Condominio minimo, senza unanimità occorre la decisione del giudice
13 Ottobre 2017
Massima
È rilevabile d'ufficio la nullità o addirittura l'inesistenza della delibera posta a fondamento di un decreto ingiuntivo e adottata con il solo voto dell'unico dei due condomini del condominio minimo presente in assemblea perché, vertendosi appunto in ipotesi di condominio minimo, occorreva necessariamente l'unanimità della decisione, mentre nel caso di specie la delibera era stata adottata da uno solo dei partecipanti stante l'assenza dell'altro. Il caso
Sulla scorta di una delibera adottata dall'assemblea di un Condominio minimo nell'assenza di uno dei due condomini e, quindi, con il solo voto del condomino presente, quest'ultimo chiedeva ed otteneva dal Giudice di Pace di Sanremo l'emissione di decreto ingiuntivo nei confronti dell'altro per il pagamento di spese condominiali. Il condomino assente proponeva opposizione alla predetta ingiunzione di pagamento lamentando di non aver concorso nella formazione della volontà assembleare, necessaria anche nelle ipotesi di Condominio minimo. Il Giudice di Pace respingeva l'opposizione proposta da quest'ultimo avverso il decreto. Successivamente, il Tribunale di Sanremo accoglieva l'appello proposto contro la sentenza del Giudice di Pace, revocando il decreto ingiuntivo opposto e dichiarando l'appellato tenuto a restituire all'appellante la somma corrisposta in forza del decreto stesso. Contro la sentenza del Tribunale di Sanremo l'appellato proponeva ricorso avanti alla Corte di Cassazione la quale, con la sentenza in commento, rigettava il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese e dichiarando altresì la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato in forza dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r.n.115/2002. Secondo il ricorrente, il Tribunale di Sanremo aveva errato nel ritenere la delibera de qua nulla o, addirittura, inesistente atteso che l'unanimità richiesta ai fini della validità delle delibere del condominio minimo, a suo dire, doveva ritenersi validamente formata non solo nel caso di concordanza di opinioni espresse dai due partecipanti, ma anche nell'ipotesi, in concreto verificatasi nella fattispecie che ci occupa, di decisione assunta dall'unico condomino comparso all'assemblea regolarmente convocata. Secondo la tesi del ricorrente, non condivisa dalla Corte, nel condominio minimo l'assemblea dovrebbe ritenersi validamente costituita anche nel caso in cui compaia uno solo dei partecipanti; in tal caso la delibera dovrebbe ritenersi adottata all'unanimità degli intervenuti e nel rispetto del quorum richiesto dall'art 1136 c.c. Il ricorrente osservava inoltre, in subordine, che si sarebbe trattato al più di delibera annullabile perchè affetta da vizio attinente alla regolare costituzione dell'assemblea o adottata con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento con la conseguenza che sarebbe stata necessaria una tempestiva impugnazione della delibera nei termini di legge, nella fattispecie non proposta. La questione
La principale problematica affrontata e risolta dalla giurisprudenza di legittimità riguarda, sostanzialmente, l'applicabilità della disciplina del condominio negli edifici alle ipotesi di condominio minimo, con particolare riferimento al quorum richiesto per la valida costituzione dell'assemblea, nonché al sistema di maggioranze previsto perché le delibere siano considerate valide ed efficaci. Le soluzioni giuridiche
Con la pronuncia n. 5329/2017 in commento, la Corte di Cassazione ha confermato il già espresso orientamento secondo il quale, anche nelle ipotesi di condominio c.d. minimo, ossia formato da due soli soggetti titolari del diritto di proprietà sulle parti comuni, debbono ritenersi applicabili le norme sul condominio negli edifici ex art. 1118 ss. c.c., non essendo tale assunto, di fatto, un ostacolo all'utilizzo del principio maggioritario in tema di funzionamento dell'assemblea. Da ciò deriva che debba comunque e necessariamente formarsi una maggioranza la quale, nelle ipotesi di condominio minimo, di fatto si estrinseca nell'unanimità della decisione. E' stato inoltre precisato, in ossequio a quanto sopra esposto, che nel caso in cui l'assemblea non si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e non deliberi all'unanimità, intesa come frutto della partecipazione dei comproprietari alla discussione, debba ritenersi logicamente inconcepibile che la decisione presa da uno solo degli stessi possa ritenersi presa all'unanimità. La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha inoltre confermato l'applicabilità dell'art. 1105 c.c., in tema di comunione ordinaria, alle sopra esposte ipotesi lasciando, di fatto, al giudice di merito la scelta sulle decisioni assembleari, con la possibilità per quest'ultimo, nel caso lo ritenesse opportuno, di nominare un amministratore. Osservazioni
La decisione in commento è ineccepibile oltreché conforme alla prevalente giurisprudenza formatasi sul punto. In tal senso, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si erano già espresse sulla disciplina applicabile al c.d. condominio minimo, statuendo la necessaria applicazione, ove possibile, delle norme in tema di condominio negli edifici piuttosto che le più generali regole della comunione ex art. 1100 ss. c.c. (Cass. civ., sez. un., 31 gennaio 2006, n. 2046) E' bene precisare come la locuzione «ove possibile» sia espressione di alcuni necessari «adattamenti» per la particolare compagine condominiale in esame, denominata dalla dottrina «condominio minimo». Infatti, al condominio composto da due soli partecipanti non è possibile applicare efficacemente la disciplina dettata dall'art.1136 c.c. la quale richiede per la regolare costituzione dell'assemblea e per la validità delle relative delibere maggioranze qualificate, con riferimento al numero dei partecipanti al condominio e in rapporto al valore dell'edificio condominiale. Tuttavia, in forza della norma di rinvio contenuta nell'art 1139 c.c., le deliberazioni di detto condominio, ivi comprese quelle afferenti la nomina dell'amministratore, sono soggette alla regolamentazione prevista dagli artt. 1104, 1105 e 1106 c.c. in tema di comunione in generale, genus di cui il condominio di edifici costituisce una species (Cass. civ., sez. II, 22 giugno 2005, n. 13371) Da tale principio discende dunque che nel condominio minimo le regole codicistiche del funzionamento dell'assemblea si applicano allorché l'assemblea si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione unanime. Nella diversa ipotesi in cui non si raggiunga l'unanimità e non si deliberi poiché la maggioranza non può formarsi in concreto, diventa necessario ricorrere all'autorità giudiziaria come previsto dal combinato disposto degli artt. 1105 e 1106 c.c. In senso contrario, si evidenzia una non troppo risalente pronuncia della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. II, 14 aprile 2015, n.7457), la quale aveva invece statuito che, nelle ipotesi di condominio minimo, non si applicano le norme sul funzionamento dell'assemblea condominiale, ma quelle relative all'amministrazione dei beni oggetto di comunione.
|