Scioglimento del rapporto sociale nelle cooperative

Dario Scarpa
27 Giugno 2018

Le società cooperative sono un particolare tipo di società che si distingue dalle società di persone e dalle società di capitali sotto vari profili (scopo, organizzazione, capitale e tanti altri aspetti): uno degli aspetti significativi delle cooperative è quello relativo alla “variabilità del capitale” in attuazione del principio della c.d. porta aperta. Tale principio non è altro che la concretizzazione del carattere non chiuso delle società cooperative che, per loro natura, consentono l'ingresso e l'uscita di nuovi soci durante la durata dalla società in modo più agevole rispetto agli altri tipi di società.
Inquadramento

Le società cooperative sono un particolare tipo di società che si distingue dalle società di persone e dalle società di capitali sotto vari profili (scopo, organizzazione, capitale e tanti altri aspetti): uno degli aspetti significativi delle cooperative è quello relativo alla variabilità del capitale” in attuazione del principio della c.d. porta aperta. Tale principio non è altro che la concretizzazione del carattere non chiuso delle società cooperative che, per loro natura, consentono l'ingresso e l'uscita di nuovi soci durante la durata dalla società in modo più agevole rispetto agli altri tipi di società.

Nello specifico, lo scioglimento del rapporto sociale nelle società cooperative può avvenire in seguito ad un procedimento di esclusione dei soci (art. 2533 c.c. prevede i casi di esclusione e il relativo procedimento); per esercizio del diritto di recesso da parte dei soci (art. 2532 c.c. ammette un'ampia gamma di ipotesi legali e statutarie di recesso); per la morte di uno dei soci (art. 2538 c.c.).

Esclusione del socio di società cooperativa

L'esclusione del socio dalla società cooperativa può verificarsi sia in base a quanto disposto nell'art. 2531 c.c. (mancato pagamento delle quote o azioni) che nei casi previsti dall'art. 2533 c.c. (esclusione del socio).

Nel primo caso, a norma dell'art. 2531 c.c. il socio di società cooperativa che non esegue in tutto o in parte il pagamento delle quote o azioni sottoscritte può, previa intimazione da parte degli amministratori, essere escluso dalla società.

In base a quanto disposto, poi, dall'art. 2533 c.c. può verificarsi:

1) nei casi previsti dall'atto costitutivo;

2) per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico;

3) per mancanza o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società;

4) per i casi previsti dall'art. 2286 c.c.;

5) per i casi previsti dall'art 2288, comma 1, c.c.

Dalla lettura di quest'ultima norma, quindi, si evince che nella disciplina delle società cooperative vi sia un'ampia casistica di ipotesi di esclusione che rimandano all'autonomia privata in sede di redazione dell'atto costitutivo (n. 1 art. 2533 c.c.) e ai casi di esclusione espressamente previsti dall'art. 2286 c.c. per le società di persone e qui espressamente richiamati (punto n. 4 art. 2533 c.c.) come:

1) gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale;

In evidenza: Gravità dell'inadempimento

Ai sensi dell'art. 2533 c.c., l'inadempimento che giustifica l'esclusione del socio lavoratore deve essere qualificato in termini di specifica gravità e presuppone, pertanto, anche una valutazione del tempo trascorso fra la mancanza addebitata e la reazione da parte della società recedente, dovendosi ritenere non conforme ai criteri legali, anche alla luce delle regole di buona fede e correttezza, l'esclusione disposta a notevole distanza di tempo dai fatti addebitati, mentre resta escluso che nella clausola che sanziona la “violazione dello spirito mutualistico e solidaristico della cooperativa” sia ascrivibile la tutela in giudizio dei diritti del socio, salvo che si dimostri che la tutela giudiziaria fosse strumentale al perseguimento di finalità indebite, del tutto estranee alla legittima (anche se eventualmente infondata nel merito) protezione dei propri interessi giuridici. (Cass., 5 luglio 2011, n. 14741)

2) per interdizione e/o inabilitazione del socio o per la sua condanna ad una pena che comporti l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici;

3) sopravvenuta inidoneità o perimento della cosa che il socio ha conferito alla società avvenuto per causa non imputabile agli amministratori;

4) perimento della cosa che il socio si era impegnato a trasferire alla società prima che il trasferimento sia avvenuto.

Accanto a queste ipotesi appena descritte, che possiamo definire come casi di esclusione facoltativa, in quanto si verificano solo in seguito all'attivazione del procedimento di esclusione da parte della società, vi sono anche due ipotesi che possiamo definire obbligatorie o di diritto, che determinano l'esclusione del socio solo in seguito al loro verificarsi: sono le ipotesi contemplate nell'art. 2288 c.c., espressamente richiamato nella disciplina cooperativa dall'art. 2533 c.c. punto n. 5, e si tratta delle ipotesi in cui il socio sia stato dichiarato fallito e il caso in cui il creditore particolare del socio abbia ottenuto la liquidazione della quota del socio.

L'esclusione deve, poi, essere deliberata dagli amministratori e, nei casi in cui sia previsto dall'atto costitutivo, dall'assemblea. Inoltre, qualora l'atto costitutivo non preveda diversamente, lo scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti.

Il socio contro cui il provvedimento di esclusione è stato emesso può proporre opposizione al tribunale nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione.

In evidenza: Tutela

In tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, in caso d'impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non è inibita dall'omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, mentre resta esclusa la tutela restitutoria. (Cass., SS. UU., 20 aprile 2017, n. 27436)

In evidenza: Obblighi e corrispettività

L'accertamento della sussistenza di una causa di esclusione dal rapporto sociale va effettuato in relazione agli obblighi gravanti su ciascun socio in forza della legge, dello statuto, dei regolamenti e delle deliberazioni degli organi sociali. (Lodo Arbitrale, 30 maggio 2015).

E' applicabile anche alle società cooperative lattiero-casearie, ove il rapporto tra socio e società è caratterizzato dalla contrapposizione delle prestazioni, il principio secondo il quale, diversamente da quanto accade per gli altri contratti societari caratterizzati non già dalla corrispettività delle prestazioni ma dalla comunione di scopo, è possibile far ricorso ai rimedi di carattere generale in tema di inadempimento contrattuale. (Trib. Mantova 19 novembre 2009)

Recesso del socio di società cooperativa

L'art. 2532 c.c. contempla la disciplina applicabile ai soci della società cooperativa in caso di esercizio del diritto di recesso. In base a tale norma, il socio cooperatore può recedere dalla società sia nei casi previsti dalla legge (quando la società è contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci o quando sussiste una giusta causa) che nei casi previsti dall'atto costitutivo.

Il diritto di recesso può essere solo totale, non essendo ammesso un recesso parziale.

La volontà di recedere del socio deve essere contenuta in un atto, “dichiarazione di recesso”, che deve essere comunicato a mezzo raccomandata alla società; tale dichiarazione sarà poi esaminata, nel termina di sessanta giorni, dagli amministratori della società e in caso non sussistano i presupposti per l'esercizio del diritto di recesso, gli amministratori ne danno comunicazione al socio che, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre opposizione al tribunale. In caso, invece, di accoglimento della domanda di recesso, esso ha effetto, per quanto riguarda il rapporto sociale, dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda.

Ove la legge o l'atto costitutivo non dispongano diversamente, per i rapporti mutualistici tra socio e società il recesso ha effetto con la chiusura dell'esercizio in corso, se comunicato tre mesi prima, in caso contrario con la chiusura dell'esercizio successivo.

In evidenza: Giusta causa

La volontà del socio di recedere dalla società per giusta causa ai sensi dell'art. 2285 c.c. determina lo scioglimento del singolo rapporto sociale con il conseguente diritto alla liquidazione della quota a favore del socio uscente, che risponde soltanto dei debiti sociali già sorti. Pertanto, contrariamente a quanto avviene nei contratti a prestazione corrispettive in relazione alla risoluzione per mutuo dissenso, la dichiarazione di recesso dal contratto di società (in cui i contraenti perseguono uno scopo comune non può costituire adesione o consenso allo scioglimento della società, proposta, ai sensi dell'art. 2272 lett. c) c.c., dagli altri soci, in quanto l'accordo sullo scioglimento della società ha contenuto ed effetti diversi, dando luogo alla liquidazione della medesima con differimento del soddisfacimento del diritto sulla quota all'esito dell'integrale estinzione dei debiti sociali esistenti. (Cass. 9 settembre 2002, n. 13063)

Morte del socio di società cooperativa

La disciplina relativa allo scioglimento del rapporto sociale in seguito alla morte del socio presenta notevoli peculiarità rispetto a quella dettata dall'art. 2284 c.c. in tema di morte del socio di società di persone.

Infatti, l'art. 2534 c.c. afferma che in caso di morte del socio di una società cooperativa gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni, secondo quanto disposto dall'art 2535 c.c., dettato in tema di liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio uscente (di cui si parlerà infra, nel prossimo paragrafo).

Inoltre, l'art. 2534 c.c., al secondo comma, sancisce che, qualora l'atto costitutivo lo preveda, gli eredi provvisti dei requisiti per l'ammissione alla società possono subentrare nella partecipazione del socio defunto. Quest'ultima previsione è particolarmente significativa in quanto con tale formula, il legislatore ha riconosciuto in capo agli eredi provvisti dei requisiti necessari per l'ingresso nella società cooperativa, la possibilità di subentrare nella partecipazione del loro dante causa: si tratta però di una possibilità, non di un obbligo di subentro, essendo salva la possibilità per gli eredi, qualora lo preferissero, non subentrare nella società e chiedere la liquidazione della partecipazione del de cuius. Pertanto, nell'ipotesi di subentro degli eredi nella società, l'effettivo subentro degli stessi è subordinato al verificarsi di due situazioni: la prima, a tutela della società, che gli eredi abbiano i requisiti necessari per il subentro; la seconda, che gli eredi vogliano effettivamente entrare a far parte della società cooperativa.

Infine, l'art. 2534 c.c., all'ultimo comma, precisa che qualora sussistano i requisiti per il subentro e vi sia la volontà degli eredi di subentrare, in caso di pluralità di eredi questi ultimi sono tenuti a nominare un rappresentante comune, salvo le ipotesi in cui la quota di partecipazione si divisibile e la società consenta la divisione.

In evidenza: Erede

È inammissibile il ricorso per cassazione proposto dagli eredi del defunto liquidatore della società, i quali, stante la intrasmissibilità iure hereditario di una situazione personale (quale è, nel caso di specie, la qualifica del defunto di liquidatore di una società semplice) non subentrano nella posizione di socio del defunto e rimangono persone del tutto estranee al rapporto sociale, alle quali non può competere quindi la rappresentanza, né sostanziale né processuale, della società stessa. (Cass., 22 agosto 2002, n. 12361)

In evidenza: Onere della prova

L'onere di provare il valore della quota del socio defunto di una società di persone, ai fini della liquidazione della stessa in favore degli eredi, incombe ai soci superstiti e non agli eredi del socio, in quanto solo i soci rimasti in società, e non certo gli eredi del defunto, sono in grado, con la produzione di scritture contabili della società, dei dimostrare quale era la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio e quali sono gli utili e le perdite inerenti alle operazioni in corso in quel momento. In caso di mancato o parziale assolvimento di tale onere il giudice del merito può disporre consulenza tecnica d'ufficio la quale esprima, anche sul fondamento dei documenti prodotti, una valutazione per la liquidazione della quota ed apprezzarne liberamente il parere senza necessità, quando ne faccia proprie le conclusioni, di una particolareggiata motivazione o di un'analitica confusione delle eventuali diverse conclusioni formulate dai consulenti di parte. (Cass., 19 aprile 2001, n. 5809)

Liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio uscente

Infine, esaminiamo la disciplina relativa alla liquidazione della partecipazione sociale del socio uscente dalla società cooperativa. In base a quanto disposto dall'art. 2535 c.c., la liquidazione della quota o il rimborso delle azioni ha luogo sulla base del bilancio dell'esercizio in cui si sono verificati il recesso, l'esclusione o la morte del socio.

La liquidazione della partecipazione sociale, inoltre, può essere anche ridotta in proporzione alle perdite imputabili al capitale ed avviene sulla base dei criteri stabiliti dall'atto costitutivo, salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, poi, la liquidazione della partecipazione sociale comprende anche il rimborso del sovrapprezzo, ove esso sia stato versato, e qualora sussista nel patrimonio della società e non sia stato destinato ad aumento gratuito del capitale ai sensi di quanto disposto dall'art. 2545-quinquies, comma 3, c.c.

In evidenza: Creditore e restituzione

Nelle cooperative edilizie aventi come scopo la costruzione di alloggi e l'assegnazione degli stessi in godimento e, successivamente, in proprietà individuale ai soci, le anticipazioni e gli esborsi effettuati dal socio non a titolo di conferimento od in conseguenza dell'obbligo inerente alla partecipazione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione, ma per il conseguimento dei singoli beni o servizi prodotti dalla cooperativa, pongono il socio nella posizione di creditore verso la cooperativa, posizione che - una volta avvenuto lo scioglimento del rapporto sociale - si manifesta come diritto alla restituzione delle somme anticipate (sempre che la proprietà dell'alloggio non sia stata nel frattempo conseguita e lo scopo sociale non sia stato raggiunto); al diritto di credito al rimborso, tuttavia, non corrisponde un diritto di ritenzione dell'alloggio, né in relazione a ciò è possibile avvalersi dell'exceptio inadimplenti non est adimplendum di cui all'art. 1460 c.c., poiché gli obblighi di riconsegna e di restituzione delle somme non sono configurabili come prestazioni reciproche di un sinallagma contrattuale, ma soltanto come un effetto del venir meno del rapporto sociale tra il socio receduto od escluso e la cooperativa.

(Cass., 7 marzo 2008, n. 6197)

Per quanto riguarda i tempi per il pagamento, esso deve esse fatto entro centottanta giorni dall'approvazione del bilancio. L'atto costitutivo, però, può prevedere che per la frazione della quota o le azioni assegnate al socio ai sensi degli artt. 2545-quinquies e 2545-sexies c.c. (diritti per i soci cooperatori e disciplina dei ristorni) la liquidazione o il rimborso, unitamente agli interessi legali, possa essere corrisposto in più rate in un termine massimo di cinque anni.

In evidenza: Aspettativa e tutela

In tema di società, la costituzione del rapporto societario e l'originario conferimento, pur rappresentando il presupposto giuridico del diritto del socio alla quota di liquidazione, non rilevano come fatto direttamente genetico di un contestuale credito restitutorio del conferente, configurandosi la posizione di quest'ultimo come mera aspettativa o diritto in attesa di espansione, destinato a divenire attuale soltanto nel momento in cui si addivenga alla liquidazione (del patrimonio della società o della singola quota del socio, al verificarsi dei presupposti dello scioglimento del rapporto societario soltanto nei suoi confronti), ed alla condizione che a tale momento dal bilancio (finale o di esercizio) risulti una consistenza attiva sufficiente a giustificare l'attribuzione pro quota al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione. Pertanto, il credito relativo alla quota di liquidazione vantato dal socio di una cooperativa escluso dalla società per effetto della dichiarazione di fallimento (ovvero, ai sensi dell'art. 2533, n. 5, comma 1, c.c., nel testo introdotto dal d.lg. 17 gennaio 2003 n. 6, a seguito della delibera di esclusione che è in facoltà della società adottare in caso di fallimento del socio) nasce o comunque diviene certo esclusivamente nel momento in cui interviene quella dichiarazione (o quella delibera), con la conseguenza che, non potendosi considerare detto credito anteriore al fallimento, viene a mancare il presupposto necessario, ai sensi dell'art. 56 l. fall., per la compensabilità dello stesso con i contrapposti crediti vantati dalla società nei confronti del socio.

(Cass. 29 settembre 2011, n. 19955)

In evidenza: Presupposti della liquidazione

La costituzione del rapporto societario e l'originario conferimento, pur rappresentando il presupposto giuridico del diritto del socio alla quota di liquidazione, non rilevano come fatto direttamente genetico di un contestuale credito restitutorio del conferente, configurandosi la posizione di quest'ultimo come mera aspettativa o diritto in attesa di espansione, destinato a divenire attuale soltanto nel momento in cui si addivenga alla liquidazione (del patrimonio della società o della singola quota del socio, al verificarsi dei presupposti dello scioglimento del rapporto societario soltanto nei suoi confronti), e alla condizione che a tale momento dal bilancio (finale o di esercizio) risulti una consistenza attiva sufficiente a giustificare l'attribuzione pro quota al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione. (Nella specie l'ex socio di una cooperativa edilizia, receduto dalla stessa dopo l'assegnazione dell'alloggio sociale, esposto che la Cooperativa, dopo avere dato della esistenza di residui attivi, quantificati per ogni singolo socio, si era impegnata al rimborso, e che la cooperativa, non aveva dato seguito a tale impegno, omettendo di redigere il conto finale della società, aveva chiesto e ottenuto decreto ingiuntivo per l'importo della somma riconosciuta di sua spettanza. Sia il tribunale che la Corte di appello avevano rigettato l'opposizione della cooperativa. In applicazione del principio di cui sopra la Suprema corte ha accolto il ricorso della cooperativa nonché, pertanto, con decisione nel merito, la proposta opposizione a decreto ingiuntivo).

(Cass., 8 ottobre 2014 n. 21218)

Riferimenti

Normativi:

  • Artt. 2531-2535 c.c.
  • Art. 2286 c.c.
  • Art. 2288 c.c.

Giurisprudenza:

  • Cass. SS. UU., 20 aprile 2017, n. 27436;
  • Cass. 29 settembre 2011, n. 19955;
  • Cass. 5 luglio 2011, n. 14741;
  • Cass. 9 settembre 2002, n. 13063;
  • Cass. 22 agosto 2002, n. 12361;
  • Cass. 19 aprile 2001, n. 5809;
  • Lodo Arbitrale, 30 maggio 2015;
  • Trib. Mantova 19 novembre 2009.
Sommario