Spese per la ristrutturazione di immobile in locazione per attività di impresa mai avviata: spetta la detrazione IVA?
12 Ottobre 2017
Massima
Secondo un recente orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, le spese sostenute da una Società per la ristrutturazione di un immobile condotto in locazione per la realizzazione di una attività imprenditoriale non sono deducibili in conseguenza della altruità dell'immobile. Tuttavia, altre meno recenti pronunce di legittimità ne hanno ammesso la deducibilità ritenendo che questa non possa essere subordinata al diritto di proprietà e che fossero invece sufficiente la strumentalità dell'immobile ed il loro sostenimeto nell'esercizio d'impresa.
La quinta Sezione della Corte, nell'esaminare una nuova analoga fattispecie che presenta una propria specificità rispetto a quelle sino ad ora oggetto di pronuncia in quanto l'attività di impresa non era mai stata avviata per volontà della stessa Società, ha rilevato il contrasto tra i diversi giudicati ed ha pronunciato una Ordinanza interlocutoria con la quale ha rimesso la questione al primo Presidente affinchè la sottoponga alle Sezioni Unite.
Il caso
Una Società (controllante) avente per oggetto l'esercizio di attività turistico – ricettiva locava un complesso immobiliare di sua proprietà già adibito ad attività turistica ad altra Società (controllata). Quest'ultima, ottenuta la relativa concessione edilizia, avviava una serie di opere e di interventi di ristrutturazione, risanamento e cambio di destinazione d'uso da turistico ad abitativo.
Le due Società, nelle more dell'esecuzione dei lavori, deliberavano la loro fusione per incorporazione della Società controllante nella Società controllata. La Società nata dalla fusione procedeva quindi alla vendita del complesso immobiliare già oggetto di ristrutturazione applicando l'IVA sul prezzo di vendita. La Società “controllata” (conduttrice) portava in detrazione, per le annualità di competenza, l'IVA assolta sui costi di ristrutturazione ottenendone il rimborso in assenza di operazioni detraibili per gli anni di riferimento. L'Agenzia delle Entrate negava la detraibilità dell'IVA assolta sui costi di ristrutturazione sostenuti dalla Società “conduttrice” ed emetteva distinti avvisi di accertamento per le corrispondenti annualità ritenendo – in sintesi – che le spese per gli interventi edilizi erano state sostenute in vista di un'attività economica mai avviata; l'indetraibilità dell'IVA poichè gli interventi erano stati eseguiti su immobili destinati a civile abitazione e che le opere erano state eseguite su immobili di proprietà altrui. La Società impugnava i provvedimenti dell'Amministrazione dinnanzi alla Commissione Tributaria territoriale di primo grado la quale rigettava il ricorso.
La sentenza veniva appellata e l'adita Commissione Tributaria Regionale rigettava parzialmente il gravame con riferimento alla indetraibilità dell'IVA, poichè le opere erano state effettuate su immobili destinati a civile abitazione non di proprietà della Società che le aveva eseguite bensì condotte in locazione; lo accoglieva con riferimento al recupero IRES ritenendo sussistenti le condizioni che consentivano l'applicazione della disciplina delle società “non operative” (art. 30 Legge n. 724/1994).
La Società proponeva quindi ricorso per cassazione ribadendo la fondatezza del proprio diritto alla detrazione che le era stato negato in conseguenza dell'assenza del titolo di proprietà sull'immobile oggetto di ristrutturazione e della destinazione abitativa dello stesso, sostenendo inoltre che risultava ininfluente il mutamento di destinazione d'uso intervenuto medio tempore da turistico ad abitativo.
L'Amministrazione presentava controricorso contenente ricorso incidentale con cui rilevava che i Giudici di appello non avevano adeguatamente motivato le parti della sentenza riguardanti: il recupero IRES, l'imputabilità alla Società della mancata ultimazione dei lavori e del mancato rilascio dell'abitabilità dei locali, ed inoltre che le detrazioni riguardavano costi su una attività imprenditoriale mai intrapresa.
La Suprema Corte di Cassazione, Sezione V, con l'Ordinanza Interlocutoria in commento ha rilevato preliminarmente che su questioni analoghe la Corte si era già pronunciata con statuizioni di segno non sempre conformi e che, con riferimento alla concreta fattispecie in esame le “... spese di ristrutturazione dell'immobile altrui sono state sostenute in vista di un futuro esercizio di un'attività imprenditoriale che non è stata mai avviata…”.
Pertanto, richiamati precedenti contrastanti arresti di legittimità, ha rimesso al Primo Presidente della Corte affinchè lo stesso valuti se sottoporre la questione alle Sezioni Unite.
La questione
L'Ordinanza interlocutoria della Corte di legittimità prende le mosse dall'esame delle due autonome rationes decidendi sulle quali è fondata la sentenza di appello impugnata.
La prima riguarda la detrazione dell'imposta, ritenuta non spettante perché i costi di ristrutturazione vennero sostenuti su un immobile catastalmente categoria A/2 ad uso abitativo originariamente destinato a futura attività imprenditoriale mai avviata.
La seconda riguarda le spese sostenute dalla Società per la ristrutturazione di un immobile di proprietà di altro soggetto giuridico.
Con riguardo al primo profilo la V Sezione della Suprema Corte ha evidenziato di avere recentemente assunto un indirizzo univoco (Cass. civ., nn. 6883 e 5707/2016; 8628/2015) “dirimente” rispetto ai motivi di ricorso negando “… la detraibilità dell'IVA afferente a spese di manutenzione straordinaria su immobili di proprietà di terzi…”.
Secondo tale recente orientamento non andrebbe quindi ammessa “… la deducibilità dei costi sostenuti nell'esercizio dell'impresa per la manutenzione straordinaria dell'immobile condotto in locazione…” (Cassazione n. 6936/2011 – conformi Cassazione nn. 2939/2006; 13494/2015).
Tuttavia il Collegio ha evidenziato che “sul versante opposto in una fattispecie simile…” era stato ritenuto che la deducibilità di detti costi “non può essere subordinata al diritto di proprietà dell'immobile essendo sufficiente che essi siano sostenuti nell'esercizio dell'impresa, rilevando la strumentalità dell'immobile” (Cassazione nn. 13327/2011 - conformi: nn. 10079/2009 e 3544/2010).
Secondo questo diverso reiterato orientamento “le spese sostenute per il miglioramento del fondo altrui costituiscono un costo dell'attività di impresa” (Cassazione n. 3544/2010); vanno quindi “riconosciute ammortizzabili le spese sostenute per la realizzazione di un impianto turistico su beni altrui indipendentemente dalla loro autonoma funzionalità o asportabilità al termine del periodo di locazione conseguentemente compete all'imprenditore anche il rimborso IVA, ai sensi dell'art. 30 del d.P.R. n. 633/1972” (Cassazione n. 8389/2013); anche qualora i costi di costruzione facciano riferimento ad “un bene altrui di cui la società risultava comodataria” (Cassazione n. 9327/2014).
Le soluzioni giuridiche
La Sezione V, esaminati i diversi orientamenti espressi nel corso degli anni su questioni analoghe ha inoltre osservato che “rispetto alle fattispecie esaminate e risolte dalla Suprema Corte nel senso della deducibilità delle spese di ristrutturazione di immobile condotto in locazione nell'esercizio di impresa e della detraibilità dell'imposta, la fattispecie oggetto del presente giudizio sembra presentare la particolarità derivante dal fatto che, in questo caso, le spese di ristrutturazione dell'immobile altrui sono state sostenute in vista di un futuro esercizio di un'attività imprenditoriale che non è stata mai avviata”.
Tale peculiarità – ad avviso dei Giudici della V sezione – non renderebbe la fattispecie in esame “coincidente” neanche con quella oggetto della sentenza di legittimità n. 6200/2015 riguardante la ristrutturazione di un complesso alberghiero condotto in locazione e nella quale è stato affermato che “il diritto del contribuente non troverebbe ostacolo nell'assenza di un'attività imprenditoriale in corso, in quanto, in base ai principi desunti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, al fine di stabilire se sia detraibile un'attività di acquisto o di ristrutturazione di un bene da destinare all'esercizio dell'impresa, deve aversi riguardo all'intenzione del soggetto passivo dell'imposta, confermata da elementi obiettivi di utilizzare un bene o un servizio per fini aziendali”.
Tale pronuncia, a sua volta, richiamava un principio desumibile dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza C-37/95 del 15 gennaio 1998) a mente del quale “il diritto di detrazione rimane acquisito qualora, a causa di circostanze estranee alla volontà, il soggetto passivo non abbia fatto uso dei suddetti beni per realizzare operazioni imponibili…”. I Giudici di legittimità nella Ordinanza in commento hanno osservato che la regola di giudizio ricavabile dalle due citate sentenze riguardava però il diritto al rimborso in presenza di una non operatività “temporanea” o comunque imputabile a “circostanze estranee all'imprenditore” mentre nel caso concreto loro sottoposto “è fatto compiuto che l'attività preparatoria non è sfociata, né mai più sfocerà, nell'attività per la quale la ristrutturazione fu eseguita e ciò in dipendenza di un fatto in apparenza riconducibile alla volontà dell'imprenditore (la vendita dell'immobile ristrutturato)”.
Osservazioni
I Giudici della V sezione hanno quindi rilevato che la fattispecie oggetto dell'ordinanza in commento “coinvolge questioni rispetto alle quali la giurisprudenza ha dato soluzioni contrastanti e nello stesso tempo della massima importanza nell'applicazione della disciplina dell'IVA: e cioè se sono inerenti le spese sostenute per la ristrutturazione di un immobile altrui in vista dell'esercizio di un'attività di impresa”.
Su tali questioni si sono confrontati – come visto – due divergenti orientamenti.
Da una parte recenti pronunce (Cassazione nn. 26748/2016; 6883/2016; 5707/2016; 8628/2015; 6936/2011; 2939/2006; 13494/2015) che hanno affermato l'indeducibilità dal reddito di impresa e l'ndetraibilità dell'IVA. Dall'altra (Cassazione nn. 13327/2011; 10079/2009; 3544/2010; 8389/2013; 9327/2014) statuizioni che hanno riconosciuto la deducibilità pur in assenza del titolo di proprietà sull'immobile oggetto di ristrutturazione.
La specificità del caso concreto esaminato dall'Ordinanza interlocutoria – a differenza di quanto avvenuto nelle fattispecie riguardanti le citate sentenze, in cui si era trattato di “temporanea inattività” o di “inattività” non imputabile all'imprenditore – è rappresentata dal fatto che “le spese di ristrutturazione dell'immobile altrui sono state sostenute in vista di un futuro esercizio di un'attività imprenditoriale che non è stata mai avviata” per libera scelta della Società.
Approfondimento Con riferimento alle questioni oggetto dell'Ordinanza in esame (detraibilità IVA e operatività della società) giova richiamare brevemente il quadro normativo di riferimento. In particolare l'art. 19-bis n. 1 lettera i) del d.P.R. n. 633/1972 in tema di disciplina dell'IVA il quale dispone che “non è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto di fabbricati, o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa nè quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricato delle predette porzioni”.
Il successivo art. 30 (lettera c) dispone che “il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell'eccedenza detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni, all'atto della presentazione della dichiarazione: c) limitatamente all'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni ammortizzabili”.
Altra questione di rilievo è il mancato avvio dell'attività imprenditoriale. L'art. 30 della Legge n. 724/1994 “Società di comodo. Valutazione dei titoli” dispone che “Agli effetti del presente articolo le società per azioni si considerano, salva la prova contraria, non operativi se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando: a) l'1 per cento al valore dei beni indicati nell'articolo 53, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi anche se costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti; b) il 4 per cento al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria; c) il 15 per cento al valore delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria...”.
Quest'ultima disposizione prevede la possibilità per il Contribuente di fornire prova contraria che deve essere sostenuta da riferimenti a oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi.
|