Vincoli e divieti contenuti nel regolamento predisposto dal costruttore
30 Agosto 2017
Massima
È legittimo il divieto di predisporre e installare fioriere mobili, anche se contenuto in un regolamento di natura contrattuale redatto successivamente alla vendita dell'immobile, rientrando la previsione di tale divieto nella materia affidata al regolamento in virtù di clausola contenuta nell'atto di compravendita in forza della quale il regolamento redigendo dal costruttore avrebbe potuto prevedere «limitazioni imposte alle destinazioni delle porzioni immobiliari delle proprietà». Il caso
In primo grado, gli attori chiedevano la condanna del vicino confinante alla rimozione di un vaso di fiori sistemato sul parapetto del suo terrazzo in violazione del regolamento di condominio, con l'effetto di occludere all'attore la vista mare. Il convenuto eccepiva, da un lato, l'inesistenza di alcuna servitù reciproca di veduta perché i terrazzi dei due appartamenti non erano realizzati a livello e, dall'altro, la natura non contrattuale del regolamento in quanto predisposto in epoca successiva all'acquisto dell'unità immobiliare da parte sua. Il Tribunale di Tempio Pausania accoglieva la domanda attorea e condannava il convenuto a rimuovere la fioriera. La Corte d'Appello di Cagliari, pronunciandosi sull'appello proposto dal convenuto avverso la sentenza di condanna, accoglieva parzialmente le doglianze dell'appellante, affermandolo proprietario esclusivo del muretto di delimitazione del terrazzo del suo immobile. Tuttavia, affermava anche che l'art. 4 del Regolamento contente il divieto di collocare fioriere era opponibile al convenuto perché tale regolamento era stato predisposto dall'originario costruttore su suo specifico incarico affidatogli con il contratto di acquisto. La natura convenzionale del regolamento è stata ritenuta, infatti, indubbia perché l'appellante non solo aveva assunto un generico impegno a rispettare l'emanando regolamento ma perché aveva anche dato specifico incarico al costruttore di redigerne uno in nome e per conto proprio.
La questione
L'appellante proponeva ricorso in Cassazione lamentando col primo motivo di ricorso la violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. essendo stata data secondo il ricorrente dalla Corte d'appello un'interpretazione letterale errata alla clausola di cui all'art. 9 del contratto di acquisto circa il preteso mandato di predisporre il regolamento. Con secondo motivo - più interessante ai nostri fini - veniva lamentata la falsa applicazione dell'art. 1138 c.c. sui principi di diritto circa i criteri di formazione del regolamento contrattuale e sull'omessa motivazione circa il contenuto del mandato conferito al costruttore in relazione alla redazione e trascrizione del regolamento. Le soluzioni giuridiche
Il primo motivo è stato dalla Suprema Corte respinto. Sul secondo motivo la Cassazione obietta ricordando che - come affermato dalla Corte distrettuale - il ricorrente aveva dato specifico incarico al costruttore di predisporre il regolamento in nome e per suo conto e che ai sensi dell'art. 1388 c.c. gli effetti del contratto concluso dal rappresentante si perfezionano direttamente in capo al rappresentato. Inoltre secondo la Corte, il divieto di predisporre fioriere mobili, rientrava nella materia affidata al Regolamento che sarebbe stato predisposto in virtù della clausola n. 9) laddove era previsto che lo stesso avrebbe potuto prevedere «limitazioni imposte alle destinazioni delle porzioni immobiliari delle proprietà», come poi effettivamente si è verificato. La sentenza in esame appare in contrasto con la giurisprudenza formatasi sull'argomento e varie sono le critiche che possono essere avanzate contro le conclusioni cui la medesima sentenza perviene. In passato con la pronuncia n. 856/2000 la corte di Cassazione aveva statuito che il mero incarico al venditore costruttore di predisporre il regolamento non può valere come approvazione di un regolamento di cui non si conosce il contenuto perché allo stato inesistente a meno che i condomini non aderiscano ad esso dopo la sua redazione. Più recentemente con la sentenza n. 8606 dell'11 aprile 2014, la Suprema Corte ha affermato che è nulla la clausola contenuta nel contratto di vendita di un immobile con cui il costruttore dell'edificio si riserva il diritto di redigere, in un momento successivo al rogito, il regolamento condominiale. Non avrebbe, infatti, alcuna efficacia tale regolamento redatto dal costruttore, dopo la vendita dell'appartamento. Sul punto, nella medesima sentenza, la Corte di Cassazione ricorda l'orientamento fino a quel momento costante secondo il quale il regolamento di condominio, predisposto dall'originario unico proprietario dell'edificio, è vincolante, purché richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto sì da far parte per relationem del loro contenuto, solo per coloro che successivamente acquistino le singole unità immobiliari, ma non per coloro che abbiano acquistato le unità immobiliari prima della predisposizione del regolamento stesso, ancorché nell'atto di acquisto sia posto a loro carico l'obbligo di rispettare il regolamento da «redigersi» in futuro, mancando uno schema definito, suscettibile di essere compreso per comune volontà delle parti nell'oggetto di negozio (Cass. n. 3104/2005; Cass. n. 856/2000; Cass n. 8486/1999). In questa ultima ipotesi, il regolamento può vincolare l'acquirente solo se, successivamente alla sua redazione, quest'ultimo vi presti adesione. Inoltre, viene ritenuta corretta la decisione del primo Giudice che aveva dichiarato nullo per indeterminatezza il mandato conferito all'atto della prima stipula, e reiterato in occasione di quelle successive mediante il quale era stato affidato al costruttore l'incarico volto alla redazione del regolamento condominiale, posto che la scelta sul contenuto di quest'ultimo era riservata, senza alcun criterio predeterminato, al venditore-mandatario. La clausola con la quale si rimetteva al venditore il compito di formare il regolamento condominiale futuro senza indicare alcun criterio in merito, contrastava con la norma dell'art. 1346 c.c. che prevede che l'oggetto del contratto (nel caso di specie, contratto di mandato) debba essere oltre che possibile e lecito anche determinato o determinabile. Nello stesso senso, la pronuncia della Corte di Cassazione n. 19346/2014 affermava il principio che solo il richiamo concreto nel singolo atto di acquisto ad un regolamento esistente consente di considerare quest'ultimo come parte integrante dell'atto. La pronuncia oggi oggetto di commento si pone in netto contrasto con la pregressa giurisprudenza perché afferma in buona sostanza l'ammissibilità di una sorta di delega in bianco al costruttore da parte del compratore per la redazione del regolamento e l'applicabilità delle clausole in esso contenute seppur ancora inesistente al momento della stipula dell'atto di compravendita e predisposto, solo successivamente, in esecuzione del mandato conferito. Il ragionamento della Cassazione si fonda da innanzitutto sul rilievo che nel caso di specie l'acquirente avrebbe dato specifico incarico di predisporre il regolamento in nome e per conto proprio. Secondo la Corte, tale circostanza sarebbe sufficiente a far superare l'obiezione della mancanza del regolamento al momento dell'acquisto dell'unità immobiliare, posto che, ai sensi dell'art 1388 c.c., gli effetti del contratto concluso dal rappresentante si perfezionano direttamente nei confronti del rappresentato. Inoltre, a detta della Corte le materie che il regolamento avrebbe dovuto disciplinare sarebbero state individuate al momento del conferimento dell'incarico al costruttore.
Le osservazioni
Tali affermazioni non convincono. Non si comprende infatti in cosa risiedano nella fattispecie che ci occupa le sostanziali differenze rispetto alle situazioni prese in esame delle precedenti pronunce tali da giustificare un così rilevante revirement che - va osservato - non è destinato ad esplicare i suoi effetti solo tra le parti del rapporto iniziale, ma su tutti i successivi e futuri aventi causa In particolare, non è dato evincere né dalla ricostruzione dei fatti processuali contenuta nella pronuncia né dal ragionamento logico della Corte in cosa consista in concreto la differenza tra un obbligo di accettare il regolamento predisposto dal costruttore, (che comporta evidentemente anche la previsione di un incarico a redigerlo) e un mandato del compratore a redigerlo in nome e per conto proprio, posto che entrambe le fattispecie presuppongono comunque la non conoscenza da parte dell'acquirente del suo contenuto finale. E anzi, le due situazioni appaiano del tutto identiche ed assimilabili, non facendo venire meno le ragioni e i motivi che erano sottesi al pregresso orientamento della Cassazione ispirato a una maggiore garanzia della parte debole del rapporto Ancora più incomprensibile appare il ragionamento della Corte laddove ha ritenuto che il divieto di apporre fioriere mobili rientrasse nella materia affidata al predisponendo regolamento sul presupposto che «il contratto alla clausola numero nove specificava che il regolamento condominiale avrebbe potuto prevedere limitazioni imposte alle destinazioni delle porzioni immobiliari di proprietà». Appare di tutta evidenza infatti che una cosa è il divieto di apporre fioriere su parti comuni o anche di proprietà esclusiva altra cosa è il divieto di limitare le destinazioni d'uso degli appartamenti. La tesi della avvenuta delimitazione e predeterminazione pattizia delle materie sulle quali il regolamento avrebbe potuto e dovuto intervenire non sembra quindi possa ritenersi fondato sui documenti e sui fatti di causa, né pare possa costituire un efficace sostegno alle motivazioni della pronuncia. |