Immissioni di rumori in condominio, il giudice può imporre accorgimenti idonei ad eliminarli

Gian Andrea Chiesi
06 Novembre 2017

Riguardo all'immissioni rumorose, spesso frequenti nella realtà condominiale, non viola il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sotto il profilo del limite costituito dal divieto di immutazione degli effetti giuridici che la parte intende conseguire, il giudice che...
Massima

In tema di immissioni, la domanda di condanna volta alla loro cessazione, siccome eccedenti la normale tollerabilità, non vincola il giudice all'adozione di una misura determinata, ben potendo questi, in aggiunta alle statuizioni dirette alla rimozione della causa delle immissioni medesime, ordinare l'attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei ad eliminare il riprodursi, in futuro, della situazione pregiudizievole.

Il caso

Tizio, usufruttuario di un appartamento sito in condominio, conviene in giudizio il condominio medesimo, nonché Caio, proprietario di un altro appartamento sito nel medesimo edificio, al fine di ottenere la condanna di entrambi alla cessazione delle immissioni rumorose determinate dalle modifiche apportate da Caio al locale «cabina idrica» condominiale, limitrofo all'appartamento di esso attore, mediante l'installazione di un'autoclave elettrica necessaria a potenziare la fornitura idrica all'appartamento del predetto convenuto.

Accolta la domanda in primo grado, i convenuti non solo vengono condannati alla rimozione dell'autoclave, con riposizionamento in diverso luogo dell'edificio condominiale (secondo gli accorgimenti tecnici risultanti dagli esiti della perizia di ufficio), ma viene altresì loro inibito l'uso del locale in questione quale sede per l'installazione (oltre che dell'impianto idrico oggetto di lite,) di qualsivoglia altro impianto idrico dotato di pompa. La decisione viene confermata dalla Corte d'appello.

Avverso quest'ultima sentenza propone ricorso principale Caio, affidato a cinque motivi, il primo dei quali è così riportato in motivazione: «Secondo il ricorrente il tribunale... ha attribuito all'Avv. Tizio un bene della vita che quest'ultimo non aveva mai domandato. Con l'atto di citazione introduttivo del presente giudizio - come innanzi chiarito - infatti, l'attore aveva richiesto unicamente la condanna del dott. Caio nonché del condominio ... a cessare da ogni comportamento da cui possa derivare immissione di rumori oltre la normale tollerabilità nell'appartamento...di cui l'Avv. Tizio è usufruttuario ...» nonché a «...rimuovere l'impianto o, in caso di comprovata necessità, adottare soluzioni non moleste per la quiete dei condomini e in particolare dell'attore... ».

Rileva il primo motivo che «la condanna recante l'inibizione sine die all'uso del locale ex cassoni per l'installazione di una qualsivoglia pompa idraulica indipendentemente dalle caratteristiche tecniche della stessa presupponeva la formulazione da parte dell'attore di una specifica domanda in tal senso”.

Aggiunge ancora il ricorrente che l'eliminazione delle immissioni sonore richiesta dall'Avv. Tizio non poteva essere confusa con la condanna all'inibizione perpetua all'uso di un locale condominiale quale sede di «...altri impianti idrici dotati di pompa...».

Deduce, in definitiva, il ricorrente che «la statuizione recante l'inibizione sine die all'uso di un determinato locale condominiale per l'installazione di qualsivoglia tipologia di pompa idraulica (indipendentemente dalla capacità della stessa di generare rumori idonei a superare il limite della normale tollerabilità) non può essere ricompresa all'interno dei limiti della domanda formulata dall'Avv. Tizio».

La questione

La questione in esame è la seguente: entro che limiti il giudice investito di una domanda di cessazione di immissioni eccedenti la normale tollerabilità è vincolato all'adozione di misure determinate?

Le soluzioni giuridiche

Il tema delle immissioni (art. 844 c.c.) ha da sempre impegnato dottrina e giurisprudenza, non solo in relazione alle indagini e valutazioni da compiere avuto riguardo al criterio della loro tollerabilità, ma anche in merito alla statuizione finale che l'Autorità Giudiziaria, investita della domanda, è tenuta, in caso di suo accoglimento, ad adottare.

Per quanto concerne il primo profilo - il cui esame è, ovviamente, propedeutico al secondo - la decisione in commento, sia pure relativamente alla disamina degli altri motivi di ricorso, realizza una compiuta ricostruzione del sistema, chiarendo in linea generale:

a) che limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale (dunque, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti), né può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti dell'art. 844 c.c. deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione locale (Cass. civ., sez. II, 5 agosto 2011, n. 17051; Cass. civ., sez. II, 27 luglio 1983, n. 5157) e

b), che i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità ex art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica che, di regola, vengono compiuti mediante apposita consulenza d'ufficio con funzione percipiente, in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l'intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone, onde il ricorso alla prova testimoniale è ammissibile soltanto quando essa verta su fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti e non si riveli espressione di giudizi valutativi (Cass. civ., sez. II, 20 gennaio 2017, n. 1606).

Per quanto attiene al secondo profilo, poi, la Corte, nel rifarsi al proprio orientamento (Cass. civ., sez. VI/II, 17 gennaio 2011, n. 887; Cass. civ., sez. II, 5 agosto 1977, n. 3547), chiarisce che la domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l'attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei ad eliminare la situazione pregiudizievole.

Escluso, dunque, che l'adozione di misure atte a prevenire il verificarsi delle lamentate immissioni possa trascendere - anche se diverse da quelle invocate dall'attore - nel vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., la Corte, nel confermare sul punto la decisione di merito, ha ritenuto congrua la decisione - assunta, peraltro, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica (Cass. civ., n. 1606/2017, cit.) - di escludere che lo spazio condominiale in commento potesse essere usato quale sede (anche per il futuro) di impianti idrici a pompa, in considerazione della contiguità di tale spazio con un appartamento di proprietà esclusiva.

Osservazioni

La tematica delle immissioni ha trovato, in ambito condominiale, terreno fertile per il proprio sviluppo ed approfondimento.

Va anzitutto evidenziato, ad ulteriore specificazione di quanto già osservato nella sentenza in commento ed esposto in precedenza, che mentre è senz'altro illecito, nell'ottica dell'art. 844 c.c., il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz'altro lecite le immissioni (Cass. civ., sez. VI/II, 18 gennaio 2017, n. 1069): ed infatti, la norma di cui all'art. 844 c.c. e le leggi speciali in tema di inquinamento tutelano oggetti diversi (Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 1990, n. 12091), essendo destinate, rispettivamente, alla salvaguardia della proprietà fondiaria ed alla tutela della salute pubblica (Cass. civ., sez. III, 18 agosto 1981, n. 4937).

Tale differenziazione, peraltro, mantiene la propria attualità anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 6-ter del d.l. n. 208/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 13/2009, cui non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell'art. 844 c.c. (con l'effetto di escludere l'accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità), dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell'interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione (Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 2016, n. 20198).

Ciò sta a significare che, nell'applicazione dell'art. 844 c.c. in ambito condominiale, deve aversi riguardo alla peculiarità dei rapporti di vicinato delle case in condominio, nonché alla destinazione assegnata all'edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari: sicché, ove il regolamento contrattuale non disponga in maniera più rigorosa e stringente della menzionata disposizione (Cass. civ., sez. II, 16 maggio 1997, n. 4332; Cass. civ., sez. II, 4 febbraio 1992, n. 1195), il fabbricato non adempia ad una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti - ad contempo abitative e commerciali - il criterio dell'utilità sociale, cui è informato l'art. 844 c.c. impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali ricavabili dagli artt. 14, 31 e 47 Cost.) le esigenze personali di vita connesse all'abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all'esercizio di attività commerciali (Cass. civ., sez. II, 15 marzo 1993, n. 3090).

Più generale, invece, per quanto attiene più squisitamente al profilo risarcitorio, l'assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la prova del cui pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni (Cass. civ., sez. un., 1 febbraio 2017, n. 2611), né assume rilievo, quale causa di esclusione della responsabilità, la circostanza che le immissioni illecite provengano da impianti comuni (nella specie, l'impianto di riscaldamento centralizzato) a norma e mantenuti a regola d'arte, integrando comunque le immissioni moleste gli estremi di un'attività vietata (Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2014, n. 23283).

Guida all'approfondimento

Spagnuolo, Il limite delle immissioni sonore previsto dal regolamento di condominio, in Immob. & diritto, 2006, fasc. 9, 27;

Cirla, La tutela del singolo condomino di fronte alle immissioni di rumore, in Immob. & proprietà, 2005, 251;

Santersiere, Immissioni sonore contrarie alla quiete domestica e difesa del condominio, in Arch. loc. e cond., 2002, 424;

Maglia, Inquinamento acustico ed atmosferico in ambito condominiale, in Arch. civ., 1993, 879.

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