Diffida accertativaFonte: D.Lgs. 23 aprile 2004 n. 124
21 Dicembre 2023
Inquadramento
Il D.Lgs n. 149/2015 (attuativo del Jobs Act) ha istituito, a far data dal 24 settembre 2015, un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato Nazionale del Lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, dell'INPS e dell'INAIL. In attuazione dell'art. 8, c. 2, lett. c) ed e) della L. n. 30/2003, che delegava il Governo alla ridefinizione dell'istituto della diffida e alla semplificazione della procedura per la soddisfazione dei crediti di lavoro, correlata alla promozione di soluzioni conciliative in sede pubblica, il decreto legislativo n. 124/2004 ha previsto agli articoli 12 e 13 due diversi tipi di diffida. In aggiunta, si rileva che in relazione alla violazione di cui all'all'art. 3, comma 3, D.L. n. 12/2002, come modificato dall'art. 22, comma 1, D.Lgs. n. 151/2015, attuativo del c.d. Jobs Act, in tema di maxisanzione per il lavoro sommerso, trova applicazione la procedura di diffida di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004. Tale disciplina ha subito di recente con la L. 120/2020 delle importanti modifiche, volte essenzialmente a semplificare le procedure ed ampliare la tutela dei lavoratori; le prime istruzioni dell'INL sono giunte con la pubblicazione della circolare n. 6 del 5/10/2020. L'INL ricorda che tutta la nuova disciplina recata dall'art. 12 bis del Decreto Legge n. 76/2020 riguarda esclusivamente le diffide accertative da notificare dopo la sua entrata in vigore. Per i provvedimenti notificati prima del 15 settembre u.s. (data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Legge n. 76/2020) troverà invece applicazione la previgente disciplina, anche in relazione alla eventuale presentazione e decisione dei ricorsi da parte del Comitato per i rapporti di lavoro di cui all'art. 17 del Decreto Legislativo n. 124/2004. Diffida accertativa per crediti patrimoniali
L'art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004 stabilisce al c. 1 che “qualora nell'ambito dell'attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti. La diffida trova altresì applicazione nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, da ritenersi solidalmente responsabili dei crediti accertati.”. In sede di indagine ispettiva (in applicazione di quanto previsto dall'art. 7, c. 1, lett. b) del D.Lgs. n. 124/2004), quindi, il personale ispettivo delle DTL può diffidare il datore di lavoro a corrispondere direttamente al lavoratore le somme che risultino accertate quali crediti retributivi derivanti dalla corretta applicazione dei contratti individuali e collettivi di lavoro, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, nei limiti della loro efficacia soggettiva.
Per quanto riguarda le novità del Decreto Semplificazioni, è stata introdotta la possibilità di estendere l'istituto agli obbligati in solido nell'ambito di un contratto di appalto o somministrazione, tenendo presente in questa seconda ipotesi che i lavoratori utilizzati hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti dell'azienda utilizzatrice. L'INL nella circolare n. 6/2020 evidenzia che la diffida accertativa, nell'ambito di un appalto o di una somministrazione di manodopera, dovrà avere in ogni caso come destinatari sia il datore di lavoro sia il responsabile in solido, ai quali il lavoratore potrà dunque, indifferentemente, rivolgersi per dare esecuzione al titolo esecutivo. I successivi c. 2 e 3 stabiliscono inoltre che “entro trenta giorni dalla notifica della diffida accertativa, il datore di lavoro può promuovere tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro. In caso di accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedimento di diffida perde efficacia e, per il verbale medesimo, non trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 2113, commi primo, secondo e terzo, del codice civile. Entro il medesimo termine, in alternativa, il datore di lavoro può promuovere ricorso avverso il provvedimento di diffida al direttore dell'ufficio che ha adottato l'atto. Il ricorso, notificato anche al lavoratore, sospende l'esecutività della diffida ed è deciso nel termine di sessanta giorni dalla presentazione. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2 o in caso di mancato raggiungimento dell'accordo, attestato da apposito verbale, oppure in caso di rigetto del ricorso, il provvedimento di diffida di cui al comma 1 acquista efficacia di titolo esecutivo”.
Un'altra importante innovazione apportata dalla L. 120/2020 riguarda il tentativo facoltativo di conciliazione. Confermato il termine di 30 giorni dalla notifica della diffida per promuovere il procedimento, sino a che quest'ultimo non si conclude il provvedimento rimane per così dire “congelato”, senza acquistare efficacia di titolo esecutivo. Alla procedura conciliativa potrà partecipare anche l'obbligato in solido, cosicché un eventuale accordo potrà aver effetto anche nei suoi confronti, mentre nell'ipotesi in cui alla conciliazione aderisca solo una parte, l'efficacia di titolo esecutivo varrà solo nei confronti dell'altra. Sempre nel termine di 30 giorni, avverso l'atto di diffida l'obbligato ha l'ulteriore possibilità di presentare ricorso con le seguenti modalità: – innanzi al Direttore dell'ufficio che ha adottato l'atto e non più al Comitato per i rapporti di lavoro ex art. 17 D.Lgs. 124/2004; – avverso la diffida adottata dal personale ispettivo e non più quella validata dal Dirigente di sede; – il ricorso deve essere notificato anche al lavoratore, sospende l'esecutività della diffida ed è deciso nel termine di 60 giorni dalla presentazione, a differenza dei 90 concessi al Comitato dei rapporti di lavoro; – non vale più il silenzio-rigetto decorso il suddetto termine senza che l'amministrazione si sia pronunciata. Si sottolinea che i ricorsi vanno decisi unicamente sulla base della documentazione presente agli atti o quella fornita dal datore di lavoro, non essendovi in questa fase alcun contraddittorio tra quest'ultimo ed il lavoratore.
Per l'INL (Circolare 6/2020), una volta promosso il tentativo di conciliazione e sino alla conclusione dello stesso – anche in data successiva ai 30 giorni dalla notifica della diffida – il provvedimento resta sostanzialmente “congelato”, senza acquisire efficacia di titolo esecutivo.
Inoltre, benché la disposizione rimetta la possibilità di conciliare al “datore di lavoro” l'Ispettorato ritiene che, nelle ipotesi di esternalizzazioni, tale facoltà vada estesa anche all'obbligato solidale che andrà comunque convocato “per consentirgli di partecipare e di siglare l'eventuale accordo che, in tal modo, dispiegherà effetti nei confronti di tutte le parti”.
Stante, infatti, il dettato letterale, nell'ipotesi in cui l'accordo venga siglato soltanto da uno dei soggetti obbligati, la diffida accertativa perderà efficacia soltanto nei suoi confronti mentre acquisterà valore di titolo esecutivo nei confronti della parte che non abbia aderito all'accordo di conciliazione.
A questo punto il lavoratore potrà attivarsi per l'esecuzione dell'accordo (ove lo stesso non sia rispettato) ai sensi dell'art. 11, comma 3 bis, D.Lgs. n. 124/2004 – secondo cui “il verbale (…) è dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata” – ovvero mettere in esecuzione la diffida accertativa nei confronti della parte che non abbia aderito alla conciliazione. Evidenzia, inoltre, la circolare n. 6/2020 che la diffida adottata dal personale ispettivo acquista automaticamente efficacia di titolo esecutivo, senza alcun provvedimento ulteriore da parte del Dirigente di sede o altro provvedimento da parte dell'Ufficio:
in caso di “rigetto del ricorso”. Il Ministero del lavoro individua i cd. "crediti diffidabili" in base ai poteri di accertamento necessari alla loro individuazione e liquidazione, e cioè in base alle seguenti categorie:
È bene precisare che il Ministero ritiene applicabile la diffida alla prima, alla seconda e alla quinta categoria di crediti, mentre non ritiene invece applicabile la diffida accertativa ai casi di cui ai punti 3 e 4 del precedente elenco. Il Ministero del lavoro ha infine chiarito (nota n. 9889/2013) che la diffida accertativa è ammissibile per i crediti derivanti da omesso versamento degli assegni familiari, mentre non è possibile fruire del citato istituto per i crediti da omesso versamento a fondi pensione.
Diffida per gli illeciti amministrativi e penali
L'art. 13, comma 1, del D.Lgs. n. 124/2004 stabilisce che “il personale ispettivo accede presso i luoghi di lavoro nei modi e nei tempi consentiti dalla legge” e che “alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all'ispezione, con l'obbligo alla tempestiva consegna al datore di lavoro, il verbale di primo accesso ispettivo”.
In tale contesto, il successivo comma 2 dispone che “in caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido, ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4”.
In tale comma, così come modificato dall'art. 33, comma 1, L. n. 183/2010, noto anche come “Collegato lavoro”, si stabilisce che il personale ispettivo provvede a diffidare il trasgressore (e l'eventuale obbligato in solido), ai sensi dell'art. 6 della L. n. 689/1981, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di 30 giorni dalla data di notificazione del verbale unico. La diffida deriva dalle seguenti circostanze:
A tal proposito il Ministero del Lavoro ha chiarito (Circolare n. 9/2006) che la diffida “costituisce una condizione di procedibilità dell'azione sanzionatoria degli illeciti amministrativi in materia di lavoro e di legislazione sociale”, che risultano accertati e provati e se le inadempienze risultano sanabili.
Di conseguenza, l'adozione di un provvedimento di contestazione/notificazione di una violazione ritenuta sanabile, non preceduta dalla diffida, ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004 è inficiata da un vizio di carattere procedimentale, che si ripercuote sulla legittimità del provvedimento stesso.
Il successivo comma 3 stabilisce che “In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l'eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Il pagamento dell'importo della predetta somma estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell'effettiva ottemperanza alla diffida stessa”.
Ciò significa che il trasgressore può estinguere il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida (a condizione dell'effettiva ottemperanza alla diffida stessa), tramite il pagamento di una somma di denaro da effettuarsi entro il termine complessivo di 45 giorni dalla notificazione del verbale (di cui 30 per l'ottemperanza e 15 per effettuare il pagamento).
Nel contesto della procedura di regolarizzazione il comma 4 dell'articolo in commento dispone che “all'ammissione alla procedura di regolarizzazione … , nonché alla contestazione delle violazioni amministrative di cui all'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con la notifica di un unico verbale di accertamento e notificazione, notificato al trasgressore e all'eventuale obbligato in solido”.
Il verbale di accertamento e notificazione deve contenere:
Il Ministero ha inoltre precisato (nota n. 2226/2006 e Circ. n. 41/2010) che la possibilità di applicare il rateizzo ex art. 26 della L. n. 289/1981 alla somma che l'azienda è chiamata a pagare, in seguito a procedura di diffida ex art. 13 D.Lgs. n. 124/2004, deve ritenersi esclusa.
È bene specificare inoltre che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della Legge 25 agosto 2007, n. 123, il potere di diffida è esteso anche al personale amministrativo degli enti previdenziali che accerti d'ufficio la sussistenza di violazioni amministrative comunque sanabili.
Tale possibilità è confermata anche dal comma 6 dell'art. 13 in questione, che dispone: “Il potere di diffida…è esteso anche agli ispettori e ai funzionari amministrativi degli enti e degli istituti previdenziali per le inadempienze da essi rilevate”.
Si rileva inoltre che il comma 7 dello stesso articolo estende il potere di diffida anche agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che accertano, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 689/1981, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale.
La nota ministeriale n. 10767/2015 ha poi precisato che le violazioni, in cui l'interesse sostanziale (soprattutto relativo alla tutela dell'integrità psicofisica e della personalità morale) protetto dalla norma non è in alcun modo recuperabile, sono escluse dall'ambito della diffida.
Sono, invece, sanabili le violazioni amministrative relative ad adempimenti omessi, in tutto o in parte, che possono ancora essere materialmente realizzabili, anche qualora la legge preveda un termine per l'effettuazione dell'adempimento (illeciti omissivi istantanei con effetti permanenti).
Stando al combinato disposto di alcuni documenti di prassi (Ministero del Lavoro, Circolari n. 24/2004 e 41/2010, Circolare INPS. n. 75/2011, Circolare INAIL n. 36/2011), si rileva che è possibile attivare la procedura di diffida anche se il trasgressore ha (ancor prima dell'adozione della diffida) posto in essere il comportamento dovuto, sia pur tardivamente; sarebbe infatti iniquo sanzionare chi effettua comunque un adempimento dovuto (seppur oltre il termine previsto) rispetto a chi lo omette totalmente.
In tale ipotesi, quindi, non si perverrà a un atto di diffida ma a un accertamento della condotta posta in essere e conseguente ammissione al pagamento della sanzione, ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.
Sanzioni in materia di lavoro secondo il Ministero
Al fine di assicurare l'uniformità di comportamento del personale ispettivo, il Ministero del Lavoro ha diffuso le prime indicazioni applicative (Circ. Ministero del Lavoro 12 ottobre 2015, n. 26) relative alle modifiche al regime delle sanzioni in materia di:
La novità comune alle sanzioni modificate consiste nella variazione del criterio di quantificazione delle medesime, ora strutturato sulla base di fasce identificate con determinati parametri.
Si precisa che è stata inoltre reintrodotta la diffidabilità della maxisanzione per lavoro nero.
Le seguenti tabelle forniscono una sintesi delle nuove sanzioni.
Maxisanzione lavoro irregolare
L'art. 22, D.Lgs. n. 151/2015 ha modificato la disciplina della maxi sanzione per lavoro nero e del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale.
La reintroduzione della possibilità di sanare le violazioni per le quali può essere irrogata la maxi sanzione comporta l'obbligo del personale ispettivo, inclusi i militari della Guardia di Finanza, di diffidare il trasgressore e l'eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanze.
Il Ministero del Lavoro ha chiarito (nota n. 20549/2015) che la diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in commento in misura minima e, pertanto, non è ammessa alcuna valutazione nel merito da parte del personale ispettivo in ordine alla fattibilità dell'ottemperanza alla diffida.
In caso di constatazione dell'utilizzo di manodopera in nero:
In ogni caso il quadro normativo di riferimento per la maxi sanzione per lavoro irregolare può essere sintetizzata dalla seguente tabella:
La L. n. 145/2018, all'art. 1, co. 445, ha previsto la maggiorazione degli importi sanzionatori delle violazioni che, più di altre, incidono sulla tutela degli interessi e della dignità dei lavoratori, in relazione a condotte che si realizzano a partire dal 2019. La Circolare n. 2/2019 dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito tutte le istruzioni per l'applicazione della maggiorazione, pari al 20% dell'importo per quanto riguarda la maxisanzione per lavoro nero.
Riferimenti Normativi
Giurisprudenza Per i recenti orientamenti sul tema, v. Tribunale Castrovillari 13 aprile 2023, n. 622
Prassi Per i recenti orientamenti sul tema, v. Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota del 21 dicembre 2023, n. 2414
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