Teresa Zappia
08 Luglio 2024

Il D.Lgs. n. 124/2004 ha previsto agli artt. 12 e 13 due diversi tipi di diffida, relativi rispettivamente alla “Diffida accertativa per crediti patrimoniali” e all'“Accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica”. In tale contesto il D.Lgs. n. 149/2015 ha istituito, dal 24 settembre 2015, un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato Nazionale del Lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del Lavoro, dell'INPS e dell'INAIL, mentre il D.Lgs. n. 151/2015 ha riformato l'impianto sanzionatorio.

Inquadramento

In attuazione dell'art. 8, c. 2, lett. c) ed e) della l. n. 30/2003, che delegava il Governo alla ridefinizione dell'istituto della diffida e alla semplificazione della procedura per la soddisfazione dei crediti di lavoro, correlata alla promozione di soluzioni conciliative in sede pubblica, il decreto legislativo n. 124/2004 ha previsto agli articoli 12 e 13 due diversi tipi di diffida.

Tale disciplina ha subito di recente con il d.l. n. 76/2020 (conv. con mod. L. 120/2020) delle importanti modifiche, volte essenzialmente a semplificare le procedure ed ampliare la tutela dei lavoratori; le prime istruzioni dell'INL sono giunte con la pubblicazione della circolare n. 6 del 5/10/2020. In particolare, l'Istituto ha evidenziato che la nuova disciplina recata dall'art. 12-bis del Decreto Legge prefato riguarda esclusivamente le diffide accertative da notificare dopo la sua entrata in vigore. Per i provvedimenti notificati prima, trova, invece, applicazione la previgente disciplina.

Diffida accertativa per crediti patrimoniali

L'art. 12, co.1, D.lgs. n. 124/2004 stabilisce che “qualora nell'ambito dell'attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti. La diffida trova altresì applicazione nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, da ritenersi solidalmente responsabili dei crediti accertati.”.

Il personale ispettivo può diffidare il datore di lavoro a corrispondere direttamente al lavoratore le somme che risultino accertate quali crediti retributivi derivanti dalla corretta applicazione dei contratti individuali e collettivi di lavoro (Tribunale di Avellino, Sentenza n. 203/2023). L'adozione della diffida accertativa è possibile anche nell'ambito dei rapporti di lavoro autonomo (collaborazione coordinata e continuativa e lavoro a progetto), almeno in tutte quelle ipotesi in cui l'erogazione dei compensi sia legata a presupposti oggettivi e predeterminati che non richiedano complessi approfondimenti in ordine alla verifica dell'effettivo raggiungimento o meno dei risultati dell'attività (Ministero del Lavoro, circ. n. 24/ 2004).

Mediante il D.L. n. 76/2020 è stata introdotta la possibilità di estendere l'istituto agli obbligati in solido nell'ambito di un contratto di appalto o somministrazione (“soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro”), tenendo presente che i lavoratori utilizzati hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti dell'azienda utilizzatrice. L'INL nella circolare n. 6/2020 ha evidenziato che la diffida accertativa, nell'ambito di un appalto o di una somministrazione di manodopera, dovrà avere in ogni caso come destinatari sia il datore di lavoro sia il responsabile in solido, ai quali il lavoratore potrà, dunque, indifferentemente rivolgersi per dare esecuzione al titolo esecutivo.

Un'importante innovazione apportata dal predetto Decreto Legge riguarda il tentativo facoltativo di conciliazione. Infatti, entro 30 giorni dalla notifica della diffida accertativa, il datore di lavoro può promuovere tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro (i.e. ITL competente); benché la disposizione rimetta la possibilità di conciliare al “datore di lavoro” si ritiene che, nelle ipotesi di esternalizzazioni, tale facoltà vada estesa anche all'obbligato solidale. In caso di accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedimento di diffida perde efficaciae, per il verbale medesimo, non trovano applicazione le disposizioni di cui ai primi tre commi dell'art. 2113 cod. civ.

Alla procedura conciliativa potrà partecipare anche l'obbligato in solido, cosicché un eventuale accordo potrà aver effetto anche nei suoi confronti, mentre nell'ipotesi in cui alla conciliazione aderisca solo una parte, l'efficacia di titolo esecutivo varrà solo nei confronti dell'altra.

Sempre entro 30 giorni dalla notifica, il datore di lavoro può promuovere ricorso avverso il provvedimentodi diffida al direttore dell'ufficio che ha adottato l'atto; anche in questo caso si ritiene che tale facoltà debba essere estesa all'obbligato solidale. Il ricorso sospende l'esecutività della diffida ed è deciso nel termine di 60 giorni dalla presentazione. A differenza della procedura preesistente, l'eventuale ricorso:

·         non è più presentato nei confronti di una diffida “validata” da parte del dirigente di sede, ma nei confronti della stessa diffida adottata dal personale ispettivo (Tribunale di Castrovillari, n. 230/2024);

·         va presentato al “Direttore dell'Ufficio che ha adottato l'atto” e non più al Comitato per i rapporti di lavoro di cui all'art. 17 del d.lgs. n. 124/2004, che peraltro andava integrato “con un rappresentante dei datori di lavoro ed un rappresentante dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”;

·         va notificato anche al lavoratore, “sospende l'esecutività della diffida ed è deciso nel termine di 60 giorni dalla presentazione” e non più nel termine di 90 giorni concessi al Comitato per i rapporti di lavoro;

·         non è più soggetto al silenzio-rigetto nel termine di 60 giorni dalla presentazione del ricorso.  In considerazione del fatto che in pendenza del ricorso è sospesa l'esecutività della diffida, si ritiene necessario sollecitare codesti Uffici ad adottare ogni misura organizzativa idonea a garantire una tempestiva trattazione dei ricorsi.

I ricorsi vengono decisi unicamente sulla base della documentazione presente agli atti o quella fornita dal datore di lavoro, non essendovi in questa fase alcun contraddittorio tra quest'ultimo ed il lavoratore.

Per l'INL (circolare n. 6/2020), una volta promosso il tentativo di conciliazione e sino alla conclusione dello stesso – anche in data successiva ai 30 giorni dalla notifica della diffida – il provvedimento resta sostanzialmente “congelato”, senza acquisire efficacia di titolo esecutivo. L'Istituto ha precisato che l'obbligato solidale andrà convocato “per consentirgli di partecipare e di siglare l'eventuale accordo che, in tal modo, dispiegherà effetti nei confronti di tutte le parti”. Infatti, stante il dettato letterale, nell'ipotesi in cui l'accordo venga siglato soltanto da uno dei soggetti obbligati, la diffida accertativa perderà efficacia soltanto nei suoi confronti, mentre acquisterà valore di titolo esecutivo nei confronti della parte che non abbia aderito all'accordo di conciliazione.

Il lavoratore potrà attivarsi per l'esecuzione dell'accordo (ove lo stesso non sia rispettato) ai sensi dell'art. 11, co. 3-bis, D.Lgs. n. 124/2004.

In evidenza:  ricorso al giudice

In base a quanto affermato dalla Corte di cassazione (sent. n. 23744/2022), la circostanza che la diffida acquisti il valore di titolo esecutivo non determina un passaggio in giudicato dell'accertamento in essa contenuto, che può sempre essere contestato. Infatti, per i Giudici di legittimità, la mancata opposizione alla diffida accertativa od il rigetto della stessa in via amministrativa, non precludono in alcun modo al datore di contestare in giudizio l'esistenza del diritto in essa riportato (vd anche Cass., sez. lav., n. 30119/2023; Corte d'Appello di L'Aquila, sentenza n. 498/2023)

Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 1/2013, ha individuato i cd. "crediti diffidabili" in base ai poteri di accertamento necessari alla loro individuazione e liquidazione, e cioè in base alle seguenti categorie:

  1. crediti retributivi da omesso pagamento;
  2. crediti di tipo indennitario, da maggiorazioni, t.f.r., ecc.;
  3. retribuzioni di risultato, premi di produzione, ecc.;
  4. crediti retributivi derivanti da un non corretto inquadramento della tipologia contrattuale;
  5. crediti legati al demansionamento ovvero alla mancata applicazione di livelli minimi retributivi richiesti esplicitamente dal legislatore in osservanza dell'art. 36 Cost. ovvero derivanti dall'accertamento di lavoro sommerso

È bene precisare che il Ministero ritiene applicabile la diffida alla prima, alla seconda e alla quinta categoria di crediti, mentre non ritiene applicabile la diffida accertativa ai casi di cui ai punti 3 e 4 del precedente elenco.

Con nota n. 966 del 17 giugno 2021, l'INL ha escluso l'applicazione della diffida obbligatoria ex art. 13 in relazione alla sanzione per mancata copertura della quota d'obbligo ex art. 3 della L. n. 68/1999 per più annualità. Tale indicazione è stata condivisa dal Ministero del Lavoro con la nota n. 5311 del 16 giugno 2021.

La mancata anticipazione dal datore di lavoro di prestazioni previdenziali a carico dell'INPS non può essere oggetto di diffida accertativa da parte degli ispettori (INL nota n. 685/2021). Infatti, con riferimento alle prestazioni economiche per malattia e maternità, è stato rammentato che il soggetto tenuto all'erogazione è l'INPS, anche se la materiale dazione a favore dei lavoratori avviene a cura del datore di lavoro. Il datore attua un'operazione di mera anticipazione per conto dell'IINPS che è il debitore effettivo.

In evidenza:  calcolo dei crediti retributivi

La Corte di Cassazione (sentenza 21.3.2019, n. 8017), chiamata ad esprimersi in merito alle differenze retributive da corrispondere ai lavoratori, ha precisato che “l'accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute previdenziali gravanti sul lavoratore. Ed infatti, quanto a queste ultime, al datore di lavoro è consentito procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo (ai sensi dell'art. 19 della legge 4 aprile 1952, n. 218); per quanto concerne, invece, le ritenute fiscali, esse non possono essere detratte dal debito per differenze retributive, giacché la determinazione di esse attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario tra contribuente ed erario, e dovranno essere pagate dal lavoratore soltanto dopo che il lavoratore abbia effettivamente percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli”. Pertanto, il personale ispettivo dovrà indicare i crediti patrimoniali oggetto di diffida accertativa nel rispetto dei principi sopra richiamati, esponendo le somme in questione al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali.

In evidenza:  esclusione dell'adozione di diffida accertativa

Il Ministero del Lavoro, nell'interpello n. 2 del 16 febbraio 2018, ha chiarito che “durante il periodo di inesigibilità dei crediti aventi titolo o causa anteriore alla data di pubblicazione del decreto di omologa del piano di ristrutturazione del debito, non potranno essere adottati, da parte dei competenti uffici territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, provvedimenti di diffida accertativa, ai sensi dell'articolo 12, comma 3, del d.lgs. n. 124/2004 nei confronti del soggetto sottoposto alla procedura di sovrindebitamento. Tale inesigibilità, per espressa previsione normativa, è decorrente dalla pubblicazione stessa del decreto fino alla data indicata nell'accordo omologato”. Tuttavia, tale impedimento viene meno nelle ipotesi in cui si verifichino le condizioni di cui all'art. 10, co.3, e all'art. 12, co. 4, L. n. 3/2012, che prevedono la cessazione degli effetti obbligatori del decreto di omologa, rispettivamente in caso di revoca del decreto stesso e in caso di risoluzione dell'accordo o di mancato pagamento dei crediti impignorabili.

Recentemente tale orientamento è stato confermato con la nota n. 2414 del 21 dicembre 2023, con la quale l'INL ha osservato, in merito al provvedimento di diffida accertativa nell'ambito delle procedure per sovraindebitamento e/o fallimento, che a seguito delle modifiche apportate all'art. 12 del D.lgs. n. 124/2004, ad opera dell' art. 12-bis del D.L. n. 76/2020 , decorso inutilmente il termine di 30 giorni dalla notifica senza che sia stato effettuato il pagamento, o in caso di mancato raggiungimento di un accordo in sede conciliativa attestato da apposito verbale, oppure in caso di rigetto del ricorso, il provvedimento di diffida acquisisce automaticamente efficacia di titolo esecutivo. Tuttavia, tale efficacia non può essere garantita quando il datore di lavoro risulta coinvolto nell'ambito delle procedure di sovraindebitamento o fallimento. In tal caso, infatti, il credito, pur essendo certo e liquido, perde il requisito dell'esigibilità in quanto viene preclusa al lavoratore la possibilità di intraprendere azioni esecutive. Ciò preclude la possibilità di adottare la diffida accertativa tutte le volte in cui il datore di lavoro risulta coinvolto in dette procedure. 

L'INL si è pronunciato, con circolare n. 4623/2018, in merito all'adozione della diffida accertativa per crediti patrimoniali nei confronti di imprese sottoposte ad amministrazione giudiziaria conseguente a sequestro ai sensi dell'art. 20 D.lgs. n. 159/2011. In particolare, è stato precisato che i crediti dei lavoratori, a seguito del sequestro, possono essere accertati esclusivamente attraverso la procedura prevista dal Codice delle Leggi Antimafia, con esclusione pertanto dell'adozione della diffida accertativa da parte del personale ispettivo.

In evidenza:  Pubblica Amministrazione

In termini generali, l'ambito di applicazione dell'art. 12 D.lgs. n. 124/2004 non pone limitazioni all'individuazione della platea dei destinatari del provvedimento che, pertanto, non si riferisce esclusivamente a soggetti privati, potendone essere destinatario anche il datore-pubblico. Tuttavia, per quanto attiene a tale ultima ipotesi, l'eventualità che la P.A. non paghi le retribuzioni dei propri dipendenti “diretti”, con conseguente ricorso alla diffida accertativa, si può concretamente ipotizzare solo in casi residuali poiché, il più delle volte, esso si scontra con la disciplina speciale (e con i relativi divieti) dettata per i casi di grave dissesto finanziario degli Enti pubblici. Pertanto, ricorrendo tali circostanze, l'INL non ha ritenuto opportuno emettere un provvedimento di diffida accertativa, il quale potrebbe confliggere con le specifiche normative che disciplinano le procedure in questione. Diversa è l'ipotesi in cui la P.A. sia chiamata a rispondere quale obbligata in solido con il datore di lavoro privato ai sensi dell'art. 1696 cod. civ. , poiché non è esclusa l'adozione del provvedimento di diffida accertativa per i crediti maturati dai lavoratori impiegati nell'appalto, “fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda”. Tuttavia, potendo trovare applicazione l'art. 30, co.6, D.lgs. n. 50/2016 (oggi art. 11, co.6, D.lgs. n. 36/2023), l'INL ha ritenuto preferibile far precedere l'eventuale notifica della diffida accertativa da una informativa rivolta alla stazione appaltante e all'appaltatore/datore di lavoro finalizzata all'attivazione delle procedure indicate all'art. prefato, con l'avvertenza che la loro mancata predisposizione entro un termine ragionevolmente contenuto comporterà l'adozione della diffida accertativa anche nei confronti della stazione appaltante (nota n. 62 del 14 gennaio 2021).

Diffida per gli illeciti amministrativi e penali

L'art. 13, co. 1, del d.lgs. n. 124/2004 stabilisce che il personale ispettivo accede presso i luoghi di lavoro nei modi e nei tempi consentiti dalla legge” e che “alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all'ispezione, con l'obbligo alla tempestiva consegna al datore di lavoro, il verbale di primo accesso ispettivo”.

In tale contesto, il successivo comma 2 dispone che in caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido, ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4”.

La diffida deriva dalle seguenti circostanze:

  • constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale;
  • rilevazione di inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative.

A tal proposito il Ministero del Lavoro ha chiarito (Circolare n. 9/2006) che la diffida “costituisce una condizione di procedibilità dell'azione sanzionatoria degli illeciti amministrativi in materia di lavoro e di legislazione sociale”, che risultano accertati e provati e se le inadempienze risultano sanabili. Di conseguenza, l'adozione di un provvedimento di contestazione/notificazione di una violazione ritenuta sanabile, non preceduta dalla diffida, ex art. 13, D.lgs. n. 124/2004, è inficiata da un vizio di carattere procedimentale, che si ripercuote sulla legittimità del provvedimento stesso.

In merito alla sanabilità delle violazioni, il Ministero del Lavoro, con la medesima circolare da ultimo richiamata, ha chiarito che tale requisito sussiste in tutti i casi di inosservanze consistenti in comportamenti materialmente realizzabili, indipendentemente, quindi, dalla istantaneità o meno della condotta oggetto della fattispecie sanzionatoria, purché non si tratti di violazione di norme poste a diretta tutela dell'integrità psicofisica del lavoratore. Tuttavia, tutte le violazioni i cui adempimenti possono essere considerati astrattamente sanabili non consentono l'applicazione dell'istituto in esame qualora la regolarizzazione da parte del datore di lavoro non sia materialmente possibile. Ciò accade, ad esempio, per la fattispecie di omessa consegna, all'atto dell'assunzione, della dichiarazione contenente gli estremi dell'iscrizione nel libro matricola, nel caso in cui il lavoratore interessato, al momento della diffida, non sia più in forza all'azienda, ovvero nell'ipotesi in cui l'impresa, possibile destinataria della diffida, sia già cessata al momento dell'adozione del provvedimento.

Con la nota ministeriale n. 10767/2015 è stato precisato che le violazioni in cui l'interesse sostanziale (soprattutto relativo alla tutela dell'integrità psicofisica e della personalità morale) protetto dalla norma non è in alcun modo recuperabile, sono escluse dall'ambito della diffida.

L'art. 13, co. 3, stabilisce che In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l'eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Il pagamento dell'importo della predetta somma estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell'effettiva ottemperanza alla diffida stessa”.

Pertanto, il trasgressore può estinguere il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida (a condizione dell'effettiva ottemperanza alla diffida stessa), tramite il pagamento di una somma di denaro da effettuarsi entro il termine complessivo di 45 giorni dalla notificazione del verbale (di cui 30 per l'ottemperanza e 15 per effettuare il pagamento).

In evidenza:  Prova dell'avvenuta regolarizzazione

Qualora il trasgressore (o l'obbligato in solido) non fornisca prova dell'avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste al personale ispettivo, il verbale unico produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato.

Come precisato dalla Circolare Ministeriale n. 10/2011, Inoltre, nel caso in cui il verbale unico contenga sanzioni relative sia a illeciti diffidati sia a illeciti non diffidabili, il termine di 60 giorni di cui all'art. 16, L. n. 689/1981, per il pagamento delle sanzioni in misura ridotta, decorre dalla scadenza dei termini previsti ai fini dell'ottemperanza alla diffida; ciò significa che la procedura di regolarizzazione tramite diffida sospende i termini della procedura relativa agli illeciti non diffidabili (vs anche e dalla Circolare INPS n. 75/2011).

Nel contesto della procedura di regolarizzazione, il comma 4 dell'art. 13 dispone che all'ammissione alla procedura di regolarizzazione […], nonché alla contestazione delle violazioni amministrative di cui all'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con la notifica di un unico verbale di accertamento e notificazione, notificato al trasgressore e all'eventuale obbligato in solido”.

L'adozione della diffida interrompe i termini per la presentazione dei ricorsi di cui agli artt. 16 e 17 del D.lgs. n. 124/2004, fino alla scadenza del termine per compiere gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3 del prefato art. 13.

Il potere di diffida è esteso anche agli ispettori e ai funzionari amministrativi degli enti e degli istituti previdenziali per le inadempienze da essi rilevate (art. 13, co. 5). Il comma 7 dello stesso articolo estende il potere di diffida anche agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che accertano, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 689/1981, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale.

Il potere di diffida è stato esteso anche ai militari della Guardia di Finanza che accertano violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale dal D.lgs. n. 124/2004.

In evidenza:  Materia di competenza dell'INAIL

Con la circolare n. 86/2004 l'INAIL ha precisato che, per le materie di competenza dell'INAIL, possono essere considerate sanabili le violazioni non connesse né direttamente né indirettamente al pagamento del premio, così come individuate sulla base del sistema sanzionatorio in vigore dal 2001 ex art. 116 della L. n. 388/2000 (vd. anche: INAIL circ. n. 24/2021 e n. 36/2011).

Sanzioni in materia di lavoro secondo il Ministero

Al fine di assicurare l'uniformità di comportamento del personale ispettivo, il Ministero del Lavoro ha diffuso le prime indicazioni applicative (Circ. Ministero del Lavoro 12 ottobre 2015, n. 26) relative alle modifiche al regime delle sanzioni in materia di:

  • lavoro nero;
  • Libro Unico del Lavoro;
  • prospetti paga;
  • assegni per il nucleo familiare.

La novità comune alle sanzioni modificate consiste nella variazione del criterio di quantificazione delle medesime, ora strutturato sulla base di fasce identificate con determinati parametri.

Maxisanzione lavoro irregolare

L'art. 22, D.Lgs. n. 151/2015, modificando l'articolo 3 d.l. n. 12/2002, conv. dalla l. 73/2002, ha reintrodotto la diffidabilità la disciplina della “maxisanzione” per lavoro nero.

La reintroduzione della possibilità di sanare le violazioni per le quali può essere irrogata la maxisanzione comporta l'obbligo del personale ispettivo diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanze.

Il Ministero del Lavoro ha chiarito (nota n. 20549/2015) che la diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in commento in misura minima e, pertanto, non è ammessa alcuna valutazione nel merito da parte del personale ispettivo in ordine alla fattibilità dell'ottemperanza alla diffida.

La reintroduzione della diffida consente di minimizzare l'importo dovuto a titolo di sanzione purché il trasgressore provveda agli adempimenti prescritti per la regolarizzazione delle violazioni accertate. Il lavoratore irregolare deve essere mantenuto in servizio per non meno di 3 mesi (con rapporto a tempo pieno e indeterminato anche a 20 ore/settimana, invece con tempo determinato di 3 mesi è necessaria assunzione full time). Tuttavia, le dimissioni del medesimo lavoratore prima della scadenza di suddetto termine di durata comportano la decadenza dai benefici della diffida. A tal proposito si sottolinea che la norma non prevede esplicitamente l'applicazione degli stessi nei casi in cui il rapporto si interrompa per cause non imputabili al datore di lavoro; di conseguenza il mantenimento del rapporto di lavoro è necessario e prescinde dalla motivazione della eventuale cessazione (per un diverso orientamento: Trib. Foggia, sez. lav., 18/02/2021).

In caso di constatazione dell'utilizzo di manodopera in nero, la contestazione/notificazione della maxisanzione deve essere effettuata tramite il verbale unico di accertamento e notificazione, con il quale il trasgressore (e l'eventuale obbligato in solido) dovranno essere espressamente diffidati a regolarizzare le inosservanze. L'ottemperanza alla diffida estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle irregolarità dedotte nella diffida e sanate nei termini di legge.

Il verbale unico di accertamento deve anche contenere le osservazioni relative agli eventuali scritti difensivi presentati dalla parte e allegare tutta la documentazione probatoria utile ai fini dell'applicazione definitiva delle sanzioni, incluse le dichiarazioni dei lavoratori acquisite durante le attività ispettive.

La L. n. 145/2018, all'art. 1, co. 445, ha previsto la maggiorazione degli importi sanzionatori delle violazioni che, più di altre, incidono sulla tutela degli interessi e della dignità dei lavoratori, in relazione a condotte che si realizzano a partire dal 2019.

Il D.L. n. 19/2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 2 marzo 2024, ha introdotto importanti novità sulla disciplina di alcuni istituti che interessano l'attività dell'Ispettorato nazionale del lavoro. Per il tema d'interesse, si segnala che l'art. 29, comma 3, è intervenuto a modificare l'art. 1, comma 445, della L. n. 145/2018 lett. d), elevando dal 20% al 30% l'aumento già previsto degli importi sanzionatori indicati dall'art. 3 del D.L n. 12/2002 (conv. da L. n. 73/2002, come sostituito dall'art. 22, c. 1 D.Lgs. 14.09.2015, n. 151) in caso di impiego di lavoratori “in nero”.

Riferimenti

Normativi

  • D.L. n. 19/2024
  • D.L. n. 76/2020
  • D.Lgs. n. 151/2015
  • D.Lgs. n. 149/2015
  • Legge n.183/2014
  • Legge n. 183/2010
  • Legge n. 123/2007
  • Legge n. 689/1981
  • Legge n. 145/2018

Giurisprudenza

Per i recenti orientamenti sul tema, v. Tribunale Castrovillari 13 aprile 2023, n. 622

  •   Tribunale di Castrovillari, n. 230/2024
  • Corte d'Appello di L'Aquila, n. 498/2023
  • Cass., sez. lav., n. 30119/2023
  • Tribunale di Avellino, Sentenza n. 203/2023
  • Cass., sez. lav., n. 23744/2022
  • Cass., sez. lav., n. 8017/2019

Prassi

Per i recenti orientamenti sul tema

  • INL nota n. 2414/2023
  • INL circ. n. 6/2020
  • INL nota n. 966/2021
  • Ministero del Lavoro nota n. 5311/2021
  • INL nota n. 685/2021
  • Circolare INL n. 2/2019
  • Ministero del Lavoro, interpello n. 2/2018
  • INL circ. n. 4623/2018
  • Ministero del Lavoro, nota n. 4684/2015
  • Ministero del Lavoro, circ. n. 26/2015

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