Verifica temporale per l'omesso versamento delle ritenute previdenziali: la Cassazione supera le indicazioni del MinLav

06 Novembre 2017

Con la pronuncia in esame, disattendendo le indicazioni precedentemente fornite dal Ministero del Lavoro con la Nota n. 9099 del 03 maggio 2016 quanto alla modalità di determinazione della soglia di punibilità per il mancato versamento delle trattenute previdenziali, la Corte di Cassazione ha confermato il proprio orientamento, già espresso con la sentenza n. 22140/2017, secondo il quale, per determinare la soglia dei 10.000,00 Euro che rendono punibile il mancato versamento de quo nel periodo annuale di riferimento, occorre adottare il principio di competenza e non quello di cassa.
Massima

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali ex art. 2, co. 1-bis, del D.L. n. 463/1983, convertito con modificazioni in L. n. 638/1983, ai fini della verifica circa il superamento o meno della soglia di rilevanza penale, fissata in Euro 10.000 per ciascun anno, deve tenersi conto, nel computo di tale importo, anche della eventuale omissione relativa al mese di dicembre, a nulla rilevando che, con riguardo a tale mese, il termine per la effettuazione del versamento scada nel corso del mese di gennaio dell'anno successivo. La verifica in parola va infatti effettuata secondo il criterio della competenza contributiva, cioè facendo riferimento al periodo intercorrente dalla scadenza del primo versamento dell'anno contributivo dovuto relativo al mese di gennaio (16 febbraio) sino alla scadenza dell'ultimo, relativo al mese di dicembre (16 gennaio dell'anno successivo).

Premessa

Con la pronuncia in esame, disattendendo le indicazioni precedentemente fornite dal Ministero del Lavoro con la Nota n. 9099 del 03 maggio 2016 quanto alla modalità di determinazione della soglia di punibilità per il mancato versamento delle trattenute previdenziali, la Corte di Cassazione ha confermato il proprio orientamento, già espresso con la sentenza n. 22140/2017, secondo il quale, per determinare la soglia dei 10.000,00 Euro che rendono punibile il mancato versamento de quo nel periodo annuale di riferimento, occorre adottare il principio di competenza e non quello di cassa. A rilevare è quindi il momento in cui le obbligazioni rimaste inadempiute sono sorte, vale a dire il mese in cui il debito si è formato, a prescindere dal termine di scadenza per il versamento.

Invero, mentre per il Ministero, il parametro annuo da considerare per l'individuazione dell'importo complessivo dei versamenti omessi a titolo di ritenute era l'anno civile, intendendosi per tale il periodo 1° Gennaio-31 Dicembre (principio di cassa), sicché i controlli sul corretto adempimento degli obblighi contributivi dovevano riguardare tutti i versamenti che il datore di lavoro è tenuto ad effettuare nel corso dell'anno contributivo (e quindi dal 16 Gennaio al 16 Dicembre), secondo il diverso avviso della Suprema Corte, invece, il periodo di riferimento deve essere esteso sino alla scadenza prevista dalla legge per il versamento dell'ultima mensilità, ovvero fino al 16 del mese di Gennaio dell'anno successivo (principio di competenza).

La sentenza n. 39882 del 2017 ha così consolidato l'interpretazione giurisprudenziale difforme rispetto al criterio di cassa fornito dal Ministero del Lavoro: conseguentemente, l'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), uniformandosi alla lettura della norma data dai giudici di legittimità, ha emanato la Nota n. 8376 del 25 settembre 2017 (pubblicata il 27.09.2017), con la quale, facendo riferimento alla sentenza in commento della Corte di Cassazione, ha chiarito che, per la rilevanza penale dell'illecito di omesso versamento delle ritenute previdenziali (ex art. 2, co. 1-bis, del D.L. n. 463/1983), “[…] il personale ispettivo dovrà verificare l'eventuale omissione del versamento delle ritenute secondo il criterio della competenza contributiva, cioè facendo riferimento al periodo intercorrente dalla scadenza del primo versamento dell'anno contributivo dovuto relativo al mese di Gennaio (16 Febbraio) sino alla scadenza dell'ultimo, relativo al mese di Dicembre (16 Gennaio dell'anno successivo) […]”.

Ma procediamo con ordine.

Il caso

Con sentenza del 24 gennaio 2017, la Corte di Appello di Catania confermava la pronuncia emessa l'11 settembre 2015 dal Tribunale di Ragusa, con la quale una contribuente si era vista condannare alla pena di mesi due di reclusione ed Euro 300,00 di multa per il delitto di cui all'art. 81 cpv. c.p. e all'art. 2 comma 1-bis del D.L. n. 463 del 12 settembre 1983, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 638 dell'11 novembre 1983, in quanto, quale legale rappresentante di due distinte ditte, non aveva provveduto a versare le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti nell'anno 2009, per un importo complessivo di circa Euro 11.200,00.

Avverso la predetta sentenza di condanna, la contribuente, a mezzo del proprio difensore, proponeva allora ricorso per Cassazione, articolando i seguenti tre motivi di gravame:

1) con il primo motivo, veniva dedotta la violazione degli artt. 157, 160 e 161 c.p., nonché dell'art. 129 c.p.p., in quanto la Corte d'Appello non si sarebbe avveduta della maturata prescrizione di numerose condotte ascritte, contestate in continuazione, quantomeno con riguardo alle mensilità da gennaio a marzo 2009 (e fino a comprendere anche quelle di aprile e maggio dello stesso anno, qualora si applichi la sospensione del termine ai sensi dell'art. 2, comma 1-quater, del D.L. n. 463 del 12 settembre 1983);

2) con il secondo motivo, invece, la violazione del solo art. 129 c.p.p., dovendosi altresì constatare che, qualora la Corte di merito avesse accertato quanto precede, in ordine alle mensilità residue, non colpite da prescrizione, non era più raggiunta la soglia di punibilità di Euro 10.000,00 annui, di cui al D.Lgs. n. 8 del 15 gennaio 2016, con ogni conseguenza in termini di proscioglimento;

3) con il terzo motivo, si lamentava infine la violazione dell'art. 131-bis c.p. In particolare, premessa la pacifica applicazione dell'istituto anche a condotte per le quali sia prevista una soglia di punibilità, la sentenza avrebbe negato la causa di non punibilità per particolare tenuità omettendo la doverosa verifica degli elementi di cui all'art. 133 c.p., comma 1, valorizzando peraltro un precedente specifico la cui rilevanza sarebbe stata già esclusa dal primo Giudice.

Si chiedeva, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

La questione

Ora, è evidente come, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 8/2016 in relazione al delitto in questione, assuma un ruolo centrale la corretta individuazione del periodo di riferimento, considerato che, con l'introduzione della soglia di Euro 10.000,00 annui, il legislatore non si è limitato semplicemente ad introdurre un limite di "non punibilità" delle condotte lasciando inalterato, per il resto, l'assetto della precedente figura normativa (che, come noto, non prevedeva alcun limite), ma ha configurato tale superamento, strettamente collegato al periodo temporale dell'anno, quale vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensività che viene a segnare, tra l'altro, il momento consumativo dello stesso.

Le soluzioni giuridiche

Ebbene, con la pronuncia in esame, la Suprema Corte, in estrema sintesi:

  1. preliminarmente, ha accolto il primo motivo di doglianza, sulla scorta che, individuato il dies a quo nel giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento ed applicata la sospensione trimestrale della prescrizione di cui alla L. 11 novembre 1983, n. 638, art. 2, comma 1-quater, nonché quella ordinaria ex art. 159 c.p., le omissioni relative al periodo Gennaio-Marzo 2009 erano già estinte in epoca anteriore alla pubblicazione della sentenza di secondo grado. Inoltre, l'applicazione dei termini di calcolo appena richiamati, fa sì che fosse da dichiarare l'intervenuta estinzione per prescrizione anche di ulteriori mensilità oggetto di rubrica, fino a quella di Ottobre 2009 compresa;
  2. in secondo luogo, quanto alla residua mensilità di Novembre 2009, ha invece colto l'occasione per ribadire l'indirizzo già espresso, in punto di irrilevanza penale del fatto, per cui, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 8/2016 al reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali, questo deve ritenersi già perfezionato, in prima battuta, nel momento e nel mese in cui l'importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilità di gennaio dell'anno considerato, superi l'importo di Euro 10.000,00 senza che, peraltro, attesa la necessaria connessione con il periodo temporale dell'anno, le ulteriori omissioni che seguano nei mesi successivi dello stesso anno sino al mese finale di dicembre possano "aprire" un nuovo periodo e, dunque, dare luogo, in caso di secondo superamento, ad un ulteriore reato. Tali omissioni, infatti, contribuiscono ad accentuare la lesione inferta al bene giuridico per effetto del già verificatosi superamento dell'importo di legge sicché, per un verso, non possono semplicemente atteggiarsi quale post factum penalmente irrilevante e, per altro verso, approfondendo il disvalore già emerso, non possono segnare, in corrispondenza di ogni ulteriore mensilità non versata, un ulteriore autonomo momento di disvalore (che sarebbe infatti assorbito da quello già in essere). Ricorre, perciò, a ben vedere, una fattispecie caratterizzata dalla progressione criminosa nel cui ambito, una volta superato il limite di legge, le ulteriori omissioni nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata la cui definitiva cessazione viene a coincidere con la scadenza prevista dalla legge per il versamento dell'ultima mensilità, ovvero, come noto, con il termine del 16 del mese di gennaio dell'anno successivo. Poste tali premesse, ne consegue che, rispetto alla precedente figura di reato, il momento consumativo sia evidentemente diverso: mentre nel precedente assetto normativo il reato si consumava in corrispondenza di ogni omesso versamento mensile, nell'attuale e nuovo la consumazione appare coincidere, secondo una triplice diversa alternativa, o (i) con il superamento, a partire dal mese di gennaio, dell'importo di Euro 10.000,00, ove allo stesso non faccia più seguito alcuna ulteriore omissione, o (ii) con l'ulteriore o le ulteriori omissioni successive sempre riferite al medesimo anno ovvero, (iii) definitivamente e comunque, laddove anche il versamento del mese di dicembre sia omesso, con la data del 16 gennaio dell'anno successivo. La struttura del "nuovo" reato come tratteggiata sopra, impone inoltre di tenere conto, al fine dell'individuazione o meno del superamento del limite di legge di Euro 10.000,00 di tutte le omissioni verificatesi nel medesimo anno e, dunque, nella specie, anche di quelle eventualmente estinte per prescrizione, dovendosi osservare, al riguardo, che la mera declaratoria di estinzione del reato per ragioni connesse al decorso del tempo non può significare elisione della materiale sussistenza del fatto di omesso versamento. Nel caso di specie, la conseguenza di tutto ciò è l'infondatezza della seconda doglianza;
  3. da ultimo, si è pronunciata sulla causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., ritenendo, sul punto, del tutto congrua e non suscettibile di censura la motivazione della sentenza impugnata, ove non qualifica come "irrisorio" l'importo complessivo evaso (essendo pari al 12,3% della soglia fissata dal D.Lgs. n. 8/2016), anche alla luce del numero delle mensilità oggetto di omissione e dell'esser queste riferite a due distinti soggetti giuridici.

Sulla base di tali principi, la Cassazione ha pertanto annullato senza rinvio la sentenza impugnata relativamente agli episodi consumati sino ad Ottobre 2009 e rideterminato la pena, seppur condizionalmente sospesa come già disposto in sede di merito, per il residuo episodio di Novembre 2009 in giorni 15 di reclusione ed Euro 50,00 di multa (visto l'art. 620 c.p.p., comma 1, lett. I), per come novellato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, a mente del quale, la Corte di Cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene di poter decidere, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, o di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito o di adottare i provvedimenti necessari, e in ogni altro caso in cui ritiene superfluo il rinvio), rigettando nel resto il ricorso.

Osservazioni

Come più volte ricordato, il D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, art. 3 (pubblicato in G.U. n. 17 del 22 gennaio 2016, in vigore dall'08 febbraio 2016), al comma 6 ha modificato la L. n. 638/1983, art. 2, comma 1-bis, nel senso di qualificare come illecito amministrativo l'omesso versamento di ritenute previdenziali non superiore a Euro 10.000,00 annui, con la conseguente abolizione della rilevanza penale degli omessi versamenti inferiori a tale soglia; per cui, l'attuale testo del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, risulta essere il seguente: "1-bis. L'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a Euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a Euro 1.032. Se l'importo omesso non è superiore a Euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 10.000 a Euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione".

Il riferimento alla annualità va dunque inteso, alla luce del chiaro tenore letterale della norma e della natura del debito, che sorge a seguito della corresponsione delle retribuzioni, e dunque al termine di ogni mensilità, con riferimento alla ritenute dovute per ogni mese dell'anno nel quale siano state corrisposte retribuzioni ai dipendenti, indipendentemente dal momento in cui il versamento all'ente previdenziale debba essere effettuato, in quanto tale momento assume rilievo al diverso fine della individuazione del momento di consumazione del reato.

Di particolare rilievo, per quanto qui interessa, è infatti il testuale riconoscimento, anche da parte della giurisprudenza di legittimità, che, mediante l'individuazione di tale soglia di rilevanza, il legislatore abbia inteso attribuire rilevanza penale solamente alle omissioni contributive di una certa entità, configurando come illecito amministrativo quelle di ammontare inferiore, ma soprattutto stabilendo come termini di riferimento non solo la somma complessiva di Euro 10.000,00, ma anche il periodo di un anno, da intendersi come quello nel quale il debito sia sorto, secondo un principio di competenza e non di cassa, in quanto per poter apprezzare la rilevanza della condotta (ai fini del superamento della suddetta soglia di rilevanza penale) occorre fare riferimento alla entità complessiva delle omissioni, tenendo conto del momento in cui le relative obbligazioni poi rimaste inadempiute sono sorte, e dunque al mese di riferimento in cui il debito sia sorto, giacché è in relazione a ciascun mese di ogni anno che va verificato l'ammontare delle ritenute non versate, a prescindere dal termine di scadenza per il versamento, che rileva solamente ai fini della individuazione del momento consumativo del reato.

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