodopera in nero:

  • la contestazione/notificazione della maxi sanzione deve essere effettuata tramite il verbale unico di accertamento e notificazione, con il quale il trasgressore (e l'eventuale obbligato in solido) dovranno essere espressamente diffidati a regolarizzare le inosservanze;
  • l'ottemperanza alla diffida estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle irregolarità dedotte nella diffida e sanate nei termini di legge;
  • a fronte delle contestazioni effettuate, i reparti della Guardia di Finanza sono anche competenti a ricevere e verificare la documentazione attestante la regolarizzazione delle inosservanze e il pagamento delle sanzioni; in caso di inottemperanza alla diffida essi dovranno provvedere ad inviare (nei termini previsti) alla Direzione Territoriale del Lavoro competente il rapporto compilato ai sensi dell'art. 17 della L. 689/1981.

In evidenza: Contenuto del verbale

Il verbale unico di accertamento deve anche contenere le osservazioni relative agli eventuali scritti difensivi presentati dalla parte e allegare tutta la documentazione probatoria utile ai fini dell'applicazione definitiva delle sanzioni, incluse le dichiarazioni dei lavoratori acquisite durante le attività ispettive.

In ogni caso il quadro normativo di riferimento per la maxi sanzione per lavoro irregolare può essere sintetizzata dalla seguente tabella:

Art. 116, comma 8, L. 388/2000

Art. 36-bis, comma 7, lett. a), D.L. 223/2006

Art. 4, comma 1, lett. a), L. 183/2010

Se un datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere o le retribuzioni erogate, è tenuto al pagamento di una sanzione civile, in ragione di anno, pari al 30%; la sanzione non può essere superiore al 60% dell'importo dei contributi o premi non corrisposti ( modalità confermate dall'art. 1, L. n. 73/2002, di conversione del D.L. n. 12/2002, in presenza di impiego di lavoratori subordinati in nero).

Per i casi di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, l'importo delle sanzioni civili per ciascun lavoratore non potesse essere inferiore a 3.000 €, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.

Eliminazione della soglia minima e previsione, per i casi di utilizzo di lavoratori subordinati in nero, di un aumento del 50% delle sanzioni determinate in base al criterio stabilito dall'art. 116, comma 8, L. 388/2000 (maggiorazione esclusa dall'art. 22, D. Lgs. 151/2015).

La soglia minima di € 3.000 ha, quindi, avuto vigenza tra il 12 agosto 2006 ed il 23 novembre 2010.

La L. n. 145/2018, all'art. 1, co. 445, ha previsto la maggiorazione degli importi sanzionatori delle violazioni che, più di altre, incidono sulla tutela degli interessi e della dignità dei lavoratori, in relazione a condotte che si realizzano a partire dal 2019.

La Circolare n. 2/2019 dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito tutte le istruzioni per l'applicazione della maggiorazione, pari al 20% dell'importo per quanto riguarda la maxisanzione per lavoro nero.

Riferimenti

Normativi

  • D.L. 76/2020
  • D.Lgs. n. 151/2015
  • D.Lgs. n. 149/2015
  • Legge n.183/2014
  • Legge n. 183/2010
  • Legge n. 123/2007
  • Legge n. 689/1981
  • Legge n. 145/2018

Giurisprudenza

Per i recenti orientamenti sul tema, v. Tribunale Castrovillari 13 aprile 2023, n. 622

  • C. Cost. n. 51/2015

Prassi

Per i recenti orientamenti sul tema, v.  Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota del 21 dicembre  2023, n. 2414

  • Ispettorato Nazionale del Lavoro, circ. n. 6/2020
  • Ministero del Lavoro, Nota n. 4684/2015
  • Ministero del Lavoro, Circ. n. 26/2015
  • Ministero del Lavoro, Circ. n. 10/2011
  • Ministero del Lavoro Circ. n. 41/2010
  • Ministero del Lavoro, Circ. n. 16/2010
  • Ministero del Lavoro, Circ. n. 10/2006
  • Ministero del Lavoro Circ. n. 9/2006
  • Ministero del Lavoro, Circ. n. 986/2006
  • Ministero del Lavoro, Circ. n. 24/2004
  • Circolare INPS, n. 75/2011
  • Circolare INAIL n. 36/2011
  • Circolare INAIL n. 86/2004
  • Circolare INL n. 2/2019
  • Ministero del Lavoro, Interpello n. 2/2018
  • Circolare INL n. 4623/2018