Costruzioni in aggetto sul cortile condominiale

03 Agosto 2017

In materia di condominio degli edifici, lo spazio aereo sovrastante a cortili comuni - la cui funzione è di fornire aria e luce alle unità abitative che vi prospettano - non può essere occupato dai singoli condomini con costruzioni proprie in aggetto...
Massima

In materia di condominio degli edifici, lo spazio aereo sovrastante a cortili comuni - la cui funzione è di fornire aria e luce alle unità abitative che vi prospettano - non può essere occupato dai singoli condomini con costruzioni proprie in aggetto, non essendo consentito a terzi, anche se comproprietari insieme ad altri, ai sensi dell'art. 840, comma 3, c.c., l'utilizzazione, ancorché parziale, a proprio vantaggio della colonna d'aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale di questa ne risulti compromessa.

Il caso

Tizio erige un corpo di fabbrica in proprietà esclusiva su area di sedime facente parte del cortile comune ed in aderenza al muro perimetrale dell'edificio condominiale: dalla CTU svolta in primo grado si ricava che la costruzione in questione è costituita da «una appendice posteriore di tipo pensile» posta sul lato est del fabbricato, appoggia sul suolo (cortile comune) verso est, mediante tre pilastri della sezione 35 x 35 cm mentre, dall'altro lato, appoggia totalmente sul muro perimetrale posteriore del fabbricato condominiale; le dimensioni esterne della costruzione in appendice sono di m. 5,40 x 3,34 in proiezione orizzontale e di m. 5,53 in altezza (primo e secondo piano), oltre la falda; ad essa si accede dalla contigua porzione di fabbricato di proprietà di Tizio, mediante ampliamento delle originarie finestre.

Convenuto in giudizio da Mevio e Sempronio - condomini dello stabile - al fine di ottenerne la condanna alla demolizione del manufatto in questione, oltre al risarcimento del conseguente danno, Tizio risulta soccombente solo rispetto a tale ultima istanza, essendo al contrario rigettata la domanda di condanna alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi sulla scorta della tolleranza pluriennale - valorizzata dal Tribunale - mostrata dagli attori alla permanenza della costruzione in questione. La decisione viene confermata dalla Corte di appello

Avverso quest'ultima sentenza propongono ricorso principale Mevio e Sempronio, affidato ad undici motivi, il terzo ed il quarto dei quali sono così riportati in motivazione:

Con il terzo motivo - che interessa in questa sede - i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 e 1122 c.c., per avere la Corte di appello ritenuto che un nuovo corpo di fabbrica, in appoggio al muro perimetrale dell'edificio condominiale e con pilastri che occupano la corte comune e la corrispondente colonna d'aria, non integri un'opera vietata ai sensi delle citate norme codicistiche. Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono dell'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo, rappresentato dalla portata invasiva del manufatto di cui si discute, con riguardo:

a) all'alterazione della destinazione materiale e funzionale della porzione di muro condominiale su cui la contestata appendice è in appoggio e alla trasformazione delle finestre in porte d'accesso al nuovo manufatto;

b) ai problemi che il peso di detto manufatto produce sulla staticità del fabbricato;

c) all'occupazione, da parte del suddetto manufatto, della corrispondente porzione della corte comune e della sovrastante colonna d'aria, con conseguente sottrazione e compromissione del pari diritto d'uso da parte degli altri comproprietari.

La questione

La questione in esame è la seguente: entro che limiti il cortile condominiale (e la relativa sovrastante colonna d'aria) può essere occupato dal singolo condomino?

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza ha sempre chiarito che, sebbene la funzione primaria del cortile (e della sovrastante colonna d'aria, v. Cass. civ., sez. II, 26 gennaio 1998, n. 714) sia quella di assicurare aria e luce alle unità immobiliari che su di esso si affacciano (Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9875), nondimeno - in applicazione dell'art. 1102 c.c. - è possibile configurare utilità ulteriori (ad esempio, parcheggio e sosta di veicoli, apposizioni di tubazioni e condutture, deposito di materiali) perseguibili in concreto dai condomini mediante l'uso di tale bene, a condizione che non ne risulti alterata la destinazione, che non vengano pregiudicate stabilità e decoro dell'edificio e che non diminuisca sensibilmente la funzione di dare aria e luce ai piani inferiori.

Tali limitazioni emergono con evidenza nel caso di specie, giacché, dalla descrizione del manufatto evincibile dalla CTU svolta in prime cure - e di cui si è dato conto in precedenza - si coglie con evidenza come si sia in presenza di un vero e proprio nuovo corpo di fabbrica aggettante sul cortile comune, realizzato mediante incorporazione di una parte della colonna d'aria sovrastante la relativa area: donde l'illegittimità dell'opera così realizzata, conseguente all'alterazione della normale destinazione del cortile ed alla permanente inservibilità e stabile occupazione della corrispondente area di sedime, con sottrazione all'uso paritario degli altri condomini.

Tale soluzione, peraltro, è perfettamente in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità - richiamata espressamente in motivazione, al fine di disattendere il contrario decisum della corte territoriale (la quale aveva concluso per la legittimità della costruzione, «in considerazione delle dimensioni assolutamente minime e marginali del suolo su cui sono installati i tre pilastri») - alla cui stregua lo spazio aereo sovrastante ai cortili non può essere occupato dai singoli condomini con costruzioni proprie in aggetto, non essendo consentito a terzi, anche se comproprietari insieme ad altri, ai sensi dell'art. 840, comma 3, c.c. l'utilizzazione ancorché parziale a proprio vantaggio della colonna d'aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale di questa ne risulti compromessa (v. anche Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 2005, n. 3098, relativamente alla realizzazione di ballatoi aggettanti).

Il medesimo principio, d'altronde, era stato affermato, nel passato, onde pervenire ad una declaratoria di illegittimità relativamente alla costruzione di bow-windows, il cui corpo di fabbrica aggettante era stato realizzato nella parte del fabbricato prospiciente il cortile comune, mediante incorporazione di una parte della sovrastante colonna d'aria ed utilizzando la stessa a fini costruttivi ad esclusivo vantaggio del singolo condominio (Cass. civ., sez. II, 13 aprile 1991 n. 3941).

Osservazioni

Se il medesimo principio può essere applicato - sia pure con alcuni distinguo nella giurisprudenza di legittimità - in relazione agli sporti (Cass. civ., sez. II, 21 giugno 1993, n. 6850), nonché ai balconi ed alle terrazze aggettanti (o pensili) sul cortile comune (Cass. civ., sez. II, 26 luglio 1983, n. 5132) - la cui edificazione finisce per determinare un ingombro stabile e duraturo della colonna d'aria sovrastante lo stesso (Cass. civ., sez. II, 17 aprile 2012, n. 6004) - decisamente diversa è l'ipotesi relativa all'apertura di un varco nel muro perimetrale dell'edificio per realizzare un balcone in allineamento con quello di pertinenza dell'appartamento sottostante, sì da integrare una proiezione, verso l'alto, di quello già esistente: in tale ultimo caso, infatti, la colonna d'aria è già parzialmente «occupata», ab origine, dalla sagoma del balcone preesistente, sicché la realizzazione del nuovo manufatto in aggetto è inidonea a determinare, in concreto, un aggravio per il cortile comune (o la costituzione di una nuova veduta o una violazione delle distanze legali) (Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 2014, n. 54).

Nulla esclude, in ogni caso, che il regolamento condominiale di natura contrattuale attribuisca ad uno o più condomini la facoltà di occupare il cortile e/o la colonna d'aria ad esso sovrastante.

Da osservare, infine, come la giurisprudenza di legittimità offra una soluzione del tutto sui generis laddove il manufatto realizzato dal singolo condomino sul cortile comune sia un ascensore.

A partire da Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2012, n. 14096 (ma v. anche Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2014, n. 14809), infatti, valorizzando i profili dell'accessibilità allo stabile condominiale e del superamento delle barriere architettoniche, la Corte chiarisce che l'installazione di un ascensore realizzata da un condomino su parte di un cortile e di un muro comuni deve considerarsi indispensabile ai fini dell'accessibilità dell'edificio e della reale abitabilità dell'appartamento e rientra, pertanto, nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell'art. 1102 c.c., senza che, ove siano rispettati i limiti di uso delle cose comuni stabiliti da tale norma, rilevi, la disciplina dettata dall'art. 907 c.c. sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, neppure per effetto del richiamo ad essa operato nell'art. 3, comma 2, della legge 9 gennaio 1989, n. 13, non trovando la previsione codicistica da ultimo richiamata applicazione in àmbito condominiale.

Sennonché, proprio con riferimento al rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c., la peculiarità del caso risolto dalla Corte è rappresentata dalla circostanza per cui nell'occasione è stato affermato che non appare sufficiente a ritenere integrata la violazione di detti limiti l'affermazione che il manufatto, costituito da una struttura fissa avente una dimensione non trascurabile, determini una menomazione apprezzabile dell'uso del cortile comune (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2012, n. 14096).

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