Recesso dal contratto di locazione e presupposizione

Massimo Falabella
22 Agosto 2017

Occupandosi di una controversia in tema di locazione in cui si dibatteva del recesso esercitato da un conduttore che si identificava in un'amministrazione pubblica, la Corte di legittimità ha ribadito un principio da essa già in precedenza enunciato riguardo alla presupposizione...
Massima

L'esistenza in vita di una locazione può risultare implicitamente condizionata dalla mancata ultimazione della costruzione di un edificio, ove detta evenienza assurga a presupposizione del contratto, a tal fine essendo però necessario che dal contenuto del negozio si evinca l'esistenza della situazione di fatto, non espressamente enunciata in sede di stipulazione, ma considerata quale presupposto imprescindibile della volontà negoziale, il cui successivo verificarsi o venir meno dipenda da circostanze non imputabili alle parti stesse.

Il caso

Una società conviene in giudizio la Provincia di Roma deducendo di aver locato a quest'ultima un fabbricato per uso scolastico; poiché la conduttrice aveva esercitato il recesso anticipato dal contratto, senza che una tale facoltà fosse prevista convenzionalmente, l'attrice chiede che, previo accertamento dell'illegittimità di tale atto di recesso, la convenuta sia condannata al pagamento dei canoni maturati fino alla scadenza naturale della locazione, ovvero sino alla data di consegna dell'immobile al sequestratario nominato dal Tribunale.

Il Tribunale accoglie parzialmente la domanda: reputa illegittimo il recesso della Provincia e condanna quest'ultima al versamento dei canoni maturati fino alla data in cui l'immobile era rientrato nella disponibilità della locatrice.

La pronuncia viene poi riformata dalla Corte di appello: il giudice distrettuale ritiene che il recesso esercitato dalla Provincia di Roma sia legittimo: e ciò avendo riguardo a una interpretazione del contratto secondo buona fede.

La questione

Con il ricorso per cassazione la società locatrice censura, da diverse angolazioni, l'affermazione della legittimità del recesso. Contesta, tra l'altro, che tra le parti fosse stata convenuta contrattualmente la facoltà, da parte del conduttore, di sciogliersi dal vincolo prima della scadenza del termine finale (giusta l'art. 27, comma 7, l. n. 392/1978).

A fronte della contestata previsione contrattuale della facoltà di recesso si pone, però, il dato - valorizzato dalla Corte d'Appello - per cui il perdurare del contratto di locazione risultava «implicitamente condizionato alla mancata ultimazione della costruzione del nuovo edificio». Si ricava, infatti, dalla sentenza annotata, che la Corte territoriale aveva ritenuto dirimente una precedente delibera della giunta provinciale, costituente parte integrante del negozio concluso, nella quale si specificava che il contratto di locazione era stato convenuto per il tempo necessario alla realizzazione di un nuovo edificio destinato ad ospitare i due istituti tecnici temporaneamente insediati nell'immobile oggetto di causa.

La questione che la Suprema Corte è chiamata a risolvere attiene, dunque, al rilievo che sia possibile attribuire al suddetto implicito condizionamento del completamento dell'opera di costruzione sulle sorti del contratto di locazione in essere.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di legittimità reputa infondato il ricorso facendo applicazione della giurisprudenza da essa elaborata in tema di presupposizione. Rileva, in particolare, che in materia contrattuale, é configurabile la fattispecie della c.d. presupposizione (o condizione inespressa) allorquando dal contenuto del contratto si evinca l'esistenza di una situazione di fatto, considerata, ma non espressamente enunciata dalle parti in sede di stipulazione del medesimo, quale presupposto imprescindibile della volontà negoziale, il cui successivo verificarsi o venir meno dipenda da circostanze non imputabili alle parti stesse; situazione il cui accertamento, esaurendosi sul piano propriamente interpretativo del contratto, costituisce una valutazione di fatto, riservata, come tale, al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici o giuridici. Orbene - rileva il giudice di legittimità - nel caso di specie l'evento certo era individuato appunto dalla conclusione della costruzione della scuola destinata ad accogliere gli istituti utilizzatori del bene della locatrice.

Si tratta di una soluzione che si colloca sul tracciato segnato da una giurisprudenza consolidata (in senso del tutto conforme: Cass. civ., sez. II, 18 settembre 2009, n. 20245, infatti citata nella pronuncia che si annota; si vedano, inoltre, in tema: Cass. civ., sez. III, 24 marzo 2006, n. 6631; Cass. civ., sez. I,11 marzo 2006, n. 5390; Cass. civ., sez. II, 23 settembre 2004, n. 19144; sull'onere di allegare, nel contraddittorio processuale con l'avversario, la situazione di fatto considerata, ma non espressamente enunciata in sede di stipulazione del contratto, che sia successivamente mutata per il sopravvenire di circostanze non imputabili alla parte stessa: Cass. civ., sez. I, 23 ottobre 2014, n. 22580; sul fatto che, ai fini della presupposizione, occorre che l'evento sia stato assunto come certo nella rappresentazione delle parti, non richiedendosi la certezza oggettiva dell'evento medesimo, né l'imprevedibilità della sopravvenuta circostanza impeditiva: Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2013, n. 15025).

Osservazioni

La lettura della sentenza non consente di comprendere con chiarezza la precisa ratio decidendi della pronuncia adottata dalla Corte d'Appello: dal testo di Cass. n. 20620/2016 si ricava, infatti, che il giudice del gravame aveva reputato legittimo l'esercizio del recesso, «trattandosi di contratto a tempo determinato come previsto dalle parti ed interpretato secondo buona fede»; allo stesso tempo, spiega la Cassazione che la Corte di merito aveva individuato una condizione implicita dell'avvenuta stipula nella mancata ultimazione dell'edificio.

In realtà, l'esistenza di una clausola di recesso, nella specie dedotta attraverso il canone interpretativo della buona fede (art. 1367 c.c.), giustificherebbe, da sola, la cessazione degli effetti del vincolo. Diversa causa di estinzione del rapporto contrattuale è costituita dalla presupposizione, la quale ricorre allorquando dal contenuto del contratto risulti che le parti abbiano inteso concluderlo subordinatamente all'esistenza di una data situazione di fatto che assurga a presupposto della volontà negoziale: situazione la cui sopravvenuta mancanza provoca la caducazione del contratto, ancorché a tale situazione comune ad entrambi i contraenti non si sia stato fatto, nell'accordo intercorso, espresso riferimento.

E' da dirsi, comunque, per quanto qui interessa, che la Corte di legittimità ha attribuito autonomo rilievo all'accertamento, compiuto dal giudice di seconda istanza, relativo alla presupposizione. E' infatti da segnalare che la locazione, quale rapporto di durata, può venir meno, con effetto ex nunc, non solo per la scadenza del termine (in presenza o meno di disdetta, a seconda della specifica tipologia del rapporto: v. art. 1596 c.c.) o per l'esercizio del recesso previsto dalla disciplina codicistica in tema di locazioni o da quella speciale in materia di locazioni urbane (artt. 4 e 27, commi 7 e 8, l. n. 392/1978; art. 3, comma 6, l. n. 431/1998), ma anche per il verificarsi di fattispecie proprie del diritto comune.

L'applicabilità dell'istituto della presupposizione al contratto di locazione non costituisce una novità sul piano della pratica giurisprudenziale: possono citarsi, in tema: Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2009, n. 25401, in ipotesi in cui la locazione doveva considerarsi conclusa sulla base della presupposizione che ad essa sarebbe seguita la stipula del contratto di vendita; Cass. civ., sez. III, 20 novembre 1995, n. 12017, in un caso in cui era stato concordato un canone di favore in cambio dell'impegno del conduttore di mantenere prezzi inferiori a quelli di mercato a favore dei dipendenti della locatrice, con la facoltà di questa di riportare il canone ai livelli correnti in caso di inosservanza di questo impegno; Cass. civ., sez. III, 22 settembre 1981, n. 5168, sulla presupposizione della concessione al conduttore della licenza di commercio; Cass. civ., sez. III, 3 ottobre 1972, n. 2828, in un caso in cui si era chiesta l'esecuzione di un contratto di locazione di un immobile, stipulato nel 1959, e del quale, nel presupposto comune dell'imminente cessazione del regime vincolistico delle locazioni, si era fissato l'inizio dal giorno in cui l'immobile stesso sarebbe stato lasciato libero dal precedente conduttore.

Come si diceva, la presupposizione determina la cessazione del contratto di locazione, non il venir meno di esso con effetto retroattivo. In altri termini, lo scioglimento del vincolo, in presenza di un tipico contratto di durata, non può spiegare effetto rispetto alle prestazioni già eseguite: in conseguenza, se il venir meno della presupposizione in corso di contratto legittima la risoluzione dello stesso, il conduttore non potrà comunque pretendere la restituzione dei canoni corrisposti prima del venir meno della circostanza presupposta (Cass. civ. sez. III, 22 settembre 1981, n. 5168).

Guida all'approfondimento

Bessone - D'Angelo, Presupposizione, in Enc. diritto, Milano, 1986;

Coppi, Presupposizione ed errore sui motivi negli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza, in Giust. civ., 1998, fasc. 1, 3;

Degli Innocenti, Teoria della presupposizione e rimedi contrattuali alla luce di nuovi orientamenti ermeneutici,in Giust. civ., 2009, fasc. 2, 79;

Innelli, La presupposizione come motivo comune alle parti, in Giust. civ., 2006, fasc. 11, 481;

Mezzanotte, L'istituto della “presupposizione” tra teoria ed applicazione pratica, in Giur. merito, 2008, fasc.9, 2207;

Pietrobon, Presupposizione (dir. civ.), in Encicl. Giur. Treccani, Milano, 1991;

Segreto, La presupposizione nella dottrina e nella giurisprudenza, in Giust. civ., 1996, fasc. 2, 57;

Serio, Presupposizione, in Digesto (discipline privatistiche), Torino, 1996.

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