La forma della disdetta e validità dell'invio ad opera del rappresentante del locatore
27 Settembre 2017
Massima
In tema di contratto di locazione ad uso abitativo, l'art. 2, comma 1, della l. n. 431/1998, nel disporre che la disdetta al termine del secondo periodo di durata contrattuale sia effettuata in forma scritta ed inviata a mezzo raccomandata, non ne sanziona l'inosservanza con la nullità, sicché sono ammissibili forme equipollenti purché idonee ad evidenziare all'altra parte la volontà negoziale, derivandone altresì che, ove all'invio della lettera di disdetta provveda una rappresentante della parte, non è necessario il conferimento al medesimo di un mandato in forma scritta. Il caso
Nella fattispecie concreta l'intimazione per finita locazione aveva superato il vaglio del giudizio di primo grado e dell'appello sebbene la disdetta inviata tramite un rappresentante del locatore al quale la procura non era stata conferita in forma scritta. Il conduttore che aveva subìto la dichiarazione di cessazione della locazione in primo grado, già soccombente anche in appello, proponeva gravame in Cassazione. La questione
Poiché l'art. 2, comma 1, della l. n. 431/1998 richiede per la disdetta la forma scritta, sono ammissibili forme equipollenti? Ove all'invio della lettera di disdetta provveda un rappresentante della parte, la procura al medesimo deve essere redatta in forma scritta? Le soluzioni giuridiche
Nella decisione in commento, la Suprema Corte affronta il tema della forma sia della disdetta nelle locazioni abitative sia del mandato conferito al rappresentante del locatore per porla in essere efficacemente. Il ricorrente aveva invocato l'applicabilità del principio di diritto espresso in Cass. civ., sez. lav., 20 giugno 2000,n. 8412 in materia di impugnativa del licenziamento (ex art. 6 l. n.604/1966). In detto precedente, richiamato dal ricorrente in quanto avente anch'esso ad oggetto un atto giuridico unilaterale tra vivi a carattere patrimoniale, la Cassazione aveva ritenuto ammissibile l'impugnativa effettuata da un rappresentante purché investito del relativo potere mediante procura rilasciata in forma scritta ed aveva escluso la retroattività della ratifica della disdetta eseguita dal rappresentante senza poteri. Nella decisione in commento il Supremo Collegio non ritiene necessario esaminare gli effetti e la portata dell'art. 1392 c.c., secondo cui la procura non ha effetto se non è conferita nelle forme prescritte per l'atto che il rappresentante deve concludere, escludendo che per la disdetta le indicazioni formali contenute nella l. n. 431/1998 siano previste a pena di nullità. La Corte ribadisce che l'art. 2, comma 1, della l. n. 431/1998, nel disporre che la disdetta al termine del secondo periodo di durata contrattuale sia effettuata «in forma scritta ed inviata a mezzo raccomandata», prevede un doppio requisito formale, l'uno inerente il modo di manifestazione della volontà di rinuncia , la lettera; l'altro inerente la trasmissione del negozio, la raccomandata. Senonché, il Collegio constata che tale previsione non è assistita da alcuna prescrizione che indichi expressis verbis, o anche indirettamente, che tale forma debba osservarsi a pena di nullità o invalidità del negozio di rinuncia-disdetta, traendone come conseguenza che il negozio non ricade in alcun modo sotto il regime dell'art. 1350, n. 13), c.c., il quale, allorquando esige che il requisito formale scritto sia indicato «specialmente» dalla legge allude a una indicazione espressa dell'obbligatorietà del requisito formale o, comunque, ad una indicazione indiretta ma chiaramente rivelatrice della volontà imperativa della legge (in Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2010, n.14292, la necessaria forma scritta dell'atto da compiere dal rappresentante, la diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., aveva fatto ritenere alla Corte la necessità che anche la procura al rappresentante fosse redatta con le medesime modalità). Poiché il negozio di rinuncia-disdetta, di cui al secondo inciso del comma 1 dell'art. 2, non deve esse compiuto a pena di nullità con una lettera e, quindi in forma scritta, e nemmeno la sua forma di trasmissione deve essere necessariamente quella della raccomandata, appare superfluo, a giudizio della Corte, il richiamo ai principi di cui all'art. 1392 c.c. (e verosimilmente anche ai principi espressi in materia di impugnativa del licenziamento per la quale la forma scritta è, invece, prescritta a pena di nullità dell'atto). Ciò che rende necessario è che l'atto di disdetta venga ricevuto dal destinatario sei mesi prima della scadenza. Pertanto il locatore o il conduttore potrebbero compiere l'atto in forma orale prima dei sei mesi e il suo compimento potrebbe essere oggetto di una confessione extragiudiziale o giudiziale della controparte. In Cass. civ., sez.III, 17 dicembre 2009, n. 26526 è stata ritenuta valida la disdetta contenuta nell'atto di citazione giacché il mandato alle liti conferito al difensore va riferito non soltanto alla rappresentanza processuale, ma anche alla rappresentanza negoziale dell'istante. Addirittura è stata ritenuta valida la disdetta contenuta in un atto processualmente inidoneo allo scopo (Cass. civ., sez. III, 15 aprile 2011, n. 8729). Ben potrà pertanto la disdetta essere contenuta anche nella comparsa di risposta (così in Cass. civ., sez. III, 7 giugno 1983, n. 3896) pur dovendosi tale principio coordinare con la natura recettizia dell'atto. La conclusione obbligata è che anche quanto alla modalità di trasmissione sono ammissibili forme equipollenti - come anche l'invio di una raccomandata semplice qualora il conduttore non abbia tempestivamente negato di averla ricevuta - purché idonee ad evidenziare all'altra parte la volontà negoziale. Quanto alla figura del rappresentante, è pacifico che la disdetta possa provenire anche da un soggetto appositamente incaricato dal locatore, al quale il mandato può essere conferito anche oralmente. Ciò derivando dalla mancata previsione della nullità per la disdetta carente del requisito della forma scritta: infatti, anche il conferimento del potere rappresentativo non la richiede (Cass. civ., sez.III, 9 giugno 2016, n.11808; conforme, Cass. civ.,sez.II, 16 giugno 1998, n. 5981), e ciò anche laddove le parti abbiano previsto che la disdetta abbia la forma scritta, non estendendosi alla procura la forma prevista dalla volontà delle parti (e non in forza di legge). Ove, poi, la disdetta sia intimata da soggetto non munito del potere rappresentativo, è necessaria la successiva ratifica del dominus, ai sensi degli artt. 1324 e 1399 c.c. Detta ratifica, ove la disdetta provenga dal legale, cui sia stata successivamente conferita procura ad agire per il rilascio, è implicita nella procura (Cass. civ., sez.III, 28 ottobre 1998, n. 10760). La giurisprudenza è orientata ad accordare alla ratifica della disdetta effetto retroattivo (da ultimo, v. Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2016, n.11808), non considerando il conduttore, destinatario della comunicazione, alla stregua di un terzo (così in Cass. civ., sez.III, 16 marzo 2005, n. 5695, e Cass. civ., sez. III, 8 febbraio 2005, n. 2510). E' stato infatti rilevato che escludere la retroattività della ratifica ex art.1339 c.c. , qualora al momento della ratifica stessa sia già trascorso il termine perentorio o di decadenza previsto (eventualmente) per il compimento dell'atto da ratificare, significherebbe, in sostanza escludere in tali casi la ragione stessa della ratifica dell'atto posto in essere dal falsus procurator, dal momento che, se dovesse comunque rispettare i predetti termini, l'avente diritto non avrebbe necessità né utilità di ricorrere alla ratifica essendo ancora nei termini per compiere direttamente egli l'atto . Peraltro, poiché la ratifica rende efficace la disdetta con effetto ex tunc, la rende tempestiva ancorché sia intervenuta dopo la scadenza del termine per l'intimazione della disdetta medesima. Tanto più che l'ultimo comma dell'art. 1339 c.c. dispone che «la facoltà di ratifica si trasmette agli eredi». Osservazioni
La decisione adottata risulta conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità, la quale ha costantemente affermato, con riferimento alla disdetta, il principio della libertà delle forme. In tale contesto, è stato significativamente evidenziato che la comunicazione della disdetta a mezzo lettera raccomandata, prevista dall'art. 3 della l. n. 392/1978, peraltro abrogato dall'art. 14 della l. n. 431/1998, non è forma prescritta a pena di nullità. Non può negarsi, tuttavia, che la soluzione cui giunge la Cassazione sembra in contrasto con il principio generale di simmetria delle forme dei negozi di secondo grado, secondo il quale, nei contratti formali, le cause modificative o estintive del rapporto vanno espresse nella forma necessaria per il contratto al quale si riferiscono. La conseguenza del principio generale comporterebbe che la dichiarazione di disdetta dovrebbe comunque rivestire la stessa forma scritta richiesta per la stipulazione del contratto di locazione abitativa e potrebbe perciò essere efficacemente comunicata solo da un mandatario munito di procura conferita per iscritto. Va, inoltre, sottolineata una discrasia che potrebbe costituire argomento per sostenere la tesi più rigorosa. L'art. 3 della l.n. 431/1998 - nell'occuparsi della disdetta motivata del locatore alla prima scadenza - non prevede neppure la trasmissione a mezzo di raccomandata. Se ne potrebbe dedurre che, se l'art. 2, comma 1, fa, invece, riferimento alla forma della raccomandata per la disdetta dalla seconda scadenza in poi, è per ragioni volte ad assicurare la conoscenza del destinatario e la certezza della tempestiva comunicazione, pur sempre ammettendosi l'uso di strumenti di uguale efficacia, come il telegramma, la posta elettronica certificata, o la raccomandata a mano. Peraltro, la prescrizione normativa della forma della raccomandata per la comunicazione della disdetta non potrà non incidere pure sulla forma della dichiarazione (che non potrà non essere scritta dovendo essere contenuta in una raccomandata). La mancanza di una esplicita sanzione di nullità sembra, tuttavia, risolvere la problematica in favore della conclusione cui è giunta la Suprema Corte per ritenere la validità delle disdette che non assolvano alle prescrizioni legali di forma. De Tilla, La ratifica della disdetta, in Arch. loc. e cond., 2005, fasc. 4, 431; Di Marzio - Falabella, La locazione, Torino, 2011; De Tilla, La forma della disdetta, in Riv. giur. edil., 2006, I, 364; Carrato - Scarpa, Le locazioni nella pratica del contratto e del processo, Milano, 2016; Cuffaro (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Trattato Rescigno, Torino, 2008; De Tilla, Sulla libertà della forma della disdetta, in Arch. loc. e cond., 1998, fasc. 4, 526. |