Impugnativa della delibera assembleare e giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c.
24 Agosto 2017
Massima
La produzione delle delibere assembleari condominiali a corredo di una domanda monitoria avverso un condomino non è idonea a soddisfare l'onere di comunicazione agli assenti ex art. 1137 c.c., né comporta il sorgere della presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., che postula il recapito all'indirizzo del condomino del verbale contenente le decisioni dell'assemblea, né, comunque, obbliga quest'ultimo ad attivarsi per acquisire e conoscere il testo delle deliberazioni stesse, la cui conoscibilità, pertanto, non è ancorata alla data di notificazione del decreto ingiuntivo. Il caso
Nel caso concreto, un condomino, già destinatario di decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto da un condominio ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c. ha proposto, in autonomo giudizio, impugnativa delle delibere assembleari sulla cui scorta il titolo monitorio era stato emesso, lamentandone l'invalidità conseguente - tra le altre ragioni - alla mancata sua convocazione alle relative sedute assembleari. La ragione di difesa opposta dal condominio convenuto e incentrata sulla tardività dell'impugnativa, perché proposta oltre il termine decadenziale ex art. 1137 c.c. e che era fatto decorrere «al più dalla data di notifica del decreto ingiuntivo», era condivisa dalla Corte d'appello che, alla sua stregua, riformava la sentenza di primo grado con la quale, invece, il gravame era stato accolto. La questione
La tematica affrontata dalla pronuncia in esame si incentra sull'individuazione dei presupposti la cui ricorrenza consenta di poter ritenere conosciuta ovvero conoscibile, da parte del condomino assente alla relativa seduta, la deliberazione assembleare ai fini della decorrenza del termine decadenziale per la legittima proposizione del relativo giudiziale gravame. L'art. 1337, comma 2, c.c. stabilisce che le delibere assembleari possono essere oggetto di impugnativa giudiziale nel termine - che già l'originaria formulazione della norma definiva decadenziale, la novella di cui alla l. 11 dicembre 2012 n. 220 ha ulteriormente qualificato in modo espresso come perentorio- di trenta giorni che, per il condomino che non era presente all'assise deliberante, muove dalla «data della comunicazione». Da qui l'evidente necessità di stabilire in quali casi il deliberato può ritenersi conosciuto del condomino che ne promuove l'impugnazione. Le soluzioni giuridiche
Il giudice di legittimità, nel risolvere il caso prospettatogli, ha ritenuto che, quanto al condomino assente alla seduta assembleare, la conoscenza della delibera assunta in seno alla stessa postulasse il rispetto di quanto prescritto dall'art. 1335 c.c. in tema di atti negoziali diretti ad un determinato destinatario e, quindi, la deduzione e prova, gravante sul condominio, di aver tempestivamente inviato, all'indirizzo del condomino interessato, il verbale deliberativo in cui difetto non avrebbe potuto riscontrarsi la presunzione di legale conoscenza stabilita dal richiamato disposto. La soluzione patrocinata dalla Corte nomofilattica valorizza nella sua massima portata applicativa la previsione dell'art. 1335 c.c. che, con riferimento agli atti negoziali ricettizi, ritiene gli stessi conosciuti laddove pervenuti all'indirizzo del destinatario sul quale verrebbe, quindi, a gravare la prova di eventuale loro incolpevole ignoranza. Qualora, pertanto, il condominio non deduca e provi di aver rispettato tali forme partecipative deve, in conseguenza, escludersi che il condomino possa ritenersi a conoscenza dell'esistenza e contenuto della delibera. Da qui l'inidoneità di situazioni equipollenti in presenza delle quali pure potrebbe predicarsi conosciuta, o conoscibile, dal condomino interessato, esistenza e contenuto del deliberato, come nel caso in cui esso sia stato posto a fondamento probatorio scritto di decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dal condominio per la riscossione di contributi condominiali ai sensi degli artt. 633 c.p.c. e 63 disp. att. c.c.
Osservazioni
L'affermazione del giudice di legittimità muove da un chiaro e palese intento garantista nei confronti del singolo condomino se solo si considera che la delibera assembleare ha valenza precettiva per tutti i componenti la collettività condominiale e che tale efficacia può essere definitivamente elisa solamente dal vittorioso esperimento del relativo gravame giudiziale, deponendo in tal senso la disciplina tipica dettata dall'art. 1137 c.c. La differente modulazione delle possibilità di impugnativa in punto, in particolare, di esatta determinazione dei presupposti la cui ricorrenza consente di far decorrere il relativo termine decadenziale viene, quindi, a restringere ovvero ad ampliare, in concreto, l'esercizio della relativa facoltà. Deve, per altro verso, osservarsi che proprio la previsione di predefiniti termini decadenziali è funzionale a contemperare le esigenze giustiziali individuali con le ragioni di definitivo assetto delle relazioni giuridiche endocondominiali. Laddove, pertanto, il termine per la proposizione dell'impugnazione della delibera assembleare risulti dilatato nel tempo rispetto al momento della sua adozione, tale forbice viene a divaricarsi in favore della posizione individuale e con possibile detrimento della certezza dei rapporti gestori interni. D'altro canto, è evidente e indubbio che il diritto all'impugnativa non possa prescindere dalla conoscenza, effettiva o comunque legalmente presunta, in capo a chi proponga il gravame, dell'esistenza e contenuto della decisione assembleare che intende contestare. Tale conoscenza, secondo quanto ritenuto dal giudice nomofilattico, può riscontrarsi, quanto al condomino assente, nel solo caso in cui siano state rispettate le forme stabilite dall'art. 1335 c.c. per l'operatività della presunzione in esso stabilita, ossia che il deliberato sia stato fatto pervenire «all'indirizzo del destinatario». Ciò in quanto si sostiene che, diversamente opinando, verrebbe affermata l'esistenza, in capo al condomino, di un onere di «diligenza nel seguire l'andamento della gestione comune e nel documentarsi su di essa» e verrebbe, inoltre, ingiustificatamente ampliata la sua «autoresponsabilità» sino a ritenerlo tenuto all'acquisizione del deliberato laddove prodotto nell'ambito della procedura ingiuntiva promossa ai sensi dell'art. 63 disp att. c.c. Simile impostazione appare, tuttavia, eccessivamente rigorosa quanto sia ai presupposti e alle conseguenze che se ne traggono. Se, infatti, si considera che l'art. 1137, comma 2, c.c., quanto al condomino assente alla seduta assembleare, fa decorrere il termine per impugnare dalla «comunicazione della deliberazione», ciò allude all'ovvia necessità che il condomino sia messo in grado di poter avere notizia dell'intervenuta adozione di una decisione relativa alla gestione della cosa comune e che interessa anche la propria sfera giuridico-patrimoniale. La «comunicazione» cui l'art. 1137, comma 2, c.c. fa riferimento prescinde, poi, dall'effettivo materiale conseguimento, da parte del condomino assente, del verbale deliberativo, posto che la mera possibilità di apprenderne esistenza e contenuto, nel rispetto di specifici presupposti oggetto di dettaglio normativo, consente di riscontrarne la conoscibilità ovvero la presunzione di conoscenza idonea, comunque, a far decorrere il termine decadenziale di impugnativa. Qualora, pertanto, al condomino assente venga comunque consentito, ricorrendo condizioni disciplinate in via legislativa e/o regolamentare, di avere contezza delle decisioni gestorie assunte dall'assemblea e la cui ignoranza consegua a relativo disinteresse, non appare riscontrabile vulnus alcuno alle prerogative proprietarie del partecipe alla comunione edilizia condominiale. Con specifico riferimento al caso del deliberato assembleare approvativo di bilancio e del pertinente piano di riparto alla cui stregua il condominio abbia chiesto ed ottenuto, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., ingiunzione giudiziale di pagamento provvisoriamente esecutiva, il sistema normativo deve ritenersi sufficientemente strutturato di modo da comunque permettere, al destinatario della pronuncia monitoria, di avere piena ed integrale conoscenza degli atti sulla base dei quali il titolo è stato emesso e, quindi, di proporre le relative azioni a propria tutela. Prevedendo, il comma 3 dell'art. 638 c.p.c., la necessaria permanenza, presso la cancelleria, sino alla scadenza del termine per la proposizione dell'opposizione ex art. 645 c.p.c., di tutti gli atti che sono stati depositati unitamente al ricorso per ingiunzione, ciò consente, all'ingiunto, di avere cognizione anche delle delibere fondanti la pretesa creditoria azionata in via ingiuntiva, di accertarne eventuali vizi e, quindi, di promuovere relativi gravami. Né, poi, così ritenendo, la posizione del condomino assente verrebbe ingiustamente gravata da oneri di attivazione eccedenti una non meglio definita soglia di esigibilità, atteso che già la notifica del titolo monitorio presuppone, per la predisposizione della relativa opposizione, di dover avere contezza della relativa prova scritta ex art. 634 c.p.c. e, comunque, del complesso documentale che ha condotto alla sua adozione. Va, al riguardo, evidenziato che lo stesso giudice di legittimità ha puntualizzato come si configuri, in capo all'apparato gestorio condominiale, l'onere di comunicare, al condomino assente, il verbale deliberativo «affinché, in mancanza di una conoscenza acquisita aliunde, scatti il termine di decadenza stabilito dall'art. 1137 c.c.» (così Cass. civ., sez. II, 28 dicembre 2011, n. 29386). Il che, vale a dire, qualora le concrete circostanze consentano di ritenere conosciuta o conoscibile dal condomino la delibera assembleare, deve ritenersi possibile la decorrenza del termine per impugnare anche in mancanza di formale sua comunicazione all'indirizzo dell'assente. Ciò può riscontrarsi proprio con riferimento a deliberati sulla base dei quali sia stata emessa ingiunzione giudiziale ex art. 633 c.p.c., la notifica della quale deve, quindi, reputarsi idonea a consentire, al destinatario, di avere conoscenza della relativa loro esistenza e di poter, quindi, orientare la propria condotta a tutela di proprie prerogative ritenute lese, tenuto conto del riportato sistema di disciplina la cui finalità è proprio consentire l'accesso e cognizione di tutti gli atti della procedura monitoria.
Giordano, Note in tema di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in Giust. civ., 2013, I, 489.
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