La clausola del regolamento condominiale che riservi la carica di amministrazione di condominio è legittima?
17 Ottobre 2017
In tema di impugnazione delle delibere condominiali, ai sensi dell'art. 2377 c.c. - dettato in tema di società di capitali ma, per identità di ratio, applicabile anche in materia di condominio - ove sopravvenga la sostituzione della delibera invalida ex art. 2377 comma 4 c.c., l'annullamento non può avere luogo e interviene la «cessazione della materia del contendere», restando sottratto al giudice adito per l'impugnazione il potere-dovere di sindacare incidentalmente la legittimità dell'atto di rinnovo, il quale potrà semmai essere sottoposto ad ulteriore impugnazione, se si ritenga che anch'esso non sia conforme alla legge o all'atto costitutivo. Né rileva la circostanza che la successiva assemblea si sia limitata a deliberare sui medesimi argomenti posti all'ordine del giorno nella precedente assemblea, senza annullare la precedente delibera affetta da vizi e/o irregolarità né sostituire la delibera impugnata di cui è causa. La dizione contenuta negli atti di vendita che riservava alla società venditrice l'amministrazione del condominio sino alla vendita dell'ultima unità immobiliare e che conferiva mandato alla società venditrice per la redazione del regolamento condominiale e delle tabelle millesimali non può intendersi valida. Difatti in tema di condominio negli edifici, l'art. 1138, quarto comma, c.c. dichiara espressamente non derogabile dal regolamento, tra le altre, la disposizione dell'art. 1129 c.c., la quale attribuisce all'assemblea la nomina dell'amministratore e stabilisce la durata dell'incarico; ne deriva la nullità della clausola del regolamento che riservi ad un determinato soggetto, per un tempo indeterminato, la carica di amministratore del condominio, sottraendo all'assemblea il relativo potere di nomina e di revoca, senza che abbiano a tal fine rilievo il rapporto in concreto esistente tra i condomini o l'attività esercitata nell'edificio. Allo stesso modo non può ritenersi valido l'accordo in ordine alla predisposizione del regolamento condominiale e delle tabelle millesimali per una data non meglio determinata e che, di fatto, si pone in contrasto con il disposto dell'art. 1138 c.c. Allo stesso modo non meglio fondate risultano le contestazioni in ordine alla inclusione di determinati beni tra i beni comuni alla luce della presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. trattandosi di strade interne, aree a verde e cancelli e la mancata indicazione di segno contrario come evincibile dagli atti di causa.
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